Cassazione 14

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 4 dicembre 2015, n. 24730

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – rel. Presidente

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 785/2012 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), gia’ elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti e da ultimo domiciliati presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), (OMISSIS) S.C.A R.L.;

– intimati –

nonche’ da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

(OMISSIS) A R.L. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, succeduta alla (OMISSIS) a r.l., elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

e contro

(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 574/2011 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 02/09/2011 r.g.n. 1057/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/09/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega verbale (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 2.9.11 la Corte d’appello di Bologna rigettava il gravame di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) contro la sentenza n. 372/07 del Tribunale della stessa sede, che aveva respinto la domanda dei suddetti lavoratori volta ad ottenere la condanna dell’INPS a pagare in loro favore TFR e ultime tre mensilita’ ai sensi della Legge n. 297 del 1982, articolo 2 e del Decreto Legislativo n. 80 del 1992, articolo 2, crediti per i quali essi erano stati ammessi al passivo della liquidazione coatta amministrativa della (OMISSIS) a r.l..

Per la cassazione della sentenza ricorrono i lavoratori di cui sopra affidandosi a quattro motivi.

L’INPS resiste con controricorso e spiega ricorso incidentale condizionato basato su un solo motivo.

La (OMISSIS) a r.l. – succeduta a seguito di fusione per incorporazione alla (OMISSIS) a r.l., anche nei cui confronti si sono svolti i gradi di merito – con controricorso chiede la cassazione della sentenza della Corte territoriale.

Le parti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Preliminarmente ex articolo 335 c.p.c., si riuniscono i ricorsi in quanto aventi ad oggetto la medesima sentenza.

2.1- Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione della L.F., articoli 100 e 209, Legge n. 297 del 1982, articolo 2,Decreto Legislativo n. 80 del 1992, articolo 2, in rapporto alla ritenuta applicabilita’, al caso di specie, della Legge n. 196 del 1997, articolo 24, per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto che la mancata opposizione da parte dell’INPS allo stato passivo della liquidazione coatta amministrativa della (OMISSIS) non precludesse all’INPS – che, peraltro, a tale procedura aveva anche partecipato – di contestare in altra sede l’esistenza dei crediti de quibus per essere i rapporti di lavoro proseguiti in capo alla (OMISSIS) a r.l. in virtu’ di trasferimento d’azienda ex articolo 2112 c.c..

Il motivo e’ fondato.

L’INPS nega l’esistenza del diritto al TFR e alle ultime tre mensilita’ in capo agli odierni ricorrenti, ma si tratta di crediti per i quali essi sono stati ammessi al passivo in sede di procedura concorsuale e tale ammissione l’istituto non puo’ mettere in discussione, neppure eccependo – come avvenuto nella presente vicenda processuale – l’eventuale configurabilita’ d’un trasferimento d’azienda con conseguente assunzione ex articolo 2112 c.c., da parte della societa’ cessionaria (la (OMISSIS) a r.l., ora (OMISSIS) a r.l.) dei debiti della cedente (OMISSIS) a r.l..

Cio’ perche’ l’INPS subentra ex lege nel debito del datore di lavoro insolvente, previo accertamento del credito del lavoratore e dei relativi accessori mediante insinuazione nello stato passivo divenuto definitivo e nella misura in cui esso risulta in quella sede accertato (cfr. Cass. n. 24231/14; Cass. n. 11009/08; Cass. n. 10713/08; Cass. n. 7604/03).

In altre parole, una volta che i crediti de quibus siano stati – a torto o a ragione non importa in questa sede – definitivamente ammessi al passivo della societa’ sottoposta a procedura concorsuale, l’INPS non puo’ contestare tale accertamento, che vincola l’istituto previdenziale sia che abbia partecipato alla procedura concorsuale (in tal caso lo stato passivo munito di esecutivita’ ha forza di cosa giudicata anche nei suoi confronti) sia che ad essa sia rimasto estraneo.

