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Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 27 agosto 2014, n. 18325

 
REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere
Dott. RUBINO Lina – Consigliere
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22938/2008 proposto da:
(OMISSIS) SAS (OMISSIS) in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale del Dott. Notaio (OMISSIS) in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA (OMISSIS) in persona del suo legale rappresentante pro tempore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) (STUDIO LEGALE (OMISSIS)), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso il provvedimento n. 716/2007 del TRIBUNALE di TERNI, depositata il 20/09/2007, R.G.N. 3409/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/05/2014 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 20 settembre 2007, il Tribunale di Terni ha, in via definitiva, rigettato l’opposizione all’esecuzione proposta da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) S.p.A., relativamente alla procedura esecutiva intrapresa da quest’ultima in forza del contratto di mutuo del 15 giugno 1988, nonche’ relativamente all’intervento spiegato dalla stessa banca, compensando tra le parti le spese di lite. Ha, invece, disposto, con separata ordinanza, la prosecuzione del giudizio di opposizione relativamente all’intervento spiegato nella stessa procedura esecutiva da (OMISSIS) S.p.A., non definendo il giudizio quanto ai rapporti tra l’opponente e quest’ultimo istituto di credito.
2.- Avverso la sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso straordinario affidato a cinque motivi, illustrati da memoria.
(OMISSIS) S.p.A. si e’ difesa con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 1418 c.c., articolo 1325 c.c., nn. 3 e 4, e articolo 1346 c.c., ribadendo l’eccezione di nullita’ del contratto di mutuo fondiario del 15 giugno 1988 e del successivo atto di erogazione e quietanza del 18 luglio 1988 per difetto di forma ai sensi dell’articolo 1418 c.c., e articolo 1325 c.c., n. 4.
La ricorrente richiama, in primo luogo, l’articolo 2 del contratto di mutuo, nel quale vi sarebbe stata l’affermazione, da parte dell’istituto di credito, di avere contratto un prestito estero in ECU con istituzioni creditizie estere al fine di erogare le somme al mutuatario; sostiene che l’esistenza di questo contratto non sarebbe mai stata documentata e quindi si sarebbe avuta una violazione dell’onere di forma, poiche’ sarebbe stato fatto proprio il contenuto di un documento non sottoscritto dalle parti, ne’ da queste conosciuto al momento della conclusione del contratto formale, che avrebbe comportato la nullita’ di quest’ultimo.
1.1.- La ricorrente critica la decisione del primo giudice, il quale ha rigettato l’eccezione di nullita’ anzidetta ritenendo l’estraneita’ del contratto estero rispetto a quello di mutuo fondiario oggetto di impugnazione, non avendo rilievo – a parere del Tribunale – il modo in cui l’istituto di credito avesse reperito le risorse finanziarie utilizzate per l’erogazione.
Onde censurare questa decisione, la ricorrente osserva che “il contratto estero condiziona in maniera determinante quello di mutuo interno ed in particolare l’obbligazione passiva del mutuatario” ed, allo scopo di dimostrare questo assunto, riproduce parzialmente le clausole dell’articolo 3, e dell’articolo 3 bis, dell’atto di erogazione e quietanza, nonche’ dell’articolo 3 ter. Deduce, quindi, che, in base a queste, la prestazione del mutuatario di pagamento della rata semestrale di mutuo, sarebbe “strettamente connessa” all’esistenza del contratto estero, di talche’ sarebbe stato indispensabile documentare questo contratto.
2.- Il motivo, oltre a presentare profili di inammissibilita’ dovuti alla mancata riproduzione integrale delle clausole contrattuali richiamate, nonche’ alla mancata indicazione del luogo del fascicolo nel quale rinvenire i due atti negoziali sui quali e’ il motivo e’ fondato (cfr. Cass. S.U. n. 28547/08), e’ comunque da rigettare.
