Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 18 settembre 2014, n. 19657
Svolgimento del processo
R.A. ha concesso in locazione a N.M.L. un appartamento in Teramo, con antistante lastrico solare di copertura di un magazzino. Il lastrico solare, anch’esso di proprietà del R. , non era incluso nella locazione e non era originariamente accessibile dall’appartamento locato, che su di esso affacciava con una veduta.
La conduttrice ha trasformato la veduta in porta-finestra per utilizzare episodicamente il piano antistante, mettendovi fiori e piante.
Il (omissis) la domestica della N. – su incarico di quest’ultima – si è recata sul lastrico solare per innaffiare le piante, con l’aiuto della figlia, D.G.N. , la quale – camminando su di una lastra di vetro opaco che ricopriva un lucernario sito sul pavimento del lastrico solare, è precipitata nel locale sottostante, riportando gravi lesioni, poiché il vetro ha ceduto sotto il suo peso.
Con atto di citazione del 1994 l’infortunata ha convenuto davanti al Tribunale di Teramo il R. e la N. , chiedendone la condanna al risarcimento dei danni.
I convenuti hanno resistito, contestando ogni addebito.
Con sentenza n. 217/2008 il Tribunale ha condannato la N. al pagamento di Euro 180.165,78, oltre rivalutazione ed interessi, ritenendola responsabile dei danni ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., per avere esposto l’infortunata a grave pericolo, consegnandole le chiavi di accesso al terrazzo di copertura.
Ha respinto ogni domanda nei confronti del R. , sul rilievo che il terrazzo era escluso dalla locazione e veniva arbitrariamente utilizzato dalla conduttrice la quale, in violazione della clausola 5 del contratto, che proibiva la modifica dello stato dei luoghi, aveva sostituito la veduta che originariamente affacciava sul terrazzo con una porta-finestra che permetteva di accedervi.
Proposto appello sia dalla N. , sia dalla D.G. , a cui ha resistito il R. , con sentenza 16 dicembre 2009 – 19 aprile 2010 n. 295 la Corte di appello dell’Aquila, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha ritenuto corresponsabile dell’incidente il R. , in solido con la conduttrice.
Ha ravvisato il concorso di colpa dell’infortunata nella misura del 20% e ha ridotto ad Euro 144.132,58, oltre rivalutazione ed interessi, la somma liquidata in risarcimento dei danni. Ha respinto ogni ulteriore doglianza delle appellanti; ha posto a carico del R. le spese del primo grado di giudizio ed a carico solidale del R. e della N. le spese del giudizio di appello.
Con atto notificato il 24 febbraio 2011 R.A. propone quattro motivi di ricorso per cassazione, illustrati da memoria.
Con atto notificato il 4 aprile 2011 resiste con controricorso D.G.N. , proponendo due motivi di ricorso incidentale.
La N. non ha depositato difese.
Il R. ha replicato con controricorso al ricorso incidentale.
Motivi della decisione
1.- La Corte di appello ha motivato la sua decisine in base al rilievo che il proprietario ha conservato la custodia del lastrico solare, non avendo esso costituito oggetto della locazione; donde la sua responsabilità in astratto nei confronti dei danneggiati dai vizi dell’immobile; che la superficie calpestabile era oggettivamente pericolosa, perché le aperture dei lucernari erano prive di inferriata, coperte solo da lastre di vetro opache, inidonee a sorreggere il peso di una persona, così come inidonee a permettere di percepire la loro fragilità e la profondità del locale sottostante, e che l’indebita utilizzazione da parte della conduttrice non è valsa ad escludere la suddetta responsabilità, considerata la contiguità del lastrico rispetto ai locali oggetto di locazione e la sua facile accessibilità anche dalla preesistente finestra (indipendentemente dalla sua trasformazione in porta finestra), anche solo per il recupero di oggetti caduti.
2.- Con il primo motivo, denunciando violazione degli art. 1140, 1587, 2043, 2051 e 2056 cod. civ., il ricorrente assume che va considerato custode non il proprietario, bensì chi eserciti il potere di fatto sul bene ed abbia quindi la possibilità di controllarne l’utilizzazione e la conservazione, sì che il danno debba considerarsi effetto non del dinamismo interno alle strutture murarie ed agli impianti, ma del comportamento di chi poteva di fatto autorizzare o impedire l’accesso a dette strutture. Soggiunge che, a seguito della locazione in corso, il proprietario ha perso la possibilità di esercitare il controllo sul piano di copertura del magazzino, controllo di fatto acquisito (ancorché abusivamente) dalla conduttrice, che ha trasformato la veduta in porta-finestra.
3.- Il motivo è fondato nei termini che seguono.
