L’applicazione della misura di sicurezza della casa-lavoro ha come presupposto una “persistente pericolosità sociale” da parte dell’imputato, con conseguente potere-dovere del giudice di procedere al riesame di tale pericolosità secondo quanto dispone l’ordinamento.
Sentenza 6 novembre 2017, n. 50458
Data udienza 16 maggio 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZEI Antonella P. – Presidente
Dott. SIANI Vincenzo – rel. Consigliere
Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere
Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere
Dott. BARONE Luigi – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 294/2016 TRIB. SORVEGLIANZA di CAMPOBASSO, del 28/06/2016;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SIANI VINCENZO;
lette le conclusioni del P.G. Dott. VIOLA Alfredo Pompeo, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso, con l’emissione delle statuizioni consequenziali.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe, emessa in data 28 giugno – 4 luglio 2016, il Tribunale di sorveglianza d Campobasso ha rigettato l’appello proposto nell’interesse di (OMISSIS) avverso l’ordinanza resa il 24 maggio 2016 dal Magistrato di sorveglianza di Campobasso che, aperto il procedimento ex officio, aveva dichiarato il (OMISSIS) delinquente abituale e gli aveva applicato la misura di sicurezza della casa di lavoro per la durata di anni due.
Il Magistrato di sorveglianza, a fondamento del provvedimento, aveva osservato che: sussistevano diversi precedenti per reati commessi dal (OMISSIS) fra il 1995 e il 2010; si era rilevata inoltre la sua condanna alla pena di anni sei di reclusione e delitti di rapina, lesioni, violenza e minaccia pubblico ufficiale; inoltre erano emerse due condanne rispettivamente a mesi tre e mesi otto di arresto per violazione della misura di prevenzione a lui applicata; sussisteva in atti rapporto di polizia in cui si riferiva che il (OMISSIS) era solito accompagnarsi a pregiudicati, era stato avvisato oralmente, non si era ravveduto, non disponeva di lavoro regolare, aveva piu’ volte violato le prescrizioni degli arresti domiciliari consumando il reato di evasione e viveva di proventi illeciti, nonostante fosse abile al lavoro; la Casa circondariale di (OMISSIS), con rapporto del 16 novembre 2015, aveva riferito del passato di tossicodipendenza del (OMISSIS), con ricovero in comunita’ terapeutica in regime di detenzione domiciliare, durante il quale egli aveva manifestato condotte ostili e minacciose verso gli operatori di quella struttura; sussistevano pertanto tutte le condizioni per dichiararlo delinquente abituale.
Nell’appello proposto il (OMISSIS) aveva preliminarmente sollevato questione di legittimita’ costituzionale della normativa che legittimava l’applicazione della misura di sicurezza della casa di lavoro, siccome trattavasi di misura simile alla pena detentiva ed esplicava effetti penetranti ed incisivi per il destinatario di essa, nonostante non avesse commesso alcun reato, con sua susseguente sottoposizione alla valutazione prognostica per la verifica del pericolo della reiterazione di condotte criminose.
Quanto al merito, egli aveva lamentato l’eccessivita’ della misura di sicurezza applicata rispetto all’attuale grado di pericolosita’ desumibile dagli elementi effettivamente agli atti, essendo egli piuttosto affetto da gravi patologie, anche psichiatriche, oltre che caduto nei comportamenti delittuosi per la sua condizione di tossicodipendente, di per se’ non sintomatica di pericolosita’ sociale.
Il Tribunale non ha condiviso le doglianze emettendo la decisione di rigetto.
2. Avverso l’ordinanza e’ stato proposto ricorso nell’interesse del (OMISSIS) con cui si e’ chiesto l’annullamento della stessa, previa adozione del provvedimento di sospensione della sua esecutivita’, sulla base di quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo e’ dedotta l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’articolo 228 cod. pen., con riferimento al rigetto della richiesta di sospensione dell’ordinanza impugnata e di applicazione della misura di sicurezza detentiva personale.
Il provvedimento impugnato era erroneo nella parte in cui non aveva sospeso gli effetti dell’ordinanza e, in via subordinata, non aveva applicato la piu’ tenue misura di sicurezza della liberta’ vigilata. Inoltre l’elaborazione interpretativa aveva chiarito che non era ammissibile la dichiarazione di abitualita’ nel delitto ove non sussistesse un’attuale e concreta pericolosita’ sociale, sicche’ era necessario il riesame di pericolosita’ quando la misura di sicurezza doveva essere posta in esecuzione. E il giudizio di pericolosita’ sociale non andava fatto in via teorica ed astratta ma in relazione ad elementi certi, non ipotetici, per cui ogni valutazione compiuta poteva risultare smentita al momento del completamento dell’espiazione della pena da parte del condannato.
In via sistematica, era da ritenere poi che l’abolizione della pericolosita’ presunta avrebbe dovuto necessariamente comportare la verifica in concreto della pericolosita’ del delinquente abituale.
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