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Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza  21 gennaio 2014, n. 1170 

Ritenuto in fatto

1. – L’Ufficio delle Entrate di Udine, con nota dell’8 novembre 2010, segnalò al Presidente del Consiglio Notarile di Udine e Tolmezzo che il notaio C.F. di Udine non aveva provveduto all’addebito relativamente alle imposte autoliquidate per un atto a suo rogito a seguito di registrazione telematica, per un importo di Euro 4.093,00, facendo presente di avere già emesso l’avviso di liquidazione per il recupero delle imposte.
Il Presidente del predetto Consiglio avviò nei confronti del notaio C. un procedimento disciplinare per violazione dell’art. 147, lettera a), della Legge Notarile, presentando richiesta di sospensione cautelare dello stesso, avuto riguardo alla circostanza che il professionista aveva già riportato una condanna alla sospensione per mesi due in relazione a fatti analoghi.
La Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina del Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia – Giulia e Veneto, con decisione del 14 gennaio 2011, respinse la richiesta di sospensione cautelare e assolse il notaio C. .
Avverso detta decisione propose reclamo il Presidente del Consiglio Notarile di Udine e Tolmezzo.
2. – La Corte d’appello di Venezia, con sentenza depositata il 2 febbraio 2012, in riforma della decisione impugnata, irrogò al notaio la sanzione pecuniaria di Euro 5000,00. Premessa la considerazione del ruolo di assoluta centralità e rilevanza del notaio in relazione al versamento delle imposte per gli atti da lui ricevuti nell’ambito della procedura telematica di registrazione, la Corte osservò che, nella specie, appariva inverosimile un comportamento contrario a correttezza della banca di appoggio, essendo, invece, presumibile che il mancato addebito fosse dipeso dalla circostanza che sul conto indicato dal notaio per il relativo addebito non vi fosse provvista sufficiente. Tale condotta fu ritenuta dalla Corte gravemente negligente, in quanto contrastante con la identificazione del notaio come soggetto qualificato a garantire il versamento delle imposte relative agli atti da lui rogati con celerità e certezza.
La Corte veneta aggiunse che le pregresse reiterate condotte della medesima natura del notaio escludevano l’accidentalità dell’episodio e la scusabilità dell’errore. Peraltro, la circostanza che fosse stato lo stesso notaio a segnalare all’Agenzia delle Entrate il mancato addebito e che vi avesse poi provveduto nel termine di quindici giorni fu ritenuto rilevante ai fini della applicazione delle attenuanti generiche professionali.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre il notaio C.F. sulla base di due motivi, illustrati anche da successiva memoria. Resiste con controricorso il Presidente del Consiglio Notarile di Udine e Tolmezzo.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 147 della Legge Notarile in relazione all’art. 3-ter del d.lgs. n. 463 del 1997, introdotto dal d.lgs. n. 9 del 2000, che disciplina il procedimento di acquisizione dell’imposta di registro con il sistema telematico. Sì lamenta che l’azione disciplinare sia stata iniziata ancor prima della scadenza del termine per il tempestivo pagamento dell’imposta nonostante fosse stato lo stesso notaio a informare l’Agenzia delle Entrate della vicenda. Si rappresenta che il sistema di autoliquidazione e di pagamento telematico, in cui il notaio è unico responsabile dell’imposta a titolo principale, è articolato in due fasi, nella prima delle quali egli liquida l’imposta – ciò che nella specie tra avvenute correttamente – mentre nella seconda si provvede al prelievo. Fino a quando non si sia accertato che il notaio non abbia fatto fronte alla sua obbligazione lasciando insoluto l’avviso di liquidazione, il procedimento di acquisizione dell’imposta non assume rilevanza esterna: sicché il mero mancato addebito si paleserebbe inidoneo a determinare la compromissione del decoro e del prestigio della classe notarile. Nella specie il prelievo non era riuscito, ma, a seguito di segnalazione dello stesso notaio, era stato emesso l’avviso di liquidazione nei confronti del professionista, il quale aveva proceduto al pagamento nel termine assegnato.
2. – La doglianza è priva di fondamento.
2.1.- La tesi del ricorrente, secondo la quale, nel caso di pagamento delle imposte a mezzo di prelievo sul conto corrente ai sensi dell’art. 3-ter del d.lgs. n. 463 del 1997, introdotto dal d.lgs. n.9 del 2000, il semplice fatto del mancato addebito non integrerebbe illecito disciplinare, poiché fino a quando non sia stato accertato l’inadempimento del notaio, a seguito dell’avviso di liquidazione emesso dall’ufficio, il procedimento non assumerebbe rilevanza esterna, non è condivisibile.
Va osservato, in proposito, in via generale, che, in tema di illeciti disciplinari previsti a carico di chi esercita la professione notarile, l’art. 147, lett. a), della legge 16 febbraio 1913, n. 89, prevede una fattispecie disciplinare a condotta libera, all’interno della quale è punibile ogni comportamento, posto in essere sia nella vita pubblica che nella vita privata, idoneo a compromettere l’interesse tutelato, il che si verifica ogni volta che si ponga in essere una violazione dei principi di deontologia enucleabili dal comune sentire in un determinato momento storico, dovendosi escludere che il verificarsi di un’eco negativa nella comunità integri un elemento costitutivo di tale illecito e che, tanto meno, occorra la prova della sua esistenza (v., in tal senso, Cass., sent. n. 21203 del 2011).
E, dunque, la mancata risonanza del fatto non esclude di per sé la configurabilità dell’illecito.
2.2. – Venendo alla specifica condotta contestata, deve rilevarsi che l’obbligo di pagamento immediato sussiste anche nel caso di utilizzo del procedimento ex art. 3-ter del d.lgs. n. 463 del 1997, tanto più che il notaio riceve dal cliente la somma occorrente a tale finalità: sicché l’omesso controllo da parte del profe4ssioinista sulla esistenza di adeguata provvista sul proprio conto corrente mina il rapporto fiduciario dell’Amministrazione finanziaria con il notaio.
3.- Con il secondo motivo si denuncia insufficienza e contraddittorietà della motivazione sulla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo dell’incolpazione. La Corte d’appello non avrebbe indicato alcun elemento di prova in ordine alla consapevolezza del notaio di realizzare un illecito disciplinare, essendosi limitata a richiamare un precedente procedimento disciplinare a carico del professionista avente ad oggetto fatti analoghi, senza neanche considerare che il comportamento addebitato al notaio era stato comunque circoscritto ad un unico atto e che egli si era comunque adoperato nei termini di legge.
4. – La censura non risulta meritevole di accoglimento.
L’elemento soggettivo della incolpazione consiste nella coscienza e volontà di tenere la condotta costituente illecito disciplinare. Ebbene, nella specie, la circostanza della insufficienza della provvista era pienamente conoscibile dal notaio, che si è dimostrato negligente, avuto anche riguardo agli analoghi episodi verificatisi poco prima. Peraltro, la Corte di merito ha escluso, sia pure in via presuntiva, che si trattasse di disfunzioni attribuibili alla banca di appoggio. E, per la verità, nemmeno lo stesso notaio ha svolto deduzioni in tal senso.
La Corte di merito ha, inoltre, motivatamente, escluso il carattere di mera occasionalità della condotta del professionista, come la scusabilità dell’errore. Al riguardo, va, tra l’altro, sottolineato che per la configurabilità dell’illecito disciplinare non si richiede la colpa grave, come per le violazioni tributarie (art. 5, commi 3 e 4, d.lgs. n. 472 del 1997.
5. – Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Nella natura della controversia e nella peculiarità della vicenda le ragioni della integrale compensazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.

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