Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza 24 novembre 2016, n. 50060

Condannato per associazione a delinquere il medico che in uno studio di cui ha la disponibilità riceveva, su indicazione dei coimputati, delle donne nigeriane che volevano interrompere la gravidanza

Suprema Corte di Cassazione

sezione V penale

sentenza 24 novembre 2016, n. 50060

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo – Presidente

Dott. CATENA Rossella – rel. Consigliere

Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere

Dott. LIGNOLA Ferdinando – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato ad (OMISSIS);

avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma emessa in data 25/11/2014;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Rossella Catena;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Fimiani Pasquale, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;

udito per il ricorrente il difensore di fiducia, Avv.to (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.Con sentenza del impugnata la Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma in data 27/09/2010, con cui il (OMISSIS) era stato ritenuto colpevole e condannato a pena di giustizia in relazione ai delitti di cui: A) all’articolo 416 c.p., commi 1, 2 e 3, in (OMISSIS), con condotta perdurante; B) articolo 81 c.p., comma 2, L. n. 194 del 1978, articoli 1 e 3, in (OMISSIS), in relazione a singoli episodi indicati sub b2, b5, b12, b14, b22, b23, b25, b26, ritenuto il tentativo, commessi in epoca compresa tra il (OMISSIS), assolveva il (OMISSIS) dal delitto sub B), con esclusione dell’episodio sub b26, con rideterminazione della pena e conferma nel resto.

2. Con ricorso depositato il 02/02/2015 il (OMISSIS), a mezzo del difensore di fiducia Avv.to (OMISSIS), ricorre per:

2.1. violazione di legge, ex articolo 606 c.p.p., lettera b), in relazione agli articoli 3, 24, 27 e 111 Cost., articolo 416 c.p., in quanto la motivazione per relationem della sentenza impugnata non consentirebbe di individuare alcuna argomentazione in ordine all’elemento soggettivo del reato associativo, che apparirebbe del tutto presunto, in contrasto con i principi del giusto processo e con la necessita’ di dimostrare la sussistenza dell’affectio societatis e l’esistenza di un programma criminoso in funzione del quale prestare un contributo volontario, con la consapevolezza di fare parte del sodalizio criminale e di partecipare volontariamente al programma dello stesso, soprattutto in considerazione dell’assoluzione del ricorrente da tutti i reati-fine tranne uno, essendo, quindi, venuto meno lo stesso programma criminoso; ci si duole, inoltre, dell’interpretazione in termini di illiceita’ dell’attivita’ professionale posta in essere dal ricorrente, senza considerare la possibilita’ di nutrire un ragionevole dubbio sull’elemento oggettivo e su quello soggettivo del reato associativo, oltre che sul residuo reato-fine contestato sub b26;

2.2. violazione di legge e vizio di motivazione, ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), anche sotto il profilo del travisamento della prova, in quanto l’affermazione di penale responsabilita’ del ricorrente in relazione al reato sub b26 si sarebbe basata sulla relazione del perito, di cui non era nota la posizione di obiettore di coscienza, circostanza che, se nota, avrebbe indotto a chiederne la sostituzione; la sentenza, al contrario, non avrebbe motivato affatto in ordine alla dedotta nullita’ della perizia ed alla richiesta rinnovazione della stessa, avendo, inoltre, del tutto omesso di considerare l’irrilevanza – in relazione alla fattispecie sub b26 – della presenza di una siringa con un ago di mm 5, del tutto inidonea a raggiungere il collo dell’utero e, quindi, a realizzare il reato, con conseguente ricorrenza, nel caso di specie, di un reato impossibile; la sentenza impugnata avrebbe, poi, omesso di motivare anche il perche’ la condotta neutra, descritta a pag. 7 della motivazione, sia stata ritenuta rilevante, considerata anche l’intervenuta assoluzione da tutti gli altri reati-fine; si ribadisce, inoltre, la mancanza di terzieta’ del perito e si sottolinea l’omessa considerazione delle note tecniche introdotte in appello e basate sulle valutazioni dei consulenti della difesa;

