Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 24 novembre 2016, n. 49839

Il gazebo, la pensilina che lo collega all’albergo-ristorante e la tettoia impermeabile di copertura, sono abusivi se non vengono rimossi alla partenza dei turisti

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

sentenza 24 novembre 2016, n. 49839

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIALE Aldo – Presidente

Dott. GRILLO Renato – Consigliere

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere

Dott. DI STASI Antonella – rel. Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 22/09/2014 della Corte di Appello di Firenze;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa FILIPPI Paola, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso;

udito per l’imputato l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio, riportandosi ai motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 22.9.2014, la Corte di Appello di Firenze confermava la sentenza del 31.1.2013 del Tribunale di Siena, sez. dist. di Poggibonsi, con la quale (OMISSIS) era stato dichiarato responsabile del reato di cui Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera b) – perche’, nella qualita’ di legale rappresentante del ristorante (OMISSIS), realizzava in assenza di permesso di costruire e di ogni altra autorizzazione tre manufatti in San Gimignano (un gazebo in legno con base di mt 12,65 per 6,20; una pensilina di collegamento tra il gazebo e l’edificio della lunghezza di mt 10,40 e profondita’ di mt 2,74; una tettoia in legno e copertura impermeabile di mt 11,50 di lunghezza e mt 4,20 di profondita’)- ed era stato condannato alla pena di giorni dieci di arresto ed Euro 2.370,00 di ammenda, con sostituzione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria.

La Corte territoriale rilevava, quanto ai fatti, che: la realizzazione dei tre manufatti, posti a servizio della struttura alberghiera con annesso ristorante denominata “(OMISSIS)”, veniva accertata in sede di sopralluogo effettuato nel giugno 2010 dai Vigili Urbani del Comune di San Gimignano; nel marzo precedente l’imputato, quale gestore della predetta struttura, aveva presentato istanza avente ad oggetto la realizzazione di tali opere ai sensi dell’articolo 119 del Regolamento comunale (che prevedeva la possibilita’ di porre in essere strutture in legno a servizio di attivita’ di ristorazione nel limite del 20% della superficie di vendita) sulla quale la commissione edilizia integrata aveva espresso parere negativo; al momento del sopralluogo era in corso di valutazione una successiva istanza presentata dal legale rappresentante della societa’ proprietaria dell’immobile e nessuna valutazione positiva era stata espressa dal comune; a seguito della demolizione delle opere oggetto di accertamento, la societa’ proprietaria dell’immobile presentava una richiesta di permesso a costruire avente ad oggetto il solo gazebo sulla quale il Comune di San Gimignano si pronunciava favorevolmente rilasciando il permesso di costruire.

Confermava, quindi, l’affermazione di responsabilita’ del reato contestato – e la pena inflitta -, escludendo la natura precaria dell’opera e ribadendo che le opere realizzate dall’imputato nella primavera del 2010 dovevano essere autorizzate con permesso a costruire e che le disposizioni normative del testo unico dell’edilizia prevalevano sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), per il tramite del difensore di fiducia, articolando quattro motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.

Con il primo motivo deduce violazione di legge e omessa motivazione in ordine alle modifiche legislative apportate al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 3, lettera E.5) dal Decreto Legge 28 marzo 2014 conv. con mod. dalla L. 23 maggio 2014, n. 80.

Argomenta che la Corte territoriale, nel valutare che il manufatto di cui all’imputazione non potesse essere considerato come manufatto diretto a “soddisfare esigenze meramente temporanee”, come previsto al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 3, lettera E.5), non teneva conto delle modifiche apportate a tale articolo dal Decreto Legge 28 marzo 2014 conv. con mod. dalla L. 23 maggio 2014, n. 80, applicabili alla fattispecie concreta in base al disposto di cui all’articolo 2 c.p., comma 4; tale norma, oltre a mantenere il requisito che le strutture siano destinate a “soddisfare esigenze meramente temporanee” aveva aggiunto alla disposizione un ulteriore periodo prevedendo che tali manufatti dovevano essere “installati con temporaneo ancoraggio al suolo, all’interno di strutture ricettive all’aperto, in conformita’ alla normativa regionale di settore, per la sosta e il soggiorno di turisti”.

Con il secondo motivo deduce violazione di legge e omessa motivazione in ordine al rapporto tra il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 3, lettera E.5) e l’articolo 117, comma 7 del Regolamento Urbanistico del Comune di San Gimignano.

Argomenta che la Corte di Appello riteneva, in maniera errata ed illogica, che il manufatto di cui all’imputazione anche se conforme ai requisiti di cui l’articolo 117, comma 7 del Regolamento Urbanistico del Comune di San Gimignano, sarebbe comunque illegittimo perche’ realizzato in violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 3, lettera E.5), le cui disposizioni prevalgono, a norma del comma 2, sulle disposizioni regolamentari degli enti locali, sulla base della considerazione che la normativa regolamentare prevede prescrizioni ed oneri certificatori a carico del costruttore maggiormente restrittivi per l’installazione di manufatti esenti dal permesso di costruire.

Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione, per illogicita’ e mancanza della motivazione, in ordine alle caratteristiche del manufatto di cui all’imputazione.

Argomenta che la Corte territoriale, in maniera illogica, nel ritenere provata la finalita’ del manufatto come non diretta a soddisfare esigenze meramente temporanee, dava rilievo al momento in cui lo stesso veniva rimosso e motivava, in maniera apodittica, che non essendo stato il manufatto rimosso con celerita’ tale circostanza avrebbe dimostrato che lo stesso fosse destinato ad una esistenza stabile; secondo la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, invece, deve essere dato rilievo alla oggettiva temporaneita’ e contingenze delle esigenze che l’opera e’ destinata a soddisfare. I Giudici di appello, inoltre, del pari in maniera illogica, davano rilievo anche alla circostanza che, successivamente ed a seguito del rilascio di permesso a costruire, il manufatto veniva realizzato con le stesse caratteristiche del precedente.

Inoltre, la Corte territoriale non valutava la circostanza dedotta dalla difesa e, cioe’, che il ricorrente, in previsione di ospitare l’evento promosso dalla casa automobilistica Mercedes nel maggio 2010 aveva provveduto a richiedere al Comune di San Gimignano atto di assenso l’articolo 117, comma 7 del Regolamento Urbanistico del Comune, ma che su tale richiesta il Comune non si era pronunciato in tempo utile; da tale circostanza, emergente dalla sentenza di primo grado ma non considerata dal Giudice di appello, si evinceva la destinazione precaria del manufatto.

Con il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’accertamento sulla sussistenza dell’offensivita’ del manufatto.

La Corte territoriale basava la sussistenza del reato sul criterio formale della mera violazione senza considerare l’indice sostanziale di protezione degli assetti del territorio in conformita’ alla normativa urbanistica, considerando l’abuso edilizio quale reato di pericolo e non piu’ reato di danno.

Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.

In sede di discussione il difensore del ricorrente ha chiesto, in via subordinata all’accoglimento del ricorso, l’applicabilita’ della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131 bis c.p..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato.

Occorre partire dalla premessa che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 10, lettera a) individua, tra gli interventi edilizi soggetti a permesso di costruire, gli “interventi di nuova costruzione”, la cui descrizione e’ fornita dallo stesso T.U., all’articolo 3.

Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 3, lettera e5), che qui rileva, nella sua originaria formulazione, riconduceva nel novero degli interventi di nuova costruzione “l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee”.

Il Decreto Legge 21 giugno 2013, n. 69, articolo 41, comma 4 convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, al testo suddetto e’ stata aggiunta la frase “ancorche’ siano installati, con temporaneo ancoraggio al suolo, all’interno di strutture ricettive all’aperto, in conformita’ alla normativa regionale di settore, per la sosta ed il soggiorno di turisti”.

Successivamente, il Decreto Legge 28 marzo 2014, n. 47, con l’articolo 10-ter, comma 1 convertito con modificazioni dalla L. 23 maggio 2014, n. 80, la parola “ancorche'” e’ stata sostituita con le parole “e salvo che”.

