Cassazione 3

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III

SENTENZA 3 aprile 2015, n. 6820

Nel 2009 la società Logistica Sud s.r.l. (d’ora innanzi, per brevità, “la Logistica”) chiese ed ottenne dal Presidente del Tribunale di Roma un decreto ingiuntivo nei confronti della Agenzia delle Entrate (d’ora innanzi, per brevità, “l’Agenzia”).
A fondamento del ricorso la Logistica dedusse che:
– nel 2002 la Fintecna s.p.a. aveva concesso in locazione alla Agenzia l’immobile sito in (omissis) , lotto D-C, per il canone annuo di circa 2,3 miliardi di lire;
– a seguito della vendita dell’immobile dalla Fintecna alla Iniziative Immobiliari s.r.l., e quindi della fusione per incorporazione della Iniziative Immobiliari s.r.l. nella Logistica Sud, tale ultima società aveva acquisito la qualità di locatrice;
– l’Agenzia si era resa inadempiente all’obbligo di pagare integralmente il canone di locazione relativo al periodo 28 agosto 2007 – 27 ottobre 2007, omettendo il pagamento per una differenza pari ad Euro 87.664,14.
2. L’Agenzia (formalmente dichiarando di agire tramite sia la Direzione Centrale, sia la Direzione Regionale per il Lazio) propose tempestiva opposizione al decreto, eccependo (per quanto in questa sede ancora rileva) che:
– nel corso del 2006 due diversi provvedimenti normativi (l’art. 22, comma 2, d.l. 4.7.2006 n. 223, e l’art. 1, comma 507, I. 27.12.2006 n. 296) avevano imposto rilevanti tagli alle risorse finanziarie a disposizione delle pubbliche amministrazioni, e costretto di conseguenza queste ultime alla contrazione delle spese;
– in attuazione di tali norme, l’Agenzia si era vista costretta a ridurre il numero degli immobili condotti in locazione;
– l’emanazione delle suddette leggi di spesa, rendendo non più sostenibile l’onere del pagamento del canone, costituiva un “grave motivo” che, ai sensi dell’art. 27 l. 27.7.1978 n. 392, legittimava il recesso del conduttore;
– avvalendosi, dunque, della facoltà concessale dalla norma appena ricordata, l’Agenzia aveva manifestato la volontà di recedere dal contratto per gravi motivi, con raccomandata ricevuta dalla Logistica il 2.4.2007;
– il contratto di locazione si era dunque sciolto per recesso del conduttore alla data del 3.10.2007, e la Logistica non aveva titolo per pretendere il pagamento del canone relativo a gennaio 2009.
3. La Logistica Sud si costituì negando che nella specie fossero sussistenti i “gravi motivi” che potessero giustificare il recesso del conduttore ai sensi dell’art. 27 l. 392/78. In ogni caso, soggiunse che la riconsegna dell’immobile era stata offerta dalla Agenzia delle Entrate in modo irrituale, sicché la conduttrice – rimasta nel possesso dell’immobile – era comunque tenuta al pagamento del canone.
4. Con sentenza 1.4.2009 n. 7326 il Tribunale di Roma rigettò l’opposizione.
5. La sentenza venne appellata dalla Agenzia delle Entrate.
La Corte d’appello di Roma con sentenza 31.10.2012 n. 5123 accolse il gravame. A fondamento della propria decisione la Corte d’appello osservò tra l’altro che:
(a) il d.l. 223/06 e, soprattutto, la legge finanziaria 2006 (l. 296/06), introducendo severi tagli di spesa per le amministrazioni statali, costituivano un “grave motivo” oggettivo che giustificava il recesso dell’Agenzia, in quanto sopravvenuto al contratto ed indipendente dalla volontà del conduttore;
(b) l’Agenzia aveva pertanto legittimamente esercitato il diritto di recesso dal contratto, ai sensi dell’art. 27 l. 27.7.1978 n. 392, con effetto dal 3.10.2007;
(c) l’obbligo dell’Agenzia di pagamento del canone era cessato il 16.10.2007, data in cui la conduttrice aveva offerto alla Logistica (sia pur in modo non solenne) la riconsegna dell’immobile.
5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla Logistica
sulla base di tre motivi illustrati da memoria.
Ha resistito con controricorso l’Agenzia, e proposto ricorso incidentale condizionato.

