Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 3 gennaio 2017, n. 54

Irregolare il licenziamento del dipendente di banca a cui venga contestata la circostanza di aver concesso, pur in presenza di anomalie, credito a tre gruppi aziendali. Questo perché all’interno dell’istituto mancava il regolamento interno e quel divieto non derivava da una norma di portata generale ma appunto da istruzioni operative nel gruppo bancario

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 3 gennaio 2017, n. 54

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente

Dott. VENUTI Pietro – Consigliere

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10961/2011 proposto da:

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE CLODIO 32, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 496/2010 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 14/02/2011 r.g.n. 387/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/10/2016 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza n. 496 del 2010, la Corte d’appello di Venezia, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, dichiarava la legittimita’ della sanzione disciplinare della sospensione per otto giorni dal servizio e dalla retribuzione adottata dalla (OMISSIS) S.p.A. nei confronti di (OMISSIS) in data 24/8/2007, a motivo delle reiterate anomalie riscontrate nella concessione del credito a tre gruppi aziendali, in, violazione delle norme interne ed in particolare della Circolare n. 12316 del 2003 e delle relative istruzioni operative.

La Corte territoriale riteneva che nel caso fosse irrilevante la mancata affissione del codice disciplinare valorizzata dal Tribunale, dal momento che la condotta contestata al lavoratore non trovava la propria fonte nelle regole di comportamento dettate dalla contrattazione collettiva, ma discendeva dalle disposizioni interne alla societa’ in materia di affidamenti bancari ed erogazione di finanziamenti, sicche’ si trattava di regole inerenti al dovere di cui all’articolo 2104 c.c., la cui violazione comportava la lesione di interessi del datore di lavoro, indipendentemente dal loro inserimento nel codice disciplinare. Negava inoltre che sussistesse la tardivita’ della contestazione disciplinare, considerato che la verifica ispettiva che aveva portato all’emergere delle condotte contestate era terminata il 27 marzo 2007 e la contestazione era del 25 maggio. Nel merito degli addebiti, riferiva che era emerso che l’appellato aveva concesso affidamenti senza una corretta valutazione della classe di rischio a soggetti che ne presentavano una elevata, e senza considerare il collegamento tra di loro esistente, sicche’ l’affidamento complessivo era stato superiore al limite attribuito alla sua competenza: la sanzione risultava quindi congrua e proporzionata alla gravita’ in concreto dei fatti, anche per la posizione dell’appellato all’interno dell’azienda ed il ruolo da lui rivestito, nonche’ per la pluralita’ delle violazioni accertate.

Per la cassazione della sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso, affidato ad otto motivi, cui ha resistito con controricorso la (OMISSIS) S.p.A. (OMISSIS) s.p.a., quale societa’ incorporante (OMISSIS) S.p.A., ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente censura la sentenza della Corte d’appello di Venezia per i seguenti motivi:

1.1. con il primo, deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, articolo 7, e sostiene che per le sanzioni conservative il potere disciplinare del datore di lavoro potrebbe essere esercitato solo a seguito della predisposizione di una normativa secondaria (codice disciplinare) soggetta all’onere della pubblicita’, diversamente dalle sanzioni espulsive, per le quali, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte di Cassazione, quando la sanzione attenga a comportamenti che la coscienza sociale considera lesivi delle regole fondamentali del vivere civile, l’illiceita’ del comportamento puo’ essere conosciuta e apprezzata da lavoratore senza bisogno di preavviso del datore di lavoro.

1.2. Come secondo motivo, deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, articolo 7, e rileva che nel caso, trattandosi di violazione di una circolare del datore di lavoro e di norme aziendali, occorreva l’affissione del codice disciplinare e la pubblicizzazione delle disposizioni interne.

1.3. Come terzo motivo, deduce violazione dell’articolo 2106 c.c., L. n. 300 del 1970, articolo 7, omessa motivazione ed omesso esame su un punto decisivo della controversia, non avendo la Corte d’appello affrontato la questione, che era stata proposta fin dalla comparsa di costituzione in primo grado, secondo la quale la Cassa di Risparmio non aveva rispettato il principio di parita’ di trattamento con altri lavoratori che, pur avendo realizzato comportamenti ben piu’ gravi, erano stati sanzionati in modo piu’ lieve.

