guida in stato di ebrezza

Suprema Corte di Cassazione

sezione IV
Sentenza 16 gennaio 2014, n. 1755

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo G. – Presidente
Dott. CIAMPI F. M. – Consigliere
Dott. VITELLI CASELLA Luca – Consigliere
Dott. PICCIALLI P. – rel. Consigliere
Dott. SERRAO Eugenia – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 1753/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 21/05/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/11/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Vincenzo Geraci che ha concluso per annullamento con rinvio limitatamente al punto riguardante la sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilita’; rigetto nel resto.
RITENUTO IN FATTO
(OMISSIS) ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, pur riformando parzialmente quella di primo grado (concessione della sospensione condizionale della pena), lo ha riconosciuto colpevole del reato di cui all’articolo 186 C.d.S., ritenendo di non poter accedere alla richiesta di sostituzione della pena con quella del lavoro di pubblica utilita’, in ragione del fatto che all’episodio incriminato, verificatosi prima dell’entrata in vigore della Legge n. 120 del 2010, introduttiva della sanzione sostitutiva, era stata applicato il trattamento edittale piu’ favorevole precedentemente stabilito per la contravvenzione contestata.
La Corte riteneva, in sostanza, di fare applicazione del principio, gia’ espresso dalla Corte di legittimita’ (cfr. Sezione 4, 24 maggio 2012, PG in proc. Carosi, rv. 253515), secondo cui, ai fini dell’applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilita’ – previsto dall’articolo 186 C.d.S., comma 9 bis, introdotto dalla Legge n. 120 del 2010, articolo 33 – ai fatti commessi prima della sua entrata in vigore e concernenti guida in stato di ebbrezza, occorre considerare che, per il reato di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera c), pur trattandosi di norma complessivamente piu’ favorevole all’imputato, il favor e’ determinato dalla previsione della estinzione del reato nel caso di buon esito della misura sostitutiva, mentre nella nuova previsione la durata della sanzione principale e’ superiore a quella previgente (minimo edittale aumentato da tre a sei mesi di arresto). Il giudice, peraltro, non puo’ combinare un frammento normativo della legge previgente e un frammento normativo di quella successiva secondo il criterio del favor rei, giacche’ in tal modo verrebbe ad applicarsi una terza fattispecie di carattere intertemporale non prevista dal legislatore, in violazione del principio di legalita’. Pertanto, qualora sia applicato il nuovo trattamento sanzionatorio, esso deve essere applicato nella sua integrante.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso si incentra proprio sul diniego della sostituzione con il lavoro di pubblica utilita’. La doglianza non merita accoglimento, a fronte di una decisione corretta.
Vale rilevare che certamente, in tema di reato di guida sotto l’influenza dell’alcool, la sostituzione della pena detentiva o pecuniaria con quella del lavoro di pubblica utilita’ di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 9 bis, introdotto dalla Legge n. 120 del 2010, e’ applicabile, in virtu’ dell’articolo 2 c.p., comma 4, anche ai fatti commessi anteriormente alla predetta novella.
Anzi, in tal caso, non e’ neppure richiesto dalla legge che l’imputato debba indicare l’istituzione presso cui intende svolgere l’attivita’ lavorativa e le modalita’ di esecuzione della misura, essendo sufficiente che egli non esprima la sua opposizione.
E’ pero’ evidente, come sostenuto nella richiamata decisione della Corte di cassazione, esattamente applicata dal giudice di merito, che la nuova normativa se applicata, lo debba essere nella sua integralita’, quindi avendo riguardo anche ai nuovi limiti edittali di pena, per il reato de quo, meno favorevoli.
Ne deriva allora che l’imputato che voglia avvalersi, per quanto interessa in sede di appello, del novum normativo, anche in ossequio al principio della reformatio in peius, deve espressamente richiedere tale applicazione nella integralita’ della nuova disciplina, anche con riferimento ai limiti edittali innovati.
Cio’ che non risulta essere stato fatto, ed anzi risulta a contrario che contraddittoriamente con i motivi di appello e’ stato chiesto il beneficio della sospensione condizionale della pena (come e’ noto, vi e’ incompatibilita’ tra tale istituto e quello del lavoro di pubblica utilita’, tanto che la richiesta della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilita’, implica la tacita rinuncia al beneficio della sospensione condizionale della pena eventualmente concesso in precedenza, stante la incompatibilita’ tra i due istituti: Sezione 3, 7 novembre 2012, Cinciripini).
Il ricorso, pertanto, non puo’ essere accolto.
Al rigetto del ricorso consegue ex articolo 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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