cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 1 ottobre 2015, n. 39536

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNINO Saverio F. – Presidente

Dott. GRILLO Renato – Consigliere

Dott. MULLIRI Guicla – rel. Consigliere

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere

Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS), indagato Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5;

avverso la ordinanza del Tribunale, Sezione per il Riesame, di S. Maria C.V. del 2.10.14;

Sentita la relazione del cons. Guicla Mulliri;

Sentito il P.M. nella persona del P.G. Dott. SPINACI Sante, che ha chiesto una declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.

 

RITENUTO IN FATTO

 

1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – Si procede, nei confronti del ricorrente per violazione del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5, per avere, nella sua qualita’ di amministratore di fatto della societa’ estero-vestita (OMISSIS) S.r.l., omesso di versare al fisco i tributi dovuti. La tesi dell’accusa e’ che la (OMISSIS), pur avente sede fisica in Tunisia, non potesse essere considerata soggetto distinto dalla (OMISSIS) posto che l’attivita’ produttiva svolta da quest’ultima pur prevedendo una parte finale da svolgersi in Tunisia, possedeva in realta’ tutti i mezzi per realizzare il prodotto finito. Pertanto, la formale dislocazione delle due imprese, nell’ottica accusatoria, risponderebbe solo alla finalita’ di realizzare un duplice vantaggio fiscale: in Italia ed in Tunisia.

Per tale ragione, su richiesta del P.M., il G.i.p. ha disposto il sequestro preventivo per equivalente, a fine di confisca, delle quote della soc. (OMISSIS) S.r.l., di proprieta’ dell’indagato.

La richiesta di riesame contro tale provvedimento e’ stata respinta dal Tribunale.

2. Motivi del ricorso – Avverso quest’ultima decisione, l’indagato ha proposto ricorso, tramite difensore, deducendo:

1) violazione di legge perche’ sono stati aggrediti i beni dell’indagato senza una preventiva verifica della capienza dei beni della societa’. A tal fine, si ricorda la recente decisione n. 1738/15 di questa terza sezione osservando che, nella specie, e’ stato omesso qualsivoglia approfondimento concreto per acquisire, in primis, il profitto diretto di cui la societa’ avrebbe beneficiato dall’evasione.

Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della ordinanza impugnata.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

3. Motivi della decisione – Il ricorso e’ fondato.

Come rammenta giustamente il ricorrente, proprio di recente questa Corte (sez. 3 , 16.1.15, Bartolini, n. 1738) e’ intervenuta nuovamente sulla questione della “alterita’ soggettiva” dell’ente al cui vantaggio, tramite i reati tributari, e’ stata commessa l’evasione fiscale da parte del suo amministratore.

Sulla scia della nota sentenza Gubert di queste S.U. (30.1.14, rv. 258646), e’ stato, infatti, osservato che – fermo restando che il sequestro preventivo per equivalente dei beni della societa’ e’ consentito solo nel caso in cui questa sia una societa’ fittizia, ovvero uno schermo per la persona fisica dell’amministratore – non e’ neppure possibile escludere a priori il sequestro diretto del profitto a carico della societa’ non fittizia perche’ essa e’ qualificabile ente non estraneo al reato (v. anche sez. 3 , 14.5.13, n. 33182).

La conseguenza di tale ampio ragionamento sviluppato nei precedenti citati e’ che, di certo, anche l’odierna aspettativa del ricorrente di una previa verifica della capienza dei beni societari va intesa cum grano salis non potendo essa risolversi nella pretesa che il P.M. svolga a riguardo un accertamento completo e specifico (eventualmente, ulteriore rispetto a quanto gia’ confluito nei compendio indiziario) che, per di piu’, e’ incompatibile con la fase ancora iniziale del procedimento.

Al contrario, cosi’ come e’ sommaria la cognizione circa il fumus commissi delicti ed il periculum in mora, analogamente non potra’ che essere sommaria anche la identificazione della capienza patrimoniale dell’ente che ha tratto profitto dal reato tributario.

Il concetto e’ stato ulteriormente esplicitato da questa stessa sezione (sez. in, 29.10.14, Mataiom, rv. 262770) quando ha affermato che “e’ legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto rimasto nella disponibilita’ di una persona giuridica, derivante dal reato tributario commesso dal suo legale rappresentante, non potendo considerarsi l’ente una persona estranea al detto reato; tuttavia al fine di poter disporre la confisca diretta del profitto nei confronti della persona giuridica e’ pur sempre necessario che risulti la disponibilita’, nelle casse societarie, di denaro da aggredire, non sussistendo un obbligo per la Pubblica Accusa di dover provvedere alla preventiva ricerca di liquidita’ o cespiti anche nel caso in cui risulti ex actis l’incapienza del patrimonio dell’ente”.

Trasferendo i predetti principi al caso in esame, appare piuttosto chiaro come la fondatezza del rilievo qui mosso dal ricorrente discenda dalla evidente assenza, nella motivazione del provvedimento impugnato, di qualsivoglia accenno al fatto se la societa’ (OMISSIS) – che ha percepito il vantaggio fiscale – avesse disponibilita’ alcuna si’ da giustificare l’aggressione immediata del patrimonio dell’indagato.

In tal senso, percio’, l’ordinanza in esame merita di essere annullata con rinvio al Tribunale di S. Maria C.V. per nuovo esame alla luce dei rilievi appena mossi.

 

P.Q.M.

 

Visti l’articolo 615 c.p.p. e ss..

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di S. Maria C.V..

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