Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 24 luglio 2017, n. 36616

La particolare tenuità del fatto non può essere negata allo spacciatore, anche se è stato denunciato varie volte per reati legati agli stupefacenti, se non viene valutato dal giudice l’esito delle denunce

Sentenza 24 luglio 2017, n. 36616
Data udienza 22 febbraio 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAVALLO Aldo – Presidente

Dott. CERRONI Claudio – rel. Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato in (OMISSIS);

avverso la sentenza del 11/06/2015 della Corte di Appello di Torino;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Claudio Cerroni;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FIMIANI Pasquale, che ha concluso nel senso dell’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza dell’11 giugno 2015 la Corte di Appello di Torino ha confermato l’impugnata sentenza del 3 giugno 2014 del Tribunale di Torino, con la quale (OMISSIS) era stato condannato alla pena di mesi due di reclusione ed Euro 600,00 di multa per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5, concesse le attenuanti generiche oltre alla riduzione del rito.

2. Avverso la predetta decisione l’imputato, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione con un motivo di impugnazione.

2.1. Col motivo di censura il ricorrente ha lamentato la mancata applicazione della previsione di cui all’articolo 131-bis c.p., laddove la Corte territoriale aveva disatteso la richiesta in proposito formulata assumendo l’esistenza di plurime denunce per reati inerenti agli stupefacenti. Il vizio era evidente, dal momento che la mera denuncia non poteva equivalere ad avere commesso il reato.

3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilita’ del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso e’ fondato e va accolto.

Al riguardo, infatti, la Corte di Appello ha disatteso la richiesta di applicazione dell’istituto della particolare tenuita’ del fatto assumendo che a carico del richiedente vi erano plurime denunce, sotto diverse generalita’ ed in forza dei precedenti dattiloscopici, per reati inerenti agli stupefacenti, e cio’ dal mese di settembre 2006 al mese di luglio 2007.

Cio’ posto, l’invocata norma di cui all’articolo 131-bis c.p., stabilisce che la punibilita’ e’ esclusa quando, per le modalita’ della condotta e per l’esiguita’ del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, comma 1, l’offesa e’ di particolare tenuita’ e il comportamento risulta non abituale. In particolare, l’offesa non puo’ essere ritenuta di particolare tenuita’ quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudelta’, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’eta’ della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona. Mentre il comportamento e’ abituale nel caso in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso piu’ reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuita’, nonche’ nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.

All’evidenza non si rientra quindi, in primo luogo, nelle ipotesi di esclusione obbligatoria della valutazione di particolare tenuita’.

In ordine agli ulteriori requisiti, la Corte territoriale ha ritenuto ostativa la presenza di plurime, risalenti, denunce a carico dell’odierno ricorrente per reati concernenti gli stupefacenti, anche sotto diverse generalita’.

Ai fini del presente giudizio, peraltro, ed in relazione alle censure di cui al ricorso, va invero osservato che e’ stata ravvisata l’abitualita’, ostativa all’applicazione dell’istituto, quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame (il giudice puo’ fare riferimento non solo alle condanne irrevocabili ed agli illeciti sottoposti alla sua cognizione – nel caso in cui il procedimento riguardi distinti reati della stessa indole, anche se tenui – ma anche ai reati in precedenza ritenuti non punibili ex articolo 131-bis c.p.), (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591).

In particolare, e’ stato cosi’ annotato che “la norma intende escludere dall’ambito della particolare tenuita’ del fatto comportamenti “seriali”…Parimenti non oscuro e’ il riferimento alla commissione di “piu’ reati della stessa indole”. In primo luogo, non si parla di condanne ma di reati. Inoltre, il tenore letterale lascia intendere che l’abitualita’ si concretizza in presenza di una pluralita’ di illeciti della stessa indole (dunque almeno due) diversi da quello oggetto del procedimento nel quale si pone la questione dell’applicabilita’ dell’articolo 131-bis. In breve, il terzo illecito della medesima indole da’ legalmente luogo alla serialita’ che osta all’applicazione dell’istituto…L’alterita’ al plurale dei reati diversi da quello oggetto del processo non lascia dubbio che la serialita’ ostativa si realizza quando l’autore faccia seguire a due reati della stessa indole un’ulteriore, analoga condotta illecita. I reati possono ben essere successivi a quello in esame, perche’ si verte in un ambito diverso da quello della disciplina legale della recidiva; ed e’ in questione un distinto apprezzamento in ordine, appunto, alla serialita’ dei comportamenti. La pluralita’ dei reati puo’ concretarsi non solo in presenza di condanne irrevocabili, ma anche nel caso in cui gli illeciti si trovino al cospetto del giudice che, dunque, e’ in grado di valutarne l’esistenza; come ad esempio nel caso in cui il procedimento riguardi distinti reati della stessa indole, anche se tenui” (cosi’ complessivamente, in motivazione, Sez. U n. 13681 cit.).

In specie, la Corte territoriale si e’ invece limitata alla verifica circa l’esistenza di mere “denunce” ormai risalenti, in ordine al cui destino nulla e’ stato aggiunto o chiarito. Neppure e’ stato allegato se sia stato dato corso ad un procedimento penale, ed ancor meno se vi sia stato un accertamento giudiziale in proposito (tanto piu’ che, dato il tempo ormai trascorso, le vicende avrebbero dovuto trovato la loro definizione). Certamente non puo’ ravvisarsi, allo stato, la sicura esistenza di clausole ostative, tenuto conto dell’opzione esegetica adottata dalla Corte territoriale.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, da un lato alla Corte e’ riservata solamente una valutazione circa l’astratta non incompatibilita’ dell’istituto rispetto alla fattispecie concreta, dall’altro la Corte di Appello appare avere formulato, per quanto osservato, un giudizio non congruo in relazione ai requisiti di legge.

5. La sentenza impugnata va quindi annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Torino, ai fini di un nuovo esame in ordine alla richiesta di applicazione della speciale causa di non punibilita’.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicabilita’ della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131-bis c.p. e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Torino.

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