Cassazione 15

Suprema Corte di Cassazione

sezione III
sentenza 16 dicembre 2015, n. 49570

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRANCO Amedeo – Presidente

Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere

Dott. ANDREAZZA Gastone – rel. Consigliere

Dott. ACETO Aldo – Consigliere

Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), n. a (OMISSIS);

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano in data 28/01/2015;

udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CANEVELLI Paolo, che ha concluso per l’inammissibilita’;

udite le conclusioni del Difensore di fiducia, Avv. (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano di conferma della sentenza del Tribunale di Milano di condanna per il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, per avere, in concorso con altri, in gran numero promotori finanziari per i quali teneva la contabilita’, consentito loro di evadere le imposte avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti fungendo

da tramite tra detti soggetti e la struttura della “(OMISSIS) s.a.” che attraverso societa’ estere curava l’emissione delle fatture in favore dei suddetti destinatari.

2. Con un primo motivo lamenta la violazione del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, posto che l’addebito contestato non contempla l’avvenuta presentazione di alcuna delle necessarie dichiarazioni annuali, riportanti le fittizie componenti passive enunciate, limitandosi genericamente a contestare l’utilizzazione delle fatture per operazioni inesistenti. Di qui, tra l’altro, la mancanza anche di accertamento del momento consumativo del reato.

3. Con un secondo motivo lamenta la violazione del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 8 e 9, posto che il fatto avrebbe dovuto essere sussunto sotto il disposto dell’articolo 8, essendo stata contestata all’imputato la condotta consistita nel fungere da tramite, ricevendo una provvigione sugli importi fatturati, tra gli utilizzatori delle fatture e la struttura della “(OMISSIS) s.a.” che curava l’emissione delle fatture stesse in favore dei suddetti destinatari; lamenta che sul punto la Corte territoriale dapprima ha ritenuto astrattamente configurabile il reato di cui all’articolo 8, successivamente ha affermato che l’imputato fosse inserito in un contesto in cui avveniva l’emissione delle fatture e infine ha concluso, in violazione dell’articolo 9, per la conferma della responsabilita’ per la violazione dell’articolo 2.

4. Con un terzo motivo lamenta la violazione dell’articolo 192 c.p.p., comma 3, e la illogicita’ della motivazione; in particolare lamenta che dalla lettura del capo d’imputazione si ricava che i correi dell’imputato sarebbero sessantanove e tuttavia la principale fonte di prova, ovvero (OMISSIS), esaminato ex articolo 210 c.p.p., ha prodotto un elenco di cinquantadue nomi, indicandoli inizialmente tutti come soggetti indirizzati dall’odierno ricorrente verso la (OMISSIS) ma dichiarando poi che alcuni di essi erano gia’ clienti della societa’ perche’ presentati da altre persone precedentemente. Di qui l’impossibilita’ di individuare con esattezza chi tra i sessantanove coimputati fosse gia’ da tempo cliente della societa’. Aggiunge che il Tribunale ha dal canto suo indicato unicamente dieci deposizioni, senza peraltro riferimenti ai periodi di imposta, a riscontro delle dichiarazioni di (OMISSIS) pur avendo puoi affermato la responsabilita’ penale per tutte e sessantanove le posizioni.

5. Con un quarto motivo lamenta la violazione dell’articolo 81 c.p.: la sentenza impugnata ha affermato di non potere supplire alla mancata applicazione di aumenti per la contestata continuazione in assenza di impugnazioni sul punto da parte della pubblica accusa, senza tuttavia considerare che la pena di anni due di reclusione inflitta doveva intendersi come pena complessiva per i tre anni di imposta contestati, in essa dunque compresi gli aumenti ai fini della continuazione stessa.

6. Con un quinto motivo lamenta la violazione dell’articolo 62 bis c.p., e articolo 157 c.p., e il vizio di motivazione per non avere la Corte d’Appello in alcun modo motivato sulla mancata declaratoria di estinzione del reato per prescrizione per i fatti relativi all’anno 2006 e, quanto alle attenuanti generiche, per essersi posta in contraddizione con le vantazioni compiute dal primo giudice in ordine al fatto che la incensuratezza, ritenuta in sede di appello come unicamente di tipo formale, potesse fondatamente far ritenere l’astensione dalla commissione di altri reati.

7. Infine, con un ultimo motivo, lamenta la mancata concessione della circostanza attenuante di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, comma 3, in allora vigente per avere ritenuto che, siccome per alcuni dei clienti dell’imputato gli importi di cui alle fatture erano superiori alla soglia prevista, la circostanza non sarebbe stata applicabile a tutti i fatti contestati e ritenuti, senza tuttavia considerare se tra tali clienti fossero da ricomprendere o meno coloro che erano gia’ clienti della societa’ (OMISSIS) e non riferibili dunque all’odierno ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

8. Il primo, pregiudiziale rispetto a tutti gli altri, motivo di ricorso e’ fondato. Va premesso che il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, consiste, come espressamente previsto dalla norma (rimasta immodificata anche a seguito del recente Decreto Legislativo n. 158 del 2015, alla data della presente pronuncia in attesa di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale) nel fatto di colui che, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi passivi fittizi.

