segue pagina antecedente
[…]
La parte di motivazione da ultimo riportata, ad un tempo: contraddice con ogni evidenza quanto il giudice di rinvio intendeva dimostrare mediante l’apparente ossequio ai sopra citati principi di diritto (id est, la responsabilita’ di tali imputati ex articolo 40 c.p., comma 2); indica quale segnale di allarme dell’esistenza di distrazioni un fatto (l’inadempimento del socio (OMISSIS) all’obbligazione verso (OMISSIS) di versamento di danaro pari alla parte di capitale da lui sottoscritta in conseguenza di deliberazione assembleare recante operazione straordinaria sul capitale) in assoluto non rivelatore di alcuna distrazione; reitera ancora una volta il vizio di motivazione caratterizzante la sentenza di appello censurato al punto 5.2 della sentenza di annullamento, laddove i riferimenti alla partecipazione ad un complessivo disegno di spoliazione del patrimonio sociale “sembrano delineare un concorso fondato sul dato della conoscenza del fatturato illecito della societa’ e del conseguente spazio per condotte distrattive”, in tal guisa instaurando una relazione fra la partecipazione dei ricorrenti ai fatti di truffa e quella ai fatti distrattivi, come tale inidonea a sostenere un’affermazione di responsabilita’ in assenza di elementi di prova dimostranti che i fatti di distrazione fossero legati ai fatti di truffa da un nesso di interdipendenza quanto a danaro distratto ed autori delle distrazioni.
In definitiva, riguardo alla affermazione della responsabilita’ concorrente dei ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) anche nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazioni di complessivi Euro 617.394,24, la sentenza impugnata:
a) ha con congrua motivazione accertato che (OMISSIS) concorse con (OMISSIS) nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione di complessivi Euro 54.180,86;
b) ha omesso, per tale imputato di uniformarsi a quanto indicato nel punto 5.2 della motivazione della sentenza di annullamento di questa Corte, nella parte riferibile alla ricostruzione in fatto delle relazioni fra fatti distrattivi anche di ulteriori Euro 563.214,38 e concreto funzionamento del consiglio di amministrazione della societa’, si’ da delineare un’attendibile affermazione della responsabilita’ di tale persona ai sensi dell’articolo 40 c.p., comma 2; con conseguenti vizio di mancanza di motivazione sul punto, nonche’ violazione, sotto questo profilo, del precetto contenuto nell’articolo 627 c.p.p., comma 3;
c) nell’affermare che la responsabilita’ di (OMISSIS) ed (OMISSIS) nel concorso in distrazioni per complessivi Euro 617.394,24 si colloca nell’ambito di applicabilita’ dell’articolo 40 c.p., comma 2, ha, da un lato, omesso la ricostruzione in fatto delle relazioni fra fatti distrattivi e concreto funzionamento del consiglio di amministrazione della societa’, alla luce delle clausole di organizzazione delle funzioni gestorie rispettivamente recate dallo statuto sociale e, eventualmente, da successive deliberazioni di organizzazione della gestione sociale adottate dall’assemblea ovvero dal consiglio di amministrazione di (OMISSIS) (con conseguente violazione, sotto questo profilo, della norma recata dall’articolo 627 c.p.p., comma 3), e, dall’altro, ha omesso di fare applicazione al caso concreto dei principi di diritto affermati dalla giurisprudenza di legittimita’ in tema di responsabilita’ per reati fallimentari di amministratori privi di deleghe gestorie (con conseguente mancanza sostanziale di motivazione sul punto);
d) inoltre, in violazione, ancora una volta, della citata disposizione del codice di rito relativa alla motivazione della sentenza resa nel giudizio di rinvio, ha, in contraddizione con l’affermazione sub c), affermato che la responsabilita’ delle stesse persone nelle distrazioni deriva, in buona sostanza, da una relazione fra la loro partecipazione ai fatti di truffa e quella ai fatti distrattivi, come tale inidonea a sostenere un’affermazione di responsabilita’, sul punto, in assenza di elementi di prova dimostranti che i fatti di distrazione fossero legati ai fatti di truffa da un nesso di interdipendenza quanto a danaro distratto ed autori delle distrazioni.
La sentenza impugnata e’ dunque: da confermare quanto all’accertamento del concorso di (OMISSIS) nella bancarotta per distrazione di Euro 54.180,86; da annullare con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano solo per le ragioni indicate sub b), c) e d).
Nel riesaminare la questione della responsabilita’ dei ricorrenti (OMISSIS) ed (OMISSIS), il giudice di rinvio dovra’ innanzitutto risolvere la contraddizione sopra riscontrata.
