Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 26 maggio 2016, n. 21987

Illegittima la confisca dei beni del liquidatore senza la prova che non abbia soddisfatto i crediti tributari anteriori all’assegnazione di beni ai soci o associati, o soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari

 

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

sentenza 26 maggio 2016, n. 21987

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIALE Aldo – Presidente
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere
Dott. RAMACCI Luca – rel. Consigliere
Dott. GENTILI Andrea – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) nato il (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 16/11/2015 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA;

sentita la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI;

lette le conclusioni del PG G. Marotta, annullamento con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 16/11/2015 ha rigettato la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo emesso il 12/10/2015 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Velletri finalizzato alla confisca per equivalente, dei beni mobili, immobili, societari e dei saldi attivi bancari e finanziari giacenti sui rapporti finanziari riconducibili a (OMISSIS), nella sua qualita’ di liquidatore della ” (OMISSIS) s.p.a.” in liquidazione, in relazione all’omesso versamento di ritenute per un ammontare complessivo di Euro 739.085,00, fatto per il quale risulta indagato per il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 bis.

Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite i propri difensori di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p..

2. Riprodotto testualmente il contenuto della richiesta di riesame e di due memorie successivamente prodotte al Tribunale, denuncia, con un primo motivo di ricorso, la violazione di legge, lamentando che il Tribunale avrebbe omesso di considerare il rilevo, assunto nella fattispecie, dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 36, ritenendone del tutto inconferente il richiamo in considerazione del suo profilo squisitamente civilistico, privo, dunque, di rilevanza penale ed affermando che lo stesso sarebbe riferibile all’omesso versamento dei tributi propri della societa’ in liquidazione e non anche di quelli al pagamento dei quali e’ tenuta nella sua qualita’ di sostituto di imposta.

3. Con un secondo motivo di ricorso deduce l’erroneita’ delle conclusioni cui e’ pervenuto il Tribunale nell’escludere, nella fattispecie, la sussistenza di uno stato di necessita’ ovvero di una forza maggiore che, dimostrati dalla difesa, avevano impedito il versamento delle ritenute.

4. Con un terzo motivo di ricorso lamenta che i giudici del riesame avrebbero erroneamente ritenuto sussistenti i requisiti di legge per la confiscabilita’ dei beni sequestrati, non avendo egli conseguito alcun vantaggio patrimoniale dalla consumazione del reato oggetto di provvisoria incolpazione.

5. Il Procuratore generale, nella sua requisitoria scritta, ritenuta la fondatezza del primo motivo di ricorso, ha concluso per l’annullamento dell’ordinanza impugna con rinvio al Tribunale di Roma.

In data 18/4/2016 la difesa del ricorrente ha depositato memoria con allegata documentazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato nei termini di seguito specificati.

Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 36, stabilisce che i liquidatori dei soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche che non adempiono all’obbligo di pagare, con le attivita’ della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono, in proprio, del pagamento delle imposte se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari. Tale responsabilita’ e’ commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti.

Come rilevato dal ricorrente nell’istanza di riesame testualmente riprodotta in ricorso, con argomentazioni condivise dal Procuratore Generale nella sua requisitoria scritta, la richiamata disposizione opera una puntuale delimitazione dell’ambito di responsabilita’ in proprio dei liquidatori, riferendosi, in primo luogo, alle imposte dovute per il periodo della liquidazione e per quelli anteriori e, in secondo luogo, precisando che detta responsabilita’ consegue nel caso in cui essi non provino di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari.

Il legislatore ha quindi tenuto in debito conto la particolare attivita’ svolta dal liquidatore tanto sotto il profilo temporale quanto sotto quello funzionale specifico, ponendo un’ulteriore limite quantitativo laddove stabilisce che la responsabilita’ e’ commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti.

Come correttamente osservato dal Procuratore Generale, la responsabilita’ delineata dalla norma in esame si configura se i soggetti preposti alla liquidazione distraggano l’attivo della societa’ al fine del pagamento delle imposte e lo destinino a scopi differenti, ma non deriva, invece, dal mero adempimento fiscale, ponendo inoltre in evidenza l’irragionevolezza di una diversa lettura della norma che porterebbe alla illogica conseguenza della imposizione al liquidatore, da un lato, dell’obbligo di osservare un ordine gerarchico nell’assolvimento delle posizioni debitorie – tra le quali rientrano anche quelle fiscali – e, dall’altro, nella previsione di responsabilita’ nel caso in cui l’osservanza di tale criterio di riparto abbia comportato la non volontaria omissione del versamento delle ritenute.

2. Tali rilievi paiono al Collegio pienamente condivisibili e non possono ritenersi confinati, come afferma il Tribunale, peraltro in maniera assertiva, in un ambito prettamente civilistico, avendo, per le ragioni dianzi esposte, una diretta incidenza in ordine alla configurabilita’ del reato in caso di insussistenza dei presupposti limitativi della responsabilita’ dei liquidatori individuati dal piu’ volte citato Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 36.

Parimenti corretta risulta, inoltre, la diversa lettura della norma, ancora una volta suggerita dal ricorrente e dal Procuratore Generale, che esclude, diversamente da quanto affermato dal Tribunale, secondo il quale l’ambito di operativita’ della disposizione sarebbe attinente all’omesso versamento dei tributi propri della societa’ in liquidazione e non di quelli ai quali essa e’ tenuta nella sua qualita’ di sostituto di imposta.

Va a tale proposito considerato, infatti, il contenuto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 35, il quale dispone che “quando il sostituto viene iscritto a ruolo per imposte, sopratasse e interessi relativi a redditi sui quali non ha effettuato ne’ le ritenute a titolo di imposta ne’ i relativi versamenti, il sostituito e’ coobbligato in solido” senza alcun riferimento ai tributi propri della societa’ di liquidazione.

3. Ne consegue che il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio al Tribunale di Roma per nuovo esame alla luce di quanto in precedenza affermato, dovendo i giudici del rinvio, sulla base degli atti e della documentazione nella loro disponibilita’, verificare se la condotta ascritta all’indagato abbia o meno travalicato i limiti posti dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 36, alla responsabilita’ del liquidatore.

La natura assorbente del motivo di ricorso appena esaminato esonera la Corte dal prendere in considerazione gli ulteriori motivi di ricorso.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Roma.

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