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L’intervista televisiva “in diretta” presuppone che siano comunicate notizie provenienti da una fonte “non filtrata”, con la conseguenza che, in tal caso, non si puo’ esigere dal giornalista l’esecuzione di un sia pur rapido controllo prima della diffusione della notizia ed in particolare un’attivita’ di verifica sulla fondatezza della notizia comunicata e diffusa, in quanto essa viene diffusa nello stesso momento in cui il giornalista la apprende dall’intervistato. Ne deriva che l’obbligo di controllo di veridicita’ che grava sul giornalista in ordine all’intervista “in differita” non e’ applicabile al giornalista che effettui l’intervista “in diretta”, trattandosi di condotta inesigibile, posto che non si puo’ controllare cio’ che ancora non si conosce; tuttavia, il giornalista, in tal caso, deve osservare la diligenza in eligendo, nel senso che – nella scelta del soggetto da intervistare – deve adottare, sia pure nei limiti del diritto-dovere di informare, la cautela preordinata ad evitare di dare la parola a soggetti che prevedibilmente ne approfittino per commettere reati, fermo restando l’obbligo di intervenire, se possibile, nel corso dell’intervista (chiarendo, chiedendo precisazioni ecc.), ove si renda conto che il dichiarante ecceda i limiti della continenza o sconfini in settori privi di rilevanza sociale

Suprema Corte di Cassazione

sezione V penale

sentenza 14 giugno 2016, n. 24727

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MICHELI Paolo – rel. Presidente
Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere
Dott. LIGNOLA Ferdinando – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte di appello di Torino, emessa il 09/12/2014;
all’esito del processo penale celebrato nei confronti di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. BIRRITTERI Luigi, che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello;
udito per la parte civile ricorrente l’Avv. (OMISSIS), il quale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata;
udito per l’imputato non ricorrente l’Avv. (OMISSIS), il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso della parte civile.

RITENUTO IN FATTO

1. Il 09/12/2014, la Corte di appello di Torino confermava la sentenza emessa dal Tribunale della stessa citta’, in data 12/06/2013, nei confronti di (OMISSIS), imputato del delitto di diffamazione in danno di (OMISSIS), Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova; in ordine al fatto contestato – l’avere egli, nel corso della trasmissione televisiva (OMISSIS) del (OMISSIS), offeso la reputazione del magistrato – il (OMISSIS) era stato assolto, per insussistenza dell’addebito.
1.1 La Corte territoriale ripercorreva innanzi tutto le vicende che avevano portato a dedicare una puntata dell’anzidetta trasmissione, condotta dal (OMISSIS) e andata in onda sul canale (OMISSIS), a fatti inerenti l’operato dello (OMISSIS). Il (OMISSIS), in particolare, era avvenuto l’omicidio di (OMISSIS), ad opera di (OMISSIS): questi, che in passato aveva avuto una relazione con la donna, aveva attinto la vittima con numerose coltellate, uccidendola lungo una pubblica via di (OMISSIS). Il giorno successivo, stante l’evidenza della responsabilita’ del (OMISSIS) per quel delitto, era emerso che lo stesso soggetto risultava sottoposto a indagini da parte dell’ufficio del P.M. di Genova per un diverso ed anteriore omicidio, avvenuto nel capoluogo ligure il (OMISSIS): nell’occasione, ad essere rimasta uccisa era stata (OMISSIS). Alcuni organi di informazione avevano subito posto in risalto la notizia, anche perche’ il dirigente della Squadra Mobile della Questura genovese aveva rappresentato alla stampa che la polizia giudiziaria era gia’ riuscita a raccogliere a carico del (OMISSIS), con riferimento al primo delitto, una molteplicita’ di indizi di chiaro spessore. La Procura della Repubblica competente, in definitiva, non aveva ritenuto che quegli elementi fossero sufficienti per disporre misure cautelari, lasciando in liberta’ un uomo che pero’, di li’ a qualche tempo, aveva effettivamente ucciso un’altra donna.
Ne era derivata, pertanto, una obiettiva polemica sulla determinazione della magistratura di non dare corso alle sollecitazioni della Squadra Mobile, polemica registrata e diffusa – nei giorni immediatamente successivi – da numerosi quotidiani; si appurava in seguito che la polizia giudiziaria aveva depositato alla locale Procura, il 16/06/2006, una corposa nota riassuntiva degli elementi acquisiti nei confronti del (OMISSIS) quanto all’omicidio (OMISSIS), e che – piu’ tardi – vi erano state intercettazioni nel corso delle quali era emersa prova di molestie e minacce dello stesso indagato all’indirizzo della (OMISSIS). Il magistrato assegnatario del procedimento iscritto presso il R.G.N.R. della Procura genovese era appunto il Dott. (OMISSIS), di turno alla data in cui era stato rinvenuto il cadavere della (OMISSIS).
