Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza 4 gennaio 2018, n. 82. Demansionamento se il dipendente viene spostata in settori che non richiedono la professionalità acquisita in passato

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che, pertanto, a fronte degli anzidetti motivati accertamenti ed apprezzamenti, in punto di fatto non e’ ammissibile alcun sindacato in sede di legittimita’ da parte di questa Corte;
che, infatti, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza, impugnata con ricorso per cassazione, conferisce al giudice di legittimita’ non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensi’ la sola facolta’ di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad esse sottesi, dando, cosi’, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge). Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorieta’ della medesima, puo’ legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione (Cass. sez. un. civ. n. 13045 del 27/12/1997. In particolare, alla cassazione della sentenza, per vizi della motivazione, si puo’ giungere solo quando tale vizio emerga dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito, quale risulta dalla sentenza, che si rilevi incompleto, incoerente o illogico, e non gia’ quando il giudice del merito abbia semplicemente attribuito agli elementi valutati un valore ed un significato difformi dalle aspettative e dalle deduzioni di parte. V. Cass. 3 civ. n. 20322 del 20/10/2005, conformi Cass. n. 2222 e n. 12467 del 2003, n. 7073 del 28/03/2006, n. 8, 12362 del 24/05/2006, n. 11039 del 12/05/2006, n. 6264 del 21/03/2006, n. 4001 del 23/02/2006, n. 1120 del 20/01/2006, nonche’ n. 15805 del 28/07/2005, n. 11936 del 2003 e n. 15693 del 2004.
5. in senso analogo inoltre Cass. 1 civ. n. 1754 del 26/01/2007, Cass. lav. n. 15489 del g. 11/07/2007 conformi Cass. n. 91 del 07/01/2014, n. 5024 del 2012, n. 18119 del 02/07/2008, n. 23929 del 19/11/2007 – Cass. lav. n. 6288 del 18/03/2011, Cass. sez. un. civ. n. 24148 del 25/10/2013, Cass. 3 civ. n. 17037 del 20/08/2015, nonche’ Cass. lav. n. 25608 del 14/11/2013 conforme Cass. n. 14973/2006);
che pertanto non si rilevano errori di diritto nell’impugnata sentenza, a parte ogni altra considerazione circa l’inammissibilita’, preliminarmente evidenziata, del secondo motivo, laddove poi’ dal complesso della motivazione ben si comprende anche come la Corte di merito abbia in effetti, nell’operare l’anzidetta liquidazione equitativa, tenuto conto della durata dei lamentati pregiudizi, nonche’ della professionalita’ depauperata nel corso degli anni in danno della lavoratrice, unitamente alla retribuzione globale maturata in relazione all’inquadramento posseduto, ma in effetti solo nominalmente senza corrispondenza di mansioni;
che, dunque, con il rigetto del ricorso la parte soccombente va condannata al rimborso delle relative spese.
P.Q.M.
La Corte RIGETTA il ricorso e condanna la societa’ ricorrente al rimborso delle spese, che liquida in complessivi 4000,00 (quattromila/00) Euro per compensi professionali ed in Euro =200,00= per esborsi, oltre spese generali al 15%, i.v.a. e c.p.a., a favore della controricorrente.

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