fallimento-impresa

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 17 luglio 2014, n. 16408

Svolgimento del processo

Nel 2006 U.M. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Benevento, il Sanpaolo Imi S.p.A., proponendo opposizione avverso il precetto notificatole da tale istituto di credito e con il quale le era stato intimato il pagamento della somma di Euro 63.658,73 in virtù di decreto ingiuntivo emesso da quel Tribunale nei confronti suoi e dei debitori solidali D.D.A. , Trans Comm S.r.l., G.V. , I.A.M. e T.R. , notificatole in data 28 gennaio 1993 e munito di formula esecutiva. Sosteneva l’opponente che il credito in questione si era estinto per prescrizione, essendo trascorsi più di dieci anni dalla data del 28 gennaio 1993, in cui il provvedimento monitorio, da lei non opposto, aveva acquistato autorità del giudicato, a quella in cui le era stato notificato il precetto, a nulla valendo che gli altri condebitori solidali avessero proposto opposizione avverso il medesimo decreto ingiuntivo.
La banca opposta chiedeva il rigetto dell’opposizione, evidenziando che: la U. era astretta dal vincolo di solidarietà con gli altri condebitori per le obbligazioni della Trans Comm S.r.l. verso il Banco di Napoli S.p.A., dante causa del Sanpaolo Imi S.p.A.; con sentenza numero n. 24/94 era stato dichiarato il fallimento della società obbligata principale; il Banco di Napoli nel 1995 aveva proposto ricorso per ammissione al passivo del credito di cui al decreto ingiuntivo in questione; la domanda era stata accolta; la procedura fallimentare si era protratta fino al 16 febbraio 2004 allorché era stato emesso il decreto di chiusura di fallimento e, pertanto, la prescrizione era rimasta interrotta nei confronti della Trans Comm S.r.l. fino alla chiusura della procedura concorsuale; l’atto interruttivo della prescrizione relativo all’obbligata principale aveva effetto, ai sensi dell’art. 1310 c.c., anche nei confronti della U. , debitrice solidale. Il Tribunale di Benevento, con sentenza del 26 giugno 2008, accoglieva l’opposizione a precetto e compensava le spese di lite. Avverso tale decisione l’Intesa Sanpaolo S.p.A., avente causa da Sanpaolo Imi S.p.A., ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. Ha resistito con controricorso U.M. .