Cio’ e’ confermato dalla ratio legis – che e’ quella di garantire i crediti insoddisfatti dei lavoratori, senza costringerli ad ulteriori defatiganti accertamenti in altra sede nei confronti dell’INPS – e dallo stesso tenore letterale della Legge n. 297 del 1982, articolo 2, comma 2, la’ dove si prevede che, trascorsi quindi giorni dal deposito dello stato passivo, reso esecutivo ai sensi della L.F., articolo 97, il lavoratore o i suoi aventi diritto possono ottenere “a domanda” il pagamento, a carico del Fondo di garanzia all’uopo istituto presso l’ente previdenziale, del trattamento di fine rapporto e dei relativi crediti accessori.

In breve, l’esecutivita’ dello stato passivo basta a sorreggere la pretesa del lavoratore nei confronti del Fondo, senza neppure la necessita’ di una preventiva informazione all’istituto previdenziale riguardo alla misura del credito e ai suoi presupposti (cfr. Cass. n. 9231/10).

E tale conclusione – giova ribadire – vale sia che l’INPS abbia partecipato alla procedura concorsuale sia che non l’abbia fatto.

Supporre – come fa l’INPS – che i crediti, pur sussistenti, siano ormai suscettibili di essere fatti valere ex articolo 2112 c.c., nei confronti della presunta cessionaria, con conseguente inapplicabilita’ della Legge n. 297 del 1982, articolo 2 e Decreto Legislativo n. 80 del 1992, articolo 2, integrerebbe solo un aggiramento dialettico della suddetta vincolativita’ dell’accertamento anche nei confronti dell’istituto previdenziale.

Infatti, pur a voler ipotizzare che nel caso di specie si sia effettivamente verificata, prima dell’instaurazione della procedura concorsuale, una cessione di azienda ex articolo 2112, dalla (OMISSIS) a r.l. alla (OMISSIS) a r.l. e che, quindi, i crediti per TFR e ultime tre mensilita’ non siano in realta’ neppure esigibili (essendo i rapporti lavorativi de quibus ancora in corso) e, men che meno, esigibili nei confronti della cedente (che, per di piu’, ne puo’ rispondere solo pro quota), nondimeno resta l’insuperabile rilievo che ad ogni modo tali crediti sono stati ammessi al passivo e cio’ non puo’ essere contestato se non in sede di opposizione allo stato passivo, il che non e’ avvenuto.

2.2.- L’accoglimento del primo motivo del ricorso principale assorbe la disamina degli altri tre motivi, che prospettano vizi di motivazione e di violazione e falsa applicazione degli articoli 2094 e 2112 c.c. (il secondo) e del solo articolo2112 c.c. (il terzo e il quarto).

3.1.- L’unico motivo del ricorso incidentale condizionato denuncia violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 639 del 1970, articolo 47, nel testo sostituito dal Decreto Legge n. 384 del 1992, articolo 4, comma 1, convertito in Legge n. 438 del 1992, per non avere la Corte territoriale considerato anche l’intervenuta decadenza sostanziale prevista da tale norma di legge, decadenza – rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio – verificatasi in quanto il pagamento dei crediti de quibus era stato richiesto dai ricorrenti in via principale con istanze del 2.3.2000 (per il TFR) e del 20.3.2000 (per i crediti diversi) rigettate con provvedimenti espliciti di diniego delle prestazioni adottati dall’INPS il 5.9.2000, contro i quali erano stati poi respinti i ricorsi amministrativi proposti dai lavoratori; dopo di cio’, costoro avevano agito in giudizio con ricorso depositato il 28.3.02, vale a dire quando era ormai maturata la decadenza de qua essendo decorsi piu’ di un anno e 300 giorni dalla presentazione delle domande amministrative.

Il motivo e’ fondato, dovendosi applicare il termine decadenziale di un anno e trecento giorni in conformita’ all’orientamento espresso da Cass. S.U. n. 19992/09 e dalla giurisprudenza successiva.

A tal proposito si tenga presente che il Decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639, articolo 47, nel testo sostituito dal Decreto Legge 19 settembre 1992, n. 384, articolo 4, comma 1, convertito in Legge 14 novembre 1992, n. 438, dispone quanto segue:

“Esauriti i ricorsi in via amministrativa, puo’ essere proposta l’azione dinanzi l’autorita’ giudiziaria ai sensi dell’articolo 459 c.p.c. e segg..

Per le controversie in materia di trattamenti pensionistici l’azione giudiziaria puo’ essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data di comunicazione della decisione del ricorso pronunziata dai competenti organi dell’istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione, ovvero dalla data di scadenza di termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione.