Infine, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 189 del 24 luglio 2015, ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del Decreto Legge 21 giugno 2013, n. 69, del gia’ citato articolo 41, comma 4. La Corte ha infatti rilevato che la norma individua “(…) specifiche tipologie di interventi edilizi, realizzati nell’ambito delle strutture turistico-ricettive all’aperto, molto peculiari, che peraltro contraddicono i criteri generali (della trasformazione permanente del territorio e della precarieta’ strutturale e funzionale degli interventi) forniti, dallo stesso legislatore statale, ai fini dell’identificazione della necessita’ o meno del titolo abilitativo. In tal modo, la norma impugnata sottrae al legislatore regionale ogni spazio di intervento, determinando la compressione della sua competenza concorrente in materia di governo del territorio, nonche’ la lesione della competenza residuale del medesimo in materia di turismo, strettamente connessa, nel caso di specie, alla prima”.

Altre modifiche sono state apportate, poi, con la L. 28 dicembre 2015, n. 221, alla luce delle quali, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 3, comma 1, lettera e5) si riferisce, attualmente, alla “installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o siano ricompresi in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformita’ delle normative regionali di settore”.

Il quadro normativo esposto ha consolidato la figura giuridica di “costruzione” elaborata dalla giurisprudenza di questa Corte, gia’ antecedentemente all’entrata in vigore del Testo Unico edilizia. In tale concetto rientrano tutti quei manufatti che attuino una trasformazione stabile urbanistico-edilizia del territorio, con perdurante modifica dello stato dei luoghi, preordinata a soddisfare esigenze non precarie del committente sotto il profilo funzionale e della destinazione dell’immobile (ex multis Sez. 3, n. 5624 del 17/11/2011, dep. 14/02/2012, Rv. 251904; Cons. Stato, sez. 5, 20 giugno 2011, n. 3683), con la precisazione che la stabilita’ si estrinseca nell’oggettiva destinazione dell’opera a soddisfare un bisogno non temporaneo.

La nuova formulazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 3, comma 1, lettera e5), quindi, pur avendo espunto il requisito dell'”ancoraggio temporaneo al suolo” del manufatto, non ha ampliato l’ambito delle opere non rientranti nel concetto di “costruzione”, ma ha esplicitato, come avvenuto per le precedenti modifiche ed in coerenza con i principi generali fissati dalla disciplina urbanistica, gli interventi che non comportano una stabile trasformazione del territorio rilevante sotto il profilo urbanistico.

Secondo l’attuale previsione, quindi, i manufatti devono trovarsi all’interno di strutture ricettive all’aperto, tali strutture devono essere debitamente autorizzate e condotte in conformita’ alla normativa regionale di settore, la destinazione dei manufatti e’ quella della sosta ed il soggiorno di turisti.

Resta valido, pertanto, anche con riferimento agli attuali requisiti, quanto precisato da questa Corte in relazione alla disciplina vigente fino al 2016, e cioe’, che affinche’ i manufatti menzionati nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 3, comma 1, lettera e5) non siano considerati interventi di nuova costruzione e, non richiedano, pertanto, il rilascio di permesso di costruire, essi devono trovarsi all’interno di strutture ricettive all’aperto e, cioe’, quelle individuate dal Decreto Legislativo 23 maggio 2011, n. 79, articolo 13 (c.d. Codice del turismo) e, segnatamente, i villaggi turistici i campeggi, i campeggi nell’ambito delle attivita’ agrituristiche ed i parchi di vacanza, tali strutture dovranno essere debitamente autorizzate e condotte in conformita’ alla normativa regionale di settore, la destinazione dei manufatti dovra’ essere quella della sosta ed il soggiorno di turisti (Sez. 3, n. 41067 del 15/09/2015, Rv. 264840).

Con riferimento a tale ultimo requisito (destinazione alla sosta e soggiorno di turisti) deve osservarsi che questa Corte (Sez. 3, n. 41479 del 24/9/2013, Valle, Rv. 257734) ha affermato, con riferimento ai campeggi, che il riferimento alla “sosta” ed al “soggiorno”, i quali presuppongono una permanenza temporanea, porta ad escludere ogni forma di stabile residenza, cosi’ come il riferimento alla figura del “turista”, il quale e’ individuabile, secondo il significato della parola stessa, come un soggetto che viaggia e soggiorna in localita’ diverse dalla sua residenza abituale per un periodo di tempo limitato per piacere, affari o altri scopi, ricordando come tale definizione coincida sostanzialmente con quella data dalla Organizzazione Mondiale del Turismo, agenzia delle Nazioni Unite (WTO, Ottawa Conference on Travel and Tourism Statistics, 1991).

