Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 9 febbraio 2017, n. 3471

Anche nelle società in house non è possibile mettere in atto un automatismo tra la cessazione della carica dell’amministratore unico e la decadenza del direttore generale, previsto da una clausola statutaria non opponibile al terzo

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 9 febbraio 2017, n. 3471

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere

Dott. BALESTRIERI Giovanni – Consigliere

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16395-2014 proposto da:

(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.P.A., pi. (OMISSIS);

– intimata –

e contro

PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA, P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende unitamente all’Avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– controricorso –

avverso la sentenza n. 667/2014 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 16/04/2014 R.G.N. 542/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/11/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 785/2013 il Tribunale di Reggio Calabria respingeva la domanda di (OMISSIS) volta ad ottenere la ricostituzione del rapporto e il risarcimento dei danni derivanti dall’anticipata risoluzione, avvenuta il 25.1.12 ad opera della (OMISSIS). S.p.A. (societa’ in house della Provincia di Reggio Calabria), del contratto di lavoro a progetto con lui stipulato il 4.11.10 per espletare le funzioni di direttore generale della societa’ medesima.

Con sentenza depositata il 16.4.14 la Corte d’appello di Reggio Calabria rigettava il gravame di (OMISSIS).

Statuivano i giudici di merito che l’anticipato recesso dal contratto era giustificato dal venir meno del rapporto fiduciario con il ricorrente essendo cessato dall’incarico l’amministratore unico che lo aveva nominato, con conseguente automatica decadenza dall’incarico anche del direttore generale (in tal senso disponeva l’articolo 23 dello statuto della societa’).

Per la cassazione della sentenza ricorre (OMISSIS) affidandosi a tre motivi. La Provincia di Reggio Calabria (anche nei confronti della quale si sono celebrati i gradi di merito) resiste con controricorso. (OMISSIS). S.p.A. non ha svolto attivita’ difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Preliminarmente va disattesa l’eccezione, sollevata dalla controricorrente, di difetto di autosufficienza del ricorso, atteso che almeno il primo mezzo ha i requisiti necessari per porre questa S.C. in condizione di decidere in relazione alle censure sollevate e avuto riguardo alla motivazione resa dai giudici d’appello.

2.1. Con il primo mezzo si denuncia violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articoli 61 – 69 e dell’articolo 2119 c.c., vuoi perche’ l’articolo 23 dello statuto della societa’, non richiamato nel contratto stipulato con il ricorrente, non gli e’ opponibile, vuoi per non essersi verificata nel caso di specie ne’ la realizzazione del progetto ne’ una giusta causa di recesso, tale non potendosi ritenere il mero mutare di equilibri interni alla societa’ senza un accertamento in concreto delle sue ripercussioni sul singolo rapporto di lavoro a progetto.

2.2. Doglianza sostanzialmente analoga viene fatta valere con il secondo motivo, sotto forma di insufficiente e contraddittoria motivazione.

2.3. Il terzo motivo prospetta violazione dell’articolo 7 del contratto di lavoro a progetto, che in tutti i casi di sua anticipata risoluzione prevede il risarcimento del danno.

3.1. Il primo motivo e’ fondato.

La stessa sentenza impugnata sembra dare atto che il contratto di lavoro a progetto stipulato fra le parti non richiama in alcun modo l’articolo 23 dello statuto della (OMISSIS). S.p.A., che prevede l’automatica decadenza dall’incarico di direttore generale ogni qual volta l’amministratore unico della societa’ cessi dall’incarico: cio’ si desume dalla parte della motivazione in cui si afferma che la tesi dell’inopponibilita’ dell’articolo 23 dello statuto, in quanto non richiamato nel contratto di lavoro a progetto, sarebbe “pur corretta”, sebbene poi giudicata non sufficiente all’accoglimento dell’appello.

Nondimeno la Corte territoriale ritiene che, considerato il carattere strettamente fiduciario della nomina del direttore generale da parte dell’amministratore unico, la cessazione dall’incarico di questo non possa che riverberarsi anche sul rapporto di quello, potendo il concetto di giusta causa ricorrere pure in assenza di inadempimenti del lavoratore.

Ma in tal modo la sentenza impugnata finisce, in sostanza, con l’estendere l’automatismo del cit. articolo 23 dello statuto anche ove esso non sia stato richiamato nel contratto di lavoro a progetto, in violazione del principio secondo cui res inter alios acta tedio neque nocet neque prodest.

Infatti, essendo lo statuto d’una societa’ per azioni un atto di natura negoziale, ex articolo 1372 cpv. c.c. non produce effetto rispetto ai terzi se non nei casi previsti dalla legge.

Ad esempio, in tema di societa’ per azioni, sono opponibili ai terzi quelle pattuizioni fra i soci suscettibili di formare materia dell’atto costitutivo o dello statuto (di cui all’articolo 2328 c.c.), oppure le clausole dell’atto costitutivo o dello statuto relative alle limitazioni dei poteri di rappresentanza degli amministratori, ma solo sulla prova che i terzi abbiano intenzionalmente agito ai danni della societa’ (v. articolo 2348 cpv. c.c.), o – ancora – le clausole di prelazione statutaria (che sono munite di efficacia reale: cfr. Cass. n. 12956/16) o quelle di gradimento nei limiti di cui all’articolo 2355 bis c.c.

Ma – come ben si vede – si tratta di ipotesi diverse da quella in oggetto.

Per estendere anche ai terzi (che non abbiano acquisito la qualita’ di nuovo socio) l’efficacia dello statuto d’una societa’ in house bisognerebbe negarne la natura negoziale, ma cio’ non e’ possibile nemmeno alla luce di quell’orientamento giurisprudenziale di questa S.C. che ritiene che la societa’ in house non sia un vero e proprio soggetto giuridico, mancando il requisito dell’alterita’ soggettiva rispetto all’amministrazione pubblica (cfr., in motivazione, Cass. S.U. n. 26283/13).

Infatti, lo strumento della societa’ di capitali e’ pur sempre di natura privatistica e tale resta ancorche’ destinato al perseguimento di finalita’ proprie dell’ente pubblico controllante.

Dunque, indubbia essendo la natura negoziale dello statuto (seppur di una societa’ in house), deve concludersi che la sentenza impugnata ha – in sostanza – riciclato per altra via quell’automatismo fra cessazione dalla carica dell’amministratore unico e decadenza del direttore generale previsto da una clausola statutaria inopponibile al terzo (cioe’ all’odierno ricorrente).

Ne’ si puo’ dire che sia automatico e inevitabile il venir meno del rapporto fiduciario sol perche’ muta la persona dell’amministratore unico, in assenza di qualsivoglia allegazione giustificativa a riguardo.

Neppure puo’ ipotizzarsi – a tal fine mancando qualunque aggancio normativo – una sorta di spoil system analogo a quello disciplinato dalla L. n. 145 del 2002, articolo 3, comma 7, norma poi dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte cost. (con sentenza n. 103/07), nella parte in cui dispone che gli incarichi dirigenziali di livello generale cessino il sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge stessa, norma che sarebbe stata comunque inapplicabile nel caso di specie (riguardando il riordino della dirigenza statale).

3.2. L’accoglimento del primo motivo di ricorso assorbe la disamina del secondo e del terzo.

4.1. In conclusione, va accolto il primo motivo, con assorbimento dei restanti. Per l’effetto, si cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio – anche per le spese – alla Corte d’appello di Messina.

P.Q.M.

LA CORTE

accoglie il primo motivo, dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Messina

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