Motivi della decisione

1. Preliminarmente va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione sollevata dalla controricorrente, secondo cui nel caso all’esame, trattandosi di opposizione all’esecuzione, il rimedio esperibile nei confronti della sentenza impugnata sarebbe l’appello e non il ricorso per cassazione.
Al riguardo va ribadito il principio più volte affermato da questa Corte e secondo cui, ai fini dell’individuazione del regime di impugnabilità di una sentenza, occorre avere riguardo alla legge processuale in vigore alla data della sua pubblicazione; pertanto, le sentenze che abbiano deciso opposizioni all’esecuzione pubblicate prima del primo marzo 2006, restano esclusivamente appellabili; per quelle, invece, pubblicate successivamente a tale data e fino al 4 luglio 2009, non è più ammissibile l’appello, in forza dell’ultimo periodo dell’art. 616 c.p.c., introdotto dalla legge 24 febbraio 2006, n. 52, con la conseguenza dell’esclusiva ricorribilità per cassazione ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost.; le sentenze, infine, in cui il giudizio di primo grado sia ancora pendente al 4 luglio 2009, e siano quindi pubblicate successivamente a tale data, tornano ad essere appellabili, essendo stato soppresso l’ultimo periodo dell’art. 616 c.p.c., ai sensi dell’art. 49, secondo comma, della legge 18 giugno 2009, n. 69. Risultando la sentenza impugnata pubblicata in data 26 giugno 2008 il ricorso proposto é ammissibile.
2. Con il primo motivo si lamenta “violazione e/o falsa e/o mancata applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., dovute ad errore nell’applicazione ed interpretazione della lettera e della portata delle disposizioni di cui agli artt. 1310, 2943 e 2945 cod. civ., anche relazione all’art. 12 delle preleggi”.
Assume la ricorrente che la prescrizione é interrotta, ai sensi dell’art. 2943 c.c., dall’atto giudiziale con cui il creditore fa richiesta del pagamento e tale deve intendersi anche la domanda di ammissione al passivo, la quale, quindi, in caso di solidarietà passiva, ha effetto, ex art. 1310 c.c., anche riguardo agli altri debitori.
Ad avviso dell’Intesa Sanpaolo S.p.a. l’interpretazione data dal Tribunale alle predette norme violerebbe il principio secondo cui nell’interpretazione della norma occorre far anzitutto riferimento all’interpretazione letterale e si risolverebbe in una interpretazione “creativa” estranea al nostro ordinamento.
In particolare la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui afferma che “l’art. 1310 c.c., in relazione agli artt. 2934 e 2945 II comma c.c., deve essere interpretato nel senso che l’azione giudiziaria e la pendenza del relativo processo determina l’interruzione permanente della prescrizione anche nei confronti del condebitore solidale soltanto nel caso in cui lo stesso sia rimasto estraneo al giudizio, mentre tale effetto non si estende al condebitore che abbia partecipato al giudizio e il cui obbligo sia stato accertato con forza di giudicato”. Sostiene l’istituto di credito ricorrente che le conclusioni cui è pervenuto il Tribunale si pongono in contrasto con il precedente di legittimità (Cass. 2898/94), pure richiamato nella decisione impugnata, che vanno, a suo dire, probabilmente ascritte dall’equivoco in cui sarebbe incorso il Giudice a quo il quale, nel richiamare il principio di legittimità sopra riportato, avrebbe utilizzato l’avverbio “soltanto”invece di “ancorché” riportato nella detta sentenza di questa Corte prima di “siano rimasti estranei al giudizio”.
2.1. Il motivo è fondato.
Ed invero secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la presentazione dell’istanza di ammissione del credito al passivo fallimentare, equiparabile all’atto con cui si inizia un giudizio, determina l’interruzione della prescrizione del credito medesimo, con effetti permanenti fino alla chiusura della procedura concorsuale, in applicazione del principio fissato dall’art. 2945, secondo comma, c.c. (Cass. 17 aprile 1983, n. 2449; Cass. 11 settembre 1997; Cass. 20 novembre 2002, n. 16380).
È stato pure costantemente affermato che l’effetto interruttivo della prescrizione attribuito alla proposizione della domanda giudiziale opera anche nei confronti dei condebitori solidali rimasti estranei al giudizio (Cass. 25 gennaio 1978, n. 333; Cass. 11 novembre 1974, n. 3541; Cass. 28 marzo 1994, n. 2988; Cass. 15 giugno 2001, n. 8136; Cass. 21 gennaio 2011, n. 1406; si veda pure Cass. 17 aprile 1983, n. 2449, già citata, proprio in tema di presentazione dell’istanza di insinuazione del credito nel passivo fallimentare e dell’operatività dell’effetto interruttivo di tale istanza anche nei confronti del condebitore solidale del fallito, ai sensi dell’art. 1310, comma primo, c.c.).
La giurisprudenza di questa Corte peraltro ha costantemente ritenuto che l’effetto interruttivo in parola si determina “anche” e non “soltanto”, come ritenuto dal Giudice del merito, nei confronti del condebitore rimasto estraneo al giudizio.
Pur non rinvenendosi precedenti specifici sulla questione all’esame, ritiene il Collegio che, alla luce del tenore letterale dell’art. 1310 c.c. e delle ratio sottesa alla predetta norma all’esame, non vi sono ragioni per escludere che l’effetto in parola operi anche con riferimento a chi, come la controricorrente non abbia opposto, diversamente dagli altri condebitori solidali, il decreto ingiuntivo, sia pure con riferimento, per il predetto obbligato, al termine di prescrizione dell’actio iudicati.
3. Dall’accoglimento del primo motivo resta assorbito l’esame dei motivi secondo e terzo con cui si lamentano vizi di motivazione della sentenza impugnata.
4.4. Alla luce delle argomentazioni che precedono, va accolto il primo motivo del ricorso, assorbiti il secondo e il terzo; la sentenza impugnata va cassata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, al Tribunale di Benevento, in diversa persona di diverso magistrato, che si uniformerà al seguente principio di diritto: “la presentazione dell’istanza di insinuazione del credito nel passivo fallimentare, equiparabile all’atto con cui si inizia un giudizio, determina l’interruzione della prescrizione del credito medesimo con effetti permanenti fino alla chiusura della procedura concorsuale, in applicazione del principio generale fissato dall’art. 2945, comma secondo, c.c. e tale interruzione opera ai sensi dell’art. 1310, comma primo, c.c., anche nei confronti del condebitore solidale del fallito, pur se questi non abbia opposto, diversamente dagli altri condebitori solidali, il decreto ingiuntivo, sia pure con riferimento, per il predetto obbligato, al termine di prescrizione dell’actio iudicati”.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti il secondo e il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Benevento, in persona di altro magistrato.

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