In materia condominiale, le norme relative ai rapporti di vicinato, tra cui quella dell’art.889 cod. civ., trovano applicazione rispetto alle singole unità immobiliari soltanto in quanto compatibili con la concreta struttura dell’edificio e con la particolare natura dei diritti e delle facoltà dei singoli proprietari; pertanto, qualora esse siano invocate in un giudizio tra condomini, il giudice di merito è tenuto ad accertare se la loro rigorosa osservanza non sia nel caso irragionevole, considerando che la coesistenza di più appartamenti in un unico edificio implica di per sé il contemperamento dei vari interessi al fine dell’ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali. Ma la deroga al rispetto delle distanze postula l’impossibilità di posizionare, nel caso di specie, altrimenti le tubazioni – attesa la (necessaria) contiguità della unità immobiliari comprese nell’edificio condominiale. Tale presupposto è stato correttamente escluso nella specie in cui, come si è detto, la installazione delle tubazioni a distanza illegale non era dovuta a una situazione strutturale obiettiva dell’edificio ovvero a necessità che rendevano irragionevole il rispetto del distanze ma alla esigenza soggettiva del condomino di rendere commerciabile sul mercato l’immobile. L’art. 1122 cod. civ., nel testo ratione temporis applicabile, disciplina l’ipotesi in cui il condomino, realizzi opere e innovazioni nella proprietà esclusiva, consentendogli l’esercizio dei poteri dominicali sempreché non arrechi pregiudizio alle parti comuni (e comunque nel rispetto dell’altrui proprietà esclusiva del vicino). Il condomino ha il diritto di godere e disporre dell’appartamento, apportandosi modifiche o trasformazioni che ne possano migliorare la utilizzazione, peraltro con il limite di non ledere i diritti degli altri condomini
Suprema Corte di Cassazione
sezione II civile
sentenza 7 giugno 2016, n. 12633
Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di Verona accoglieva la domanda con la quale F.M. , proprietaria di un appartamento sito nell’edificio condominiale, aveva chiesto la condanna della condomina Acropolis s.r.l. alla eliminazione o comunque allo spostamento degli scarichi idrici che la convenuta, nel suddividere il confinante appartamento, aveva installato a distanza illegale dall’unità immobiliare dell’attrice.
La decisione era confermata dalla Corte di appello di Venezia che, nel respingere il gravame, con sentenza dep. il 26 ottobre 2010, escludeva che nelle specie ricorressero le condizioni per la deroga in tema di condominio delle prescrizioni dettate dall’art. 889 cod. civ., posto che la installazione delle tubazioni, ulteriori rispetto allo stato pregresso, era stato frutto della scelta compiuta dalla convenuta di suddividere l’appartamento in due unità immobiliari; peraltro, il consulente aveva accertato la possibilità di un tracciato diverso seppure con costi superiori, mentre l’immobile non necessitava di essere suddistinto in due unità per mantenere la sua funzionalità, per cui erano inconferenti le censure alla ctu e la richiesta di rinnovazione della stessa; era irrilevante che si trattasse di un edificio risalente agli anni ‘70, atteso che la struttura era funzionale ai bisogni dei singoli condomini nello stato in cui si trovava; la richiesta di rinnovazione e.
2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Acropolis s.r.l. sulla base di tre motivi.
Resiste con controricorso l’intimata, depositando memoria illustrativa.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia, censura la decisione gravata che, pur avendo correttamente affermato il principio di diritto sulla derogabilità delle distanze prescritte dall’art. 889 cod. civ. quando il condominio abbia necessità di installare le tubazioni, dovendo il giudice verificare se sia irragionevole applicarle al condominio, aveva escluso tale condizione facendo riferimento alla scelta speculativa di suddividere l’appartamento in due unità immobiliari, senza piuttosto verificare se la collocazione degli impianti fosse compatibile con il rispetto delle ‘distanze legali. Evidenzia che, in considerazione della elevata metratura dell’appartamento, non più idonea a soddisfare le mutate esigenze abitative dei nuclei familiari, il cui numero dei componenti si è andato via via riducendosi, era divenuto difficile collocare sul mercato appartamenti di grandi misure.
