Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 25 maggio 2016, n. 21957

La nuova legge sulla Green Economy (221/2015) impone al produttore iniziale o ad altro detentore di rifiuti di rame o metalli che non provvede al loro trattamento di consegnarli unicamente a imprese autorizzate

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

sentenza 25 maggio 2016, n. 21957

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAMACCI Luca – Presidente
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere
Dott. DI STASI Antonella – Consigliere
Dott. MENGONI Enrico – Consigliere
Dott. RICCARDI Giuseppe – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI BARI;

nel procedimento a carico di:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS) il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 03/11/2014 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. RICCARDI Giuseppe;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FODARONI Maria Giuseppina, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso e l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, decidendo sulla richiesta di emissione di decreto penale di condanna, con sentenza del 03/11/2014, assolveva perche’ il fatto non e’ previsto dalla legge come reato, ai sensi dell’articolo 129 c.p.p., (OMISSIS), imputato del reato di cui al Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 256, comma 1, lettera a), perche’, in assenza di autorizzazione e senza il F.I.R. (formulario identificativo dei rifiuti), conferiva alla ditta (OMISSIS), con sede in (OMISSIS), rifiuti speciali metallici di vario tipo (ferro, rame e ottone), per tre volte, per complessivi kg. 981.

In particolare, il Giudice riteneva che la mera attivita’ di “conferimento” di rifiuti, cosi’ come contestata nell’imputazione, non rientrasse tra le condotte espressamente previste dalla fattispecie incriminatrice (“attivita’ di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento ed intermediazione”), e che non fosse consentita, in tal senso, una analogia in malam partem; inoltre, non avendo il P.M. specificato l’autorizzazione in assenza della quale la condotta assumerebbe rilevanza penale ai sensi del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, il fatto contestato va qualificato come trasporto di rifiuti in assenza del formulario, che – ai sensi del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 258, comma 4, nel caso in cui il soggetto attivo siano “le imprese che raccolgono e trasportano propri rifiuti non pericolosi”, e, ai sensi del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 260 bis, comma 7, nel caso in cui il soggetto attivo sia il trasportatore – viene sanzionato come mero illecito amministrativo.

L’indicazione, nell’imputazione, del formulario neppure potrebbe implicare la contestazione del trasporto – condotta per la quale ne e’ prevista la necessita’ -, in quanto non provata.

Infine, mancando la prova di un’attivita’ sistematica e professionale di raccolta e trasporto dei rifiuti, va altresi’ esclusa l’integrazione del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, trattandosi di attivita’ occasionale, come desumibile dal numero esiguo di conferimenti (nel caso di specie, tre).

2. Ha proposto ricorso il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Bari, chiedendo l’annullamento della sentenza, e deducendo i vizi di violazione di legge e di contraddittorieta’ della motivazione.

Lamenta la qualificazione attribuita alla condotta di “conferimento”, contraddittoriamente ritenuta non rientrante nella fattispecie di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, ma nondimeno attratta nel paradigma normativo del trasporto in assenza di formulario.

Deduce che la condotta accertata consiste nell’attivita’ di trasporto di materiale ferroso, rientrante nelle fasi di gestione dei rifiuti indicate dall’articolo 256 Testo Unico Amb., e, sebbene occasionale, e non professionale, deve essere sottoposta al regime autorizzativo di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 212, e s.s..

3. Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione ha chiesto l’accoglimento del ricorso ed il conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, ribadendo le censure proposte, ed evidenziando, altresi’, che in caso di prova insufficiente il Gip, richiesto dell’emissione di un decreto penale di condanna, non puo’ emettere sentenza di proscioglimento ai sensi dell’articolo 129 c.p.p., dovendo al contrario disporre la restituzione degli atti al P.M..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.

Giova, al riguardo, premettere che le questioni di diritto proposte coincidono, pressoche’ totalmente, con quelle gia’ affrontate da questa Corte nella decisione di numerosi ricorsi presentati in altri procedimenti seriali originati presso il Tribunale di Cuneo, e decisi all’udienza del 07/01/2016.

Va pertanto operato un espresso richiamo alle decisioni emesse, e, tra esse, in particolare a Sez. 3, n. 5716 del 07/01/2016, Isoardi, Rv. 265836, in quanto gia’ oggetto di massimazione.