 

 

Motivi della decisione

 

Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo di ricorso la Logistica lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di violazione di legge di cui all’art. 360, n. 3, c.p.c..

Si assumono violati gli artt. 27, comma 8, I. 392/78; l’art. 22 d.l. 4.7.2006 n. 223; l’art. 7, comma 2, d.l. 2.7.2007 n. 81; l’art. 1, comma 507, l. 27.12.2006 n. 296; l’art. 3, comma 165, l. 24.12.2007 n. 244 (Deve ritenersi mero lapsus calami l’indicazione, nel ricorso, della legge ‘24.12.2003’ senza ulteriori precisazioni); la Circolare Agenzia delle Entrate n. 74749 del 4.5.2007; l’art. 1 disp. prel. celi motivo, pur formalmente unitario, si articola in una serie di censure distinte.

1.2. Sotto un primo profilo (pp. 15-19 del ricorso), la ricorrente deduce che il recesso del conduttore dal contratto di locazione per gravi motivi, previsto dall’art. 27, comma 8, l. 392/78, produce effetti immediatamente – e cioè dal momento in cui il conduttore manifesta validamente la volontà di recedere – soltanto se il locatore non vi si opponga.

Quando, invece, il locatore contesti la sussistenza o la fondatezza dei motivi adotti a sostegno del recesso, quest’ultimo produrrebbe effetti non già immediatamente, ma soltanto quando con sentenza sia accertata la sussistenza delle ragioni giustificatrici.

Nella specie, poiché la locatrice contestò la sussistenza dei gravi motivi di recesso, il recesso non si perfezionato e l’Agenzia era di conseguenza tenuta al pagamento dei canoni.

1.3. Sotto un secondo profilo (pp. 19-20 del ricorso), la ricorrente deduce che anche a volere ritenere legittimo il recesso dell’Agenzia dal contratto di locazione, comunque la locatrice logistica aveva legittimamente rifiutato la riconsegna del bene, a causa dell’esistenza di danni agli immobili causati dalla conduttrice, sino a quando non fossero stati riparati. Di conseguenza, essendo legittimo il rifiuto di riconsegna da parte della Logistica, perdurava a carico della Agenzia l’obbligo di pagamento del canone, ai sensi dell’art. 1591 c.c..

1.4. Sotto un terzo profilo, infine, la ricorrente deduce che la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto che le norme promulgate nel 2006 e nel 2007 avessero avuto l’effetto di ridurre le risorse finanziarie dell’Agenzia, e di conseguenza costituissero ‘gravi motivi’ giustificativi del recesso del conduttore, ai sensi dell’art. 27 della l. 392/78. Ciò in quanto:

-) le suddette norme sui tagli non erano state in alcun modo specificate in sede di attuazione, e dunque non indicavano su quali voci di spesa avrebbero inciso;

-) il Documento Programmatico per il 2007 interpretò il decreto Bersani nel senso che i tagli non potevano colpire le obbligazioni contrattuali già sorte;

-) i tagli introdotti a dicembre 2006 vennero reintegrati a luglio dell’anno dopo (d.l. 81/07; d.m. 2.7.2007; d.m. 27.12.2007); e per effetto di tali ulteriori norme il bilancio dell’Agenzia venne addirittura ad aumentare;

-) era stata la stessa Agenzia, con propria circolare 4.5.2007 a precisare che i tagli introdotti dal d.l. 223/06 non dovessero riguardare i costi per gli immobili ad uso ufficio.

Primo profilo del primo motivo di ricorso.

2.1. Il primo profilo del primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

Il recesso dal contratto è l’atto col quale uno dei contraenti si scioglie unilateralmente dal vincolo negoziale.

Esso non costituisce un istituto dai caratteri unitari. Talora è previsto dalla legge quale mera facoltà (ad esempio, negli artt. 24, 768 septies, 1671, 1750 c.c.); talaltra è concepito come una misura di reazione ad errori di fatto (ad esempio, negli artt. 1538, 1539, 1893 c.c.); in altri casi ancora è concepito come uno strumento di salvaguardia del sinallagma contrattuale contro il rischio di vizi sopravvenuti (è il caso degli artt. 1613, 1614 comma 2, 1897 c.c.).