Il Tribunale ha interpretato i due atti negoziali, contratto di mutuo e atto di erogazione e quietanza, ritenendo estraneo ad entrambi l’atto con il quale l’istituto di credito avrebbe acquisito la provvista in ECU e reputando interamente definito tra le parti, per iscritto, l’oggetto del contratto di mutuo fondiario, quanto alla somma erogata, alle modalita’ ed ai tempi di restituzione, alla misura degli interessi. Ha percio’ escluso che uno o piu’ di questi patti potesse essere dipendente o “strettamente connesso” al contratto di provvista in ECU, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte mutuataria, oggi ricorrente.
Sulla base di questa interpretazione contrattuale, il Tribunale non ha in alcun modo violato le previsioni che impongono l’onere della forma scritta. Infatti, ha reputato interamente definiti per iscritto l’accordo delle parti ed il suo oggetto, in modo che per la determinazione dell’uno e/o dell’altro non fosse necessario fare ricorso ad un documento estraneo a quello contenente i patti contrattuali specificamente al contratto di prestito in ECU a tasso variabile stipulato dall’istituto di credito con un ente estero onde conseguire la provvista. Ha quindi escluso che il contenuto di quest’ultimo fosse stato recepito nel contratto di mutuo o nell’atto di erogazione e quietanza, mediante rinvio o richiamo di una o piu’ delle clausole relative. Come rilevato dalla parte resistente, siffatta attivita’ di interpretazione, in se’, non e’ stata censurata dalla parte ricorrente, la quale, allo scopo, avrebbe dovuto denunciare la violazione dei canoni di interpretazione contrattuale ex articolo 1362 c.c. e seg., ovvero il vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5. Quindi, gia’ per tale ragione, la doglianza di violazione di norme di diritto – diverse da quelle relative all’ermeneutica contrattuale – andrebbe respinta.
2.1.- Peraltro, il recepimento nel contenuto contrattuale del contratto di prestito estero stipulato da (OMISSIS) risulta affermato, ma nient’affatto dimostrato dalla ricorrente.
Non puo’ certo ritenersi recepito in un contratto il contenuto di un diverso contratto del quale viene soltanto richiamata o presupposta l’esistenza. Perche’ si abbia recepimento rilevante ai fini del rispetto dell’onere formale, e’ necessario che le parti esprimano una volonta’ che sia conforme al contenuto del diverso contratto o che in questo si rinvengano i parametri di riferimento per la determinazione, in concreto, della volonta’ contrattuale.
Orbene, le clausole degli articoli 3 e 3 bis, dell’atto di erogazione e quietanza, per la parte in cui risultano trascritte in ricorso, presuppongono che, cosi’ come dovrebbe essere stato enunciato all’articolo 2 del contratto di mutuo (del quale tuttavia, come detto, la ricorrente non riporta il contenuto) e come ritenuto dal giudice di merito, l’istituto potesse procurarsi la provvista mediante assunzione di un prestito in ECU. In tale eventualita’, si sarebbero effettivamente determinate delle variazioni delle rate di ammortamento del mutuo, ma i parametri di riferimento di queste variazioni non risultano essere determinati mediante rinvio alle condizioni di un singolo contratto di prestito correlato al contratto di mutuo. Si tratta di variazioni – previste in quest’ultimo – come dovute a fattori di carattere oggettivo e di natura aleatoria – in particolare, la variazione del cambio ECU/lira – che risultano prescindere dal singolo contratto stipulato dalla sezione mutuante per reperire un determinato ammontare di provvista, ma che rimandano alle consuetudini vigenti sul mercato delle Eurovalute (cfr. Cass. n. 16568/02).
