Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 8 gennaio 2015, n. 57

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MACIOCE Luigi – Presidente
Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere
Dott. GHINOY Paola – Consigliere
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 7189/2012 proposto da:
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
– (OMISSIS) S.P.A. (avente causa della (OMISSIS) S.P.A. gia’ (OMISSIS) S.P.A. gia’ (OMISSIS) S.P.A.) C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta delega in atti;
– (OMISSIS) S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura speciale notarile in atti;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 765/2011 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 17/11/2011 R.G.N. 149/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/11/2014 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;
Udito l’Avvocato (OMISSIS);
Udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 17 novembre 2011 la Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di rigetto della domanda di (OMISSIS), dipendente della societa’ (OMISSIS) spa, gia’ (OMISSIS) spa, di accertamento della illegittimita’ del licenziamento intimato in data 1/12/2004 per giusta causa al termine di un periodo di distacco del lavoratore, – per svolgere l’attivita’ di gestione di patrimoni mobiliari affidati dai risparmiatori alla distaccante (OMISSIS) – presso la societa’ (OMISSIS) dal 2/1/2001 al 30/9/2004.
La Corte ha riferito che al termine del distacco la societa’ (OMISSIS) aveva comunicato alla (OMISSIS) che il ricorrente aveva ripetutamente violato le disposizioni aziendali in tema di trattamento di dati riservati nonche’ di utilizzo della posta elettronica e dell’obbligo di fedelta’; che immediatamente la (OMISSIS) aveva contestato al lavoratore l’indebita diffusione presso terzi del materiale, mediante utilizzo, non consentito, della posta elettronica aziendale con violazione degli obblighi di obbedienza, riservatezza e fedelta’ nonche’ con esposizione al rischio di risarcire eventuali danni alla societa’ (OMISSIS).
Secondo la Corte territoriale non aveva rilevanza, ai fini della valutazione della legittimita’ del licenziamento, la sentenza passata in giudicato del Tribunale di Milano che aveva respinto il ricorso proposto dalla societa’ (OMISSIS) al fine di ottenere il risarcimento del danno nei confronti del lavoratore per violazione dei suoi doveri nel periodo di distacco. La Corte ha rilevato, infatti, che la societa’ datrice di lavoro non aveva partecipato a quel giudizio; che, comunque, gli stessi fatti, oggetto di quel giudizio, erano suscettibili di una diversa valutazione da parte del datore di lavoro con il quale il rapporto con il (OMISSIS) doveva proseguire confidando nella correttezza del lavoratore nell’esecuzione delle proprie obbligazioni e che, infine, il non aver arrecato un danno attuale ma solo potenziale al datore di lavoro non rilevava ai fini della valutazione del recesso in particolare nel settore bancario dove il vincolo fiduciario era particolarmente intenso. La Corte territoriale ha quindi ritenuto che gli addebiti, valutate le formali e generiche giustificazioni rese dal lavoratore, erano piu’ che sufficienti a motivare un licenziamento per giusta causa considerata la delicatezza delle mansioni e il vincolo fiduciario che lo legava al datore di lavoro.
Ha osservato inoltre con riferimento ai fatti nuovi ed ai nuovi documenti depositati in appello dal (OMISSIS) che confermavano,a suo dire, le accuse che egli aveva rivolto ai dirigenti della societa’ (OMISSIS), che anche ammesso che i fatti indicati fossero veri, egli avrebbe dovuto segnalarli al datore di lavoro o denunciarli alle competenti autorita’ non essendoci motivo di comunicarli ai dipendenti di una societa’ concorrente gettando discredito.
Ha concluso, pertanto, che il lavoratore aveva agito in violazione delle regole di comportamento sicuramente a sua conoscenza; che il codice disciplinare di (OMISSIS) prevedeva il licenziamento per violazione del divieto di utilizzare il servizio di posta elettronica per trasmettere a soggetti esterni alla societa’ informazioni riservate o documenti aziendali se non nel caso in cui cio’ fosse necessario per il contenuto delle mansioni svolte e che infine allegatali a lettera di contestazione vi era anche il memoriale inviato dal lavoratore al presidente della societa’ (OMISSIS) contenente notizie riservate e potenzialmente lesive dell’immagine della societa’ e dei suoi dirigenti.
Avverso la sentenza ricorre il lavoratore formulando tre motivi. Resistono la societa’ (OMISSIS) spa, avente causa da (OMISSIS), gia’ (OMISSIS), gia’ (OMISSIS), e la societa’ (OMISSIS). Il (OMISSIS) e la soc (OMISSIS) hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo (OMISSIS) denuncia violazione dell’articolo 324 c.p.c., dell’articolo 2909 c.c., in relazione alla Legge n. 300 del 1970, articolo 7, della Legge n. 604 del 1966, articolo 1, e dell’articolo 2119 c.c.. Censura l’affermazione della Corte secondo cui il precedente giudicato intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS) non rilevava nel presente giudizio.