1.2 La trasmissione televisiva aveva quindi visto la partecipazione, oltre che del conduttore, dei genitori della (OMISSIS) e di due esperti nella veste di commentatori: un magistrato ( (OMISSIS)) ed un giornalista ( (OMISSIS)). La sentenza dei giudici di appello illustrava assai analiticamente quale svolgimento avesse avuto il programma, richiamandone la ricostruzione offerta nella decisione di primo grado; fra l’altro, dava atto che nel corso della trasmissione il (OMISSIS) aveva:
– chiesto alla signora (OMISSIS) se avesse rivolto un appello al Presidente della Repubblica, nonche’ se il magistrato titolare del procedimento relativo all’omicidio (OMISSIS) avesse preso contatto con lei, rivolgendole delle scuse per avere forse sottovalutato il caso;
– definito il capo della Squadra Mobile di (OMISSIS), Dott. (OMISSIS), come “uno dei piu’ bravi poliziotti italiani”;
– pronunciato, dopo un intervento del Dott. (OMISSIS) che aveva garantito come le cose non sarebbero andate diversamente, qualora la vicenda avesse riguardato la figlia di un magistrato, la frase “su questo, Dott. (OMISSIS), mi permetta di dirle, sara’ sciocca, ho dei dubbi, ma non perche’ un magistrato, anche un personaggio importante..”;
– aggiunto, dopo il ricordo da parte del (OMISSIS) di magistrati che avevano sacrificato la vita facendo il proprio dovere, l’ulteriore frase “ma nessuno mette in dubbio, sto dicendo che in Italia ci sono trattamenti, per determinate persone, molto diversi”.
All’esito della ricostruzione anzidetta, la Corte torinese passava ad analizzare le valutazioni operate dal Tribunale, spiegando che “per il primo giudice, e’ indiscutibile che presentare nella trasmissione il caso (OMISSIS) come esempio di mala giustizia, invitando in studio i genitori, avrebbe avuto la prevedibile conseguenza di riportare alla ribalta la polemica di cui si erano occupati in precedenza gli organi di stampa, e mettere in discussione l’operato del Dott. (OMISSIS) per non aver richiesto, contro l’avviso del dirigente della Squadra Mobile, l’adozione di provvedimenti cautelari nei confronti del (OMISSIS). Legittimo e’ nutrire dubbi sull’opportunita’ di tale scelta, ma l’oggetto del procedimento, per il primo giudice, non e’ questo. Qui non vengono in contestazione le modalita’ della trasmissione, essendo per il giudice abbastanza palese che il conduttore, ad esempio definendo (OMISSIS) uno dei piu’ bravi poliziotti d’Italia, insinua il dubbio che forse e’ il magistrato ad avere sbagliato…. La contestazione, per il primo giudice, non riguarda le critiche all’operato del magistrato; al conduttore viene contestato un fatto specifico, e cioe’ di aver detto, avallando la tesi dei genitori della (OMISSIS), che il Dott. (OMISSIS) si sarebbe comportato diversamente, se (OMISSIS) fosse stata figlia di un magistrato o di un politico. E l’assunto del primo giudice e’ che dall’analisi della trasmissione tale contestazione non risulta provata”.
La Corte territoriale aggiungeva ancora che, secondo il Tribunale, alla conclusione appena evidenziata era necessario pervenire considerando che la frase pronunciata dal Dott. (OMISSIS) (“posso garantire che se si fosse trattato della figlia di un magistrato le cose non sarebbero andate diversamente”) non sembrava potersi ricollegare ad alcuna dichiarazione dei genitori della (OMISSIS), giacche’ – fino a quel momento – si era parlato delle polemiche tra polizia e P.M., con il conduttore della trasmissione a “parteggiare per la posizione del Dott. (OMISSIS), con la conseguenza di indurre lo spettatore a continuare a nutrire dubbi sull’operato del Dott. (OMISSIS)”. Ma, posto che l’accusa all’imputato era quella di avere addebitato al magistrato di non avere agito in modo imparziale, una simile condotta diffamatoria del (OMISSIS) poteva individuarsi “solo nelle frasi da lui pronunciate dopo l’affermazione del Dott. (OMISSIS); tuttavia, se si considera il contesto in cui furono dette, piu’ voci che intervengono e si sovrappongono, un alternarsi tra argomenti specifici e generali, e si tiene conto di quanto dichiarato da (OMISSIS) nel prosieguo, non e’ possibile affermare che tali frasi fossero dirette in particolare al Dott. (OMISSIS), stigmatizzando il modo parziale in cui avrebbe condotto le indagini sull’omicidio di (OMISSIS), essendo la vittima figlia di persone non importanti, ovvero che si trattasse di osservazioni di carattere generale”.
