Corte_de_cassazione_di_Roma

Suprema Corte di Cassazione

sezione III
Sentenza 15 gennaio 2014, n. 1483

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SQUASSONI Claudia – Presidente
Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere
Dott. MARINI Luigi – Consigliere
Dott. GENTILI Andrea – Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
– (OMISSIS) n. (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di NAPOLI in data 3/05/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. POLICASTRO Aldo, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 3/05/2013, depositata in data 15/05/2013, il Tribunale del riesame di NAPOLI, decidendo sulla richiesta di riesame promossa dall’odierno ricorrente, respingeva la richiesta di riesame avverso il provvedimento 23/01/2013, con cui il GIP del Tribunale di NAPOLI disponeva il sequestro preventivo di un volume verandato in ampliamento dell’immobile originario realizzato mediante chiusura con infissi in alluminio e vetri di un preesistente sporto balcone di dimensioni pari a mt. 5,80 x 2,50, il tutto in assenza di permesso di costruire e di autorizzazione ambientale (Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44; Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181).
2. Ha proposto tempestivo ricorso personalmente l’indagato, impugnando la suddetta ordinanza e deducendo un unico motivo di ricorso, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. cod. proc. pen..
2.1. Deduce, in particolare, il ricorrente, la violazione dell’articolo 321 c.p.p., per mancanza dei presupposti di fatto e di diritto per il sequestro preventivo; in sostanza, il GIP, nel convalidare il sequestro d’iniziativa della PG 14/01/2013, ha emesso un decreto di sequestro preventivo al fine di evitare che il reato fosse portato ad ulteriori conseguenze mediante il completamento dell’opera abusiva, nonostante emergesse ex actis che la veranda si presentasse gia’ finita, rifinita ed arredata e messa in opera nell’ultimo trimestre dell’anno 2009; il reato in esame, quindi, essendosi gia’ consumato, impediva di disporre il sequestro preventivo; censura, poi, l’omessa motivazione in ordine alla sussistenza del fumus e del periculum quanto alla sussistenza del vincolo paesaggistico, essendosi limitato ad affermare che l’opera ricade nel perimetro del parco paesistico Camaldoli; in ogni caso, l’esiguita’ delle dimensioni dell’intervento edilizio escluderebbe qualsiasi vulnus al paesaggio ed, inoltre, l’ordinanza del tribunale non effettuerebbe alcun riferimento esplicito al vincolo paesaggistico, limitandosi ad indicare, ai fini della conferma del provvedimento di sequestro, la circostanza per cui non si sono esaurite le conseguenze dannose del reato e non vi sia un’area a rischio sismico; tale motivazione sarebbe insufficiente per mantenere il sequestro, in quanto, trattandosi di una veranda, non sarebbe oggettivamente possibile un’ulteriore costruzione abusiva nella stessa area ed, inoltre, il riferimento al rischio sismico apparirebbe inverosimile, in quanto la permanenza del sequestro di fatto non limiterebbe tale rischio, legittimando piuttosto la demolizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso e’ fondato per le ragioni che seguono.
4. Le censure proposte dal ricorrente riguardano la sussistenza dei presupposti di legge per disporre il sequestro preventivo del manufatto in questione, costituito dalla chiusura di un preesistente sporto balcone di modeste dimensioni, con creazione dunque di un volume verandato in ampliamento dell’immobile originario.
4.1. Viene, anzitutto, in rilievo il fumus dei reati ipotizzati. Sul punto e’ pacifico, secondo la giurisprudenza di questa Sezione, che la trasformazione di un balcone o di un terrazzino, circondato da muri perimetrali, in veranda, mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica, non costituisce realizzazione di una pertinenza, ne’ intervento di manutenzione straordinaria e di restauro, ma e’ opera soggetta a concessione edilizia ovvero permesso di costruire (Sez. 3, n. 35011 del 26/04/2007 – dep. 18/09/2007, Camarda, Rv. 237532). In particolare, una veranda e’ da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarieta’, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando cosi’ il godimento dell’immobile. Ne’ puo’ sostenersi che, nella specie, il manufatto realizzato fosse di modesta entita’ per le sue dimensioni, poiche’, in ogni caso, attraverso la chiusura del preesistente sporto balcone e’ stato posto comunque in essere un aumento della volumetria