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Suprema Corte di Cassazione

sezione IV

ordinanza 15 aprile 2015, n. 15757

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZECCA Gaetanino – Presidente

Dott. MARINELLI Felicetta – Consigliere

Dott. ZOSO Liana Maria T – Consigliere

Dott. MONTAGNI Andrea – rel. Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI MACERATA;

nei confronti di:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 2830/2014 GIP TRIBUNALE di MACERATA, del 04/11/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

lette le conclusioni del PG Dott. Gioacchino Izzo, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il G.i.p. presso il Tribunale di Macerata, con sentenza in data 4.11.2014, resa ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., applicava la pena concordata dalle parti nei confronti di (OMISSIS), chiamato a rispondere del reato di cui all’articolo 186 C.d.S., commi 2 sexies e 7, con l’aggravante specifica di cui al medesimo articolo 186, comma 2 bis, per aver provocato un incidente stradale. Il giudicante sostituiva la pena con lavoro di pubblica utilita’, ai sensi dell’articolo 186 C.d.S., comma 9 bis.

2. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Macerata ha proposto ricorso per cassazione avverso la richiamata sentenza, denunciando la violazione di legge ed il vizio motivazionale. La parte osserva che il giudice ha disposto la sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilita’, nonostante la sussistenza della condizione ostativa data dalla aggravante di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 2 bis. L’esponente osserva che, erroneamente, il giudice ha considerato che non risultasse dimostrata la sussistenza dello stato di ebbrezza in cui versava lo (OMISSIS), al momento del fatto, poiche’ il prevenuto si era rifiutato di sottoporsi al test strumentale. La parte pubblica assume che il responsabile del reato di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 7, e’ da considerarsi “conducente in stato di ebbrezza” ex lege; osserva che il responsabile del predetto reato e’ infatti assoggettato alle pene previste dall’articolo 186, comma 2, lettera e) citato; e considera, conclusivamente, che deve ritenersi operante la preclusione prevista dall’articolo 186 C.d.S., comma 2 bis, per il caso in cui il conducente in stato di ebbrezza provochi un incidente stradale, anche in riferimento alla fattispecie del rifiuto, di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 7.

3. Il Procuratore Generale in sede, con requisitoria scritta, ha chiesto che la Suprema Corte accolga il ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Osserva il Collegio che il tema di diritto dedotto con ricorso in esame e’ stato esaminato in recenti decisioni della Corte regolatrice, con diversi approdi di ordine interpretativo.

Il principio di diritto, al quale si e’ conformato il giudice procedente, muove dalla non configurabilita’ della circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale, di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 2 bis, rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza, previsto dall’articolo 186 C.d.S., comma 7.

2. Sul punto, giova subito evidenziare che alcuna rilevanza sortisce, rispetto al tema in esame, l’intervenuto riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, in rapporto di prevalenza sulla contestata aggravante, ex articolo 186 C.d.S., comma 2 bis.

Invero, la giurisprudenza di legittimita’ risulta consolidata nel rilevare che il giudizio di comparazione tra circostanze opera soltanto ai fini della quantificazione della pena e che detto bilanciamento non consente di escludere la rilevanza della circostanza oggetto della valutazione, qualora la legge riconnetta all’esistenza della stessa, determinati effetti. Al riguardo, si e’ osservato che il giudizio di comparazione tre le circostanze, che conduca alla esclusione di una aggravante sul piano sanzionatorio, non fa venir meno la configurazione giuridica del reato aggravato e, di conseguenza, la procedibilita’ di ufficio eventualmente prevista per lo stesso (Cass. Sez. 4, sentenza n. 14502 del 12.10.1999, dep. 23.12.1999, Rv. 215542; Cass. Sez. 2, sentenza n. 24862 del 29.05.2009, dep. 16.06.2009, Rv. 244340). E la Corte regolatrice, soffermandosi specificamente sulla questione che oggi viene in rilievo, ha osservato che il giudizio di bilanciamento delle attenuanti, rispetto alla circostanza aggravante di cui all’articolo 186, comma I-bis, cod. strada, non incide sul trattamento sanzionatorio, in riferimento alla applicabilita’ della sanzioni amministrative accessorie ed alla sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilita’ (Cass. Sez. 4, sentenza n. 2377 del 6.12.2013, dep. 20.01.2014, n.m.; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 30254 del 26/06/2013, dep. 12/07/2013, Rv. 257742).

3. Tanto premesso, deve allora considerarsi che il tema di rilievo e’ dato proprio dalla astratta configurabilita’, o meno, della circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale “in stato di ebbrezza”, prevista dall’articolo 186 C.d.S., comma 1 bis, in riferimento alla autonoma fattispecie criminosa del rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza, prevista dall’articolo 186 C.d.S., comma 7.

Come puntualmente rilevato dall’Ufficio del Massimario, con relazione di contrasto n. 18/2015, la questione interpretativa oggi all’esame e’ stata diversamente risolta dalla giurisprudenza di legittimita’.

3.1 Secondo un primo orientamento interpretativo, in verita’ coevo a quello contrapposto, che di seguito si verra’ a richiamare, si e’ giunti ad affermare il principio in base al quale “la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale e’ configurabile anche rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per le verifica dello stato di ebbrezza”. A sostegno dell’assunto, viene valorizzato il convergente richiamo, all’articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera c), operato sia dall’articolo 186 citato, comma 7, che dal comma 2-bis, (vedi: Cass. Sez. 4, n. 9318 del 14/11/2013, dep. 26/02/2014, Stagnare, Rv. 258215; ed anche Cass. Sez. 4, sentenza n. 43845 del 26.09.2014, dep. 21.10.2014, Rv 260602). In base a tale indirizzo, il richiamo operato dall’articolo 186 C.d.S., comma 7, alle “pene” di cui al comma 2, lettera c), deve necessariamente comprendere anche l’aggravante prevista dal comma 2 bis, poiche’ detta ultima disposizione a sua volta richiama le sanzioni del secondo comma del medesimo articolo, prevedendone il raddoppio.

3.2 Altro indirizzo interpretativo ritiene, di converso, che l’aggravante di cui si tratta sia ontologicamente incompatibile rispetto alla specifica fattispecie di reato prevista dall’articolo 186 C.d.S., comma 7, per il caso in cui il conducente rifiuti di sottoporsi al test strumentale (in tal senso: Cass. Sez. 4, sentenza n. 22687 del 9.05.2014, dep. 30.05.2014, Rv 259242; conforme Cass. Sez. 4, sentenza n. 51731 del 10.07.2014, dep. 12.12.2014, Rv. 261568). A sostegno dell’assunto, nella sentenza n. 22687/2014 cit., dopo aver rilevato che deve escludersi che il mancato esplicito richiamo dell’articolo 186 C.d.S., comma 7, alla circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale, sia il portato di un difetto di coordinamento tra le diverse modifiche normative, che hanno interessato le fattispecie di guida in stato di ebbrezza e di rifiuto, si sottolinea che l’argomento che appare dirimente discende dal dato di ordine testuale e, segnatamente, dal raffronto tra la definizione normativa dell’aggravante di cui al comma 2 bis (“Se il conducente in stato di ebbrezza provoca un incidente stradale…”) e quella del reato di cui al comma 7 (“Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, in caso di rifiuto dell’accertamento di cui ai commi 3, 4 o 5, il conducente e’ punito…”). E proprio la diversita’ strutturale tra l’azione di condurre un veicolo “in stato di ebbrezza”, che integra l’elemento specializzante richiesto dalla circostanza aggravante, e quella di rifiutarsi “di sottoporsi all’accertamento di tale stato”, conduce a rilevare che, rispetto alla struttura di quest’ultima fattispecie incriminatrice, risulta estraneo ogni accertamento dello stato di ebbrezza. Sulla scorta di tali rilievi, nella sentenza in commento, si osserva che, in riferimento al reato di rifiuto, di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 7, non e’ configurabile la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale, conducendo un veicolo “in stato di ebbrezza”, poiche’ manca il dato fattuale necessario perche’ possa sussistere l’elemento circostanziale richiesto dal comma 2 bis, cioe’ a dire l’accertamento dello “stato di ebbrezza”, in cui versa il conducente del veicolo nel momento in cui provoca un incidente stradale.

In tale ambito ricostruttivo, viene pure evidenziato che proprio la diversita’ ontologica delle due fattispecie incriminatrici (la guida in stato di ebbrezza, ex articolo 186, comma 2; ed il rifiuto, di cui al comma 7), giustifica l’eventuale concorso materiale delle predette ipotesi di reato (v. Cass. Sez. 4, sentenza n. 6355 in data 08/05/1997, dep. 02/07/1997, P.M. in proc. Mela, Rv. 208222), essendo del resto acquisito che le varie fattispecie di cui al comma 2, e quella di cui al comma 7, costituiscano autonome fattispecie di reato e che non ricorre alcun rapporto di specialita’ tra le diverse disposizioni, che risultano caratterizzate da reciproca alternativita’ (v. Cass. Sez. 4, n. 13548 del 14/02/2013, dep. 22/03/2013, Sternieri, Rv. 254753).

4. In conclusione, deve osservarsi che si registrano difformi orientamenti, in seno alla Corte regolatrice, rispetto alla soluzione del problema afferente alla possibile configurabilita’ della circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale, di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 2 bis, in riferimento al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza, previsto dall’ari. 186, comma 7, cod. strada; ed i diversi approdi interpretativi, dei quali sopra si e’ dato conto, involgono la stessa ricostruzione sistematica della fattispecie del rifiuto, che viene in rilievo, ed il significato giuridico dei rinvii operati dal legislatore, tra le disposizioni precettizie, e quelle sanzionatorie, comprese nell’articolo 186 C.d.S.. Deve pure considerarsi che si tratta di questione di speciale rilevanza sostanziale, atteso che il legislatore annette, alla ricorrenza della predetta circostanza aggravante, significativi effetti, anche rispetto alla possibilita’ di sostituire la pena con il lavoro di pubblica utilita’, ai sensi dell’articolo 186 C.d.S., comma 9 bis.

Si tratta, per quanto detto, di una situazione che giustifica l’intervento chiarificatore del Supremo consesso, di talche’ il Collegio rimette il ricorso alle Sezioni Unite, ai sensi dell’articolo 618 c.p.p..

P.Q.M.

Dispone la trasmissione del procedimento R.G. 512/2015 alle Sezioni Unite

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