2. Quanto alla ritenuta lacunosita’ del compendio probatorio posto a fondamento della richiesta di emissione di decreto penale di condanna, con particolare riferimento alla integrazione della condotta di “trasporto”, e’ pacifico che il giudice per le indagini preliminari puo’ prosciogliere la persona nei cui confronti il Pubblico Ministero abbia richiesto l’emissione di decreto penale di condanna solo per una delle ipotesi tassativamente indicate nell’articolo 129 c.p.p., e non anche perche’ la prova risulti mancante, insufficiente o contraddittoria ai sensi dell’articolo 530 c.p.p., comma 2, posto che queste categorie, in quanto non richiamate dall’articolo 129 citato, possono acquisire rilievo soltanto quando le parti, compreso il P.M., abbiano potuto esercitare compiutamente, nella sede a cio’ destinata, il diritto alla prova (Sez. 3, n. 45934 del 09/10/2014, Fusco, Rv. 260941; ex multis, Sez. U, n. 18 del 9.6.1995, Cardoni, rv. 202375, che a loro volta richiamavano le sentenze nn. 19, 20, 21, 22, emesse in pari data, rispettivamente, nei proc. Omenetti, Valeri, Solustri e Tupputi; conf. sez. 5, n. 18059 del 25.3.2003, Bortolotti, rv. 224849).

2.1. Nel caso in esame non soltanto non ricorre la mancanza assoluta della prova non integrabile nelle fasi successive, cui pure fa riferimento la citata pronuncia delle S.U. n. 18 del 1995, unico requisito legittimante un proscioglimento ex articolo 129 c.p.p. dal G.i.p. investito della richiesta ex articolo 459 c.p.p., ma in realta’ la decisione fonda sulla ritenuta carenza probatoria concernente l’attivita’ di trasporto del materiale conferito un ragionamento congetturale, per desumerne una carenza di professionalita’ ed una occasionalita’ della condotta dalla quale trarre, a sua volta, elemento per affermare la carenza di tipicita’.

Tuttavia, la pretesa incompletezza probatoria avrebbe dovuto imporre, nell’ambito del procedimento “monitorio” attivato, la restituzione degli atti al pubblico ministero procedente.

3. La ratio decidendi della sentenza impugnata e’ incentrata sulla pretesa mancanza di tipicita’ della condotta accertata e contestata.

Al riguardo, va innanzitutto rilevata l’erroneita’ dell’affermazione di diritto contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale il “conferimento” di rifiuti non rientra nella fattispecie di gestione abusiva di rifiuti di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 1, lettera a; sia sufficiente osservare che il “conferimento” allude, con linguaggio “gergale” (sebbene recepito anche dalla legislazione settoriale, ad es. nell’articolo 188, comma 3, Testo Unico Amb.), alla condotta di commercio di rifiuti, che ne presuppone, peraltro, logicamente il trasporto; e’ altresi’ evidente che la formulazione dell’imputazione e’ funzionale alla descrizione del fatto storico, la cui qualificazione giuridica e’ rimessa, nel solco dell’indicazione delle norme di legge violate, al giudice; escludere la condotta di “conferimento” dall’area di tipicita’ della fattispecie di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 1, lettera a, sol perche’ non riproduce lessicalmente una delle condotte – pur materialmente integrate – descritte dalla classica “norma a piu’ fattispecie”, la cui latitudine ermeneutica ed applicativa si estende pacificamente a tutte le fasi di gestione dei rifiuti, sarebbe analogo all’esito ermeneutico di un proscioglimento dal reato di omicidio, sol perche’ l’imputazione descrive il fatto storico di “ammazzare” un uomo, anziche’ “cagionare la morte” di un uomo.

Altrettanto erronea appare la qualificazione della condotta accertata in termini di mero trasporto senza il formulario identificativo dei rifiuti, in ragione del richiamo contenuto nell’imputazione; trattandosi di fatto diverso, ed ulteriore rispetto al trasporto e commercio abusivo, il relativo illecito puo’ essere suscettibile di autonoma sanzione amministrativa, ma non puo’ ritenersi assorbente del disvalore penale della gestione abusiva.

Anche il rilievo attribuito dalla sentenza alla omessa specificazione delle “prescritte autorizzazioni” e’ erroneo, in quanto, all’evidenza, l’autorizzazione necessaria per la gestione di rifiuti e’ quella, richiamata dalla norma incriminatrice di cui all’articolo 256, comma 1, lettera a, disciplinata dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 212.

4. In ordine alla pretesa irrilevanza penale della condotta in ragione della occasionalita’, va ribadito che, trattandosi di illecito istantaneo, ai fini della configurabilita’ del reato di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 1, lettera a), e’ sufficiente anche una sola condotta integrante una delle ipotesi alternative tipizzate dalla fattispecie penale (Sez. 3, n. 8979 del 2/10/2014, dep. 2015, Cristinzio, Rv. 262514; Sez. 3, n. 45306 del 17/10/2013, Carlino, Rv. 257631; Sez. 3, n. 24428 del 25/05/2011, D’Andrea, Rv. 250674; Sez. 3, n. 21655 del 13/04/2010, Hrustic, Rv. 247605), purche’ costituisca una “attivita’” e non sia assolutamente occasionale.

