Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 15 dicembre 2017, n. 30224. Nel ricorso per cassazione i motivi d’impugnazione che prospettino una pluralita’ di questioni precedute unitariamente dalla elencazione delle norme asseritamente violate sono inammissibili

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Il motivo e’ inammissibile per mancanza di autosufficienza e di specificita’ non avendo, la parte ricorrente, dimostrato, in quali espressi termini, le circostanze familiari contestate, ricostruite e vagliate – di contro – dalla Corte territoriale per essere poste a fondamento della decisione gravata (p. 10-11), sarebbero state espunte dal giudizio di merito.
6. Il sesto motivo si appunta sulla nozione di proporzionalita’ della sanzione, contestando la violazione e falsa applicazione delle norme contrattuali e legislative che compongono l’intero corpus normativo che disciplina il potere disciplinare del datore (articoli 2119, 2104, 2105 e 2106 cod. civ., L. n. 300 del 1970, articolo 7, nonche’ gli articoli 220, 225 e 229 c.c.n.l. settore Terziario), dal quale il giudice territoriale avrebbe erroneamente fatto discendere il giudizio di non proporzionalita’ della risposta sanzionatoria alla condotta posta in essere dalla lavoratrice alla luce delle circostanze del caso concreto.
La sesta censura presenta lo specifico profilo d’inammissibilita’, inerente la promiscuita’ dei motivi, nel senso richiamato a proposito della prima e della terza censura. Il motivo e’, comunque, chiaramente inammissibile, poiche’, tendente a ottenere un riesame del merito, precluso in sede di legittimita’.
7. Il settimo e ultimo motivo di censura attiene alla violazione e falsa applicazione dell’articolo 2118 c.c. e L. n. 604 del 1966, articolo 3, nonche’ all’omesso esame di un punto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (articolo 360, n. 5), per avere, la Corte territoriale, conferito scarso rilievo alla richiesta, formulata, in via subordinata dalla ricorrente, di derubricare la ragione del licenziamento da giusta causa a giustificato motivo soggettivo.
In base alla giurisprudenza di questa Corte sull’inammissibilita’ di motivi promiscui richiamata a proposito delle precedenti censure, il settimo motivo presenta scarsa chiarezza per delineare in modo poco netto il confine tra il vizio motivazionale e la violazione di legge.
Quanto, poi, all’esclusione della causale giustificativa prospettata in subordine dalla ricorrente, la censura e’ infondata, poiche’ non aggredisce la sentenza sul punto del rigetto della domandata conversione della causale, essendo specificamente motivato dalla Corte territoriale, che la comprovata condotta oggetto di contestazione, mancava del requisito del notevole inadempimento, richiesto dalla L. n. 604 del 1966, articolo 3.
Essendo, pertanto, le censure proposte in parte inammissibili, e in parte infondate, il ricorso e’ rigettato. Le spese seguono la soccombenza. Si da’ atto dell’esistenza dei presupposti per la condanna del ricorrente al pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 200 per esborsi e in Euro 4.000 per competenze professionali, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, e agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.

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