Assume che il recesso si fondava non gia’ su mancanze direttamente rilevanti nei confronti della (OMISSIS) ma per l’indiretto riflesso delle mancanze e dei danni posti in essere dal (OMISSIS) durante il distacco presso (OMISSIS) per cui, se venivano meno questi ultimi, cadeva anche la fondatezza del recesso in quanto (OMISSIS) aveva contestato le stesse circostanze lamentate da (OMISSIS) e i danni riportati da (OMISSIS) stessa.
Il motivo e’ infondato.
Deve premettersi che il motivo oltre che infondato risulta anche inammissibile per non avere il ricorrente depositato, come imposto dall’articolo 369 c.p.c., la sentenza del Tribunale posta a fondamento della sua tesi e che,a suo dire, avrebbe rilevanza nel presente giudizio, ne’ per averne riportato l’integrale contenuto.
Il motivo e’, comunque infondato nel merito. La Corte territoriale ha escluso che sui fatti di cui e’ causa si fosse formato un giudicato opponibile alla (OMISSIS) sia in considerazione della mancata partecipazione della societa’ a quel giudizio, sia in quanto gli stessi fatti erano comunque suscettibili di una diversa valutazione da parte del datore di lavoro.
Le affermazioni della Corte non sono censurabili. Deve, infatti, rilevarsi che dal principio stabilito dall’articolo 2909 c.c. – secondo cui l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa – si evince, “a contrario”, che l’accertamento contenuto nella sentenza non estende i suoi effetti e non e’ vincolante rispetto ai terzi.
Nella specie, pertanto, e’ certa la non opponibilita’ del giudicato a (OMISSIS), quale soggetto terzo. Il giudicato puo’, tuttavia, quale affermazione obiettiva di verita’, spiegare efficacia riflessa anche nei confronti di soggetti estranei al rapporto processuale, allorquando questi siano titolari di un diritto dipendente dalla situazione definita in quel processo o comunque di un diritto subordinato a tale situazione. (cfr Cass. n. 2137/2014). A riguardo questa Corte ha, tuttavia, precisato che “tali effetti riflessi sono impediti quando il terzo sta titolare di un rapporto autonomo ed indipendente rispetto a quello in ordine al quale il giudicato interviene, non essendo ammissibile ne’ che egli ne possa ricevere pregiudizio giuridico, ne’ che se ne possa avvalere a fondamento della sua pretesa,….” (cfr. Cass. n. 691/2011, n. 7523/2007).
Nella specie tale collegamento di pregiudizialita’ – dipendenza in senso giuridico che legittima l’efficacia riflessa del giudicato deve essere escluso poiche’ emergono solo nessi di fatto o logici tra i due rapporti dedotti e la soc (OMISSIS) e’ portatrice di diritti ed obblighi autonomi con la conseguenza che non vi sono i presupposti perche’ si determini detta efficacia riflessa.
Ad ulteriore conferma della fondatezza della decisione assunta dai giudici di merito deve essere sottolineato che il precedente giudizio era volto ad accertare i danni che la soc (OMISSIS) assumeva di aver riportato sulla base di fatti che nel presente giudizio assumono, invece, una loro specifica rilevanza nell’ambito del rapporto di lavoro ai fini della valutazione della lesione del rapporto di fiducia che deve sussistere tra le parti in vista della prosecuzione del rapporto di lavoro.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione. Censura l’affermazione della sentenza sul carattere confidenziale e segreto dei dati relativi alla composizione del portafoglio del (OMISSIS) e delle pubblicazioni di (OMISSIS) secondo la sentenza inviati alla soc. (OMISSIS) mediante posta elettronica; sulla prova che la documentazione corrispondesse ai files; sulla mancanza di prova che le “mail” fossero partite dalla societa’; sulla mancata valutazione che i destinatari erano amiche del ricorrente e non solo dipendenti della (OMISSIS) e, infine, sull’affermazione che i “files” non erano stati criptati.
Il motivo e’ infondato. La Corte d’Appello ha valutato correttamente le deposizioni testimoniali e la documentazione, con giudizio immune da vizi che investendo una questione di merito sfuggono al sindacato della Cassazione, concludendo per la sussistenza di un’indebita trasmissione all’esterno di dati riservati mediante l’utilizzo della posta elettronica aziendale ed in presenza di un esplicito divieto di utilizzo di detto strumento per trasmettere a soggetti esterni alla societa’ documenti riservati o comunque documenti aziendali”. Il ricorrente si limita a proporre una diversa valutazione dei fatti formulando in definitiva una richiesta di duplicazione del giudizio di merito,senza evidenziare contraddittorieta’ della motivazione della sentenza impugnata o lacune cosi’ gravi da risultare detta motivazione sostanzialmente incomprensibile o equivoca. Costituisce principio consolidato che “il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimita’ non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma solo la facolta’ di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad essi sottesi, dando cosi’ liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorieta’ della medesima, puo’ legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione”. (Cass. n 2357 del 07/02/2004; n. 7846 del 4/4/2006; n. 20455 del 21/9/2006; n. 27197 del 16/12/2011).