Non puo’ esservi quindi dubbio sul fatto che tale previsione, volutamente distaccandosi rispetto alla disciplina rappresentata dalla Legge n. 516 del 1982, ha focalizzato (come reso esplicito dal testuale richiamo alla “indicazione” in dichiarazione degli elementi passivi quale momento culminante ed indefettibile della condotta illecita) il momento consumativo del reato sulla stretta condotta della presentazione della dichiarazione stessa con il conseguente abbandono del modello del reato prodromico in precedenza appunto considerato dal legislatore. In tal senso, pertanto, ed in assoluta aderenza al dettato normativo, si e’ piu’ volte pronunciata la giurisprudenza di questa Corte (tra le tante, da ultimo, Sez.3, n. 32348 del 18/06/2015, Persona, non massimata; Sez. 3, n. 52752 del 20/05/2014, Vidi e altro, Rv. 262358; Sez. 3, n. 23229 del 27/04/2012,P.M. in proc. Rigotti, Rv. 252999; Sez. 3, n. 14855 del 19/12/2011, Malago’, non massimata; Sez. 2, n. 42111 del 17/09/2010, De Seta, Rv. 248499; Sez. 1, n. 25483 del 05/03/2009, Daniotti, Rv. 244155; Sez. 3, n. 626 del 21/11/2008, Zipponi, Rv. 242343) che ha anche aggiunto come, in stretta connessione con tale modello, nell’articolo6 si sia previsto che il delitto in questione non possa essere punito a titolo di tentativo; ed e’ significativo, in proposito, che la stessa relazione ministeriale al decreto in oggetto spieghi che la ratio della norma e’ appunto quella di “evitare che il trasparente intento del legislatore delegante di bandire il modello del reato prodromico risulti concretamente vanificato dall’applicazione del generale prescritto dell’articolo 56 c.p.: si potrebbe sostenere, difatti, ad esempio, che le registrazioni in contabilita’ di fatture per operazioni inesistenti o sottofatturazioni, scoperte nel periodo d’imposta, rappresentino atti idonei diretti in modo non equivoco a porre in essere una successiva dichiarazione fraudolenta o infedele, come tali punibili ex se a titolo di delitto tentato”.

Di qui, dunque, la conseguenza, ancora un volta, da un lato, che solo con la condotta di presentazione della dichiarazione il reato puo’ considerarsi perfezionato e, dall’altro, che, a differenza di quanto, in precedenza, stabiliva la Legge n. 516 del 1982, articolo 4, lettera g), (che puniva ex se anche il semplice inserimento nella contabilita’ di fatture per operazioni inesistenti indipendentemente dall’allegazione alla dichiarazione), le condotte pregresse ad essa restano, sul piano penale, del tutto irrilevanti, non potendo essere punite neppure a titolo di tentativo.

Ma, se cosi’ e’, deve allora constatarsi, in applicazione del disposto dell’articolo 129 c.p.p., (che rende non rilevante nella presente sede la mancata deduzione a suo tempo di tale motivo con l’atto di appello), che il fatto come contestato all’imputato e’ in realta’ un fatto all’evidenza non connotato da disvalore penale, mancando in esso alcun riferimento alla necessaria ed imprescindibile indicazione in dichiarazione delle fatture emesse: nel capo d’imputazione riportato in sentenza, ed esattamente corrispondente al contenuto dell’addebito indicato nel decreto che dispone il giudizio, si e’ contestato infatti all’imputato di avere, in concorso con altre sessantanove persone, consentito a queste di evadere le imposte avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti, avendo in particolare fatto da tramite tra detti soggetti e la struttura della (OMISSIS) s.a. che, attraverso societa’ estere, curava l’emissione delle fatture “registrate nelle scritture contabili obbligatorie o tenute a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria, a fronte di una provvigione sugli importi fatturati”. Ed e’ del resto significativo che la motivazione della sentenza impugnata, in qualche modo “accontentandosi”, ai fini della utlizzazione illecita, del dato invece neutro rappresentato dalla registrazione delle fatture nelle scritture contabili, non dia conto per nulla dell’avvenuta indicazione delle stesse nelle varie dichiarazioni (vedi pagg. 14 – 15: “E’altrettanto pacifica la circostanza che le predette fatture siano state utilizzate dai soggetti indicati nel capo d’imputazione, come risulta dalle indagini della Guardia di Finanza che ha verificato, per ogni soggetto e per ogni anno d’imposta, quali e quante fatture siano state registrate nelle scritture contabili obbligatorie o tenute a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria (per il dettaglio, cfr. CNR della Guardia di Finanza 17.3.2010)”. Di qui dunque, in definitiva, la necessita’ di prendere atto della operata contestazione a (OMISSIS) di un fatto non previsto dalla legge come reato.

9. Va aggiunto che neppure potrebbe ritenersi configurabile giuridicamente, nel fatto contestato, il concorso nel reato di cui all’articolo 8, nel senso di valorizzare cioe’ la condotta di intermediazione posta in essere da (OMISSIS) nel senso di agevolazione non gia’ della condotta di utilizzazione delle fatture bensi’ della condotta di emissione delle stesse da parte della “(OMISSIS) S.A.”, una tale prospettiva apparendo non compatibile, a fronte della diversita’ del fatto, con la chiara ed inequivoca contestazione mossa a (OMISSIS) di un concorso posto in essere con i sessantanove utilizzatori delle fatture stesse; cio’ non toglie che debba essere effettuata la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica di Milano per ogni sua valutazione al riguardo.

10. In definitiva, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perche’ il fatto come contestato non e’ previsto dalla legge come reato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il fatto non e’ previsto dalla legge come reato; dispone trasmettersi gli atti al P.M. presso il Tribunale di Milano.

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