Si sarebbe potuta porre, tutt’al piu’, la questione di determinazione, o determinabilita’, dell’oggetto contrattuale, ai sensi dell’articolo 1418 c.c., articolo 1325 c.c., n. 3, e articolo 1346 c.c., Siffatta questione tuttavia non risulta posta con l’atto di opposizione all’esecuzione – salvo che per il diverso aspetto di cui si dira’ trattando del quarto motivo, che concerne la differente questione del tasso degli interessi regolato dall’articolo 1284 c.c. – ne’ e’ stata affrontata col primo motivo del presente ricorso. Risulta posta per la prima volta con la memoria depositata ai sensi dell’articolo 378 c.p.c. (cfr. pag. 5) ed e’ percio’ evidentemente inammissibile.
La questione posta invece col motivo in esame concerne la violazione dell’onere di forma che si presuppone attuata mediante rinvio al contenuto di un documento contrattuale diverso da quello sottoscritto dalle parti.
In materia di contratti bancari, e’ da escludere che la violazione dell’onere della forma scritta si abbia con la stipulazione per iscritto di clausole del contratto di mutuo fondiario e dell’atto di erogazione e quietanza (regolati dal Regio Decreto n. 646 del 1905, e dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 7 del 1976), con le quali le parti abbiano previsto l’eventualita’ dell’utilizzo, da parte dell’istituto mutuante, di provvista in valuta estera raccolta mediante assunzione di un prestito in ECU, onde regolare, in tale eventualita’, le singole semestralita’ di ammortamento del mutuo (da maggiorarsi o diminuirsi in proporzione al rapporto di cambio della lira con l’ECU, rilevato al momento della scadenza delle singole rate; ovvero, dopo il venir meno dell’ECU come utile unita’ di conto, in proporzione ai costi sostenuti dalla stazione mutuante nelle operazioni di cambio). In tal caso non puo’ parlarsi di recepimento del contenuto di un diverso contratto non sottoscritto dalla parte mutuataria, ma della previsione della sua esistenza per variare, secondo fattori oggettivi, pur se aleatori (desumibili a1iunde ma comunque non da un determinato contratto di prestito), le condizioni del contratto di mutuo, cosi’ come in quest’ultimo convenute.
2.2.- Questa conclusione non sembra attagliarsi al disposto dell’ultima clausola richiamata in ricorso, vale a dire quella dell’articolo 3 ter, che sembrerebbe fare riferimento al singolo contratto di prestito accordato alla Sezione cui sarebbe stato correlato il contratto di mutuo de quo. Tuttavia, in mancanza della riproduzione integrale di questa clausola non e’ noto a che fine sia stato fatto il rinvio. Per tale ragione, d’altronde, oltre che per la mancata indicazione del luogo in cui reperire i documenti contrattuali, il motivo, come gia’ detto, e’ inammissibile.
In conclusione, il primo motivo di ricorso va rigettato.
3.- Col secondo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 2809 c.c., al fine di riproporre l’eccezione di “inesistenza” dell’ipoteca, sollevata dall’opponente e rigettata dal Tribunale, avendo quest’ultimo ritenuto che l’iscrizione dell’ipoteca fosse relativa a somma determinata perche’ avvenuta con l’indicazione della somma garantita per capitale, spese ed interessi in lire, e non in ECU; somma, comprensiva anche del c.d. rischio cambio, secondo apposita previsione contrattuale (indicata in sentenza come contenuta nell’articolo 7 del contratto), accettata dalla parte mutuataria.
La ricorrente sostiene che la somma indicata in lire 900.000.000 avrebbe costituito “il valore massimo ricavabile in via ipotecaria dai beni”, ma non si sarebbe identificata con il credito garantito, che avrebbe dovuto essere determinato e non “meramente determinabile”. Per di piu’, secondo la ricorrente, nel caso di specie, il credito sarebbe stato indeterminabile perche’, a parte il capitale erogato, gli interessi sarebbero stati determinati soltanto in via provvisoria, essendo il tasso variabile ai sensi dell’articolo 4 del contratto di mutuo, e perche’ vi sarebbe stata l’eventualita’ del rischio di cambio, in caso di provvista procurata mediante prestiti in ECU; per di piu’, gli interessi sarebbero stati previsti da clausole nulle per indeterminatezza dell’oggetto, cosi’ come sarebbe stato indeterminabile il rischio cambio. Si sarebbe avuta quindi violazione del principio di specialita’, previsto dall’articolo 2809 c.c..