1.4 La Corte di appello mostrava quindi di condividere il percorso argomentativo adottato dal giudice di primo grado.
In via preliminare, sottolineando la “tempistica” dei fatti da considerare rilevanti ai fini della comprensione della vicenda, il collegio avvertiva che soltanto il 06/11/2008 – ergo, in data assai posteriore rispetto alla trasmissione televisiva – era intervenuta l’archiviazione, da parte dei competenti organi disciplinari, del procedimento concernente la gestione dell’attivita’ di indagine da parte del Dott. (OMISSIS); ancora piu’ tardi, il (OMISSIS) era stato assolto all’esito del processo concernente l’omicidio (OMISSIS), con pronuncia emessa ai sensi dell’articolo 530 c.p.p., comma 2, per non aver commesso il fatto.
Nella motivazione della pronuncia in epigrafe si dava altresi’ contezza delle dichiarazioni spontanee rese dal (OMISSIS) in occasione dell’udienza preliminare tenutasi il 18/10/2012, quando egli aveva precisato “che nella trasmissione chiamammo anche il Procuratore Dott. (OMISSIS), al fine di garantire equilibrio tra le diverse posizioni protagoniste del dibattito televisivo; voglio evidenziare che abbiamo solo raccontato il dramma della famiglia di (OMISSIS), e in particolare abbiamo raccolto lo sfogo dei suoi familiari in ordine al fatto che nessuno, dal momento della presentazione delle denunce contro il fidanzato della figlia, li avesse avvisati della pericolosita’ sociale del (OMISSIS), e comunque del fatto che lo stesso era indagato per un altro omicidio; in trasmissione spesi anche parole di difesa del Dott. (OMISSIS), laddove feci presente che lo stesso non era territorialmente competente per il secondo omicidio, che si era verificato infatti a (OMISSIS)”. Le dichiarazioni appena riportate, stando ai giudici di appello, apparivano coerenti rispetto alla necessita’ di meglio delineare come “diretta televisiva di un dibattito”, e non invece quale vera e propria intervista, il taglio del programma de quo: un dibattito al quale erano stati chiamati a partecipare piu’ soggetti di diversa provenienza, onde garantire un verosimile equilibrio di posizioni.
L’imputato, vuoi per il ruolo di conduttore, vuoi per i limiti della contestazione a lui mossa, era dunque chiamato a rispondere quanto alle modalita’ di conduzione, mentre non gli si potevano certamente addebitare l’articolazione strutturale del programma, a partire dal fatto – indicato in via esemplificativa – che durante la trasmissione vi era stato lo scorrere di frasi in sovraimpressione, riproduttive di titoli dei giornali dei mesi prima, con diciture quali ” (OMISSIS), la rabbia dei genitori” o “E’ il giudice il vero assassino di nostra figlia”.
Chiarito poi che una trasmissione siffatta era chiaramente “finalizzata a dare voce, “in diretta televisiva”, anche a istanze, sentimenti, esaltazioni, valutazioni di persone direttamente deprivate, persone semplici, che si sono trovate a subire situazioni di accentuata sofferenza”, e che sicuramente sussisteva un interesse pubblico alla trattazione di quel caso, la Corte territoriale ribadiva l’analisi compiuta dal giudice di primo grado sull’impossibilita’ di attribuire alle frasi pronunciate dal (OMISSIS) un significato direttamente riconducibile alle modalita’ di conduzione delle indagini da parte del magistrato. Dopo l’intervento del Dott. (OMISSIS), l’imputato aveva formulato “rilievi aventi portata e carattere generale. La sottolineatura iniziale (“..ma non perche’ un magistrato, anche un personaggio importante..”) e quella immediatamente successiva (“..ma nessuno mette in dubbio, sto dicendo che in Italia ci sono dei trattamenti per determinate persone molto diversi”), se analizzate nel loro sequenziale convergere, paiono accreditare una chiave di lettura di portata generalizzata, di cui il conduttore (OMISSIS) si fa portavoce, ed in cui non emerge il requisito della offensivita’ della reputazione,
riconducibile in particolare al Dott. (OMISSIS). Di qui, il difetto di valenza diffamatoria, in capo al conduttore (OMISSIS), il cui apporto, nella sequenza in cui si e’ dispiegato, non risulta essersi tradotto in termini di “avallo”, che implicherebbe una vera e propria adesione personale allo sfogo genitoriale, come si e’ contestato in ipotesi di accusa, ma piuttosto di mediazione, nella posizione di colui che era chiamato, per il suo ruolo, a “condurre” il dibattito in “quel” peculiare contesto”.
2. Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione il difensore della parte civile, Avv. (OMISSIS).