2. Il secondo motivo e’ manifestamente infondato.

Correttamente la Corte territoriale riteneva che le norme del regolamento edilizio del Comune di San Gimignano non potessero derogare alla disposizione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 3.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, le previsioni contenute nel Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380) e specificamente le definizioni contenute nell’articolo 3, comma 1, prevalgono su quelle contenute negli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi, le cui disposizioni devono essere interpretate in conformita’ di quanto stabilito dal testo unico sull’edilizia (Sez. 3, n. 8088 del 26/01/2011, dep. 02/03/2011, Rv. 249575; Sez. 3, n. 24242 del 24/03/2010, Rv. 247691).

3. il terzo motivo e’ manifestamente infondato.

E’ pacifico nella giurisprudenza di questa Corte di che, ai fini del riscontro del connotato della precarieta’ e della relativa esclusione della modifica dell’assetto del territorio, non sono rilevanti le caratteristiche costruttive, i materiali impiegati e l’agevole rimovibilita’, ma l’intrinseca destinazione materiale dell’opera ad un uso realmente precario e temporaneo (Sez. 3, n. 22054 del 25.2.2009, Frank, Rv. 243710; Sez. 3, n. 14329 del 10/01/2008, Rv. 239707; sez. 3, n. 24898 del 4.4.2003, Nagni, Rv. 225380).

Inoltre, la natura precaria di un manufatto non puo’ essere desunta dalla temporaneita’ della destinazione soggettivamente data all’opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale dell’opera ad un uso realmente precario e temporaneo per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente possibilita’ di successiva e sollecita eliminazione (Sez. 3, n. 966 del 26/11/2014, dep. 13/01/2015, Rv. 261636; sez. 3, n. 24898 del 4.4.2003, Nagni, Rv. 225380).

La motivazione offerta dalla Corte territoriale nell’escludere che il gazebo e le opere di raccordo realizzate dall’imputato assolvessero ad una funzione temporanea e’ del tutto congrua e priva di vizi logici nonche’ in linea con i principi di diritto suesposti.

4.11 quarto motivo e’ manifestamente infondato.

Costituisce ius receptum che l’interesse protetto dalla disciplina urbanistica non e’ soltanto quello di assicurare il controllo della P.A. sugli interventi di modifica del territorio, ma anche quello di garantire che cio’ si verifichi in piena aderenza all’assetto urbanistico e, quindi, esso si identifica nell’interesse all’ordinato sviluppo del territorio.

Va ricordato che le Sezioni Unite hanno affermato che il bene oggetto della tutela urbanistica e’ lo stesso territorio, bene esposto a pregiudizio da ogni condotta che produca alterazioni in danno del benessere complessivo della collettivita’ e delle sue attivita’ ed il cui parametro di legalita’ e’ dato dalla disciplina degli strumenti urbanistici e dalla normativa vigente (Sez. U, n. 11635 del 12/11/1993, Rv. 195359).

E’ stato, conseguentemente, affermato che il reato di costruzione abusiva ha natura di reato formale e di pericolo presunto, connesso con il suo inserimento in un sistema di tutela basato sulla pianificazione amministrativa dell’attivita’ urbanistica del territorio, rispetto al quale ogni abuso edilizio costituisce comunque ed obiettivamente una lesione, con conseguente sottrazione al giudice di un qualsiasi sindacato in ordine alla concreta pericolosita’ della condotta (Sez. 3, n. 33886 del 18/05/2001, Rv. 220098, con riferimento alla previgente normativa di cui alla L. n. 47 del 1985, articolo 20).

Corretta, pertanto, e’ la valutazione della Corte territoriale che ha applicati i suesposti principi di diritto.

5. Infine, va esaminata la richiesta di applicabilita’ della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131 bis c.p..

Tale richiesta, pur proponibile in questa sede, va ritenuta manifestamente infondata.

5.1. Al riguardo occorre considerare che l’articolo 131-bis c.p. e’ stato introdotto con il Decreto Legislativo 16 marzo 2015, n. 28, articolo 1, comma 2, e, quindi, in epoca successiva alla pronunzia d’appello, emessa il 22.9.2014 e relativa a fatto accertato il 21.6.2010.