1.4. Come quarto motivo, deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., e lamenta che la Corte territoriale sarebbe incorsa in vizio di ultrapetizione, in quanto a fronte dell’argomentazione del Tribunale secondo la quale l’omessa affissione del codice disciplinare determinava l’illegittimita’ della sanzione, trovando questa la sua causa della violazione di norme contrattuali specifiche, (OMISSIS) non aveva proposto appello, limitandosi ad argomentare nel ricorso che l’omessa affissione dell’unica norma dei C.C.N.L. materia di provvedimento disciplinare non poteva incidere sulla conoscibilita’ delle disposizioni specifiche settoriali violate dal signor (OMISSIS).

1.5. Come quinto motivo, lamenta violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori e ribadisce che la contestazione disciplinare del 25/5/2007 sarebbe tardiva, poiche’ i fatti contestati sono relativi al periodo dall’aprile 2005 all’agosto 2006, erano noti da tempo agli organi di controllo e le operazioni erano state segnalate attraverso la procedura di work list ai diretti superiori e agli organi di controllo fin dal gennaio 2006.

1.6. Come sesto motivo, lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, articolo 7, comma 5, e sostiene che il lasso di tempo di tre mesi intercorso tra la contestazione disciplinare e l’irrogazione della sanzione (del 24/8/2007) non sarebbe in alcun modo giustificabile.

1.7. Come settimo motivo, ancora sulla tardivita’ della contestazione e sulla cumulabilita’ delle infrazioni, lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, articolo 7, comma 5, e riferisce che per fatti analoghi gia’ a lui contestati nel 2004 e 2005, (OMISSIS) non aveva adottato alcun provvedimento disciplinare ed anzi lo aveva encomiato con una lettera di lode, mentre per il periodo successivo altri comportamenti sostanzialmente identici erano stati ritenuti integrare gravi violazioni, cosi’ impedendogli di adeguare la condotta per non aggravare la sua posizione.

1.8. Come ottavo motivo, deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, articolo 7, comma 5, e sostiene che la Corte d’appello avrebbe omesso di considerare che la Banca non aveva fornito la prova dell’inadempimento contestato.

2. Il primo motivo non e’ fondato.

Alla questione dell’estensibilita’ o meno anche alle sanzioni conservative del principio secondo il quale in tutti i casi nei quali il comportamento sanzionatorio sia immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito, perche’ contrario al c.d. minimo etico o a norme di rilevanza penale, non sia necessario provvedere all’affissione del codice disciplinare, e’ stata data soluzione positiva dalla giurisprudenza di questa Corte, alla quale la Corte territoriale si e’ attenuta. Si e’ in proposito rilevato che in tali casi il lavoratore ben puo’ rendersi conto, anche al di la’ di una analitica predeterminazione dei comportamenti vietati e delle relative sanzioni da parte del codice disciplinare, della illiceita’ e gravita’ della propria condotta (Cass. 13414 del 2013, n. 1926 del 2011, n. 17763 del 2004), anche qualora ne derivi l’irrogazione di un sanzione conservativa, dovendosi d’altro canto considerare che sarebbe contraddittorio affermare la sussistenza di un interesse del lavoratore ad essere previamente edotto della possibilita’ di essere destinatario di una sanzione conservativa per i detti comportamenti e negarla in presenza di sanzioni di carattere espulsivo, le quali sono ben piu’ afflittive.

3. Il secondo motivo e’ invece fondato.

3.1. Le condotte contestate al (OMISSIS) sono state ritenute disciplinarmente rilevanti in quanto realizzate in violazione della Circolare n. 12316 del 12.6.2003 e delle relative Istruzioni denominate “principi guida per la gestione del credito”, disposizioni che attengono, secondo quanto riferisce la Corte territoriale, alla valutazione di parametri oggettivi, riferiti alla consistenza del patrimonio del debitore, alla sua capacita’ di reddito ed alla presenza di garanzie prestate da terzi.