Nell’atto di impugnazione si ricorda innanzi tutto come la pronuncia di primo grado fosse stata appellata dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino, dal Procuratore generale territoriale e dalla stessa parte civile: a fronte della complessita’ ed analiticita’ dei motivi di gravame, riprodotti nel corpo del ricorso, si fa quindi osservare che la Corte di appello non avrebbe offerto compiuta risposta a tutte le doglianze. In particolare, richiamando le censure sviluppate nell’atto di appello della parte civile, viene ribadito come la sentenza di primo grado avesse preso le mosse da alcuni presupposti poi smentiti nelle conclusioni, quali:
– la prevedibilita’ che, nel corso di una trasmissione cui erano stati invitati i genitori della (OMISSIS), vi sarebbe stata l’occasione di rinfocolare le polemiche dei mesi precedenti;
– l’atteggiamento del conduttore nell’insinuare il dubbio che il magistrato avesse sbagliato, visto che (riprendendo la querelle tra Squadra Mobile e Procura della Repubblica) aveva sottolineato la nota professionalita’ del Dott. (OMISSIS);
– l’immediata individuabilita’, nella persona del Dott. (OMISSIS), del soggetto verso cui erano state indirizzate e confermate le critiche sulla conduzione delle indagini in ordine al primo omicidio.
Ancora in via di premessa, la parte civile osserva che non risponde al vero, come invece ritenuto dai giudici di merito, che la contestazione mossa al (OMISSIS) fosse solo quella di “avere detto, avallando la tesi dei genitori di (OMISSIS), che il Dott. (OMISSIS) si sarebbe comportato diversamente se (OMISSIS) fosse stata figlia di un magistrato o di un politico”. Il capo d’imputazione appare invece assai piu’ articolato, addebitando al conduttore di avere supportato lo sfogo dei genitori della ragazza, facendone proprie le considerazioni offensive sul conto della persona offesa, ivi compresa la tesi precostituita che lo (OMISSIS) avrebbe assunto un altro comportamento (con diverso scrupolo) se la vittima del delitto fosse stata figlia di un personaggio importante.
Il difensore del Dott. (OMISSIS) si sofferma quindi sulle indicazioni offerte dalla giurisprudenza di legittimita’ sul peculiare caso dell’intervista, laddove il soggetto che formula domande puo’ andare esente da responsabilita’ a condizione che emerga con certezza che quel che l’intervistato sta dichiarando (sul presupposto che la dichiarazione come tale, corrispondente o meno alla verita’ storica ma in quanto proveniente da persona qualificata ad intervenire sull’argomento in discussione, costituisca oggetto di interesse pubblico) sia riferibile soltanto a lui: sul punto, assume rilievo centrale la sentenza n. 37140 del 30/05/2001 (ric. Galiero) delle Sezioni Unite di questa Corte.
L’imputato aveva invece scelto, dimostrando culpa in eligendo, di invitare persone che assai probabilmente si sarebbero rese responsabili di sfoghi diffamatori; quindi, non si era limitato a dare la parola agli intervistati, ma ne aveva supportato ed avallato gli assunti, senza interrompere le propalazioni offensive o precisare alcunche’, ne’ dissociandosene. Aveva anzi aggiunto elementi suggestivi di ulteriore riprovazione, chiedendo alla madre della (OMISSIS) se il magistrato l’avesse chiamata per scusarsi.
Altrettanto erroneo, da parte del Tribunale, era stato il rilievo che le ultime considerazioni del (OMISSIS) (sul fatto che vi sarebbe stata o meno disparita’ di trattamento a seconda dell’importanza dei soggetti coinvolti) riguardavano profili di ordine generale, e non quella specifica vicenda: rilievo sia non rispondente allo svolgersi dei fatti, sia contraddittorio rispetto alla premessa della facile individuabilita’ della parte civile come oggetto delle censure derivanti dal dibattito. Inoltre, la difesa del magistrato sottolinea come nel corso della trasmissione fosse stata ricordata, con tanto di particolari sul numero delle pagine da cui era composta, l’informativa curata dalla Squadra Mobile sul conto del (OMISSIS) a seguito dell’omicidio (OMISSIS), mentre nulla era stato evidenziato sul fatto che gli accertamenti compiuti dalla Procura generale territoriale avevano portato ad escludere in radice qualsivoglia errore o negligenza nella condotta del Dott. (OMISSIS): l’archiviazione fu poi successiva, ma una prima relazione – nel momento della messa in onda del programma – era gia’ stata depositata, e sul punto vi sarebbe stato onere del giornalista di documentarsi a dovere.