La nozione di assoluta occasionalita’ e’ stata al riguardo approfondita da Sez. 3, n. 29992 del 24/06/2014, Lazzaro, Rv. 260266, che ha chiarito che la fattispecie di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 1, la quale sanziona le attivita’ di gestione compiute in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 del cit. D.Lgs., e’ configurabile anche con riferimento alle condotte di raccolta e di trasporto esercitate in forma ambulante e con una minima organizzazione, salva l’applicabilita’ della deroga di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 266, comma 5, per la cui operativita’ occorre che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l’esercizio di attivita’ commerciale in forma ambulante ai sensi del Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 114 e che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio.

Al riguardo, l’orientamento e’ stato ribadito dalla gia’ richiamata Sez. 3, n. 5716 del 07/01/2016, Isoardi, Rv. 265836, alla quale e’ possibile rinviare quanto all’apparato argomentativo, che ha, altresi’, affermato: “Ai fini della configurabilita’ del reato di gestione abusiva di rifiuti, non rileva la qualifica soggettiva del soggetto agente bensi’ la concreta attivita’ posta in essere in assenza dei prescritti titoli abilitativi, che puo’ essere svolta anche di fatto o in modo secondario, purche’ non sia caratterizzata da assoluta occasionalista (Nella specie il carattere non occasionale della condotta e’ stato desunto dall’esistenza di una minima organizzazione dell’attivita’, dal quantitativo dei rifiuti gestiti, dalla predisposizione di un veicolo adeguato e funzionale al loro trasporto, dallo svolgimento in tre distinte occasioni delle operazioni preliminari di raccolta, raggruppamento e cernita dei soli metalli, dalla successiva vendita e dal fine di profitto perseguito dall’imputato)”).

Pertanto, l’assoluta occasionalita’ non puo’ essere desunta esclusivamente dalla natura giuridica del soggetto agente (privato, imprenditore, ecc.), dovendo invece ritenersi non integrata in presenza di una serie di indici dai quali poter desumere un minimum di organizzazione che escluda la natura esclusivamente solipsistica della condotta (ad es., dato ponderale dei rifiuti oggetto di gestione, necessita’ di un veicolo adeguato e funzionale al trasporto di rifiuti, fine di profitto perseguito). In altri termini, se un soggetto – anche, come nel caso di specie, mero “detentore” di rifiuti – appresta una serie di condotte finalizzate alla gestione di rifiuti, mediante preliminare raccolta, raggruppamento, trasporto e vendita di rifiuti, pur non esercitando in forma imprenditoriale, pone in essere una “attivita’” di gestione di rifiuti per la quale occorre preliminarmente ottenere i necessari titoli abilitativi.

Evidentemente il profilo della assoluta occasionalita’ sara’ oggetto precipuo della valutazione di fatto rimessa al giudice del merito, e dunque questione essenzialmente probatoria, e, ove congruamente motivata, non sara’ suscettibile di censura in sede di legittimita’.

Va, infine, evidenziato che la L. 28 dicembre 2015, n. 221, articolo 30 (c.d. legge sulla Green Economy) ha introdotto il Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 188, comma 1-bis, secondo cui: “Il produttore iniziale o altro detentore dei rifiuti di rame o di metalli ferrosi e non ferrosi che non provvede direttamente al loro trattamento deve consegnarli unicamente ad imprese autorizzate alle attivita’ di trasporto e raccolta di rifiuti o di bonifica dei siti o alle attivita’ di commercio o di intermediazione senza detenzione dei rifiuti, ovvero a un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformita’ all’articolo 212, comma 5, ovvero al recupero o smaltimento dei rifiuti, autorizzati ai sensi delle disposizioni della parte quarta del presente decreto. Alla raccolta e al trasporto dei rifiuti di rame e di metalli ferrosi e non ferrosi non si applica la disciplina di cui all’articolo 266, comma 5”.

4.2. Nel caso di specie, e limitandosi alle condotte che risultano contestate nell’imputazione, risulta che il trasporto ed il conseguente commercio di rifiuti ferrosi siano stati effettuati in tre distinte occasioni; tali condotte, lungi dall’essere connotate da assoluta occasionalita’, denotano un minimum di organizzazione, atteso che la raccolta di ben 981 kg. di rifiuti metallici, peraltro di tre tipi differenti (ferro, rame e ottone), implica una preliminare fase di raggruppamento e cernita dei soli metalli, il trasporto di un tale consistente quantitativo di rifiuti necessita di un apposito veicolo, adeguato e funzionale al contenimento degli stessi, ed il commercio e’ evidentemente finalizzato all’ottenimento di un profitto.

5. La sentenza impugnata va dunque annullata con trasmissione al Tribunale di Trani, per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata ed ordina la trasmissione degli atti al Tribunale di Trani.

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