Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 16 novembre 2017, n. 52465. E’ valida la notifica all’imputato del decreto di citazione a giudizio, effettuata mediante consegna ad impiegato dello studio legale presso il quale lo stesso ha eletto domicilio, a nulla rilevando che la consegna non sia avvenuta a mani del difensore ma di suo collaboratore

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1. Il primo profilo di censura – riguardante il rigetto dell’istanza di declaratoria di non esecutività della sentenza contumaciale per nullità della sua notifica – muove da una premessa giuridicamente errata ed è privo di specificità.

Per un verso, ai fini della regolarità della notifica eseguita ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., è equivalente, alla consegna al difensore, la consegna, nel suo studio, a persona che vi operi. In proposito, la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di precisare che è valida la notifica all’imputato del decreto di citazione a giudizio, effettuata mediante consegna ad impiegato dello studio legale presso il quale lo stesso ha eletto domicilio, a nulla rilevando che la consegna non sia avvenuta a mani del difensore ma di suo collaboratore, né che costui non fosse conosciuto dall’imputato, essendo l’atto pervenuto nello studio del difensore e consegnato a persona legittimata a riceverlo ai sensi dell’art. 157 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 10612 del 04/02/2015 – dep. 12/03/2015, Bartucciotto, Rv. 262827).

Per altro verso, il ricorrente contesta genericamente, ma non confuta con argomenti precisi, le affermazioni del giudice dell’esecuzione secondo le quali la consegna dell’estratto contumaciale avvenne nello studio del difensore di ufficio e per mezzo di un altro legale del medesimo ufficio, identificato nell’avv. S.V.M. . La valenza di tali affermazioni, quindi, rimane ferma.

2. Il secondo profilo di censura – riguardante il rigetto dell’istanza di restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale – è manifestamente infondato.

L’avviso della conclusione delle indagini preliminari deve contenere una serie di informazioni, come previsto dall’art. 415-bis cod. proc. pen., e la sua notifica è pertanto pienamente idonea a rendere l’indagato consapevole della pendenza del procedimento nei suoi confronti.

In concreto, è pacifico che, all’epoca, l’odierno ricorrente ricevette la notifica di detto avviso ed elesse domicilio. Pertanto, deve ritenersi che il suo successivo comportamento sia consistito in una volontaria rinuncia a seguire l’evoluzione del procedimento. Ne consegue la correttezza del provvedimento in esame del giudice dell’esecuzione, recante il rigetto dell’istanza di restituzione nel termine di impugnazione della sentenza contumaciale.

3. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in applicazione dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di millecinquecento Euro alla Cassa delle ammende, non essendo dato escludere – alla stregua del principio di diritto affermato da Corte cost. n. 186 del 2000 – la sussistenza della ipotesi della colpa nella proposizione dell’impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di millecinquecento Euro alla Cassa delle ammende.

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