In quest’ultima categoria rientra l’Istituto previsto dall’art. 27 l. 392/78, il cui scopo è evitare il rischio che il conduttore si trovi costretto ad onorare un contratto che, senza propria colpa, sia divenuto per lui inutile.

In quanto finalizzato a rimediare ad un vizio sopravvenuto del sinallagma contrattuale, il recesso ha effetto immediato e provoca lo scioglimento del contratto alla scadenza del semestre di legge: al pari, ad esempio, della scadenza del termine essenziale, dell’avverarsi della clausola risolutiva espressa o dell’inutile spirare del termine fissato con la diffida ad adempiere. L’efficacia del recesso non richiede dunque alcuna pronuncia giudiziale costitutiva, ne sia o meno contestata la legittimità da parte del locatore. Il contratto di locazione dunque si scioglierà ope legis una volta decorso il semestre previsto dalla legge, per il solo fatto che la dichiarazione di recesso sia pervenuta al domicilio del locatore, secondo la regola generale di cui all’art. 1334 c.c..

L’eventuale contestazione del locatore circa l’esistenza o la rilevanza dei ‘giusti motivi’ invocati dal conduttore a fondamento del diritto di recesso non introduce una azione costitutiva finalizzata ad una sentenza che dichiari sciolto il recedente dal contratto, ma introduce una mera azione di accertamento, il cui scopo è stabilire se esistessero al momento del recesso i giusti motivi invocati dal conduttore (così come già ritenuto, tra le altre, da Sez. 3, Sentenza n. 16110 del 09/07/2009, Rv. 608801, e da Sez. 3, Sentenza n. 2070 del 20/02/1993, Rv. 481012, in motivazione).

2.2. Corretta, pertanto, è stata la statuizione di giudice di merito il quale, accertata la sussistenza dei giusti motivi invocati dalla conduttrice, ha ritenuto risolto il contratto con decorrenza dalla scadenza del sesto mese successivo alla manifestazione della volontà di recesso, reputando irrilevante al fine del differimento degli effetti del recesso l’opposizione della società locatrice.

Secondo profilo del primo motivo di ricorso.

3.1. Il secondo profilo del primo motivo di ricorso è inammissibile per la sua novità.

Secondo la prospettazione della Logistica, il giudice di merito avrebbe errato nel ritenere l’Agenzia liberata dal proprio obbligo di restituzione dell’immobile, nonostante la società proprietaria non fosse tenuta ad accettarne la riconsegna, a causa dell’esistenza di danni all’immobile.

Questa allegazione è finalizzata a sostenere l’assunto che, essendo stato legittimo il rifiuto della locatrice di ricevere la restituzione dell’immobile, la conduttrice era in mora nella riconsegna, e di conseguenza obbligata al pagamento dell’indennità di occupazione di cui all’art. 1591 c.c..

Il presente giudizio, tuttavia, ha ad oggetto una opposizione a decreto ingiuntivo.

Nel ricorso monitorio introduttivo della presente procedura, per quanto riferito nella sentenza impugnata, la Logistica chiese la condanna della Agenzia al pagamento di Euro 250.970,63 a titolo di ‘differenza canoni’.

Deve dunque ritenersi che la domanda introduttiva formulata dalla Logistica sia stata una domanda di esatto adempimento del contratto.

Or bene, la domanda di pagamento del canone di locazione dovuto per effetto d’un contratto valido ed efficace ha presupposti e contenuto diversi da quella di pagamento dell’indennità di occupazione prevista dal’art. 1591 c.c..

La prima si fonda sull’esistenza d’un contratto produttivo di effetti, la seconda presuppone per contro che il contratto di locazione abbia cessato di produrre i propri effetti, e che il conduttore sia in mora nell’adempimento dell’obbligazione restitutoria.