2. Il secondo motivo censura la sentenza che, senza compiere alcuna verifica sulla irragionevolezza del rispetto delle distanze legali, non aveva disposto la richiesta rinnovazione della consulenza, laddove non era stata effettuata alcuna indagine circa la compatibilità della collocazione degli impianti con il rispetto delle distanze legali, essendosi il consulente di ufficio limitato a compiere gli accertamenti per verificare la osservanza delle distanze legali. In particolare, era stato evidenziato da esso ricorrente la impossibilità di un tracciato diverso.
3. Il primo e il secondo motivo – che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.
La sentenza, nel ritenere che non ricorressero le condizioni per la deroga, in tema di condominio, alle prescrizioni di cui all’art. 889 cod. civ. dettate in materia di distanze legali, ha fondato la decisione sul rilievo che la esigenza di dotare di servizi (relativi a cucina e bagno) nasceva da una scelta soggettiva della condomina e non era determinata dalle condizioni obiettive della struttura dell’edificio. Ed invero, secondo gli accertamenti compiuti dai Giudici, l’appartamento era dotato di impianti pienamente funzionali mentre la necessità della installazione delle tubazioni a distanza illegale nasceva dalla esigenza della convenuta di suddividere l’immobile in due distinte ed autonome unità immobiliari, munite di bagno e cucina, al fine – come ancora evidenziato nel ricorso – di collocarlo positivamente sul mercato immobiliare, attesa l’elevata metratura; peraltro, il consulente aveva accertato la possibilità di un tracciato diverso seppure con costi superiori.
In materia condominiale, le norme relative ai rapporti di vicinato, tra cui quella dell’art.889 cod. civ., trovano applicazione rispetto alle singole unità immobiliari soltanto in quanto compatibili con la concreta struttura dell’edificio e con la particolare natura dei diritti e delle facoltà dei singoli proprietari; pertanto, qualora esse siano invocate in un giudizio tra condomini, il giudice di merito è tenuto ad accertare se la loro rigorosa osservanza non sia nel caso irragionevole, considerando che la coesistenza di più appartamenti in un unico edificio implica di per sé il contemperamento dei vari interessi al fine dell’ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali.
Ma evidentemente la deroga al rispetto delle distanze postula l’impossibilità di posizionare altrimenti le tubazioni – attesa la (necessaria) contiguità della unità immobiliari comprese nell’edificio condominiale. Tale presupposto è stato correttamente escluso nella specie in cui, come si è detto, la installazione delle tubazioni a distanza illegale non era dovuta a una situazione strutturale obiettiva dell’edificio ovvero a necessità che rendevano irragionevole il rispetto del distanze ma alla esigenza soggettiva del condomino di rendere commerciabile sul mercato l’immobile. Ed in proposito occorre sottolineare che l’art. 1122 cod. civ., nel testo ratione temporis applicabile, disciplina l’ipotesi in cui il condomino, realizzi opere e innovazioni nella proprietà esclusiva, consentendogli l’esercizio dei poteri dominicali sempreché non arrechi pregiudizio alle parti comuni (e comunque nel rispetto dell’altrui proprietà esclusiva del vicino). Il condomino ha il diritto di godere e disporre dell’appartamento, apportandosi modifiche o trasformazioni che ne possano migliorare la utilizzazione, peraltro con il limite di non ledere i diritti degli altri condomini (Cass.2493/1967;2683/1980): il che si è per l’appunto verificato nella specie.
Alla stregua di tali premesse, appare corretta la decisione di escludere la ricorrenza dei presupposti che consentono la deroga alla prescrizioni di cui al citato art. 889, così come la richiesta di rinnovazione della consulenza, che si basava su accertamenti irrilevanti.
3.1. Il terzo motivo censura la sentenza laddove, in contrasto con quanto emerso dalla ctu, aveva ritenuto la rumorosità delle immissioni nelle tubazioni.
3.2. Il motivo va disatteso.
Il riferimento compiuto dai Giudici alla rumorosità appare formulato ad abundantiam e, come tale, è privo di valore decisorio, e il ricorrente non ha interesse a censurarlo, una volta che è stata affermata la illegittima installazione delle tubazioni, in quanto in violazione delle distanze legali, e il conseguente diritto dell’attrice alla loro rimozione.
Il ricorso va rigettato.
Le spese della presente fase vanno poste a carico della ricorrente, risultata soccombente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 2.700,00 di cui euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per onorari di avvocato oltre accessori di legge.
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