2.3. violazione di legge e vizio di motivazione, ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), in relazione all’articolo 438 c.p.p., articoli 132 e 133 c.p., in relazione all’erroneo calcolo di pena effettuato dalla Corte territoriale a seguito della rideterminazione della pena scaturente dalla pronuncia assolutoria, in quanto il primo giudice aveva, evidentemente, calcolato in mesi uno giorni dieci di reclusione l’aumento per ciascun reato-fine, per cui dalla pronuncia assolutoria inerente tutti i reati-fine tranne uno, sarebbe dovuta discendere una diversa determinazione della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ parzialmente fondato, limitatamente al motivo concernente la rideterminazione della pena, dovendo essere rigettato nel resto.

1.Quanto alla motivazione sul delitto associativo, le argomentazioni della sentenza impugnata appaiono coerenti e logiche, oltre che diffuse ed ampiamente illustrative delle prove; in particolare, alla pag. 5 della sentenza, si rileva che il (OMISSIS) si metteva a disposizione per le prestazioni mediche necessarie, eseguite nell’ambulatorio di cui lo stesso aveva la disponibilita’, evidenziandosi le telefonate tra il ricorrente ed i coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS), ripetute nel corso del tempo, a dimostrazione della stabilita’ dell’accordo tra i predetti, della sua perduranza e delle sue modalita’ operative, dirette verso donne sempre diverse e tutte connazionali dei coimputati di nazionalita’ nigeriana, a dimostrazione della specificita’ dell’area di provenienza dell’utenza, con cui la (OMISSIS) e l’ (OMISSIS) avevano un canale privilegiato di contatti; inoltre la disponibilita’ costante di uno studio medico liberamente utilizzabile dal ricorrente conferisce all’accordo – secondo la valutazione della Corte territoriale – carattere strutturale, in quanto esso si’ colloca come bene strumentale indispensabile al conseguimento del patto associativo; a pag. 6 della sentenza, quindi, si indicano i contatti telefonici tra il (OMISSIS) ed i coimputati per gestire gli appuntamenti, con specificazione del contenuto di plurime telefonate, indicando che l’ampiezza della scala territoriale in cui l’associazione era operativa, come dimostrato dalle telefonate intercettate, costituisce ulteriore elemento della solidita’ del patto associativo; si evidenziano anche i servizi di osservazione svolti dalla RG., specificamente indicati in motivazione, che avevano dimostrato come le donne africane, raggiunte in diversi punti di (OMISSIS) dai coimputati, venissero poi accompagnate presso lo studio del (OMISSIS).

A fronte di detta motivazione il primo motivo appare generico, non avendo neanche considerato le specifiche argomentazioni della Corte che, pertanto, risultano prive di una puntuale critica. Valga, in particolare, l’argomentazione che sembra essere del tutto sfuggita alla difesa – con cui la sentenza impugnata ha rilevato come non si spiegherebbe la ragione per la quale il ricorrente avesse svolto la propria attivita’ solo nei confronti delle donne che venivano indicate dai coimputati, e non gia’ verso un’utenza indifferenziata, individuata attraverso altri canali; cio’ – secondo la Corte di merito – da’ specificamente conto della sussistenza dell’elemento psicologico del delitto associativo.

Ne deriva, pertanto, che l’apparato motivazionale della sentenza impugnata risulti fondato su di un svolgimento logico immune da censure in questa sede rilevabili.

2. Quanto al reato sub b26, ritenuto nella forma tentata, la Corte territoriale ha rilevato come l’irruzione della P.G. all’interno dello studio medico del ricorrente avesse fatto si’ che in questo solo caso fosse stato ottenuto un riscontro oggettivo in grado di dimostrare se, in concreto, la condotta dell’imputato avesse superato la soglia degli atti preparatori ed avesse acquisito i caratteri di univocita’ ed idoneita’ richiesti dall’articolo 56 c.p..

Dalla descrizione dell’episodio fornita a pag. 7 della sentenza impugnata, il cui significato risulta chiarito anche dalla successiva telefonata del (OMISSIS) tra la coimputata e la madre, si evince in maniera inequivocabile come si trattasse di un’attivita’ prodromica all’interruzione di gravidanza, mentre per le altre ipotesi la Corte territoriale ha ritenuto che l’assenza di elementi probatori univoci non avesse consentito di ritenere quale grado di sviluppo avesse raggiunto la condotta; da qui l’assoluzione per le altre imputazioni concernenti i reati-fine.

Tanto premesso, va detto che nessun riferimento e’ stato operato, nella motivazione della sentenza impugnata, alla documentazione rappresentata dalla perizia citata dalla difesa, trattandosi, piu’ probabilmente, di una consulenza svolta dal pubblico ministero ed utilizzata in sede di rito abbreviato; inoltre la difesa nel motivo di ricorso non offre alcuna argomentazione critica al contenuto della conversazione telefonica citata, utilizzata come ulteriore elemento dimostrativo dell’attivita’ in corso nello studio medico del ricorrente al momento dell’intervento della RG.; asserzione indimostrata, infine, risulta quella concernente la circostanza che il consulente tecnico del pubblico ministero o il perito fosse un obiettore di coscienza, anche volendo prescindere dalla irrilevanza delle conclusioni da questi raggiunte ai fini dell’economia argomentativa della motivazione.

A cio’ va aggiunta la considerazione che il ricorrente aveva liberamente optato per la definizione della sua posizione processuale con il rito abbreviato, per cui egli non puo’ dolersi della utilizzazione, da parte dei giudici di merito, dell’intero complesso di elementi raccolti nel corso delle indagini preliminari, restando, infine, del tutto generica la doglianza secondo cui non sarebbero state valutate le conclusioni dei consulenti tecnici di parte, che non vengono ne’ individuate contenutisticamente ne’ allegate al ricorso, con conseguente genericita’ e mancanza di autosufficienza del motivo.

3. Quanto alla doglianza relativa all’erroneo calcolo della pena, la stessa appare fondata, in quanto la sentenza di primo grado aveva individuato la pena base per il piu’ grave delitto associativo in anni quattro di reclusione, riducendola ad anni tre di reclusione per la concessione delle circostanze ex articolo 62 bis c.p., quindi aumentata ad anni quattro di reclusione ai sensi dell’articolo 81 c.p., comma 2, infine ridotta ad anni due mesi otto di reclusione per effetto del rito prescelto ex articolo 438 c.p.p..

Appare quindi evidente come per ciascuno dei nove episodi di tentativo di aborto fosse stato calcolato – in assenza di diversa specificazione – un identico aumento di pena, pari a mesi uno giorni dieci di reclusione; ne consegue che per l’unico episodio relativamente al quale la Corte territoriale ha ritenuto di confermare la sentenza impugnata, quello sub b26, l’aumento di pena deve essere pari a mesi uno giorni dieci di reclusione.

Incongrua ed erroneamente calcolata risulta, pertanto, la pena finale per il (OMISSIS), individuata dalla Corte territoriale, all’esito delle assoluzioni da tutti i reati-fine tranne che dall’episodio sub 26, in anni due mesi due di reclusione.

Ne consegue che, ai sensi dell’articolo 620 c.p.p., lettera l), la sentenza impugnata va sul punto annullata senza rinvio, dovendo essere la pena calcolata, sulla base della piu’ grave fattispecie associativa – come ritenuto dai giudici di merito – in anni quattro di reclusione, ridotta per la concessione delle circostanze attenuanti generiche ad anni tre di reclusione, aumentata, per effetto della continuazione con la fattispecie sub b26, nella misura di mesi uno giorni dieci di reclusione, infine ridotta per il rito prescelto alla pena finale di anni due giorni ventitre’ di reclusione.

Nel resto il ricorso del (OMISSIS) va rigettato.

In caso di diffusione del presente provvedimento andranno omesse le generalita’ e gi altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 198 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla quantificazione della pena che determina in anni due e giorni ventitre’ di reclusione; rigetta nel resto il ricorso.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gi altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 198 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge

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