2.3 In funzione dell’accertamento della responsabilita’ dei tre ricorrenti quanto al concorso nel delitto in questione (il solo (OMISSIS), limitatamente alla distrazione di complessivi Euro 563.214,38) ai sensi dell’articolo 40 c.p.p., comma 2, (salvo che in sede rinvio non si accerti per (OMISSIS) ed (OMISSIS) la sussistenza della sopra indicata relazione fra fatti di truffa e fatti distrattivi), non puo’ in questa sede che darsi continuita’ ai principi di interpretazione contenuti nelle sentenze di legittimita’ specificamente citate nella sentenza impugnata (sentenze della Corte: Sez. 5, n. 23838 del 4 maggio 2007, Amato, Rv. 237251; Sez. 5, n. 9736 del 10 febbraio 2009, Caciop po, Rv. 243023; Sez. 5, n. 36595 del 16 aprile 2009, Bossio, Rv. 245138; Sez. 5, n. 21581 del 28 aprile 2009, Mare, Rv. 243889; Sez. 5, n. 42519 dell’8 giugno 2012, Bonvino, RV. 253765), riaffermati anche da Sez. 5, n. 32352 del 7 marzo 2014, Tanzi, Rv. 261938, secondo cui, ai fini della configurabilita’ del concorso dell’amministratore privo di deleghe in bancarotta patrimoniale per omesso impedimento dell’evento, e’ necessaria la prova della sua concreta conoscenza del fatto pregiudizievole per la societa’ o, quanto meno, di “segnali di allarme” inequivocabili di esistenza del fatto, dai quali e’ desumibile l’accettazione del rischio del verificarsi dell’evento illecito, nonche’ della volontaria omissione di attivarsi per scongiurarlo.
Tale interpretazione deriva dagli obblighi di agire informati nella gestione di societa’ per azioni (quale quella di cui si discute) che l’ultimo comma dell’articolo 2381 cod. civ. impone in via generale a tutti gli amministratori, prevedendo, altresi’, il diritto di ciascuno di essi di richiedere agli organi delegati che, in consiglio, siano fornite informazioni relative alla gestione della societa’.
Dall’inadempimento di tale obbligo generale dell’agire informati (di cui e’ espressione particolare la disciplina relativa ai conflitti di interesse degli amministratori di cui all’articolo 2391 c.c.), l’articolo 2392 c.c., commi 1 e 2, fa derivare la responsabilita’ (avente natura contrattuale) per danno al patrimonio sociale, quanto meno per colpa, degli amministratori privi di deleghe gestorie per le condotte dannose poste in essere dagli altri amministratori (investiti di deleghe gestorie) solo quando i primi non abbiano impedito fatti pregiudizievoli di questi ultimi in virtu’ della conoscenza (o della possibilita’ di conoscenza, per il loro dovere di agire informati) di elementi di tale significativita’ da sollecitare il loro intervento alla stregua della diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze, secondo, in buona sostanza, la diligenza dal professionista esigibile ai sensi dell’articolo 1176 c.c., comma 2, (in questo senso, cfr., di recente, Cass. civ. 31 agosto 2016, n. 17441).
Nella consapevolezza di tale assetto normativo, mutato per effetto della riforma del diritto sostanziale delle societa’ di capitali e cooperative recata dal Decreto Legislativo n. 6 del 2003, applicabile ai fatti successivi al 1 gennaio 2004, la giurisprudenza di legittimita’ ha, come detto, delineato la possibile responsabilita’ penale (di natura dolosa) per fatti di bancarotta patrimoniale degli amministratori di societa’ per azioni, privi di deleghe gestorie, nell’ambito di applicazione dell’articolo 40 c.p., comma 2, nel senso che la responsabilita’ per omesso impedimento dell’evento illecito si qualifica anche per il solo dolo eventuale, a condizione che sussistano, e siano stati in concreto percepiti da tali soggetti, segnali “perspicui e peculiari” dell’evento illecito caratterizzati da un elevato grado di anormalita’.
Ovviamente, la responsabilita’ in questione per fatti distrattivi non puo’ essere affermata (come invece fa la sentenza impugnata) solo perche’ gli stessi amministratori abbiano in tesi concorso nella commissione di altri fatti illeciti (nella specie costituiti dalle operazioni dolose di cui al precedente punto 1.).