2.1 Passando quindi ad illustrare specifici motivi di doglianza avverso la decisione di secondo grado, la difesa di parte civile lamenta mancanza di motivazione della sentenza impugnata sui punti – oggetto dei profili di gravame esposti nei riguardi della pronuncia del Tribunale, sopra richiamati in sintesi – relativi:
– alla contraddittorieta’ fra la premessa (l’immediata possibilita’ di individuare nel Dott. (OMISSIS) il bersaglio delle critiche) e la conclusione secondo cui le frasi finali dell’imputato, dopo l’intervento del Procuratore (OMISSIS), si riferivano alla situazione della giustizia italiana in genere, e non a quei fatti in particolare;
– alla indebita delimitazione del perimetro dell’accusa alle parole pronunciate dal conduttore dopo le parole del Dott. (OMISSIS), mentre invece egli aveva “rinfocolato le dolorose, comprensibilissime, emozioni altrui”, e percio’ alla lettura complessiva della condotta del (OMISSIS) nel corso dell’intera trasmissione;
– alla falsita’ del postulato, dato invece per pacifico come punto di partenza del dibattito, secondo cui il (OMISSIS) aveva ucciso anche (OMISSIS): al contrario, pur non essendovi stata ancora la decisione liberatoria poi assunta gia’ in primo grado, avrebbe dovuto prevalere il principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza (allo stesso tema viene dedicato il terzo motivo di ricorso, anche sotto l’aspetto della contraddittorieta’ ed illogicita’ della motivazione).
2.2 Nell’interesse del ricorrente si deduce altresi’ violazione di legge processuale, avendo la Corte di appello dato atto di avere utilizzato – comunque ricavandone spunti contraddittori ed illogici – elementi non versati in atti, in particolare la sentenza emessa ex articolo 425 c.p.p., nei confronti di un dirigente (OMISSIS), iniziale coimputato del (OMISSIS).
2.3 Il difensore dello (OMISSIS) sostiene quindi che i giudici di merito sarebbero incorsi in un travisamento della prova, attraverso l’erronea applicazione della legge penale, laddove viene ritenuto “eccentrico” il richiamo della difesa di parte civile alla sentenza Galiero delle Sezioni Unite di questa Corte sul caso dell’intervistato. Ad avviso del ricorrente, “la distinzione tra “intervista in diretta” e “dibattito in diretta” e’ insussistente in punto di asserita differente applicazione delle norme e degli insegnamenti che disciplinano l’equilibrio tra il dovere/diritto di informare ed il rispetto della reputazione altrui”; debbono pertanto trovare applicazione proprio i principi affermati nel 2001, in un caso in cui il conduttore – intervistatore non ha solo riportato le opinioni del partecipante al dibattito (o intervistato che dir si voglia), ma – supportandone il pensiero ha “”solleticato” le piu’ comprensibili e delicate corde emotive della povera signora (OMISSIS) che, vittima di un orrendo delitto compiuto ai danni della propria figlia, ha dato – provocata – accesso al suo sfogo”.
2.4 La motivazione della sentenza impugnata sarebbe infine manifestamente illogica nella parte in cui i giudici di appello sostengono che il conduttore di una trasmissione non puo’ intendersi il soggetto che ne struttura il contenuto: affermazione che da un lato contraddice dati di comune conoscenza, e dall’altro non trova alcun riscontro in atti, ne’ si comprende quale rilievo dirimente dovrebbe avere il pur richiamato e presunto “obiettivo del dibattito in studio”, perche’ quel che conta rimane – al di la’ del fine perseguito – la condotta concretamente posta in essere.
Quanto al rilievo della Corte territoriale, secondo cui il (OMISSIS) non avrebbe “avallato” o “supportato” le tesi di alcuno, bensi’ “affermato sue proprie convinzioni generalizzate sulla diversita’ del trattamento dei cittadini di fronte alla giustizia”, nel ricorso si ribadisce ancora che, come gli stessi giudici di merito premettono, “se si sta inequivocabilmente parlando del Dott. (OMISSIS), le affermazioni relative alla difformita’ di trattamento non possono che essere a lui riferite, e non certo formare oggetto di un discorso in generale sullo stato della giustizia in Italia”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.
2. Dal momento che il tema e’ oggetto di rilievi da parte del ricorrente, deve essere chiarito in via preliminare quale sia l’ambito della contestazione di reato. Sul punto, non puo’ che convenirsi con le indicazioni esposte dai giudici di merito, atteso che il capo d’imputazione addebita al (OMISSIS) di avere offeso la reputazione della parte civile “supportando lo sfogo” dei genitori di (OMISSIS), in particolare “avallando la tesi espressa dagli stessi”, secondo cui se (OMISSIS) fosse stata figlia di un magistrato o di un politico l’indagine relativa all’omicidio della donna “avrebbe avuto un livello di approfondimento piu’ rigoroso, conducendo al probabile arresto del (OMISSIS) ed alla conseguente impossibilita’ per lo stesso di commettere il gesto omicidiario nei confronti della (OMISSIS)”.
E’ evidente che la prima condotta, genericamente indicata e consistita nell’avere “supportato uno sfogo”, non puo’ assumere autonoma rilevanza. In linea di principio, del resto, il padre e la madre della (OMISSIS) ben avrebbero potuto – alla luce della tragedia familiare che avevano vissuto, e delle notizie subito dopo apprese dalla stampa quanto al verosimile coinvolgimento dell’assassino della loro figlia in un precedente omicidio – manifestare la legittima convinzione che nulla sarebbe accaduto, ove il (OMISSIS) fosse stato arrestato per i gravi indizi a suo carico quanto al delitto (OMISSIS), prendendo financo atto che il dirigente della Squadra Mobile di (OMISSIS) sosteneva di averne raccolti a iosa; e cio’ implicava, giocoforza, un giudizio negativo sul comportamento di chi sembrava avere invece sottovalutato gli indizi medesimi. In altre parole, con tutti i limiti di un dibattito televisivo su vicende non ancora verificate compiutamente, non vi sarebbe stata di certo alcuna diffamazione qualora il programma fosse stato incentrato sulla censurabilita’ in se’ della scelta del magistrato procedente di non richiedere la restrizione della liberta’ del (OMISSIS), soggetto che all’epoca della trasmissione – non foss’altro per la sua conclamata responsabilita’ in ordine ad un fatto di sangue analogo – appariva il piu’ che verosimile autore (anche) del primo omicidio: scelta liberamente criticabile da parte di chi, anche al di la’ del proprio coinvolgimento emotivo nei fatti in discussione, esprimeva opinioni in perfetta buona fede, financo in linea con quelle gia’ palesate da un qualificato funzionario della Polizia di Stato.
Una critica siffatta sarebbe stata comunque lecita, laddove proveniente sia da chiunque dei partecipanti al dibattito, sia dallo stesso conduttore (al quale non era certamente precluso descrivere il Dott. (OMISSIS) in termini lusinghieri, ne’ sincerarsi se – vi fossero stati o meno i presupposti per una telefonata di scuse – il Dott. (OMISSIS) avesse ritenuto di chiamare i genitori della (OMISSIS)): e non sembra ragionevole poter pretendere in quel momento, come invece argomenta il difensore della parte civile, che venisse accertato lo stato del procedimento disciplinare nei confronti del magistrato. Da un lato, non risulta dimostrato che la sussistenza di iniziative disciplinari in corso costituisse una circostanza pacifica, si’ da imporre a chiunque volesse affrontare quel tema di documentarsi in proposito; dall’altro, ben difficilmente il curatore di un programma televisivo avrebbe avuto titolo ad ottenere copia della relazione curata dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Genova, ovvero ad acquisire anticipazioni sul contenuto della stessa, non essendovi stata ancora l’adozione di provvedimenti formali.
Ben diverso taglio ha invece il secondo, e piu’ specifico, profilo di addebito, dovendosi muovere dalla premessa che, se non era diffamatorio sostenere che il Dott. (OMISSIS) avesse sbagliato nell’astenersi dal richiedere misure cautelari a carico del (OMISSIS), era certamente offensivo della reputazione della parte civile rappresentare che l’atteggiamento dell’inquirente sarebbe stato diverso al cospetto di una vittima che fosse stata figlia di un magistrato o di una persona “importante”. E questo e’, come correttamente sottolineato sia dal Tribunale che dalla Corte di appello, il nucleo dell’accusa mossa all’odierno imputato, il quale secondo la rubrica – avrebbe “avallato” una tesi, espressa in quei termini, dai genitori di (OMISSIS).
3. Nella sentenza impugnata si evidenzia che (nel corso della trasmissione televisiva de qua) il primo ad affrontare il problema di una disparita’ di trattamento fra casi analoghi, sia pure al fine di negare con decisione che cio’ fosse accaduto nella vicenda in esame o potesse accadere in genere, era stato il Dott. (OMISSIS); il rilievo consentirebbe di escludere che gli interventi successivi fossero mirati a ricondurre quella considerazione nell’ambito del dibattito sul comportamento del Dott. (OMISSIS), tanto da giungere alla conclusione che le frasi pronunciate dal conduttore si riferissero a come viene amministrata la giustizia in Italia, piuttosto che alla conduzione di quelle indagini in particolare.
L’osservazione non corrisponde alle emergenze processuali di cui e’ la stessa Corte territoriale a dare contezza, determinandosi in tal modo una palese contraddittorieta’ di motivazione.
La ricostruzione del programma – come evidenziata nella sentenza in epigrafe, che a sua volta richiama il contenuto della decisione di primo grado – e’ infatti la seguente: “la trattazione del caso (OMISSIS) e’ preceduta da un filmato del racconto della uccisione della (OMISSIS) (una voce fuori campo dice che (OMISSIS) era anche indagato a piede libero per l’uccisione della sua ex fidanzata, trovata sgozzata nel centro di (OMISSIS)); seguono una intervista al (OMISSIS), che nega di avere ucciso la (OMISSIS), e alla sorella della prima vittima; prosegue poi la voce fuori campo, secondo cui per i magistrati, all’epoca del primo delitto, non c’erano elementi per tenere in carcere il sospettato, ma il pensiero di tutti e’ che, se lo avessero fatto, oggi (OMISSIS) sarebbe ancora viva; intervistato, il padre di (OMISSIS) lamenta che il (OMISSIS), indagato per il primo omicidio, avrebbe dovuto essere monitorato; la voce fuori campo narra delle accuse reciproche tra polizia e magistratura, sulla responsabilita’ dell’accaduto; seguono una intervista al capo della Mobile (OMISSIS) e al magistrato (OMISSIS); la voce fuori campo prosegue “non si danno pace i genitori, che avevano avvertito i Carabinieri della violenza dell’uomo e del pericolo che correva la figlia; segue un appello della madre al Presidente della Repubblica, chiedo a lei, signor Presidente, di farci avere della giustizia”.
Sempre stando al contenuto del programma sintetizzato dai giudici di appello, “al termine del filmato il conduttore (OMISSIS) chiede alla madre della vittima “Signora, voi vi siete appellati al Presidente della Repubblica-“…, la madre risponde in particolare “Noi, ci ha distrutto la vita, una risposta come cittadini italiani la meritiamo, perche’ mia figlia era figlia di operai, di persone comuni, non era figlia ne’ di un magistrato ne’ di persone.. politico..”. Quindi, (OMISSIS) introduce l’argomento delle polemiche dell’estate 2007, riprese nel filmato, intercorse tra il capo della Mobile, “uno dei piu’ bravi poliziotti italiani”, e il detto magistrato, di cui sintetizza la posizione, attribuendogli la frase “no, noi avevamo indizi, non erano sufficienti”. A questo punto, la madre della (OMISSIS) dice “Voglio vedere se era sua figlia, se c’erano gli indizi sufficienti, voglio vedere..”. Poi il conduttore…, riferendosi evidentemente al magistrato titolare del procedimento, chiede: “Le ha chiesto scusa- Forse ho sbagliato, forse ho sottovalutato”; la signora (OMISSIS) risponde negativamente. Quindi interviene il Dott. (OMISSIS) che, dopo aver espresso comprensione per il dolore dei parenti, afferma: Questo non legittima comunque l’offesa al collega, per dovere di cronaca ricordiamoci che questo P.M. e’ il P.M. che ha condotto le indagini sul caso (OMISSIS); interviene (OMISSIS): Ho chiesto semplicemente.. quando uno si accorge, forse, di aver sottovalutato una situazione, o non aver avuto gli elementi giusti, forse umanamente una telefonata poteva farla”. Mi perdoni, afferma il Dott. (OMISSIS), “questa e’ una impostazione sciocca”.
La Corte di appello conclude cosi’ la ricostruzione del programma televisivo: “segue uno scambio di frasi tra conduttore e Dott. (OMISSIS), che hanno ad oggetto l’opportunita’ che il magistrato si scusi, comunque, in casi come questo. Il Dott. (OMISSIS) espone in linea generale i rapporti tra polizia giudiziaria e P.M., ed afferma: “Posso garantire che, se si fosse trattato della figlia di un magistrato, le cose non sarebbero andate diversamente”; (OMISSIS): “Su questo, Dott. (OMISSIS), mi permetta di dirle, sara’ sciocca, ho dei dubbi, ma non perche’ un magistrato, anche un personaggio importante”; interviene (OMISSIS) sui magistrati che hanno dato la vita; (OMISSIS): “Ma nessuno mette in dubbio, sto dicendo che in Italia ci sono trattamenti, per determinate persone, molto diversi”. Quindi si passa a parlare in generale della responsabilita’ dei magistrati”.
4. Ergo, non e’ corretto affermare che la frase del Procuratore (OMISSIS) si fosse inserita nel dibattito senza che nessuno, prima di quel momento, avesse sfiorato l’argomento di una possibile inerzia del Dott. (OMISSIS) in ragione delle peculiarita’ della vittima dell’omicidio su cui stava indagando: e’ la stessa Corte di appello a ricordare che, poco prima, la madre della (OMISSIS) aveva commentato la sintesi del (OMISSIS) sulla posizione del magistrato (che aveva sostenuto di non avere richiesto la restrizione del (OMISSIS) in ordine al primo delitto, a causa dell’insufficienza degli elementi acquisiti) con le parole “voglio vedere se era sua figlia, se c’erano gli indizi sufficienti, voglio vedere..”.