abitativa ed assicurato nuovo spazio al corpo immobiliare preesistente. Quanto, poi, al fumus del reato di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, dal verbale di sequestro eseguito d’iniziativa dalla PG risulta che l’intera unita’ immobiliare ricade nel perimetro del parco paesistico Camaldoli, zona vincolata Decreto Legislativo n. 42 del 2004, ex articolo 157, e riconosciuta di particolare interesse pubblico. Orbene, e’ di palmare evidenza che la chiusura di un preesistente sporto balcone di modeste dimensioni, con creazione di un volume verandato in ampliamento dell’immobile originario, e’ opera destinata ad incidere negativamente sul paesaggio: l’impatto negativo dell’intervento eseguito sull’originario assetto paesaggistico del territorio e’, infatti, oggettivo.
4.2. Quanto al periculum (e, dunque, all’eccepita insequestrabilita’ a fini preventivi del manufatto abusivo in quanto il reato urbanistico, essendosi gia’ consumato, avrebbe impedito di disporre il sequestro preventivo), invece, devesi rilevare la fondatezza del ricorso, richiamando quanto gia’ reiteratamente affermato da questa Corte nel senso che il sequestro e’ si’ consentito anche nel caso di ipotesi criminosa gia’ perfezionatasi, purche’ il pericolo della libera disponibilita’ della cosa stessa – che va accertato dal giudice con adeguata motivazione – presenti i requisiti della concretezza e dell’attualita’ e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicita’, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell’offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l’accertamento irrevocabile del reato (v., per tutte: Sez. U, n. 12878 del 29/01/2003 – dep. 20/03/2003, P.M. in proc. Innocenti, Rv. 223721). Orbene, sotto tale profilo, sussiste la denunciata violazione di legge, in quanto, con riferimento anzitutto al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, pur essendo ormai pacifico nella giurisprudenza di questa Sezione che in tema di sequestro preventivo per reati paesaggistici, la sola esistenza di una struttura abusiva integra il requisito dell’attualita’ del pericolo indipendentemente dall’essere l’edificazione ultimata o meno, in quanto il rischio di offesa al territorio ed all’equilibrio ambientale, a prescindere dall’effettivo danno al paesaggio, perdura in stretta connessione con l’utilizzazione della costruzione ultimata (v., da ultimo: Sez. 3, n. 24539 del 20/03/2013 – dep. 05/06/2013, Chiantone, Rv. 255560), e’ pero’ necessario che risulti una, seppure sintetica, motivazione sul punto della configurabilita’ del periculum, circostanza che non emerge dalla lettura dell’ordinanza impugnata, in cui si fa riferimento (peraltro in maniera inconferente) alle sole conseguenze dannose del reato edilizio-urbanistico e non a quelle sul piano paesaggistico.
Ad analoga conclusione, peraltro, deve pervenirsi con riferimento al percorso argomentativo seguito dal tribunale del riesame al fine di giustificare la configurabilita’ del periculum del reato edilizio-urbanistico, avendo fatto riferimento il tribunale, da un lato, all’aggravio sul regolare assetto del territorio sismico (richiamando, quindi, una finalita’ cautelare riferita ad un reato nemmeno ipotizzato dalla Pubblica Accusa) e, dall’altro, alla circostanza che il sensibile incremento di volumetria residenziale, incidendo sull’assetto urbanistico del territorio, avrebbe procurato un conseguente aggravio per l’area (argomentazione, quest’ultima, che appare tuttavia espressione di un sillogismo dialettico, in quanto l’affermazione dell’aggravio per l’area causato dal sensibile incremento volumetrico realizzato, non risulta idoneamente supportata da elementi concreti). Invero, poiche’ l’illiceita’ dell’opera va valutata unitariamente e complessivamente, avuto riguardo all’abusivita’ della situazione concretamente posta in essere, e’ all’abuso nella sua oggettivita’ che occorre far riferimento per valutare in concreto l’aggravamento. Siffatta indagine e’ stata del tutto pretermessa dal Tribunale, nell’ottica di un illecito edilizio esauritosi con la chiusura di un preesistente sporto balcone di modeste dimensioni.
Il difetto di qualsiasi motivazione in ordine al periculum relativo al reato paesaggistico e il riferimento ad una motivazione sostanzialmente apparente quanto al reato urbanistico-edilizio, vizia il provvedimento impugnato imponendone l’annullamento con rinvio al giudice del riesame.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli.

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