3.1.- Inerente alla validita’ dell’ipoteca e’ anche il terzo motivo, col quale si denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 2852 c.c., perche’ la garanzia sarebbe stata iscritta per crediti futuri non dipendenti dal rapporto di credito gia’ esistente, quale, in particolare, il credito per il rischio di cambio.
4.- Entrambi i motivi sono infondati.
In punto di fatto, non e’ nemmeno contestato che la concessione di ipoteca sia stata fatta su beni immobili determinati, per la somma determinata di lire 900.000.000 (novecento milioni), cosi’ fissata nello stesso atto di concessione dell’ipoteca; per la stessa somma l’ipoteca e’ stata iscritta. Il credito garantito e’ stato inoltre esattamente individuato in quello nascente dal contratto di mutuo fondiario per notaio (OMISSIS) del 15 giugno 1988, nonche’ dall’atto di erogazione e quietanza a rogito dello stesso notaio del 18 luglio 1988, annotato a margine.
Dato cio’, risultano rispettati sia l’articolo 2809 c.c., comma 1, ultimo inciso, per il quale “l’ipoteca deve essere iscritta… per una somma determinata in denaro”; sia l’articolo 2838 c.c., che consente al creditore, qualora la somma di denaro non sia altrimenti determinata negli atti in base ai quali e’ eseguita l’iscrizione o in atto successivo, che sia determinata nella nota per l’iscrizione, con prevalenza della somma minore, in caso di divergenza tra la somma enunciata nell’atto e quella enunciata nella nota. Nel caso di specie, e’ accertata la coincidenza nell’importo determinato di lire 900.000.000 (novecento milioni) con riguardo al predetto credito garantito.
Il secondo motivo di ricorso risulta percio’ incomprensibile, salvo a ritenere che la parte ricorrente sovrapponga il principio di specialita’ dell’ipoteca, con riferimento al credito garantito, al concetto di determinatezza di questo credito, che inerisce all’individuazione del contenuto sostanziale del credito garantito e non ha nulla a che vedere con il principio di specialita’.
Il principio di specialita’ dell’ipoteca riguarda il credito garantito, ma soltanto nel senso che debba essere precisata la somma che costituisce il limite massimo della garanzia e che debba essere precisato il titolo del credito, cioe’ la fonte dell’obbligazione cui e’ riferita la garanzia ipotecaria, ma non anche il contenuto di questo credito.
La specialita’ soggettiva della ipoteca (cosi’ definita, onde distinguerla dalla specialita’ oggettiva che riguarda l’oggetto vincolato, di cui alla prima parte dell’articolo 2809 c.c., comma 1), espressamente affermata dall’articolo 2809 c.c., comma 1, ultimo inciso, indica che, per la validita’ del vincolo ipotecario, sono necessarie l’individuazione del credito garantito e la specificazione della somma dovuta; essa e’ un naturale completamento del principio della determinatezza della garanzia e sta a significare che la legge non consente al creditore di estendere il vincolo ipotecario a un credito diverso da quello garantito, essendo l’ipoteca, per sua natura, connotata dall’accessorieta’ (cfr. Cass. n. 23669/06).
Tuttavia, la specialita’ dell’ipoteca si rapporta non al contenuto del credito, ma al titolo dell’obbligazione, ed al titolo costitutivo dell’ipoteca; quest’ultimo deve contenere l’indicazione della fonte (cioe’, appunto, del titolo dell’obbligazione), dei soggetti e della prestazione che individuano il credito (per come e’ detto anche nel precedente di cui a Cass. n. 3997/2000, impropriamente citato nella memoria dalla parte ricorrente a sostegno dei propri assunti; cfr. altresi’ Cass. n. 3041/01 e n. 2429/02). Cio’ e’ tanto vero che, per un verso, la garanzia ipotecaria, alle condizioni previste dall’articolo 2855 c.c., puo’ addirittura farsi valere per un credito maggiore di quello risultante dalla somma limite indicata nella nota; per altro verso, entro questo limite, comprende tutte le obbligazioni, principali ed accessorie, risultanti da un determinato rapporto, anche quelle a carattere non sinallagmatico.