Ne consegue che, proposta una domanda di adempimento dell’obbligo di pagamento del canone di locazione, costituisce inammissibile mutamento della domanda la richiesta di condanna del convenuto al pagamento dell’indennità di occupazione, di cui all’art. 1591 c.c. (come già ritenuto, sia pure in fattispecie diversa, da Sez. 3, Sentenza n. 6468 del 19/03/2007, Rv. 596822).

Né, per la stessa ragione, era consentito alla Logistica, dopo avere domandato col ricorso introduttivo il pagamento del canone sul presupposto dell’efficacia del contratto, formulare con la comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di opposizione al decreto una domanda subordinata di condanna dell’opponente al pagamento dell’indennità di occupazione, perché in tal modo si è introdotto nel giudizio di opposizione un thema decidendum ulteriore rispetto alla domanda proposta col decreto ingiuntivo.

Terzo profilo del primo motivo di ricorso.

4.1. Il terzo profilo del primo motivo di ricorso è infondato.

Il giudice di merito, nel caso di specie, non ha violato alcuna delle norme indicate dalla ricorrente a p. 14 del proprio ricorso, per la semplice ragione che di esse non era tenuto a fare alcuna applicazione diretta.

La questione che la Corte d’appello era chiamata a decidere, infatti, era una questione unicamente in fatto, e cioè se ricorressero o no i ‘gravi motivi’ ex art. 27 l. 392/78, e se lo jus superveniens rappresentato da una legge che riduca il budget della pubblica amministrazione possa rientrare in quei ‘gravi motivi’.

Nella specie la Corte d’appello ha ritenuto di sì, perché dopo l’inizio della locazione una legge aveva imposto all’Agenzia di ridurre del 20% le spese correnti: e questa è una valutazione di fatto, come tale sottratta alla possibilità di riesame da parte della Corte di cassazione.

Non sussiste, dunque, alcuna violazione delle plurime norme invocate a p. 26, par. IV, dalla società ricorrente.

4.2. Non è stato violato, innanzitutto, l’art. 27 l. 392/78, perché è pacifico e risalente l’orientamento di questa Corte secondo cui i ‘gravi motivi’ di recesso di cui all’art. 27 I. 392/78 possono essere rappresentati anche da sfavorevoli situazioni economiche sopravvenute al contratto ed indipendenti dalla volontà del conduttore (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 9443 del 21/04/2010, Rv. 612514; Sez. 3, Sentenza n. 17416 del 08/08/2007, Rv. 599167; Sez. 3, Sentenza n. 9023 dei 30/04/2005, Rv. 581447).

4.3. Nemmeno è stato violato il complesso delle norme di contenimento della spesa richiamato dalla società Logistica.

Tali norme sono essenzialmente due:

(a) l’art. 22, comma 2, del d.l. 4.7.2006 n. 223 (convertito, con modificazioni, nella l. 4.8.2006, n. 248, recante ‘Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale’, c.d. ‘decreto Bersani’, e come tale d’ora innanzi indicato);

(b) l’art. 1, comma 507, della l. 27.12.2006, n. 296 (recante ‘Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato’, c.d. ‘legge Finanziaria’, e come tale d’ora innanzi indicata).

4.4. La prima di tali norme in ordine di tempo (art. 1, comma 507, legge Finanziaria per il 2007), stabiliva che per gli esercizi 2007, 2008 e 2009, sarebbe stata ‘accantonata e resa indisponibile’ una quota delle somme messe a disposizione dallo Stato alle pubbliche amministrazioni, di importo pari 4,5 miliardi di Euro per il 2007, 5 miliardi per il 2008 e 4,9 miliardi per il 2009.

La seconda delle norme sopra ricordate (art. 22, comma 2, ‘decreto Bersani’) prevedeva invece che le voci di spesa ‘per consumi intermedi dei bilanci di enti ed organismi pubblici non territoriali’, nel triennio 2007-2009, non avrebbero dovuto superare [‘80% di quelle iniziali dell’anno 2006. I fondi così risparmiati dovevano essere accantonati dalle singole amministrazioni e versati allo Stato.

