Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 2 gennaio 2018, n. 1. Il contratto d’appalto ed il contratto d’opera si differenziano per il fatto che nel primo l’esecuzione dell’opera commissionata avviene mediante una organizzazione di media o grande impresa cui l’obbligato e’ preposto, mentre nel secondo con il prevalente lavoro di quest’ultimo, pur se coadiuvato da componenti della sua famiglia o da qualche collaboratore, secondo il modulo organizzativo della piccola impresa

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Orbene, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’ esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, sotto l’aspetto del vizio contemplato dall’articolo 360 c.p.c., n. 5. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – e’ segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, e’ mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (v. Cass. Sez. un. civ. n. 10313 del 05/05/2006, conformi Cass. 1 civ. n. 41.78 del 22/02/2007, sez. lav. n. 7394 del 26/03/2010, id. n. 16698 del 16/07/2010. Cfr. altresi’ Cass. 5 civ. n. 8315 del 4/4/2013, secondo cui il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’ esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione – peraltro nei rigorosi limiti al riguardo fissati dalla giurisprudenza, pure con riferimento alla previgente formulazione dell’articolo 360, n. 5 – Nel caso di specie, quindi, era ritenuto inammissibile il motivo di ricorso con il quale era stata contestata la valutazione che la commissione tributaria regionale aveva fatto in ordine alla concludenza di una prova presuntiva. In senso conforme, ancora Cass. 5 civ. n. 26110 del 30/12/2015, nonche’ Sez. lav. n. 195 – 11/01/2016, la quale, per l’effetto, rigettava il motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, mediante cui era stata contestata, ai fini dell’azcertannento del diritto all’indennizzo da mancato godimento dei riposi compensativi, la valutazione delle risultanze di causa in ordine alla penosita’ delle prestazioni di lavoro svolte nei turni di pronta disponibilita’.

Cfr. altresi’ Cass. lav. n 26307 del 15/12/2014, secondo cui il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, ricorre – o non ricorre – a prescindere dalla motivazione posta dal giudice a fondamento della decisione – “id est”: del processo di sussunzione – rilevando solo che, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non si doveva applicarla, ovvero che sia stata male applicata, poiche’ il ricorrente e’ tenuto, in ogni caso, a prospettare l’erronea interpretazione di una norma da parte del giudice che ha emesso la sentenza impugnata e ad indicare, a pena d’inammissibilita’ ex articolo 366 c.p.c., n. 4, motivi per i quali chiede la cassazione. Conforme Cass. n. 22348/2007).

Invero, poi, il vizio della sentenza previsto dall’articolo 360 c.p.c., n. 3, deve essere dedotto, a pena di inammissibilita’ del motivo, giusta la disposizione dell’articolo 366, n. 4, dello stesso codice, non solo con la indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti, tese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimita’, diversamente impedendo alla Corte regolatrice di adempiere il suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione. Risulta, quindi, inidoneamente formulata la deduzione di “errori di diritto” individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole norme che si assumono violate, ma non dimostrati per mezzo di una critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata mediante specifiche e puntuali contestazioni nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata (cosi’, tre le altre, Cass. 1 civ. n. 5353 in data 08/03/2007 e Cass. n. 11501 del 2006).

Pertanto, nella specie si appalesano inconferenti ed insufficienti le censure mosse da parte ricorrente, fondate piu’ che altro su diverse valutazioni in punto di fatto – dissenzienti rispetto a quanto motivatamente pero’ deciso dai giudici di merito – come tali assolutamente irrilevanti, soprattutto perche’ non specificano errori in diritto, eventualmente commessi con l’impugnata pronuncia.

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