L’articolo 2809 c.c., sta a significare che la somma determinata per la quale l’ipoteca e’ iscritta segna il limite della garanzia, vale a dire il limite oltre il quale non opera piu’ il diritto di prelazione, e, contrariamente a quanto sembra presupporre parte ricorrente, non si identifica affatto con l’importo del credito garantito, dal quale va tenuta distinta.
4.1.- Quanto, poi, all’individuazione del credito garantito, nel caso di specie neppure e’ in contestazione che la fonte sia identificata nel contratto di mutuo fondiario del 15 giugno 1988, che costituisce anche il titolo (volontario) dell’ipoteca (cfr. Cass. n. 9101/03, nonche’ Cass. n. 25412/13). Esso individua il credito per cui la garanzia reale e’ stata concessa, relativo all’obbligazione restitutoria mutuatario avente ad oggetto il capitale mutuato, gli interessi corrispettivi e moratori e “il rischio di cambio nel caso di utilizzo della provvista procurata mediante l’assunzione di prestiti in ECU” (secondo quanto si legge nel controricorso, sul punto non contestato con la memoria della ricorrente).
Non sussiste, come sostenuto col terzo motivo, la violazione dell’articolo 2852 c.c., per essere stata la garanzia concessa per un credito futuro, quale la parte ricorrente qualifica il credito restitutorio correlato alla maggiorazione della semestralita’ per il rischio cambio ECU/lira.
Infatti, ai sensi del richiamato articolo 2852 c.c., la garanzia ipotecaria, e’ riferibile non soltanto a crediti gia’ esistenti, ma anche a crediti futuri, purche’ dipendenti da rapporti gia’ esistenti (cfr. Cass. n. 2786/94, n. 17886/11; nonche’ Cass. n. 25412/13, in motivazione, con riguardo al contratto di mutuo fondiario seguito da atto di erogazione e quietanza). Piu’ specificamente, vanno distinti, secondo una classificazione dottrinaria utile allo scopo, i crediti eventuali, che sono quelli che possono nascere da un rapporto gia’ esistente, e certamente possono essere garantiti da ipoteca (come nel caso, frequente nella prassi bancaria, dell’apertura di credito, con concessione di ipoteca); dai crediti meramente futuri, che non hanno fondamento in un rapporto gia’ in essere, ma soltanto ipotetico o probabile, rispetto ai quali non e’ nemmeno concepibile la garanzia ipotecaria (cfr. Cass. n. 3997/00 cit., nonche’ gia’ Cass. n. 686/75).
Quest’ultima quindi e’ validamente concessa, in relazione ad un contratto di mutuo fondiario, a garanzia di tutte le obbligazioni, principali ed accessorie, nascenti dallo stesso contratto, cosi’ come l’obbligazione di corrispondere la maggiorazione dovuta per il rischio cambio in riferimento ad obbligazioni in valuta estera, trovando anche questa obbligazione titolo ed origine causale nel detto contratto, quale obbligazione accessoria espressamente prevista nell’ammontare del credito garantito.
Ne’ puo’ essere menzionata, in senso contrario, la giurisprudenza che ha escluso la forza espansiva dell’ipoteca al c.d. rischio cambio ai sensi dell’articolo 2855 c.c., comma 1, (cfr., da ultimo, Cass. n. 2213/09), poiche’, come detto, nel caso di specie, vi e’ un patto espresso di estensione della garanzia anche a questa componente del credito restitutorio, nascente dal contratto di mutuo, nei limiti della somma iscritta per l’importo di novecento milioni di lire.
