Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 8 marzo 2018, n. 5511. Il controllo previsto dal nuovo n. 5) dell’articolo 360 cod. proc. civ. concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale)

Il controllo previsto dal nuovo n. 5) dell’articolo 360 cod. proc. civ. concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia), al fine della valida censura della decisione parte ricorrente avrebbe dovuto indicare quale era il fatto storico, di rilievo decisivo, il cui esame era stato omesso dal giudice di appello, specificando, nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il dato, testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui ne risulti l’esistenza, il come e il quando (nel quadro processuale).

Sentenza 8 marzo 2018, n. 5511
Data udienza 9 novembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3488-2016 proposto da:

(OMISSIS), domiciliato in. ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’ avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’ avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 850/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 23/09/2015 r.g.n. 185/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/11/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI FRANCESCA, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Catania ha confermato la decisione di primo grado con la quale era stata respinta la domanda di (OMISSIS) intesa alla declaratoria di illegittimita’ del licenziamento disciplinare comminatogli dalla datrice di lavoro (OMISSIS) s.p.a..

1.1. Il giudice di appello, per quel che ancora rileva, ha confermato la valutazione di gravita’ dell’inadempimento del lavoratore il quale, ricevuta in data 21 aprile 2010 la comunicazione relativa alla trasferta che sarebbe dovuta iniziare il 19 precedente, trasferta per come pacifico gia’ preannunciatagli telefonicamente il giorno 13 precedente, era rimasto assente dal lavoro per sei giorni, provvedendo solo il 27 aprile a richiedere alla societa’ datrice specificazioni in ordine al trattamento retributivo spettante in tale periodo e che, ricevuta nota aziendale del 20.5.2010 chiarificatrice, aveva, con lettera del 26 maggio 2010 comunicato che avrebbe preso servizio il 10 giugno stante il tempo necessario ad organizzare la trasferta. Ha ritenuto che, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, la societa’ gia’ con la nota del 28 aprile 2010 – ricevuta il 30 aprile – aveva formalmente contestato al lavoratore l’assenza ingiustificata, esplicitando cosi’ la volonta’ di sanzionarne il comportamento; il successivo rinnovo di tale contestazione, con lettera del 20 maggio 2010, non poteva far pensare ad una sospensione dei termini dell’adempimento in quanto il datore di lavoro aveva da subito evidenziato la illegittimita’ della condotta del dipendente e la sua rilevanza disciplinare. Ha quindi osservato che una condotta improntata a correttezza e buona fede avrebbe imposto al (OMISSIS) di prendere tempestivamente servizio nel luogo di destinazione potendo successivamente richiedere tutte le informazioni necessarie e rivendicare nelle sedi a cio’ deputate eventuali inadempienze datoriali in merito al trattamento spettante; la tempistica delle varie comunicazioni evidenziava un inadempimento veramente grave da parte del lavoratore in quanto relativo alla principale prestazione a suo carico, a fronte di incompletezza di comunicazione da parte della societa’, incompletezza poi venuta meno in seguito a successivi chiarimenti i quali rendevano priva di ogni giustificazione l’ulteriore prolungata assenza, successiva alla nota del 20 maggio, assenza ampiamente sufficiente da sola ad incrinare irrimediabilmente il rapporto fiduciario.

2. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso (OMISSIS) sulla base di un unico motivo; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso successivamente illustrato con memoria depositata ai sensi dell’articolo 378 cod. proc. civ..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Si premette che il motivo di ricorso e’ privo della formale enunciazione del vizio denunziato il quale risulta tuttavia ricostruibile alla luce della relativa illustrazione. In sintesi parte ricorrente censura la motivazione alla base della decisione di appello, sul rilievo della mancata considerazione del fatto che: a) nel provvedimento di trasferta non era indicato alcun termine finale di talche’ lo stesso si presentava piuttosto come un trasferimento del quale erano ignoti i mai specificati motivi tecnico organizzativi sottostanti; b) il trattamento economico specificato era esclusivamente riferito alla diaria giornaliera senza nulla prevedere per le altre voci contrattuali; c) l’azienda aveva riconosciuto la congruita’ delle censure formulate dal lavoratore tant’e’ che nel periodo tra il 21.4.2010 ed il 20.5.2010 non aveva adottato alcun provvedimento disciplinare.

2. Il ricorso e’ inammissibile per una pluralita’ di profili.

2.1. La deduzione del vizio di motivazione non e’, innanzitutto, coerente con il disposto dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo attualmente vigente, applicabile ratione temporis per essere la sentenza impugnata stata pubblicata il 23 settembre 2015. Posto infatti che, come chiarito da questa Corte (Cass. Sezioni unite 07/04/2014 n. 8053) il controllo previsto dal nuovo n. 5) dell’articolo 360 cod. proc. civ. concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia), al fine della valida censura della decisione parte ricorrente avrebbe dovuto indicare quale era il fatto storico, di rilievo decisivo, il cui esame era stato omesso dal giudice di appello, specificando, nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il dato, testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui ne risulti l’esistenza, il come e il quando (nel quadro processuale).

2.2. Parte ricorrente si e’ sottratta a tale onere in quanto si e’ limitata a richiedere un diverso apprezzamento di circostanze di fatto, peraltro evocate senza il rispetto delle previsioni di cui all’articolo 366 c.p.c., n. 6, circostanze gia’ compiutamente oggetto di disamina da parte del giudice di appello, traducendosi le censure articolate nella sollecitazioni di un sindacato precluso al giudice di legittimita’ (Cass. 4/11/2013 n. 24679, Cass. 16/12/2011 n. 2197, Cass. 21/9/2006 n. 20455, Cass. 4/4/2006 n. 7846, Cass. 7/2/2004 n. 2357).

3. Le spese di lite sono liquidate secondo soccombenza.

4. L’attuale condizione del ricorrente di ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude, allo stato, la debenza di quanto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 4.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

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