3.2. Dandosi continuita’ alla soluzione gia’ assunta in fattispecie analoga da Cass. n. 22626 del 03/10/2013, si rileva che non si verte qui nel caso di doveri fondamentali del lavoratore, di condotte rientranti nel c.d. minimo etico o di rilevanza penale e rientranti nella coscienza sociale, riconoscibili come tali e sanzionabili senza necessita’ di specifica previsione, ma di norme di azione che derivano da direttive interne della Banca, che possono mutare nel tempo, in relazione a contingenze economiche e di mercato, cosi’ come puo’ mutare nel tempo, anche in relazione al luogo, al momento ed alla tipologia del cliente, il grado di elasticita’ consentito nella loro applicazione. Ne deriva che l’ambito ed i limiti della rilevanza ai fini disciplinari dell’inosservanza di tali disposizioni, nonche’ la gravita’ della stessa ai fini di adeguatezza della sanzione, dovevano essere previamente posti a conoscenza dei dipendenti, nell’osservanza delle prescrizioni della L. n. 300 del 1970, articolo 7.

3.3. Non si discute quindi di conoscibilita’ della norma di condotta, ma di conoscibilita’ del suo rilevo a fini disciplinari: identificando ogni condotta rientrante nell’obbligo di diligenza in quanto violativa di direttive aziendali con le ipotesi per le quali non e’ necessaria l’affissione del codice disciplinare, come in sostanza opina la Corte territoriale, si priva infatti la previsione della L. n. 300 del 1970, articolo 7 – che impone la previa pubblicizzazione delle norme disciplinari relative alle sanzioni ed alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse puo’ essere applicata della sua funzione sostanziale di garanzia di legalita’ e prevedibilita’ dell’esercizio del potere disciplinare, realizzata mediante la pubblicizzazione della delimitazione concordata dalle parti collettive dell’ambito dell’intervento repressivo, in relazione alla tipizzazione degli addebiti, alla graduazione della loro rilevanza e gravita’ ed alla correlazione con le sanzioni previste.

3.4. Deve quindi ribadirsi il principio, gia’ affermato da Cass. n. 15218 del 21/07/2015, che quando la condotta contestata al lavoratore appaia violatrice non di generali obblighi di legge o di obblighi rientranti nel c.d. minimo etico e acquisiti dalla coscienza sociale, ma di regole comportamentali negozialmente introdotte e funzionali al miglior svolgimento del rapporto di lavoro, l’affissione del codice disciplinare prevista dalla L. n. 300 del 1970, articolo 7, comma 1, si presenta necessaria.

4. Resta assorbito l’esame degli ulteriori motivi, che attengono a momenti successivi alla (propedeutica) affissione del codice disciplinare, nella fattispecie a formazione progressiva costituita dal procedimento di irrogazione della sanzione.

5. Segue la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto.

6. La causa puo’ essere decisa nel merito ex articolo 384 c.p.c., comma 2: la mancata affissione del codice disciplinare, valorizzata dal Tribunale, non e’ stata revocata in dubbio con i motivi di appello, come trascritti nella sentenza della Corte veneziana (e richiamati anche a pg. 17 e 18 del controricorso), considerato che con il gravame si assumeva piuttosto che l’affissione facesse capo ai direttori di ogni ufficio e che la stessa comunque fosse irrilevante in considerazione della conoscibilita’ delle disposizioni violate. Non sono quindi necessari ulteriori accertamenti di fatto e, essendo l’omessa affissione del codice disciplinare presupposto di legittimita’ della sanzione, puo’ quindi procedersi in questa sede al rigetto della domanda di accertamento della legittimita’ della sanzione disciplinare in scrutinio, proposta in primo grado dalla (OMISSIS) s.p.a..

7. Le spese dei giudizi di merito vengono compensate in ragione del loro esito alterno, determinato dalla necessita’ di un intervento di nomofilachia chiarificatrice degli ambiti di non necessarieta’ dell’affissione del codice disciplinare. Le spese del giudizio di cassazione seguono invece la soccombenza ex articolo 91 c.p.c..

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, dichiara assorbiti gli altri motivi. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dalla (OMISSIS) s.p.a. Compensa le spese dei giudizi di merito e condanna la (OMISSIS) s.p.a. al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’, che liquida in complessivi Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 100,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge

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