Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 26 ottobre 2017, n. 49242. Va accolta la richiesta di revoca anticipata della misura di sicurezza dell’espulsione in attesa della protezione sussidiaria

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In detta disposizione si prevede – nel testo vigente – quanto segue: 1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 19, comma 1, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286, ed in conformita’ degli obblighi internazionali ratificati dall’Italia, il rifugiato o lo straniero ammesso alla protezione sussidiaria e’ espulso quando:
a) sussistono motivi per ritenere che rappresenti un pericolo per la sicurezza dello Stato;
b) rappresenta un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica, essendo stato condannato con sentenza definitiva per un reato per il quale e’ prevista la pena della reclusione non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni.
La disposizione teste’ richiamata pone, peraltro, rilevanti questioni interpretative, che fermo restando il rilievo dello ius superveniens di cui si dira’ in seguito (L. n. 110 del 2017) – possono affrontarsi nel modo che segue, sempre al fine di orientare i poteri del giudice del rinvio nel caso che ci occupa.
5.1 Il legislatore utlizza, in apertura, una espressione di “raccordo” al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 19, comma 1, norma che, come si e’ detto, pone il divieto di espulsione dello straniero (essendo l’espulsione una delle possibili forme del respingimento) nelle ipotesi di sussistenza in fatto delle condizioni per l’ottenimento dello status di rifugiato (in virtu’ del rischio di persecuzione). L’articolo 19 del TU sulla immigrazione non prevede deroghe. Il Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 20 e’ invece norma costruita al fine di esplicitare le deroghe al divieto di espulsione.
Dunque il senso dell’espressione con cui si apre l’articolo 20, comma 1 (fermo restando..) non e’, ovviamente, quello di ribadire la natura assoluta del divieto di respingimento, quanto quello di enunciare il principio che, con la successiva parte della disposizione si va contestualmente a derogare.
Ora, fermo restando che i contenuti delle direttive cui si intendeva dare attuazione consentono, in limitati casi, l’espulsione del soggetto cui era stata attribuita la condizione di “rifugiato” (articolo 21 della direttiva del 2011, prima richiamata) il legislatore italiano, in difformita’ dal dato letterale della normativa posta a monte, inserisce nella norma derogatoria interna lo straniero “ammesso alla protezione sussidiaria”.
In cio’ e’ dato riscontrare una, almeno parziale, grave incoerenza, posto che la condizione di soggetto ammesso (o ammissibile) alla protezione sussidiaria e’, in larga misura (rischio serio di pena di morte, di tortura o trattamento inumano o degradante) ricadente nell’area di protezione assoluta dal refoulement, di cui all’articolo 19 comma 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE (come si e’ ampiamente rilevato in precedenza) e 3 Conv. Edu, residuando al piu’ il caso (tra quelli che determinano l’accessibilita’ alla protezione sussidiaria) di mianaccia grave derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, ove lo si ritenga.
In altre parole, il testo del Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 20 determina una apparenza di legittimita’ del respingimento, per motivi di sicurezza interna, anche nei casi in cui il soggetto corra un “serio rischio” di essere sottoposto nel paese di destinazione a pena di morte o tortura o trattamenti inumani o degradanti, in palese violazione dell’articolo 19, comma 2 della Carta di Nizza e articolo 3 Conv. Edu, il che Io rende, in tale parte disapplicabile, salva l’interpretazione correttiva basata sul significato della locuzione, introdotta con la novellazione del 2014, della clausola di riserva che testualmente recita in conformita’ degli obblighi internazionali ratificati dall’Italia.
Non vi e’ dubio, infatti, che tra tali “obblighi internazionali” vi sia quello di non procedere in senso assoluto e non bilanciabile – alla espulsione del soggetto che si trovi nella condizione piu’ volte rievocata e ben descritta nell’articolo 19, comma 2 della Carta di Nizza ed in tal senso va orientata l’interpretazione del testo del Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 20 e succ. mod..
L’intervento legislativo del 2017, sopravvenuto in corso di stesura della presente motivazione, non puo’ essere – ovviamente – oggetto di esame, ma nel segnalarne la rilevanza sistematica (si provvede ad inserire parte del tema della protezione sussidaria nella sede che appare piu’ consona, quale condizione ostativa alle diverse ipotesi di espulsione) appare opportuno evidenziare che la disposizione non contiene riferimento espresso ne’ al rischio di sottoposizione alla pena di morte, ne’ a quello di trattamenti contrari al senso di umanita’, essendo evocata la sola tortura, in una con le “sistematiche e gravi violazioni dei diritti umani”. Per quanto sinora detto, si tratta di aspetti che vanno ritenuti ricompresi nel divieto assoluto di respingimento.
Dunque, concludendo la trattazione dei temi, vanno affermati i seguenti principi di diritto, cui il giudice del rinvio dovra’ attenersi:
– in sede di apprezzamento della domanda di revoca o di ineseguibilita’ in via anticipata della misura di sicurezza dell’espulsione, il Magistrato e il Tribunale di Sorveglianza sono tenuti ad esaminare i profili in fatto e in diritto introdotti dalla parte, risolvendo, ove necessario, ed in via incidentale ogni questione in tema di sussistenza dei presupposti per l’ammissione allo status di rifugiato o di persona avvente titolo alla protezione sussidiaria;
– la disposizione di cui al Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 20 in tema di protezione dell’espulsione, nella parte in cui consente di procedere al respingimento per motivi di ordine e sicurezza interna non e’ applicabile alle ipotesi in cui il soggetto istante corra, ove ricondotto nel paese di origine, serio rischio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Venezia.

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