Il giudice di rinvio dovra’ dunque uniformarsi in concreto al principio secondo cui, ai fini della affermazione della responsabilita’, ai sensi dell’articolo 40 c.p., comma 2, degli amministratori senza deleghe gestorie, a titolo di concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione commesso da presidente del consiglio di amministrazione delegato, e’ necessaria, previa specifica ricostruzione delle relazioni fra fatti distrattivi e concreto funzionamento del consiglio di amministrazione della societa’, alla luce delle clausole di organizzazione delle funzioni gestorie rispettivamente recate dallo statuto sociale e, eventualmente, da successive deliberazioni di organizzazione della gestione sociale adottate dall’assemblea ovvero dal consiglio di amministrazione, la prova: che gli stessi amministratori siano stati informati delle distrazioni ovvero che delle stesse abbiano comunque avuto conoscenza; oppure che vi sia stata la presenza di segnali peculiari di distrazione aventi carattere di anormalita’ di questi sintomi per tali amministratori, dai quali e’ dato desumere la consapevole accettazione del rischio dell’evento illecito, in base allo statuto e secondo i principi affermati in relazione al dolo eventuale da Cass. S.U., n. 38343 del 24 aprile 2014, Espenhahn, Rv. 261106. Solo la prova della conoscenza del fatto illecito, ovvero della concreta conoscibilita’ dello stesso anche mediante l’attivazione del potere informativo di cui all’articolo 2381, ultimo comma, cod. civ. in presenza di segnali specifici di distrazione, comporta l’obbligo giuridico degli amministratori privi di deleghe gestorie di intervenire per impedire il verificarsi dell’evento: la volontaria, da dolo indiretto, mancata attivazione di tali soggetti in presenza di tali circostanze determina l’affermazione della penale responsabilita’ avendo la loro omissione contribuito a cagionare l’evento dannoso.
3. Alla luce del contenuto della memoria depositata dalla curatela del fallimento di (OMISSIS) e della discussione svolta dal relativo difensore con procura risulta che, dopo l’emissione della sentenza impugnata, tale parte stipulo’ con (OMISSIS) e (OMISSIS) transazioni relative ai diritti di credito da risarcimento del danno dalla commissione di fatti costituenti reato nei confronti di tali persone, fatti valere mediante la costituzione di parte civile.
Tale evento determina fra tali parti private la cessazione della materia del contendere rispetto a tali diritti, avendo trovato composizione fuori dal processo gli interessi patrimoniali coinvolti dalle azioni civili.
La cessazione della materia del contendere non e’ espressamente prevista quale forma di definizione del processo dal vigente codice di procedura civile: essa e’ stata affermata, in via pretoria, dalla giurisprudenza civile della Corte (a partire da Cass. civ. 19 gennaio 1954, n. 92) ed e’ adoperata, sino a divenire “diritto vivente” (secondo la definizione coniata dalla Corte costituzionale per definire l’interpretazione consolidata di norme giuridiche da parte della giurisprudenza, soprattutto di legittimita’), come formula terminativa di processi ai quali non si attagliano pienamente le figure della rinuncia agli atti o all’azione.
Tale formula terminativa del processo civile e’ stata utilizzata (ancorche’ impropriamente) dal legislatore per la pronuncia su istanza ex articolo 2409 c.c., relativa a procedimento pendente alla data di entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 6 del 2003 nel caso in cui le modifiche di disciplina legale introdotte con il citato decreto abbiano comportato la sanatoria delle irregolarita’ denunciate (articolo 223 novies disp. trans. c.c., comma 2, introdotto dal citato Decreto n. 6 del 2003, articolo 9, comma 2, lettera b));
L’espressione in discorso, in particolare e per quanto qui interessa, e’ stata utilizzata nel caso in cui le parti abbiano stipulato, dopo l’inizio del processo, transazione relativa ai diritti fatti valere nel processo medesimo (cfr. Cass. civ. 6 giugno 1998, n. 5594; Cass. civ. 18 maggio 1998, n. 4963; Cass. civ. 27 febbraio 1998, n. 2197).
Il concetto in questione e’, ovviamente, utilizzabile anche quando l’azione civile sia stata esercitata nel processo penale, non mutando la relativa disciplina sostanziale per l’applicazione alla stessa delle regole proprie del processo penale.
La sopravvenuta cessazione della materia del contendere fra la curatela del fallimento di (OMISSIS) da un lato e (OMISSIS) e (OMISSIS) dall’altro, quanto alle pretese a contenuto risarcitorio nei confronti di costoro fatte valere dalla prima nel presente processo penale, determina l’inefficacia dei capi relativi alle statuizioni civili (comprese quelle relative alle spese di partecipazione al processo della curatela) nei confronti di tali imputati, contenuti nella sentenza emessa dal Tribunale di Milano il 6 novembre 2011.