Questa Corte ha ritenuto che l’istituto della non punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto, previsto dall’articolo 131-bis c.p., avendo natura sostanziale, e’ applicabile, per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore del Decreto Legislativo 16 marzo 2015, n. 28, anche ai procedimenti pendenti davanti alla Corte di cassazione e per solo questi ultimi la relativa questione, in applicazione dell’articolo 2 c.p., comma 4, e articolo 129 c.p.p., e’ deducibile e rilevabile d’ufficio ex articolo 609, comma secondo, cod. proc. pen. anche nel caso di ricorso inammissibile (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266593; Sez. 3, n. 24358 del 14/05/2015, Ferretti, Rv. 264109; Sez. 4, n. 22381 del 17/04/2015, Mauri, Rv. 263496; Sez. 3, n. 15449 del 08/04/2015, Mazzarotto, Rv. 263308).

Inoltre, quando la sentenza impugnata sia anteriore alla novella, l’applicazione dell’istituto nel giudizio di legittimita’ va ritenuta o esclusa senza che si debba rinviare il processo nella sede di merito. Ove esistano le condizioni di legge, l’epilogo decisorio e’ costituito, alla luce di quanto si e’ prima esposto ed alla stregua dell’articolo 620, comma 1, lettera I), e articolo 129 c.p.p., da pronunzia di annullamento senza rinvio perche’ l’imputato non e’ punibile a causa della particolare tenuita’ del fatto (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266593, cit. in parte motiva).

5.2. Questa Corte ha, inoltre, affermato che il reato permanente, nel cui novero rientrano le contravvenzioni relative agli abusi edilizi, non essendo riconducibile nell’alveo del comportamento abituale ostativo al riconoscimento del beneficio ex articolo 131-bis c.p., puo’ essere oggetto di valutazione con riferimento all’indice-criterio della particolare tenuita’ dell’offesa (Sez. 3, n. 47039 del 08/10/2015, dep. 27/11/2015, Rv. 265448; Sez. 3, n. 50215 del 08/10/2015, dep. 22/12/2015, Rv. 265434).

4.3. Si e’, ulteriormente precisato che la consistenza dell’intervento abusivo (tipologia di intervento, dimensioni e caratteristiche costruttive) costituisce solo uno dei parametri di valutazione, assumendo rilievo, riguardo agli aspetti urbanistici, anche altri elementi, quali, ad esempio, la destinazione dell’immobile, l’incidenza sul carico urbanistico, l’eventuale contrasto con gli strumenti urbanistici e l’impossibilita’ di sanatoria, il mancato rispetto di vincoli (idrogeologici, paesaggistici, ambientali, etc.), l’eventuale collegamento dell’opera abusiva con interventi preesistenti, il rispetto o meno di provvedimenti autoritativi emessi dall’amministrazione competente, la totale assenza di titolo abilitativo o il grado di difformita’ dallo stesso, le modalita’ di esecuzione dell’intervento, la contestuale violazione di piu’ disposizioni quale conseguenza dell’intervento abusivo, come nel caso in cui siano violate, mediante la realizzazione dell’opera, anche altre disposizioni finalizzate alla tutela di interessi diversi, quali le norme in materia di costruzioni in zone sismiche, di opere in cemento armato, di tutela del paesaggio e dell’ambiente, a quelle relative alla fruizione delle aree demaniali (Sez. 3, n. 47039 del 08/10/2015, Rv. 265450; Sez. 3, n. 47039 del 08/10/2015, dep. 27/11/2015, Rv. 265448, cit.).

5.4. Nella specie, alla luce di quanto emerso nel del giudizio di merito ed evincibile dallo stesso testo della sentenza impugnata, emergono plurimi dati chiaramente indicativi di un apprezzamento sulla gravita’ dei fatti addebitati all’odierno ricorrente che consentono di ritenere non configurabili i presupposti per l’applicazione dell’articolo 131-bis c.p..

I Giudici di merito, infatti, hanno, rimarcato in senso negativo sia le modalita’ della condotta, con riferimento alle notevoli dimensioni dell’intervento abusivo realizzato, sia l’entita’ del danno con riferimento alla incidenza dell’opera abusiva sul carico urbanistico.

Tali elementi risultano, pertanto, ostativi alla configurabilita’ della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131 bis c.p..

6. Alla manifesta infondatezza dei motivi proposti consegue la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.

7. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’articolo 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura ritenuta equa indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende

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