4.5. Ora, secondo la società ricorrente, tali norme non costituivano ‘gravi motivi’ di recesso dell’Agenzia delle Entrate dal contratto di locazione stipulato con la Logistica, per vari motivi:

(a) perché Kart. 22, comma 2, del decreto Bersani era stato successivamente abrogato;

(b) perché le norme di spesa non prevedevano espressamente alcuna riduzione in danno del Ministero delle Finanze;

(c) perché il ‘Documento Programmatico’ per l’anno 2007 escludeva dai tagli le obbligazioni contrattuali sorte prima dell’introduzione del d.l. 223/06;

(d) perché i tagli disposti dalla legge Finanziaria 2007 erano stati reintegrati da provvedimenti normativi successivi;

(e) perché il Direttore dell’Agenzia nel 2007 aveva diramato una Circolare con la quale disponeva che gli accantonamenti importi dalla legge Finanziaria non avrebbero dovuto riguardare le spese per immobili ad uso ufficio.

4.6. Tutte e cinque le allegazioni appena riassunte sono infondate.

4.6.1. Per quanto concerne l’abrogazione dell’art. 22, comma 2, del ‘decreto Bersani’, essa è stata disposta dall’art. 2, comma 625, l. 24.12.2007, n. 244; e dunque successivamente sia al momento in cui l’Agenzia ha manifestato la volontà di recedere dal contratto di locazione (con lettera ricevuta dalla Logistica il 3.4.2007), sia al momento in cui il recesso, decorso il semestre di legge, ha acquisito efficacia (3.10.2007).

4.6.2. Per quanto concerne la mancanza, all’epoca del recesso, di norme attuative delle leggi di riduzione della spesa, tale circostanza è irrilevante.

L’esistenza dei ‘gravi motivi’ di recesso di cui all’art. 27 I. 392/78, infatti, deve essere valutata in potenza, non in atto. È l’astratta idoneità del jus superveniens a rendere non più sostenibile per il conduttore l’onere della locazione a giustificare il recesso, e non l’effettivo impoverimento del conduttore.

Tale conclusione si fonda su due rilievi.

Il primo è l’argomento logico ab absurdo: se così non fosse, infatti, si perverrebbe all’assurda conseguenza di negare al conduttore che sia un imprenditore commerciale, al cospetto di una grave ed imprevista crisi del suo settore, la facoltà di esercitare il recesso sino a quando non venga a trovarsi in stato di decozione: con ciò frustrandosi lo scopo della norma, che è quello di prevenire la crisi del conduttore.

Il secondo è che nel caso di specie il conduttore aveva la qualità di pubblica amministrazione. In quanto tale, essa è titolare del potere di adottare discrezionalmente i provvedimenti ritenuti più opportuni per la cura dell’interesse pubblico, e tale potere non è sindacabile dal giudice ordinario. Pertanto, una volta stabilito che all’epoca del recesso esistevano due norme che imponevano tagli di spesa (decreto Bersani e legge Finanziaria), tanto bastava al giudice di merito per ritenere sussistenti i gravi motivi di cui all’art. 27 l. 392/78, perché la sola esistenza di quelle norme imponeva alle amministrazioni interessate l’onere di attivarsi per contrarre le uscite.

4.7. Le considerazioni appena svolte sulla onerosità anche solo potenziale del jus superveniens e sulla insindacabilità da parte del giudice ordinario delle scelte discrezionali della pubblica amministrazione rendono altresì irrilevanti le altre circostanze di fatto invocate dalla ricorrente per sostenere l’erroneità della valutazione compiuta dal giudice di merito: e cioè l’adozione di atti interni da parte della Agenzia con la quale si escludeva dai tagli la spesa per locazioni di immobili, e l’emanazione di provvedimenti normativi (d.l. 2.7.2007 n. 81) e regolamentari (d.m. 27.12.2007; d.m. 2.7.2007) di stanziamento di somme in favore dell’amministrazione finanziaria.

E va da sé che, una volta affermata in iure la regola secondo cui l’idoneità v, astratta d’una norma a rendere intollerabilmente oneroso il contratto di locazione è di per sé sufficiente a giustificare il recesso del conduttore, diventa questione di merito, sottratta al controllo di questa Corte, stabilire se nel caso specifico il jus superveniens abbia effettivamente pregiudicato la posizione del conduttore.

Il secondo motivo di ricorso.

5.1. Col secondo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe incorsa in un vizio di omesso esame d’un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. (nel testo introdotto all’art. 54, comma 1, lettera b, d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convcrtito nella I. 7 agosto 2012, n. 134).

Espone, al riguardo, che la Corte d’appello non avrebbe esaminato un fatto decisivo e controverso ai fini del decidere, e cioè la Circolare della Agenzia del 4.5.2007, con la quale si stabiliva che le spese per immobili ad uso ufficio non dovevano essere ridotte per effetto delle norme sui tagli alla spesa sopra ricordate.

5.2. Il motivo è inammissibile.

A prescindere, infatti, dal rilievo che la circolare di cui si lamenta l’omesso esame è successiva al recesso della Agenzia dal contratto (il recesso avvenne il 2.4.2007, la Circolare è del 4.5.2007), vale il rilievo che le Sezioni Unite di questa Corte, chiamate ad interpretare l’ambito applicativo del nuovo 360 n. 5, hanno chiarito che per ‘omesso esame del fatto controverso e decisivo’ deve intendersi la totale assenza di motivazione, non la sua eventuale insufficienza (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830), e tampoco l’omesso esame d’una prova. Nel nostro caso la motivazione sulla sussistenza dei gravi motivi di recesso da parte del conduttore esiste, e il non avere considerato un elemento di prova non è più censurabile in sede di legittimità.

Il terzo motivo di ricorso.

6.1. Col terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza l impugnata sarebbe affetta dal vizio di violazione di legge di cui all’art. 360, n. 3, c.p.c.. Si assume violato l’art. 11 disp. prel. c.c..

Espone, al riguardo, che il decreto Bersani e la legge Finanziaria 2007, in virtù del generale principio di irretroattività della legge di cui all’art. 11 disp. prel. c.c., non potevano riverberare effetti sui contratti conclusi prima della loro promulgazione. Invoca, al riguardo, la giurisprudenza di questa Corte relativa alla ritenuta irretroattività delle norme sulla impignorabilità dei crediti della pubblica amministrazione.

Il giudice di merito, pertanto, ritenendo le norme suddette idonee a legittimare il recesso della Agenzia, avrebbe violato l’art. 11 disp. prel. c.c..

6.2. Il motivo è infondato in modo manifesto, per due ragioni.

La prima è che il ‘decreto Bersani’ e la legge Finanziaria 2006 non sono state norme applicate dalla Corte d’appello. Sono soltanto norme che hanno costituito il presupposto fattuale del recesso per giusti motivi. Esse sono venute in rilievo nel presente giudizio per la loro esistenza oggettiva, non per la loro efficacia precettiva. Fuori luogo, dunque, era discutere della loro ‘retroattività’.

La seconda ragione di manifesta infondatezza del motivo in esame è che a seguire il ragionamento della ricorrente si perverrebbe all’assurdo che mai il jus superveniens potrebbe legittimare il recesso dal contratto di locazione per gravi motivi ex art. 27 l. 392/78, perché per definizione successivo alla stipula del contratto. E l’assurdità della conclusione svela da sé l’assurdità della premessa.

Le questioni sollevate dalla Logistica con la memoria ex art. 378 c.p.c..

7.1. Con la memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c. la Logistica ha sollevato due ulteriori questioni:

(a) l’inefficacia del recesso ex art. 27 l. 392/78, per avere l’Agenzia, al momento del recesso, già esercitato la ‘disdetta’ del contratto;

(b) la conformità a costituzione dell’art. 22 del ‘decreto Bersani’ e dell’art. 1, comma 507, della legge Finanziaria 2007.

7.2. Con la prima di tali questioni la Logistica espone che l’Agenzia, sin dal 2004, aveva manifestato la volontà di evitare il rinnovo automatico del contratto di locazione (c.d. ‘disdetta’). La disdetta del contratto compiuta nel 2004, secondo la ricorrente, avrebbe precluso alla Agenzia la facoltà di avvalersi del recesso per gravi motivi previsto dall’art. 27 l. 392/78.

La doglianza, ammissibile in questa sede perché involgente una quaestio iuris, è infondata.

Il contratto rispetto al quale il conduttore abbia manifestato la volontà di escludere il rinnovo automatico è un contratto valido ed efficace. In quanto tale, rispetto ad esso è perfettamente concepibile il sopravvenire di un vizio del sinallagma: inadempimento, impossibilità sopravvenuta, eccessiva onerosità (nei cui genus rientrano i ‘gravi motivi’ di cui all’art. 27 l. 392/78).

La circostanza, quindi, che il conduttore abbia manifestato l’intento di non volere rinnovare la locazione non incide in alcun modo sul suo diritto di recedere dal contratto, ove si manifestino prima della scadenza i presupposti per l’applicabilità dell’art. 27 l. cit..

7.3. La Logistica ha poi, con la memoria ex art. 378 c.p.c., chiesto a questa Corte di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 2, del ‘decreto Bersani’, e dell’art. 1, comma 507, della legge Finanziaria 2007.

Tali norme sono ritenute rilevanti ai fini del presente giudizio perché da esse dipende la legittimità del recesso dell’Agenzia dal contratto. Nel merito, esse sono sospettate dalla Logistica di conflitto con gli artt. 3 (sia sotto il profilo della ragionevolezza, sia sotto quello dell’uguaglianza), 41, 42 e 97 Cost..

Le suddette norme, infatti, secondo la ricorrente:

(a) inciderebbero sui contratti di locazione alterando l’equilibrio delle parti a svantaggio del proprietario;

(b) attribuirebbero alla p.a. il potere arbitrario di decidere in totale libertà quali spese tagliare e quali no, violando il principio di legalità dell’agire amministrativo;

(c) divaricherebbero in modo irrazionale la condizione di chi abbia locato immobili alla pubblica amministrazione, rispetto a quella di chi abbia locato immobili a privati;

(d) inciderebbero irragionevolmente su contratti stipulati prima della loro entrata in vigore.

7.4. La questione di legittimità costituzionale prospettata dalla Logistica è inammissibile, per difetto del requisito di rilevanza.

L’art. 22 del decreto Bersani e l’art. 1 della legge Finanziaria del 2005 non sono le norme fondative del diritto di recesso dell’Agenzia dal contratto di locazione.

Tale norma, come accennato, è l’art. 27 l. 392/78, ed è di questa norma che il giudice di merito ha fatto applicazione per risolvere la controversia.

Le norme delle quali la ricorrente sospetta l’illegittimità costituzionale hanno costituito, nel presente giudizio, non già la fattispecie astratta dalla quale sono derivati gli effetti contrattuali, ma il mero presupposto di fatto ritenuto dal giudice idoneo ad integrare i ‘gravi motivi’ di recesso.

Il recesso del conduttore dal contratto di locazione non è infatti una conseguenza ineludibile delle norme di cui si discorre. Se esse potessero o non potessero costituire un giusto motivo di recesso era una circostanza in facto, che spettava al giudice accertare caso per caso. In teoria, quelle norme avrebbero potuto costituire un giusto motivo per recedere da alcuni contratti, ma non da altri, secondo una valutazione riservata al giudice di merito.

È certo ben possibile che dalle norme sui tagli di spesa qui in esame possano derivare le gravi conseguenze paventate dalla ricorrente e riassunte al p.7.2: tuttavia tali conseguenze sarebbero un inconveniente di fatto, non un effetto giuridico certo ed inevitabile.

La prospettata questione di legittimità costituzionale è dunque irrilevante nel presente giudizio, perché le norme sospettate vengono qui in rilievo quali presupposti di fatto della decisione, e non quali precetti normativi.

Il ricorso incidentale condizionato dell’Agenzia.

8.1. Il ricorso incidentale condizionato dell’Agenzia resta assorbito dal rigetto del ricorso principale.

Le spese.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c..

Poiché il ricorso è stato integralmente rigettato, sussistono i presupposti previsti dall’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002 n. 115, per il versamento da parte della ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

 

P.Q.M.

 

la Corte di cassazione:

-) rigetta il ricorso;

-) condanna la Logistica Sud s.r.l. alla rifusione in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di Euro 8.500, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A. ed accessori di legge;

-) da atto che sussistono i presupposti previsti dall’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002 n. 115, per il versamento da parte della ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

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