Tale affermazione non vale, ovviamente, nei rapporti patrimoniali fra curatela del fallimento di (OMISSIS) e gli imputati (OMISSIS) ed (OMISSIS).
4. L’accoglimento (parziale, per quanto riguarda (OMISSIS)) dei motivi di ricorso determina l’assorbimento:
a) delle questioni relative al trattamento sanzionatorio, tutte suscettibili di rivalutazione a definizione dell’ulteriore giudizio di rinvio relativo all’affermazione di responsabilita’: al) dei quattro imputati quanto al concorso nella commissione nel delitto di cui alla L. Fall., articolo 223, comma 2, n. 2); a2) degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (quest’ultimo per la parte eccedente la distrazione di complessivi Euro 54.180,86) quanto al concorso di costoro con (OMISSIS) nella commissione del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione della complessiva somma di Euro 617.394,24 (L. Fall., articolo 223, comma 1, articolo 216, comma 1, n. 1));
b) della conseguente questione, sollevata dal solo (OMISSIS) nel secondo motivo aggiunto per il caso di condanna anche per il delitto di bancarotta impropria da operazioni dolose, relativa all’applicabilita’ dell’indulto concesso con legge n. 241 del 2006 (e, sul punto specifico, non e’ in questa sede inopportuno segnalare incidentalmente il principio di diritto affermato da Cass. Sez. 5, n. 13910 del 8 febbraio 2017, Santoro, Rv. 269389, relativo alla qualificazione della sentenza dichiarativa di fallimento come condizione obiettiva di punibilita’ dei reati di bancarotta prefallimentare; con conseguente refluenza di tale qualificazione anche ai fini, per quanto qui interessa, dei termini di efficacia dell’indulto);
c) delle questioni relative alle statuizioni civili (comprese quelle relative alla individuazione delle dedotte transazioni fra (OMISSIS) e (OMISSIS), alle conseguenze delle transazioni fra curatela del fallimento di (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS), e quelle relative alle spese processuali) nei confronti dei soli imputati (OMISSIS) ed (OMISSIS).
5. Per effetto delle statuizioni contenute nella sentenza di questa Corte n. 45672 del 1 ottobre 2015 e di quella, riguardante il solo imputato (OMISSIS), contenuta nella presente sentenza, sono passati in cosa giudicata i seguenti accertamenti:
a) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) sono responsabili di concorso nella commissione del delitto di bancarotta fraudolenta documentale (con la precisazione sul punto contenuta nella sentenza in questa sede impugnata);
b) i fatti qualificabili in termini di plurime truffe ai danni di (OMISSIS) costituiscono operazioni di cui alla L. Fall., articolo 223, comma 2, n. 2), e sussiste, nel caso concreto, l’elemento oggettivo di tale delitto (in particolare, la derivazione causale del dissesto dal meccanismo truffaldino non e’ inficiata dall’intervenuta transazione fra (OMISSIS) e (OMISSIS), inidonea a neutralizzare i fattori che determinarono il dissesto di (OMISSIS));
c) (OMISSIS) e’ responsabile della commissione del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione dal patrimonio di (OMISSIS) della complessiva somma di Euro 617.394,24;
d) (OMISSIS) e’ responsabile della commissione, in concorso con (OMISSIS), del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione della complessiva somma di Euro 54.180,86.
E’ infine cessata la materia del contendere fra il curatore del fallimento di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quanto ai crediti dal primo fatti valere con le azioni risarcitorie promosse contro tali imputati in questo processo.
6. In conclusione, per quanto evidenziato nei precedenti punti 1. e 2., la sentenza impugnata e’ da annullare con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano che dovra’ accertare:
a) la sussistenza nei quattro ricorrenti dell’elemento psicologico del delitto di bancarotta impropria da operazioni dolose in termini di astratta prevedibilita’ del dissesto di (OMISSIS) quale conseguenza della prosecuzione delle, accertate, attivita’ truffaldine di (OMISSIS) ai danni di (OMISSIS), nonostante la concreta previsione dell’accertamento da parte della stessa (OMISSIS) delle plurime truffe ai suoi danni in precedenza commesse da (OMISSIS);
b) se il concorso di (OMISSIS) ed (OMISSIS) nella commissione del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione dal patrimonio di (OMISSIS) di complessivi Euro 617.394,24 sia da affermare per inadempimento di costoro all’obbligo (di fonte legale e contrattuale) derivante dalla appartenenza al consiglio di amministrazione di (OMISSIS) senza essere destinatari di deleghe gestorie, di impedire le distrazioni (articolo 40 c.p., comma 2);
c) se anche il concorso di (OMISSIS) nella commissione del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione dal patrimonio di (OMISSIS) di complessivi Euro 563.213,38 (pari alla differenza fra Euro 617.394,24, complessivamente distratti da (OMISSIS), ed Euro 54.180,86, complessivamente distratti da (OMISSIS), in concorso con (OMISSIS), per effetto della percezione di indebiti rimborsi) sia da affermare per inadempimento di costui all’obbligo indicato nel precedente punto b).