Occorre preliminarmente stabilire chi nella specie – se il proprietario, o la conduttrice, od entrambi – fosse titolare dei diritti e dei doveri inerenti al rapporto di custodia del manufatto (d’ora innanzi denominato convenzionalmente, lastrico) su cui si è verificato l’incidente di cui trattasi, in considerazione del fatto che: a) trattasi di superficie estranea all’oggetto della locazione, sicché la conduttrice non ne aveva in linea di principio la detenzione, né il potere di utilizzazione; b) un tal potere essa di fatto esercitava, non si sa se e quanto precariamente ed episodicamente (pur se la circostanza che avesse, abusivamente, trasformato la preesistente veduta in porta-finestra di accesso indurrebbe a propendere per l’abitualità); c) il danno si è verificato per un cedimento strutturale del lastrico, cioè per una causa che normalmente comporta la responsabilità del proprietario anche in costanza di locazione; ma nella specie esso era destinato esclusivamente alla funzione di copertura del locale sottostante e non al transito delle persone; e) non risulta dalla sentenza impugnata se il proprietario fosse o meno a conoscenza dell’abusiva utilizzazione e se l’avesse autorizzata o tollerata.
Tali essendo i dati di fatto, se ne deve desumere in primo luogo che, tramite il contratto di locazione, il proprietario non si è spogliato dei poteri-doveri di custodia sul lastrico, cioè dei generici doveri di conservazione, di controllo e di intervento sulla relativa manutenzione, né dei poteri di interdizione ai non autorizzati dell’accesso al medesimo, sì da impedirne l’utilizzazione nelle parti pericolose e non transitabili: poteri-doveri che il R. avrebbe mantenuto, e che avrebbe dovuto esercitare, anche se il lastrico fosse stato compreso nell’oggetto della locazione, poiché il godimento concesso al conduttore non esclude la permanenza nel proprietario dei poteri di controllo, di vigilanza e di custodia sullo stato di conservazione delle strutture che compongono l’immobile locato, sulle quali il conduttore non ha poteri di intervento, né doveri di manutenzione (Cass. civ. Sez. 3, 3 agosto 2005 n. 16231; Cass. civ. Sez. 2, 9 giugno 2010 n. 13881; Cass. civ. Sez. 3, 27 luglio 2011 n. 16422, ed altre).
Ciò premesso, va anche rilevato che nella specie la particolare collocazione del lastrico – al quale era possibile accedere solo attraverso l’appartamento concesso in locazione alla N. – ha fatto sì che quest’ultima avesse conseguito (ancorché abusivamente) non la custodia di fatto del lastrico in tutte le sue parti, come prospettato dal ricorrente, bensì il controllo sulla possibilità di accedervi, avendo essa sola la detenzione qualificata dell’appartamento contiguo (con diritto di ammettervi o di escluderne chiunque, anche il proprietario). Se è vero quindi che il R. era ed è rimasto custode del lastrico, ed in particolare dei suoi elementi strutturali, anche dopo la locazione, ragion per cui potrebbe essere ritenuto responsabile dei danni subiti da chi vi si fosse introdotto indipendentemente dal comportamento della conduttrice, è anche vero che il controllo sull’accesso al medesimo attraverso l’appartamento della conduttrice è stato sottratto al proprietario per effetto del contratto di locazione; e con esso gli è stata sottratta la possibilità, materiale e giuridica, di prevenire e di evitare il conseguente rischio di danni.
La perdita del suddetto potere di controllo rende illegittimo ed immotivato il giudizio di responsabilità formulato dalla Corte di appello a carico del proprietario, con riguardo ad evento verificatosi per effetto di un comportamento che – anche giuridicamente – egli non aveva la possibilità di evitare e prevenire.
Ciò non significa, beninteso, che il custode possa ritenersi esonerato dall’obbligo di esercitare i poteri-doveri inerenti alla custodia, mettendosi volontariamente in condizioni tali da non poterli esercitare, o consentendo ai terzi di impedirne l’esercizio.
Ma non è questo il caso, né il R. è suscettibile di un tale addebito, ove si consideri che egli aveva contrattualmente cautelato la sua posizione: a) tramite l’esclusione del lastrico dall’oggetto della locazione; b) tramite la preclusione di fatto dell’accesso al medesimo dall’appartamento locato, in quanto – alla data della locazione – l’appartamento disponeva solo di una veduta sul lastrico e non di apposito accesso; c) tramite l’espresso divieto imposto alla conduttrice di modificare lo stato dei luoghi e di procedere ad opere di trasformazione, ivi inclusa la sostituzione della veduta con una porta-finestra.