I motivi secondo e terzo vanno percio’ rigettati.
5.- Col quarto motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1284, 1815 e 1346 c.c., in relazione alle clausole di determinazione del tasso di interessi ultralegali; difetto di motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio; violazione e falsa applicazione degli articoli 2935 e 2946 c.c.. Si critica l’affermazione del Tribunale per la quale la determinazione degli interessi ultralegali sarebbe stata basata su criteri certi ed oggettivi indicati in contratto, che, nel caso di specie, avrebbero consentito “la concreta individuazione del tasso di interesse”.
Secondo la ricorrente, il giudice si sarebbe espresso con una mera affermazione di principio perche’ non avrebbe precisato per quale ragione i criteri adottati si sarebbero dovuti ritenere certi ed obiettivi; vi sarebbe quindi il vizio di motivazione insufficiente.
Inoltre, sussisterebbe il vizio di violazione di legge, specificamente dell’articolo 1284 c.c., perche’ non si potrebbe dire integrato con elementi extratestuali l’elemento definito in contratto soltanto per relationem.
6.- Il motivo e’ inammissibile.
Quanto al denunciato vizio di motivazione, l’inammissibilita’ non e’ dovuta al fatto, eccepito dalla resistente, che il presente ricorso sia stato presentato ai sensi dell’articolo 111 Cost., comma 7, sicche’ consentirebbe soltanto la formulazione di motivi concernenti violazioni di legge. Ed invero, l’articolo 360 c.p.c., u.c., e’ stato riformato dal Decreto Legislativo n. 40 del 2006, articolo 2, nel senso che le disposizioni del primo comma, tra le quali la denuncia per vizio di motivazione di cui al n. 5), si applicano alle sentenze contro cui e’ ammesso il ricorso per cassazione per violazione di legge. L’articolo 27, comma 2, del citato decreto legislativo prevede che la disposizione di applichi ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze pubblicate dopo l’entrata in vigore del decreto, come e’ nel caso di specie, in cui la sentenza e’ stata pubblicata il 20 settembre 2007.
Piuttosto, proprio in ragione di tale data di pubblicazione, il ricorso e’ soggetto, quanto alla formulazione dei motivi, al regime dell’articolo 366 bis cod. proc. civ. (inserito dal Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, articolo 6, ed abrogato dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69, articolo 47, comma 1, lettera d).
In riferimento al vizio di insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non si rinviene, ne’ in calce ne’ in altra parte dell’illustrazione del motivo, il momento di sintesi, o c.d. quesito di fatto, richiesto dalla norma, cosi’ come interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte, che qui si ribadisce (cfr. Cass. S.U. n. 20603/07, secondo cui, in tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poiche’ secondo l’articolo 366 bis c.p.c., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’articolo 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi – omologo del quesito di diritto – che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’; nello stesso senso, tra le altre, Cass. n. 24255/11).
Per tale ragione, la denuncia di vizio di motivazione e’ inammissibile.
6.1.- Inoltre, il quesito di diritto, cosi’ come formulato con riferimento al vizio di violazione di legge (“il tasso di interesse ultralegale puo’ ritenersi validamente pattuito allorquando vengano richiamati criteri di determinazione estrinseci al documento negoziale, non facilmente individuabili, di cui si possa avere contezza non gia’ al momento della stipula del contratto ma solo successivamente con rilevazione ex post e non gia’ ex ante?”) e’ inadeguato, poiche’ espresso in termini assolutamente generici -scontando lo stesso vizio di mancata indicazione dei criteri previsti in contratto, del quale si dira’ appresso -, in modo che non consente di individuare l’errore di diritto nel quale, a giudizio della ricorrente, sarebbe incorso il Tribunale, ne’ l’enunciazione di una regula iuris applicabile anche in casi ulteriori rispetto a quello da decidere, poiche’ di questo non fornisce valida sintesi logico-giuridica (cfr., per la funzione riservata ai quesiti di diritto, tra le altre Cass. S.U. n. 26020/08 e n. 28536/08).