Nell’accertamento sub a), il giudice di rinvio dovra’ in concreto uniformarsi al seguente principio di diritto:
“Nel caso di fallimento di societa’ di capitali derivato anche da operazioni dolose, protrattesi nel tempo, in danno di soggetto diverso da una pubblica amministrazione o da un ente pubblico, determinanti nel breve periodo un arricchimento del patrimonio sociale, il delitto di bancarotta fraudolenta impropria e’ configurabile, sotto il profilo soggettivo, quando il dissesto della societa’ come effetto di tali condotte illecite divenga astrattamente prevedibile da parte degli amministratori per effetto della loro concreta previsione dell’accertamento delle pregresse attivita’ illecite da parte del soggetto immediatamente danneggiato da tali attivita’”.
Nell’accertamento sub b) il giudice di rinvio, ove non riscontri che la partecipazione di (OMISSIS) ed (OMISSIS) alle distrazioni derivo’ da stretta interdipendenza, quanto a risorse di danaro distratte ed autori delle distrazioni, fra partecipazione alle operazioni costituenti truffa e concorso nei fatti di distrazione secondo quanto riscontrato nel precedente punto 2.2, dovra’ in concreto uniformarsi al seguente principio di diritto:
“Ai fini della affermazione della responsabilita’, ai sensi dell’articolo 40 c.p., comma 2, degli amministratori senza deleghe gestorie a titolo di concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione commesso dal presidente del consiglio di amministrazione delegato e’ necessaria, previa specifica ricostruzione delle relazioni fra fatti distrattivi e concreto funzionamento del consiglio di amministrazione della societa’, alla luce delle clausole di organizzazione delle funzioni gestorie rispettivamente recate dallo statuto sociale e, eventualmente, da successive deliberazioni di organizzazione della gestione sociale adottate dall’assemblea ovvero dal consiglio di amministrazione, la prova: che gli stessi amministratori siano stati informati delle distrazioni ovvero che delle stesse abbiano comunque avuto conoscenza; oppure che vi sia stata la presenza di segnali peculiari di distrazione aventi carattere di anormalita’ di questi sintomi per tali amministratori, dai quali e’ dato desumere la consapevole accettazione del rischio dell’evento illecito, in base allo statuto e secondo i, principi affermati in relazione al dolo eventuale da Cass. S.U., n. 38343 del 24 aprile 2014, Espenhahn. Solo la prova della conoscenza del fatto illecito, ovvero della concreta conoscibilita’ dello stesso anche mediante l’attivazione del potere informativo di cui all’articolo 2381 c.c., u.c., in presenza di segnali specifici di distrazione, comporta l’obbligo giuridico degli amministratori privi di deleghe gestorie di intervenire per impedire il verificarsi dell’evento illecito: la volontaria, da dolo indiretto, mancata attivazione di tali soggetti in presenza di tali circostanze determina l’affermazione della penale responsabilita’ avendo la loro omissione contribuito a cagionare l’evento dannoso”.
Nell’accertamento sub c), riguardante la persona di (OMISSIS), il giudice del rinvio dovra’ uniformarsi al principio come sopra enunciato sub b).
La liquidazione delle spese processuali anticipate dalla curatela del fallimento di (OMISSIS) nel presente grado di giudizio nei confronti di (OMISSIS) ed (OMISSIS) e’ rimessa al giudice di rinvio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei riguardi di tutti i ricorrenti relativamente al delitto di bancarotta da operazioni dolose. Annulla la sentenza impugnata nei riguardi di (OMISSIS) e (OMISSIS) e, limitatamente alle somme diverse da quella di Euro 54.180,86, nei riguardi di (OMISSIS), relativamente al delitto di bancarotta per distrazione. Rinvia per nuovo giudizio sui predetti capi ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
Leave a Reply