Cassazione10

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 30 marzo 2016, n. 12810

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRILLO Renato – Presidente

Dott. MANZON Enrico – Consigliere

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere

Dott. DI NICOLA Vito – rel. Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la ordinanza del 30-04-2015 il tribunale della liberta’ di Pescara;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Vito Di Nicola;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Enrico Delehaye che ha concluso per l’annullamento con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) ricorre per cassazione impugnando l’ordinanza in epigrafe con la quale il tribunale del riesame di Pescara ha respinto l’istanza proposta avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip in relazione al reato previsto dal Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 5, perche’, quale legale rappresentante della (OMISSIS) sistemi ambientali Srl, ometteva di presentare le dichiarazioni ai fini IRES e Irap per i redditi ed i movimenti di affari negli anni di imposta 2010 (base imponibile euro 667.437), 2011 (base imponibile euro 667.106) e 2012 (base imponibile euro 446.294), cosi’ evadendo le imposte: nell’anno 2010 per euro 121.450 di IRES, 21.287 di Irap e euro 88.327 di Iva; nell’anno 2011 per euro 100.523,50 di IRES, 17.619,03 di Irap e euro 70.056 di Iva; nell’anno 2012 per euro 122.730,85 di IRES, 21.511,37 di Irap e 78.874 di Iva. In Pescara nel giugno 2013.

2. Per la cassazione dell’impugnata ordinanza, il ricorrente deduce con unico motivo il vizio di violazione di legge per l’erronea inclusione dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive ai fini del calcolo del profitto del reato e quindi dell’importo del sequestro preventivo disposto per il corrispondente valore.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.

2. Il sequestro e la confisca per equivalente non possono avere ad oggetto beni per un valore eccedente il profitto del reato, nel senso cioe’ che il valore delle cose sequestrate deve essere adeguato e proporzionale all’importo del credito garantito (Sez. 3, n. 42639 del 26/09/2013, Lorenzini, Rv. 257439).

Nel caso in esame, il Tribunale, per la quantificazione del profitto del reato Decreto del Presidente della Repubblica n. 74 del 2000, ex articolo 5, ha tenuto erroneamente conto anche dell’asserito mancato pagamento dell’IRAP sui redditi relativi agli anni 2010, 2011 e 2012, laddove la legge non conferisce rilevanza penale all’eventuale evasione dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive (non trattandosi di un’imposta sui redditi in senso tecnico) e le dichiarazioni costituenti l’oggetto materiale del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5, sono solamente le dichiarazioni dei redditi e le dichiarazioni annuali IVA. Una conferma in tal senso si trae anche dalla circolare del Ministero dette finanze n. 154/E del 4 agosto 2000, che motiva l’esclusione della dichiarazione IRAP con la natura reale di siffatta imposta, che percio’ considera non incidente sul reddito. L’ipotizzato reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5 tutela il bene giuridico patrimoniale della percezione del tributo ed e’ alla mancata percezione d’imposta (sui redditi e dell’IVA), derivante dall’omessa presentazione di “una delle dichiarazioni relative a dette imposte” che deve farsi riferimento per l’individuazione del “profitto” del reato, quando sia stata superata la soglia di punibilita’ prevista dalla fattispecie incriminatrice.

Ne consegue che, nel sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente (L. 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 1, comma 143, ratione temporis vigente, ora Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12 bis), ai fini della quantificazione del profitto del reato e’ irrilevante l’evasione dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive (IRAP), che non e’ un’imposta sui redditi in senso tecnico (Sez. 3, n. 11147 del 15/11/2011, dep. 2012, Prati, Rv. 252359).

3. Alla stregua delle precedenti considerazioni l’ordinanza impugnata va annullata senza rinvio, potendo la Corte di cassazione prendere direttamente i provvedimenti necessari (ex articolo 620 c.p.p., comma 1, lettera l)), che consistono nella determinazione del profitto confiscabile depurato, in relazione agli anni di riferimento, dell’imposta Irap e che deve essere quantificato in Euro 581.961,35 a titolo di Ires ed Iva, che si ottiene sottraendo, al profitto di Euro 642.378,75 quantificato nell’ordinanza impugnata, la somma di Euro 60.417,4 calcolata in relazione all’Irap.

Non emergendo dagli atti se siano stati sequestrati beni per un valore superiore al profitto confiscabile (di Euro 581.961,35), alcun altro provvedimento deve essere adottato, competendo al giudice del merito disporre, anche d’ufficio, la restituzione di quanto sequestrato, qualora il valore dei beni vincolati sia superiore al rideterminato profitto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente al valore di euro 60.417,4 a titolo di Irap relativamente agli anni d’imposta 2010, 2011 e 2012 e per l’effetto determina il profitto confiscabile in Euro 581.961,35 a titolo di Ires ed Iva per i suddetti anni di imposta.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *