Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 28 novembre 2016, n. 50338

In caso di evasione delle imposte va disposta la confisca diretta o per equivalente del profitto del reato anche nell’ipotesi di patteggiamento

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

sentenza 28 novembre 2016, n. 50338

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAMACCI Luca – Presidente

Dott. ANDREAZZA Gastone – rel. Consigliere

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere

Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Roma;

nel procedimento nei confronti di:

(OMISSIS), n. a (OMISSIS);

avverso la sentenza del Tribunale di Frosinone in data 03/12/2014;

udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale E. Delehaye, che ha concluso per l’annullamento con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Roma ha proposto ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Frosinone in data 03/12/2014 di applicazione della pena di anni uno e mesi dieci di reclusione nei confronti di (OMISSIS) per il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5, comma 1, per avere omesso di presentare, per l’anno 2010, la dichiarazione annuale con imposta evasa pari ad Euro 797.762,52.

2. Lamenta il ricorrente che la sentenza ha omesso di disporre la confisca per equivalente prevista per il reato contestato con riferimento al profitto del reato coincidente, nel caso di specie, con l’importo dell’Iva evasa, confisca la cui applicazione discende dal rinvio effettuato dalla L. n. 244 del 2007, articolo 1, comma 143, all’articolo 322 ter c.p.; chiede pertanto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente all’omissione della confisca di beni dell’imputato per un valore corrispondente al profitto del reato con i consequenziali provvedimenti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso e’ fondato.

Va premesso che l’ambito di applicazione della confisca per equivalente, inizialmente previsto per alcuni reati del codice penale, e’ stato esteso anche ai delitti tributari dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 1, comma 143, secondo cui, infatti, “nei casi di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, dichiarazione infedele, omessa dichiarazione, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, omesso versamento di ritenute certificate, omesso versamento di Iva, indebita compensazione e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all’articolo 322-ter c.p.”. Successivamente, la disposizione, abrogata dal Decreto Legislativo 24 settembre 2015, n. 158, articolo 14, e’ stata riproposta nel comma 1 dell’inedito Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12-bis – introdotto proprio dal Decreto n. 158 citato che infatti, recependo, questa volta direttamente e non a mo’ di richiamo, il contenuto dell’articolo 322 ter c.p., ha stabilito che: “Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 c.p.p., per uno dei delitti previsti dal presente decreto, e’ sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non e’ possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilita’, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto”.

Ne consegue che la misura ablativa in esame, anche nella forma per equivalente, deve essere sempre disposta ai sensi del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12 bis, con riguardo a tutti i delitti di cui al decreto medesimo, ivi compreso, quindi, quello di cui all’articolo 5 cit. oggetto della sentenza impugnata; e senza che, al riguardo, si ponga alcuna questione di diritto intertemporale ai sensi dell’articolo 2 c.p., attesa appunto l’identita’ della lettera dell’articolo 12-bis de quo con quella dell’articolo 322-ter c.p., comma 1, richiamato nell’articolo 1, comma 143 citato, e, pertanto, la piena continuita’ normativa tra le stesse previsioni (in tal senso gia’ Sez. 3, n. 35226 del 16/06/2016, dep. 22/08/2016, D’Agapito, non massimata).

4. Cio’ posto, e per venire al caso di specie, va allora ribadito che, in ragione delle norme appena richiamate, la confisca “diretta” o “per equivalente” del profitto del reato, coincidente con l’imposta evasa, nel caso di specie indicata testualmente dal capo d’imputazione in Euro 797.762,52, va sempre obbligatoriamente disposta anche con la sentenza di applicazione della pena ex articolo 444 c.p.p. (tra le altre, Sez. 3, n. 19461 del 11/03/2014, dep. 12/05/2014, P.G. in proc. Stefanelli, Rv. 260599).

Avendo dunque la sentenza impugnata omesso tout court di provvedere alla confisca, la stessa deve essere annullata limitatamente a tale omissione con rinvio al Tribunale di Frosinone per la necessaria valutazione sul punto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Frosinone limitatamente alle statuizioni sulla confisca

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