Ne consegue che l’evento dannoso di cui qui si tratta costituisce realizzazione di un rischio estraneo al comportamento del proprietario ed agli specifici doveri di custodia su di lui gravanti, rischio che è invece esclusivamente riconducibile all’operato della conduttrice, la quale – in virtù dei poteri di diritto a lei derivanti dalla detenzione dell’appartamento Xe dei poteri di fatto abusivamente esercitati tramite l’apertura del passaggio e la concreta utilizzazione del lastrico – ha reso possibile, in termini non controllabili dal proprietario, l’uso anomalo del piano di copertura per il passaggio di persone: uso per il quale non era predisposto ed al quale non era né avrebbe potuto essere altrimenti destinato. (Sulla ripartizione delle responsabilità per custodia fra proprietario e conduttore, in relazione all’estensione dei rispettivi poteri di controllo, Cass. civ. Sez. 3, 15 ottobre 2004 n. 20335; Cass. civ. n. 13881/2010 cit., Cass. civ. Sez. 3, 3 agosto 2005 n. 16231, ed altre).
Né risulta essere stato dedotto e dimostrato, nel corso del giudizio, che il proprietario era a conoscenza – o che avrebbe dovuto essere a conoscenza facendo uso dell’ordinaria diligenza della trasformazione interna dell’appartamento e dell’indebita utilizzazione del lastrico per il passaggio di persone, e che non sia intervenuto ad impedirlo. La sentenza impugnata deve essere quindi annullata, nella parte in cui ha ritenuto corresponsabile il proprietario, restando assorbito l’esame del secondo e del terzo motivo.
4.- Il primo motivo del ricorso incidentale denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in quanto la Corte di appello avrebbe accertato di ufficio il concorso di colpa della danneggiata, ai sensi dell’art. 1227, 1 comma, cod. civ., sebbene sia il R. , sia la N. , si siano limitati a chiedere il rigetto delle domande attrici, senza proporre specifica domanda di accertamento del concorso di colpa della danneggiata.
5.1.- Il motivo non è fondato.
La giurisprudenza di questa Corte ha più volte chiarito che in tema di risarcimento danni, il giudice può rilevare d’ufficio il concorso di colpa del danneggiato, ai sensi dell’art. 1227, primo comma, cod. civ., poiché la questione non configura un’eccezione in senso proprio, ma costituisce una semplice difesa del convenuto, da ritenere compresa nelle deduzioni con le quali egli contesti integralmente la propria responsabilità (Cass. civ. Sez. 3, 22 marzo 2011 n. 6529; Cass. civ. Sez. Lav. 15 ottobre 2013 n. 23372; Cass. civ. S.U. 3 giugno 2013 n. 13902).
Il giudizio configura, nella sostanza, una sorta di accoglimento parziale della domanda attrice di addebito della responsabilità.
Unico limite all’ammissibilità del rilievo di ufficio del concorso di colpa va ravvisato nel fatto che siano stati dedotti in giudizio gli elementi di fatto sui quali il giudice ha fondato il suo accertamento (Cass. civ. n, 23372/2013 cit.): circostanza che nella specie la ricorrente non ha in alcun modo contestato e che non risulta obiettivamente dagli atti.
6.- Il secondo motivo – che denuncia vizi di motivazione sul concorso di colpa, in quanto la Corte di appello non avrebbe tenuto conto delle risultanze probatorie e dello stato dei luoghi, dai quali emergerebbe che le quattro lastre in vetro coprivano l’intero piano calpestabile in senso longitudinale e non erano agevolmente evitabili – è inammissibile, poiché attiene alla valutazione delle prove ed all’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito; questioni non suscettibili di riesame in sede di legittimità, ove risultino correttamente motivate.
Ha rilevato la Corte di appello che costituisce regola di prudenza evitare comunque il transito su superfici vetrate, di per sé fragili e potenzialmente prive delle necessarie misure di protezione, ed ha richiamato le regole di ordinaria cautela, che impongono a ciascuno anche di evitare di esporsi al pericolo della possibile negligenza altrui.
Trattasi di motivazione adeguata, nei confronti della quale non sono proposte censure di illogicità od incongruenza ma solo rilievi di merito, inammissibili in questa sede di legittimità.
7.- In accoglimento del ricorso principale la sentenza impugnata è cassata, nel capo in cui ha ritenuto corresponsabile del sinistro il proprietario, e – non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto – la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod.proc.civ. La domanda di risarcimento dei danni proposta contro R.A. deve essere rigettata.
Le spese del giudizio di appello e del giudizio di cassazione, quantificate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di cassazione accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara assorbiti gli altri motivi.
Rigetta il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta le domande proposte contro R.A. .
Condanna D.G.N. a rimborsare al ricorrente le spese del giudizio di appello, liquidate complessivamente in Euro 4.721,00, di cui Euro 321,00 per esborsi, nonché le spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 7.400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi; in entrambi i casi oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori di legge.
Conferma le altre statuizioni della sentenza impugnata.
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