Cassazione 14

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 5 agosto 2015, n. 16469

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STILE Paolo – Presidente

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere

Dott. GHINOY Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12916-2010 proposto da:

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA FORENSE C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2603/2009 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 20/05/2009 r.g.n. 969/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/05/2015 dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 20 maggio 2009 la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Benevento del 25 ottobre 2005 con la quale era stata accolta la domanda di (OMISSIS) intesa ad ottenere la condanna della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense a far valere nella sua posizione assicurativa l’iscrizione per gli anni 1997, 1999 e 2000. La Corte territoriale ha ritenuto che la Legge n. 319 del 1975, articolo 2, che prevede che il Comitato dei delegati della Cassa determini i criteri per accertare quali siano gli iscritti alla Cassa stessa che esercitino la libera professione con carattere di continuita’ ai fini dell’iscrizione alla Cassa stessa, non prevede un criterio assoluto ed una presunzione iuris et de iure, potendo l’interessato provare lo svolgimento continuativo dell’attivita’ professionale ai fini in questione. Nel caso in esame l’avv. (OMISSIS) aveva effettivamente provato lo svolgimento dell’attivita’ professionale mediante attestati delle cancellerie del tribunale di Benevento e del Giudice di Pace di Solopaca.

La Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato ad un unico motivo.

Resiste (OMISSIS) con controricorso.

La ricorrente ha presentato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo si lamenta violazione e falsa applicazione del combinato disposto della Legge n. 576 del 1980, articoli 2 e 22 e della Legge n. 319 del 1975, articolo 2 ex articolo 360 c.p.c., n. 3. In particolare si deduce che, ai fini dell’iscrizione alla cassa Forense e’ necessario l’esercizio effettivo della professione secondo i criteri stabiliti del comitato dei delegati e, in particolare, considerando il reddito dichiarato, anche in considerazione della circostanza per cui il trattamento pensionistico erogato dalla cassa e’ commisurato, oltre ai contributi versati, anche al reddito professionale dichiarato ai fini IRPEF.

Il motivo di ricorso non e’ fondato.

Questa Corte ha gia’ affermato il principio secondo cui soli elementi costitutivi della “continuita’” di cui alla Legge n. 319 del 1975, articolo 2, sono il “dato storico” dell’iscrizione alla Cassa ed il “concreto e protratto” esercizio dell’attivita’ professionale, mentre le deliberazioni del Comitato dei delegati forniscono, attraverso il riferimento al reddito, solo i criteri di determinazione dei contributi previdenziali: “cio’ che e’ prescritto (dalla legge) e’ l’autenticita’ della situazione sottesa all’iscrizione (ossia l’esercizio della professione) e non la percezione di’ un reddito professionale minimo ai fini dell’Irpef ovvero l’esistenza di un minimo volume d’affari ai fini dell’Iva” (Cass. n. 3211 del 2002 e Cass. 4584 del 2014).

Nel caso in esame il giudice del merito ha accertato l’effettivita’ dell’esercizio della professione forense da parte del (OMISSIS) e tanto basta a far valore l’iscrizione nella sua posizione assicurativa.

Le medesima sentenze citate hanno aggiunto che la garanzia costituzionale (degli articoli 3 e 38 Cost.) si estende al legittimo affidamento che il lavoratore subordinato o autonomo riponga in ordine alla tutela previdenziale spettantegli e che rimarrebbe frustrato ove un avvocato, iscritto alla Cassa e adempiente all’obbligo contributivo, possa trovarsi privo della pensione (di vecchiaia ma anche d’anzianita’) “sol perche’ risulti ex post che in passato non erano stati integrati i presupposti specifici, reddituali o assimilati, dettati dalla normativa interna della Cassa”. Sulla tutela dell’affidamento dell’assicurato nelle assicurazioni sociali, quale espressione dell’assoggettamento degli enti assicurativi al principio della buona fede oggettiva vedi Cass. 1 marzo 2012 n. 3195, 19 settembre 2013 n. 21454.

Per completezza di motivazione va rilevato che non sono pertinenti le sentenze di questa Corte n. 125 del 1988 e n. 13289 del 2005 citate dalla ricorrente; la prima relativa ad una fattispecie in cui l’avvocato chiedeva la cancellazione della propria iscrizione; la seconda in cui si affermava la potesta’ autoregolamentare del Comitato dei delegati, qui non in discussione. Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso;

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in complessive euro 100,00 per esborsi ed euro 3.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge.

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