Il tema, percio’, era proprio quello, lungi dall’esaurirsi in un confronto di astratte opinioni sul fatto che chi gode di una piu’ rilevante posizione sociale puo’ ricevere maggiori attenzioni da chi non dovrebbe fare differenze, nell’amministrazione della giustizia al pari di qualunque altro settore della vita pubblica; e, quando il Dott. (OMISSIS) si era sentito di garantire che, “se si fosse trattato della figlia di un magistrato, le cose non sarebbero andate diversamente”, e’ pacifico che egli si fosse riferito a quel caso concreto, dove appunto le cose erano andate in un modo tale da occasionare e continuare ad alimentare polemiche. A quell’intervento, chiaramente da ancorare allo specifico tema in discussione, l’odierno imputato aveva obiettato immediatamente di nutrire dubbi “su questo”, vale a dire proprio sul fatto che, al cospetto di una vittima particolare, le cose sarebbero pur sempre andate cosi’.
La giurisprudenza di legittimita’, a proposito di un’intervista o di un dibattito in diretta, ha gia’ avuto modo di approfondire e adattare i principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la piu’ volte richiamata sentenza Galiero del 2001: si e’ infatti precisato che “l’intervista televisiva “in diretta” presuppone che siano comunicate notizie provenienti da una fonte “non filtrata”, con la conseguenza che, in tal caso, non si puo’ esigere dal giornalista l’esecuzione di un sia pur rapido controllo prima della diffusione della notizia ed in particolare un’attivita’ di verifica sulla fondatezza della notizia comunicata e diffusa, in quanto essa viene diffusa nello stesso momento in cui il giornalista la apprende dall’intervistato. Ne deriva che l’obbligo di controllo di veridicita’ che grava sul giornalista in ordine all’intervista “in differita” non e’ applicabile al giornalista che effettui l’intervista “in diretta”, trattandosi di condotta inesigibile, posto che non si puo’ controllare cio’ che ancora non si conosce; tuttavia, il giornalista, in tal caso, deve osservare la diligenza in eligendo, nel senso che – nella scelta del soggetto da intervistare – deve adottare, sia pure nei limiti del diritto-dovere di informare, la cautela preordinata ad evitare di dare la parola a soggetti che prevedibilmente ne approfittino per commettere reati, fermo restando l’obbligo di intervenire, se possibile, nel corso dell’intervista (chiarendo, chiedendo precisazioni ecc.), ove si renda conto che il dichiarante ecceda i limiti della continenza o sconfini in settori privi di rilevanza sociale” (Cass., Sez. 5, n. 3597/2008 del 20/12/2007, Colacito, Rv 238872).
Nel caso in esame, sono gli stessi giudici di merito a considerare del tutto prevedibile, per gli organizzatori del programma ma anche per lo stesso (OMISSIS), che i genitori della (OMISSIS) avrebbero dato sfogo al loro piu’ che comprensibile risentimento: e, si ribadisce, il conduttore non avrebbe commesso alcun illecito facendo propria l’eventuale convinzione, palesata da quelli o da altri partecipanti al dibattito, di un errore di sottovalutazione da parte del Dott. (OMISSIS). Ma se puo’ senz’altro esprimersi l’opinione che un magistrato abbia sbagliato, senza volerne offendere la reputazione, e’ ictu oculi diffamatorio sostenere che un magistrato calibri il proprio impegno a seconda di chi si trovi dinanzi.
Questo e’ cio’ che risulta accaduto nel caso oggi sub judice, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di appello (che, come gia’ rilevato, non sembra tenere conto delle stesse premesse da cui muove il proprio percorso argomentativo). L’intervento del conduttore parti’ da una considerazione ben determinata del Dott. (OMISSIS) e specificamente correlata alla vicenda oggetto del dibattito, nel senso che, se il Dott. (OMISSIS) si fosse trovato a indagare sull’uccisione della figlia di un collega (ovviamente, non considerando neppure l’ipotesi, pure menzionata in rubrica per riprendere le prime parole della signora (OMISSIS), che potesse occuparsi dell’omicidio di una figlia sua), si sarebbe regolato nello stesso modo; l’imputato espresse dubbi a riguardo, e solo dopo, sviluppando il tema su un piano generale ma pur sempre lasciando che gli spettatori si formassero un’opinione sulla base di quella premessa, riferita al comportamento dell’odierna parte civile, sostenne che spesso in Italia si adottano due pesi e due misure.
5. Si impongono, pertanto, le determinazioni di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.

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