6.2.- Ancora, le clausole di determinazione del tasso ultralegale di interessi, delle quali e’ denunciata la nullita’, non sono state riprodotte in ricorso, neanche per sintesi (quanto meno con riguardo ai criteri che le clausole contrattuali prevedono, in via diretta o mediante richiamo ad elementi estrinseci, dei quali ultimi neppure vi e’ cenno alcuno in ricorso); ne’ risulta dove il contratto di mutuo sia reperibile e se sia stato prodotto nel giudizio di legittimita’.
Al riguardo, va ribadito che, in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del Decreto Legislativo n. 40 del 2006, il novellato articolo 366 c.p.c., n. 6, oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’articolo 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., anche che esso sia prodotto in sede di legittimita’ (Cass. S.U. n. 28547/08 e n. 7161/10, nonche’ Cass. ord. n. 7455/13 ed altre).
Giova precisare che il presente motivo di ricorso e’ riferito genericamente alle norme convenzionalmente pattuite per la determinazione del tasso degli interessi, corrispettivi e moratori, senza che dalla relativa illustrazione nemmeno risulti a quali articoli del contratto di mutuo e/o dell’atto di erogazione e quietanza parte ricorrente abbia inteso fare riferimento. Nel controricorso e’ detto che il tasso ultralegale e’ stato determinato nell’articolo 3 dell’atto di erogazione e quietanza, ma questo articolo risulta trascritto soltanto parzialmente alle pagine 5-6 del ricorso, peraltro al diverso fine di evidenziare la previsione della maggiorazione per il rischio cambio. Pertanto, ne’ questa menzione ne’ quella contenuta nel controricorso consentono di superare le ragioni di inammissibilita’ di cui si e’ detto. Il quarto motivo e’ percio’ inammissibile.
7.- Col quinto motivo, e’ dedotta violazione e falsa applicazione dell’articolo 1283 c.c., perche’ il calcolo degli interessi sarebbe stato fatto, a detta della ricorrente, violando il divieto di anatocismo, quindi illecitamente calcolando gli interessi sulle semestralita’ non pagate comprensive di interessi scaduti.
Secondo la ricorrente, poiche’ non si sarebbe trattato di mutuo fondiario, non sarebbe stato invocabile il Regio Decreto n. 646 del 1905, articolo 38.
7.1.- Il motivo e’ infondato.
Il giudice di merito non ha sbagliato nel ritenere che l’operazione di credito in essere tra le parti fosse un contratto di mutuo fondiario, dal momento che, come detto trattando dei motivi di cui sopra, in particolare del secondo e del terzo, esso era garantito da ipoteca di primo grado su immobili di proprieta’ della societa’ mutuataria, e regolato dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 7 del 1976, in quanto stipulato con atto pubblico del 15 giugno 1988, cui era seguito atto pubblico di erogazione e quietanza del 18 luglio 1988, entrambi a rogito per notaio (OMISSIS).
L’articolo 1283 c.c., per il mutuo fondiario, e’ derogato sia dal R.D.L. n. 646 del 1905, articolo 38, che dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 7 del 1976, articolo 14, e Legge n. 175 del 1991, articolo 16, (cfr. Cass. n. 6153/90, n. 2140/06, n. 9695/11, n. 25412/13). Va percio’ ribadito che, in tema di credito fondiario, il mancato pagamento di una rata di mutuo comporta, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 21 gennaio 1976, n. 14, articolo 14, l’obbligo di corrispondere gli interessi di mora sull’intera rata, inclusa la parte che rappresenta gli interessi di ammortamento. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la societa’ ricorrente, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida, in favore di (OMISSIS) S.p.A., nell’importo complessivo di euro 10.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali ed accessori, come per legge.

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