Deve sottolinearsi inoltre che il (OMISSIS), con riferimento ai dubbi che egli avanza sulla prova che la documentazione corrispondesse a “files” e che le “mail” fossero partite dalla societa’, non censura adeguatamente quanto riferito dalla Corte circa gli accertamenti sul computer in uso allo stesso e sui messaggi inviati cosi’ come riferiti dal teste (OMISSIS) il quale, secondo la Corte, aveva descritto, “in ogni particolare”, quanto emerso dal computer. Quanto alle censure svolte dal ricorrente sul carattere riservato dei dati e studi di settore, deve rilevarsi che la Corte territoriale ha riferito che (OMISSIS) acquistava da (OMISSIS) i dati e studi di settore e li diffondeva “dopo averli elaborati”, ri i evidenziando in tal modo l’indubbio vantaggio per l’operatore esterno cui i dati venivano trasmessi dal (OMISSIS) senza doverli acquistare e comunque ottenendo un documento sicuramente di esclusiva pertinenza della soc (OMISSIS). Anche con riferimento a tali affermazioni della Corte le censure non sono puntuali non potendo essere limitate all’affermazione del possibile acquisto in rete degli studi di settore che non giustifica la loro trasmissione alla soc (OMISSIS).
Quanto alle notizie relative alla composizione del portafoglio della (OMISSIS) trasmessi all’esterno dal (OMISSIS) a concorrenti la Corte territoriale ha richiamato le dichiarazione dei testi in base alle quali i dati erano comunicati alla (OMISSIS), segreti, e comunque non accessibili a tutti.
La censura del ricorrente risulta sostanzialmente intesa a sollecitare una rivisitazione delle prove per testi che, come si e’ detto, c’inibita a questa Corte in presenza di una congrua e non illogica valutazione della stessa da parte del giudice di merito.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione degli articoli 2105 e 2119 c.c., nonche’ vizio di motivazione. Censura l’affermazione della Corte secondo cui il lavoratore aveva omesso di rendere noto al datore di lavoro o alle autorita’ competenti le accuse che egli aveva rivolto nei confronti dei dirigenti di (OMISSIS) ed, aveva, invece, divulgato un dossier ai dipendenti della societa’ concorrente (OMISSIS).
Rileva che egli, contrariamente a quanto affermato dalla Corte, aveva reso edotta la soc (OMISSIS) di quanto stava accadendo avendo inviato al (OMISSIS) presidente di (OMISSIS), una relazione. Osserva, inoltre, che l’obbligo di fedelta’ non poteva comportare l’omerta’ o il tollerare reati o la violazione di norme.
La censura e’ infondata.
La motivazione additiva del penultimo periodo di pag. 5 della sentenza non assume carattere decisivo. Deve rilevarsi che lo stesso ricorrente, a pag. 34 de ricorso, evidenzia che la sentenza impugnata fonda il giudizio sul licenziamento in base ai fatti esposti in precedenza e che “tuttavia (pur non ritenendo il punto autonomamente sufficiente a legittimare il recesso) la sentenza evoca nella parte motiva anche la trasmissione via “email” del memoriale redatto da (OMISSIS) e gia’ inviato al professor (OMISSIS)”. Lo stesso ricorrente sembra escludere qualsiasi carattere decisivo di detto punto, della motivazione della Corte e dunque il motivo risulta, in primo luogo, inammissibile. Va osservato, comunque, che cio’ che rimprovera la controricorrente al (OMISSIS) e’ la mancata informazione di eventuali illeciti della soc (OMISSIS), ove era distaccato, al suo datore di lavoro che era la (OMISSIS) e la divulgazione di tali notizie alla (OMISSIS); le censure sul punto non sembrano cogliere nel segno e cio’ a prescindere dall’irrilevanza di tali circostanze nella valutazione della Corte territoriale della legittimita’ del licenziamento.
Per le premesse considerazioni il ricorso va rigettato con condanna del ricorrente a pagare le spese processuali a favore di ciascuna delle resistenti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del presente giudizio liquidate in euro 100,00 per esborsi e d euro 4.500,00 per compensi professionali. oltre IVA, CP e 15% per spese generali a favore di ciascuna delle controricorrenti.

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