Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 22 giugno 2016, n. 25845

In caso di confisca per illeciti fiscali è un fatto nuovo il rinvio a giudizio con il quale è stata precisata l’imputazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

sentenza 22 giugno 2016, n. 25845

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMORESANO Silvio – Presidente
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere
Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere
Dott. GAI Emanuela – rel. Consigliere
Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 04/09/2015 del Tribunale di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Emanuela Gai;
letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore Generale Dott. Marilia Di Nardo che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 04/09/2015 (dep. 15/09/2015), il Tribunale del riesame di Napoli rigettava il ricorso proposto da (OMISSIS) e, per l’effetto, confermava il decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, disposto dal Giudice dell’Udienza preliminare del locale Tribunale, in data 3 luglio 2015, con il quale, ritenuto il carattere transazionale dell’associazione a delinquere (capo 1) finalizzata alla commissione di un numero indeterminato di reati di truffa aggravata ai danni della Siae, e illeciti fiscali diretti ad evadere l’imposizione fiscale diretta e indiretta (capo 3), aveva disposto, ai sensi della L. n. 146 del 2006, articolo 11, il sequestro dei beni, anche nei confronti dell’ (OMISSIS), nei cui confronti era stato emesso il decreto che dispone il giudizio, fino all’importo di Euro 96.327.534,80.
2. Propone ricorso per cassazione l’indagato, a mezzo del proprio difensore, deducendo, due motivi.
Con il primo motivo deduce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) in relazione alla violazione del giudicato cautelare e mancanza di motivazione e/o illogicita’ e contraddittorita’ della stessa sulla censura relativa alla violazione del suddetto principio. Premette il difensore che il Tribunale del riesame aveva, in data 20 maggio 2014, annullato il decreto di sequestro preventivo, emesso dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Napoli in data 17 aprile 2014, ai sensi dell’articolo 322 ter c.p.p. e L. n. 244 del 2007, articolo 1, comma 142, in relazione ai reati tributari contestati – tra gli altri anche all’ (OMISSIS), ritenendo il fumus commissi delicti, ma non corretta la quantificazione del profitto del reato, per aver ricompreso nello stesso anche l’evasione dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive. Il provvedimento di annullamento non veniva impugnato dal P.M. che, successivamente, chiedeva al G.I.P. il sequestro preventivo, ai sensi della L. n. 146 del 2006, articolo 11, funzionale alla confisca per equivalente dei beni dei soggetti imputati del reato di cui all’articolo 416 c.p. in quanto connotato del carattere della transnazionalita’ del sodalizio finalizzato alla commissione di truffe e reati fiscali, sino alla somma di Euro 96.327.534,80. Il G.I.P., con provvedimento in data 10 luglio 2015, accoglieva la richiesta del P.M. e disponeva il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, ex articolo 322 ter c.p.p. e L. n. 146 del 2006, articolo 11, sino alla somma di Euro 96.327.534,80, provvedimento di sequestro confermato dal Tribunale del riesame con la decisione impugnata.
Cio’ premesso, il ricorrente censura la decisione nella parte in cui il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto la sussistenza di elementi nuovi (il calcolo del profitto del reato e la contestazione del reato associativo a carattere transnazionale) laddove, per contro, tali non sarebbero, posto che il reato associativo a carattere transnazionale era gia’ contestato nel procedimento di cui ci si occupa e il mero ricalcolo del profitto non potrebbe essere considerato quale elemento nuovo, sicche’ il Tribunale avrebbe, con il provvedimento impugnato, violato il principio del giudicato cautelare e il ne bis in idem.
Con il secondo motivo deduce l’insufficienza, contraddittorieta’ della motivazione in relazione alla corretta quantificazione del profitto, determinazione che influisce sul sequestro dei beni, poiche’ il valore dei beni non puo’ mai superare l’ammontare del profitto e non puo’ prescindere dalla quantificazione del valore dei beni di volta in volta sequestrati, cosi’ da controllare che l’ammontare dei beni sequestrati non superi l’ammontare di quanto sottoposto a sequestro. Infine il provvedimento viene, altresi’, censurato in relazione alla mancata sottrazione dall’ammontare del profitto il valore dei beni sequestrati alla societa’ (OMISSIS) spa, indagata dell’illecito amministrativo da reato di cui all’articolo 416 c.p..
3. Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso e’ infondato.
5. Preliminarmente questa Corte osserva che, in tema di ricorso per cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’articolo 325 c.p.p. consente il sindacato di legittimita’ soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge. Nella nozione di “violazione di legge” rientrano, in particolare, gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, rientrano anche i vizi della motivazione cosi’ radicali da rendere l’apparato argomentativo a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale apparente e, pertanto, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal Giudice (Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv. 254893; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Bosi, Rv. 245093). Non puo’, invece, essere dedotta l’illogicita’ manifesta della motivazione, la quale puo’ denunciarsi nel giudizio di legittimita’ soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di cui all’articolo 606, lettera e) stesso codice (v., per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710; Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino S., Rv. 224611).
