Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 14 novembre 2017, n. 51734. Il discrimine tra il delitto di cui all’art. 434 c.p. e l’ipotesi contravvenzionale dell’art. 676 c.p.

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Infine, sotto il profilo soggettivo, la Corte territoriale ha osservato che l’imputato, preposto a ripartire e coordinare le attivita’ delle maestranze, ad istruire gli operai, a controllare l’evoluzione e la qualita’ dei lavori eseguiti, aveva ricoperto una posizione di garanzia che riguardava proprio la corretta esecuzione di quelle attivita’ di cantiere. Sotto altro profilo, egli aveva le competenze e conoscenze per valutare i rischi derivanti da uno scavo unico, considerato altresi’ che le sottomurazioni costituiscono evenienza frequente e che quelle gia’ realizzate erano state eseguite secondo la buona tecnica sopra descritta.
4. Il motivo di ricorso – finalizzato alla qualificazione del fatto come reato contravvenzionale previsto dall’articolo 676 c.p., comma 2, – risulta, gia’ sulla scorta delle suesposte argomentazioni, manifestamente infondato.
Deve, intanto, sottolinearsi che parte ricorrente ha definito la censura in termini di violazione di legge, sotto il profilo della mancata derubricazione del fatto nella fattispecie contravvenzionale di cui all’articolo 676 c.p., comma 2.
Il cuore delle doglianze, tuttavia, si snoda attraverso un ragionamento con il quale si contesta la lettura del compendio probatorio da parte dei giudici nel doppio grado di merito e si evocano, in piu’ passaggi, veri e propri vizi motivazionali, tuttavia non specificamente dedotti.
A cio’ si aggiunga, quale necessaria premessa di metodo, che le doglianze attraverso le quali si articola il motivo dedotto sono ripropositive di quelle riassunte nella sentenza impugnata e, rispetto ad essa, prive del necessario confronto con il percorso argomentativo seguito dal giudice d’appello e da quello di primo grado.
Cosicche’, si rende necessario chiarire innanzitutto la natura del sindacato di legittimita’, con riferimento alla quale puo’ dirsi definitivamente acquisito che le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico e inscindibile, al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruita’ della motivazione, tanto piu’ ove i giudici dell’appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei, rispetto a quelli utilizzati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico – giuridici della decisione, sicche’ le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscono una sola entita’ (Cass. pen., Sez. 1 n. 1309 del 22/11/1993 Ud. (dep. 04/02/1994), Rv. 197250; Sez. 3 n. 13926 dell’01/12/2011 Ud. (dep. 12/04/2012), Rv. 252615). Inoltre, deve pure ribadirsi in questa sede che la funzione tipica dell’impugnazione e’ quella di una critica argomentata al provvedimento che si realizza, a pena di inammissibilita’ (articoli 581 e 591 c.p.p.), attraverso la presentazione di motivi che devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Pertanto, il contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione e’ indefettibilmente il confronto puntuale, con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso, con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (cfr., in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/01/2013 Ud. (dep. 21/02/2013), Rv. 254584; Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016 Cc. (dep. 22/02/2017), Galtelli, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
5. Nel caso in esame, il giudice d’appello ha indicato, con una motivazione assai analitica, in un’ottica di aperto confronto con le tesi difensive, le ragioni per le quali ha ritenuto di confermare la qualificazione giuridica dei fatti ritenuta dall’accusa, prima, e dal Tribunale, dopo. Ha, a tal fine, espressamente richiamato elementi fattuali granitici e, a tratti, di portata probatoria auto-evidente, peraltro neppure contestati nella loro storicita’, e, in ogni caso, del tutto obliterati nello svolgimento delle argomentazioni difensive, con le quali, in definitiva, la parte non fa che riproporre una sua diversa valutazione delle prove, sollecitando a questa Corte uno scrutinio che assegni ad essa maggior pregio e dignita’.
5.1. Orbene, quanto alla ipotizzata violazione di legge, la Corte d’appello ha dato conto degli elementi costitutivi del reato contestato, in maniera coerente ai parametri legali e a principi di diritto ricavabili dalla giurisprudenza di questa Corte.
Sul punto, questo collegio intende ribadire quanto gia’ affermato da questa stessa sezione a proposito dell’integrazione del reato di cui agli articoli 434 e 449 c.p.: per crollo di costruzione, totale o parziale, deve intendersi la caduta violenta ed improvvisa della stessa accompagnata dal pericolo della produzione di un danno notevole alle persone, senza che sia necessaria la disintegrazione delle strutture essenziali dell’edificio (cfr. sez. 4 n. 2390 del 13/12/2011 Ud. (dep. 20/01/2012), Rv. 251749 (in fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto la sussistenza del reato in presenza del distacco completo, su una linea lunga circa 150 metri, del rivestimento di mattoni che rivestiva la parete esterna di un edificio scolastico)).
L’articolo 434 c.p.,. comma 1, fa riferimento al crollo di una costruzione o di parte di essa, utilizzando un termine, il cui significato e’, per l’appunto, quello di caduta violenta ed improvvisa, senza che sia necessariamente richiesta anche la disintegrazione delle strutture essenziali, poiche’, come efficacemente osservato nel precedente sopra richiamato, la norma “nel prevedere espressamente la possibilita’ che il crollo interessi una parte della costruzione… sembra confermare che si puo’ prescindere da un tale requisito”.
Quanto al profilo riguardante il pericolo, per la sussistenza del delitto di disastro colposo previsto dagli articoli 434 e 449 c.p., e’ necessario che il crollo della costruzione abbia assunto la fisionomia di un disastro, cioe’ di un avvenimento di tale gravita’ e complessita’ da porre in concreto pericolo la vita e l’incolumita’ delle persone, indeterminatamente considerate, dal momento che il pericolo da esso cagionato deve essere caratterizzato dalla potenzialita’ di diffondersi ampiamente nello spazio circostante la zona interessata dall’evento, sicche’ il solo elemento oggettivo del crollo, diversamente da quanto previsto per la contravvenzione di cui all’articolo 676 c.p., comma 2, non e’ sufficiente per la configurabilita’ del delitto in questione.

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