Per le controversie in materia di prestazioni della Gestione di cui alla Legge 9 marzo 1989, n. 88, articolo 24, l’azione giudiziaria puo’ essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di un anno dalle date in cui al precedente comma.

Dalla data della reiezione della domanda di prestazione decorrono, a favore del ricorrente o dei suoi aventi causa, gli interessi legali sulle somme che risultino agli stessi dovute.

L’Istituto nazionale della previdenza sociale e’ tenuto ad indicare ai richiedenti le prestazioni o ai loro aventi causa, nel comunicare il provvedimento adottato sulla domanda di prestazione, i gravami che possono esser proposti, a quali organi debbono essere presentati ed entro quali termini.

E’ tenuto, altresi’, a precisare i presupposti ed i termini per l’esperimento dell’azione giudiziaria”.

Ora, il Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto rientra nella “Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti” di cui alla Legge n. 1989 del 1988, articolo 24, richiamato del Decreto del Presidente della Repubblica n. 639 del 1970, nel comma 3, sicche’ alle prestazioni da esso dovute si applica il termine di decadenza annuale.

Le Sezioni unite di questa S.C., risolvendo un contrasto di giurisprudenza manifestatosi all’interno della Sezione lavoro sul decorso o meno del termine di decadenza di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639, articolo 47, nel caso di mancanza di un provvedimento esplicito sulla domanda dell’assicurato ovvero nel caso di omissione delle indicazioni prescritte dal suddetto articolo 47, comma 5, hanno fissato il principio secondo cui in tema di decadenza dall’azione giudiziaria per il conseguimento di prestazioni previdenziali, il Decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639, articolo 47 (nel testo modificato dal Decreto Legge 19 settembre 1992, n. 384, articolo 4, convertito, con modificazioni, nella Legge 14 novembre 1992, n. 438) dopo avere enunciato due diverse decorrenze delle decadenze riguardanti dette prestazioni (dalla data della comunicazione della decisione del ricorso amministrativo o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della detta decisione), individua infine – nella “scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo” – la soglia di trecento giorni (risultante dalla somma del termine presuntivo di centoventi giorni dalla data di presentazione della richiesta di prestazione di cui alla Legge 11 agosto 1973, n. 533, articolo 7 e di centottanta giorni, previsto dalla Legge 9 marzo 1989, n. 88, articolo 46, commi 5 e 6), oltre la quale la presentazione di un ricorso tardivo – pur restando rilevante ai fini della procedibilita’ dell’azione giudiziaria – non consente lo spostamento in avanti del dies a quo per l’inizio del computo del termine decadenziale. Ne consegue che, al fine di impedirne qualsiasi sforamento in ragione della natura pubblica della decadenza regolata dall’anzidetto articolo 47, il termine decorre, oltre che nel caso di mancanza di un provvedimento esplicito sulla domanda dell’assicurato, anche in quello di omissione delle indicazioni di cui del medesimo articolo 47, al comma 5 (cfr., ancora, Cass. S. U. 2009/12718).

Nel caso di specie e’ pacifico che tra la data delle domande amministrative e quella di deposito del ricorso in via giudiziaria e’ decorso un arco di tempo superiore al termine di un anno e 300 giorni di cui si e’ detto, con conseguente intervenuta decadenza degli odierni ricorrenti principali dai diritti per cui e’ causa.

E’, infine, appena il caso di ricordare che tale decadenza, essendo dettata a protezione dell’interesse alla definitivita’ e alla certezza delle determinazioni concernenti erogazioni di spese gravanti sui bilanci pubbliche rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, con il solo limite del giudicato (cfr. Cass. n. 6331/14).

4.1.- In conclusione, va accolto il primo motivo del ricorso principale con assorbimento del secondo, del terzo e del quarto, cosi’ come va accolto il ricorso incidentale condizionato; per l’effetto, si cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito ex articolo 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti in punto di fatto, si rigettano le domande.

L’accoglimento del primo motivo del ricorso principale consiglia di compensare fra le parti le spese dell’intero processo.

P.Q.M.

LA CORTE

riuniti i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale con assorbimento del secondo, del terzo e del quarto, accoglie il ricorso incidentale condizionato, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta le domande e compensa fra le parti le spese dell’intero processo.

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