6. Tenuto conto dell’ambito cognitivo, e’ infondata la dedotta violazione del ne bis in idem in considerazione dell’inosservato giudicato cautelare.
Va, in generale, ricordato che l’esigenza di certezza anche della decisione cautelare ha condotto ad elaborare, da parte della giurisprudenza, il concetto di “giudicato cautelare”, trasferendo in ambito cautelare alcune delle caratteristiche proprie del giudicato che si forma sulle sentenze.
Per garantire la stabilita’ del provvedimenti cautelari ed evitare la riproposizione di istanze aventi ad oggetto una stessa misura cautelare e fondate sugli stessi presupposti gia’ vagliati dal giudice dell’impugnazione e respinte, la giurisprudenza, ha stabilito che, una volta esperiti tutti i mezzi di impugnazione, nei confronti dei provvedimenti cautelari si formi una preclusione endoprocessuale (o giudicato cautelare). Il principio affermato con riguardo alle misure cautelari personali e’ stato esteso anche alle misure cautelari reali.
In particolare, secondo una pacifica giurisprudenza della Corte di cassazione (Sez. n. 49188 del 09/09/2015, Masone, Rv. 265555; Sez. 6, n. 34565 del 22/05/2014, Eleuteri, Rv. 259902; Sez. 3, n. 42975 del 16/10/2007, dep. 21/11/2007, Rv. 238101; Sez. 3, n. 4515 del 19/12/1997, dep. 13/02/1998, Rv. 210364), il presupposto del giudicato cautelare in materia di misure reali deve individuarsi nell’assoluta coincidenza oggettiva e soggettiva tra piu’ provvedimenti inoppugnabili, o non piu’ impugnabili. Peraltro, nell’ambito del giudicato cautelare la preclusione opera allo stato degli atti, nel senso che dipende dal permanere della situazione di fatto presente al momento della decisione. In altre parole la preclusione endoprocessuale e’ finalizzata ad evitare ulteriori interventi giudiziari, in assenza di una modifica della situazione di riferimento, rendendo inammissibili istanze fondate su motivi che hanno gia’ formato oggetto di apposita valutazione.
Cio’ posto, correttamente il Tribunale ha ritenuto l’assenza della coincidenza oggettiva in ragione della diversa determinazione del profitto quantificato in Euro 96.327.534,80, nel rispetto dell’ordinanza di annullamento del precedente sequestro, e del diverso presupposto di applicazione della misura cautelare in ragione del fatto nuovo consistito nella contestazione del carattere transazionale dell’associazione contenuta nell’imputazione di cui al decreto che dispone il giudizio intervenuto in data 10 luglio 2015.
Il Collegio ritiene di dover fare applicazione, condividendolo, del principio di diritto secondo il quale “In tema di sequestro preventivo, costituisce fatto nuovo, idoneo a superare la preclusione endoprocessuale del giudicato cautelare formatosi sulla configurabilita’ astratta del reato, il rinvio a giudizio con il quale sia stata precisata, ai sensi dell’articolo 429 c.p.p., lettera c), l’imputazione.” (Cass., Sez. 6, n. 10662 del 04/02/2009, Iervolino, Rv. 243472).
Orbene, nel caso di specie e’ pacifico che il rinvio a giudizio, intervenuto il 10 luglio 2015, costituisce “fatto nuovo”, proprio nel senso della su detta massima, ed e’ altrettanto pacifico che, con la contestazione dell’aggravante della “transnazionalita’”, di cui al L. n. 146 del 2006, articoli 3, 4, ex articolo 11, stessa legge e’, astrattamente, consentita la confisca anche per il, solo, reato associativo che e’ contestato all’ (OMISSIS). Dunque, dal carattere transnazionale dell’associazione a delinquere, reato idoneo a generare un profitto, che e’ sequestrabile ai fini della successiva confisca per equivalente in via del tutto autonoma rispetto a quello prodotto dai reati fine, discende l’autonoma confiscabilita’ del profitto dell’associazione che corrisponde alla somma dei profitti dei reati satelliti. Tale profitto e’ oggetto di confisca per equivalente ai sensi della L. n. 146 del 2006, articolo 11 e, dunque, puo’ essere oggetto di sequestro preventivo. Correttamente il Tribunale, sulla base dei principi qui richiamati ha disposto la misura cautelare ritenendo che il ricalcolo del profitto e il diverso presupposto giuridico non violassero il giudicato cautelare. Parimenti risulta correttamente ravvisato, per le ragioni qui esposte, il fumus commissi delicti e il periculum in mora neppure contestati dall’ (OMISSIS).
7. Con il secondo motivo il ricorrente censura l’ordinanza del Tribunale sotto il profilo della motivazione, motivo che, ai sensi dell’articolo 325 c.p.p., non e’ consentito dalla legge (par. 5). Non prospettandosi alcuna carenza motivazionale il motivo e’ inammissibile.
8. Infine deve rilevarsi che e’ ammissibile la concorrenza, in questa fase, del sequestro preventivo sui beni della societa’ (OMISSIS) spa, per effetto dell’illecito amministrativo, e di quello sui beni degli autori del reato commesso a vantaggio dell’ente, avendo natura diversa, con l’unico limite che il vincolo cautelare non puo’ eccedere il valore complessivo del suddetto profitto. Come evidenziato dalla Corte, nel caso di concorso di piu’ persone in uno dei reati compresi nella previsione dell’articolo 322-ter cod. pen. e del contemporaneo coinvolgimento di enti non persone fisiche, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente del profitto del reato puo’ incidere contemporaneamente ed indifferentemente sui beni dell’ente, che dal medesimo reato ha tratto vantaggio, e su quelli della persona fisica che lo ha commesso, con l’unico limite per cui il vincolo cautelare non puo’ eccedere il valore complessivo del suddetto profitto (Sez. 2, n. 45520 del 27/10/2015 Terlizzi, Rv. 265533). Ne consegue che e’ ammissibile la concorrenza dei due vincoli cautelari e, non essendo stato altrimenti provato dalla parte ricorrente che a (OMISSIS) spa siano stati sequestrati beni per un importo tale per cui quello operato all’ (OMISSIS) sarebbe superiore al profitto sequestrabile, nessuna violazione di legge risulta essere stata compiuta o comunque ravvisabile nella decisione impugnata.
9. Il ricorso va, dunque, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *