Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 16 maggio 2017, n. 12106

La produzione in giudizio di una lettera di licenziamento priva di sottoscrizione alcuna o munita di sottoscrizione proveniente da persona diversa dalla parte che avrebbe dovuto sottoscriverla equivale a sottoscrizione, purchè tale produzione avvenga ad opera della parte stessa nel giudizio pendente nei confronti del destinatario della lettera di licenziamento medesima

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 16 maggio 2017, n. 12106

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18502/2014 proposto da:

(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti (Atto di Costituzione del 28/01/2017);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.R.L., (gia’ (OMISSIS) S.R.L.) P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 59/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 08/04/2014 R.G.N. 1277/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/02/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

Con sentenza 23-26.9.13 il Tribunale di Torino rigettava, per quel che rileva in questa sede, l’impugnativa di licenziamento (intimato il 3.3.11 per giustificato motivo oggettivo) proposta da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) S.r.l..

Con sentenza pubblicata in data 8.4.14 la Corte d’appello di Torino riformava la sentenza di prime cure solo in ordine alla quantificazione delle spese di lite e rigettava nel resto il gravame di (OMISSIS), che oggi ricorre per la cassazione della sentenza affidandosi a due motivi, poi ulteriormente illustrati con memoria ex articolo 378 cod. proc. civ..

(OMISSIS) S.r.l. (gia’ (OMISSIS) S.r.l.) resiste con controricorso.

In data 19.1.2017 (quindi dopo la comunicazione dell’avviso dell’odierna udienza, avvenuta il 12.1.2017) la ricorrente ha revocato il mandato al proprio difensore avv. (OMISSIS), poi sostituito dall’avv. (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1398 e 1399 cod. civ., per avere la sentenza impugnata ritenuto convalidabile o ratificabile un atto inesistente come la lettera di licenziamento della lavoratrice, su cui figurava l’apparente firma della allora legale rappresentante della societa’ (OMISSIS): costei, sentita come teste, aveva negato di aver sottoscritto la lettera medesima. Pertanto, essendo all’evidenza falsa tale sottoscrizione, la lettera di licenziamento doveva considerarsi (contrariamente a quanto supposto dalla Corte di merito) come inesistente e, in quanto tale, non suscettibile di convalida o ratifica.

1.2. Il motivo – la cui rilevanza deriva dal rilievo che L. n. 604 del 1966, ex articolo 2 il licenziamento non comunicato per iscritto e’ inefficace (o nullo, secondo la giurisprudenza: cfr. Cass. n. 18087/07) – e’ infondato, sia pure previa correzione nei termini che seguono (ex articolo 384 c.p.c., u.c.) della motivazione resa dalla Corte territoriale.

Nel caso di specie la stessa sentenza impugnata da’ atto della “apparente firma (OMISSIS)” sulla lettera di licenziamento, da cui e’ dato arguire che effettivamente l’apparente sottoscrittrice dell’atto non lo abbia, in realta’, firmato.

In tal senso deve intendersi anche il tenore di ricorso e controricorso in esame.

Dunque, come sostenuto dall’odierna ricorrente, nel caso in oggetto ci si trova in una situazione diversa da quella della ratifica ex articolo 1399 c.c. dell’atto proveniente dal falsus procurator o dal soggetto che abbia ecceduto i limiti delle facolta’ conferitegli.

Nondimeno, nel caso di specie, compulsando gli atti a fini di mera verifica del fatto processuale, risulta che la societa’ oggi controricorrente aveva prodotto in sede di merito la lettera di licenziamento.

Ne consegue che deve trovare applicazione il costante insegnamento giurisprudenziale secondo cui la produzione in giudizio di una scrittura privata (richiesta ad substantiam, come avviene per la lettera di licenziamento), priva di firma da parte di chi avrebbe dovuto sottoscriverla, equivale a sottoscrizione, a condizione che tale produzione avvenga – appunto – ad opera della parte stessa (cfr., ex aliis, Cass. n. 13548/06; Cass. n. 3810/04; Cass. n. 2826/2000) nel giudizio pendente nei confronti dell’altro contraente o, deve ritenersi in caso di atto unilaterale inter vivos e a contenuto patrimoniale (la cui disciplina e’ equiparata ex articolo 1324 c.c., in quanto compatibile, a quella dei contratti), nei confronti del relativo destinatario se si tratta di atto recettizio (e tale e’ il licenziamento).

Questo, dunque, il principio di diritto:

“La produzione in giudizio d’una lettera di licenziamento priva di sottoscrizione alcuna o munita di sottoscrizione proveniente da persona diversa dalla parte che avrebbe dovuto sottoscriverla equivale a sottoscrizione, purche’ tale produzione avvenga ad opera della parte stessa nel giudizio pendente nei confronti del destinatario della lettera di licenziamento medesima”.

2.1. Con il secondo motivo di ricorso ci si duole di omessa motivazione, da parte della Corte territoriale, della quantificazione delle spese del giudizio di primo grado, pur ridotte rispetto alla statuizione del Tribunale.

2.2. Il motivo va disatteso perche’ anche la giurisprudenza piu’ rigorosa in tema di motivazione del quantum di spese legali liquidate in sentenza (cfr., da ultimo e per tutte, Cass. n. 20604/15; contra, da ultimo e per tutte, Cass. n. 20289/15, che non prevede obbligo di motivazione quando la liquidazione avvenga tra il minimo e il massimo di tariffa) suppone pur sempre che sia stata depositata una nota spese e che il giudice se ne sia in tutto o in parte discostato.

Lo stesso precedente giurisprudenziale invocato in ricorso (Cass. n. 19269/05) e’ ben chiaro nell’evidenziare che il giudice, in mancanza del deposito della nota delle spese ex articolo 75 disp. att. c.p.c., non e’ tenuto ad indicare specificamente le singole voci delle spese medesime e, quindi, a sostituirsi sostanzialmente ex officio all’attivita’ procuratoria della parte.

Nel caso in oggetto la ricorrente, lungi dal trascrivere la nota spese avversaria, non chiarisce neppure se la societa’ l’avesse effettivamente depositata e se e in che misura la sentenza abbia comunque violato i limiti massimi di tariffa.

3.1. In conclusione, il ricorso e’ da rigettarsi. Le spese del giudizio di legittimita’, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare in favore della controricorrente le spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

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