La locazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 2 febbraio 2016, n. 1986

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente

Dott. MANNA Felice – Consigliere

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12059-2011 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo STUDIO (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 979/2010 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 22/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/11/2015 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato (OMISSIS) con delega orale difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avv. (OMISSIS) difensore delle controricorrenti che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

(OMISSIS) con atto di citazione del 1 novembre 2000 esponeva: di essere erede del padre (OMISSIS) unitamente alle sorelle (OMISSIS) e (OMISSIS), che nell’asse ereditario dovevano esser ricomprese una serie di donazioni fatte alle sorelle, oltre ad unita’ immobiliari, conti correnti e depositi titoli, mentre dovevano essere computate anche le opere effettuate nel tempo dall’attore a proprie spese presso un fabbricato di Albino, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Bergamo chiedendo che venisse accertato il proprio diritto di credito, concernente le spese di ristrutturazione e le somme percepite nello svolgimento della sua attivita’ e la conseguente divisione dei beni ereditari.

Si costituivano le convenute le quali non si opponevano alla collazione delle donazioni, ma rilevavano come dovessero essere considerate anche i locali ove l’attore svolgeva la propria attivita’ l’azienda simulatamente ceduta dal padre al figlio nel corso del 1980 e contestavano che controparte avesse svolto a proprie spese i lavori di ristrutturazione dell’immobile utilizzato per l’attivita’ aziendale.

Il Tribunale di Bergamo con sentenza non definitiva n. 2858 del 2005 delibava le questioni preliminari alla fine di fissare il contenuto dell’asse ereditario. Accertava il diritto di credito dell’attore per i lavori svolti nel fabbricato di cui si dice per euro 68.771,90, disponeva la collazione dei beni pervenuti alle parti per donazione indiretta del de cuius e respingeva le domande di accertamento della donazione di azienda e del diritto di credito delle convenute circa i lavori di ristrutturazione svolti sugli immobili da costoro occupati.

Avverso questa sentenza interponeva appello (OMISSIS) per ottenere la parziale riforma Si costituivano (OMISSIS) e (OMISSIS), contestando gli assunti avversari e nel merito chiedendo il rigetto delle domande dell’appallente. Proponevano, a loro volta, appello incidentale per ottenere la reiezione della domanda avversaria di rimborso nonche’ l’accoglimento delle proprie domande disattese in primo grado.

La Corte di appello di Brescia con sentenza n. 979 del 2010 in parziale riforma della sentenza di primo grado: respingeva la domanda del (OMISSIS) relativa al suo preteso diritto di credito e confermava nel resto la sentenza impugnata, condannava l’appellante alle spese giudiziali relative al secondo grado del giudizio Secondo la Corte di Brescia dalle prove acquisite l’acquisto dell’immobile per lo svolgimento dell’attivita’ aziendale integrava gli estremi di una donazione indiretta e non provata era la pretesa intervenuta usucapione.

Andava accolto l’appello incidentale delle sorelle relative al credito dello stesso di euro 68.771,90 del (OMISSIS) in ragione delle spese effettuate per i locali aziendali, perche’ una volta stabilito che i locali di che trattasi erano detenuti da (OMISSIS) a titolo di locazione o comodato e chiarito che al comodatario non erano rimborsabili le spese straordinarie non necessarie ed urgenti, e, comunque, non vi erano prove per il riconoscimento del relativo credito posto che la prova testimoniale aveva riferito che i lavori di ristrutturazione erano stati pagati dal de cuius.

La cassazione di questa sentenza e’ stata chiesta da (OMISSIS) con ricorso affidato a cinque motivi. Le sorelle (OMISSIS) ed (OMISSIS) hanno resistito con controricorso.

In prossimita’ dell’udienza pubblica le parti hanno depositato memorie ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo di ricorso (OMISSIS) denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio.

Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe errato nel ritenere che i contratti di compravendita relativi all’immobile di cui al mappale 338 integrassero gli estremi di una donazione indiretta perche’ non avrebbe tenuto conto dei documenti prodotti e, soprattutto, del fatto che negli stessi atti di acquisto mai si menziona che i soldi sono stati dati dal padre. In particolare nel caso in esame le scritture prodotte dal (OMISSIS) sarebbero in grado di escludere la prova testimoniale perche’ non potrebbe confutare il contenuto di un documento scritto. Per altro, sempre secondo il ricorrente, non sarebbe possibile richiamare la prova presuntiva perche’ questa non sarebbe ammessa nei casi in cui sarebbe esclusa l’ammissibilita’ della prova documentale e sia perche’ nel caso in esame, comunque, non sussisterebbe gli elementi della donazione indiretta che sono pur sempre quello dello spirito di liberalita’ e dell’arricchimento altrui. Piuttosto, chiarisce ancora il ricorrente, la realta’ sarebbe che il sig. (OMISSIS) ha acquistato la proprieta’ intera dell’immobile di cui al mappale 338 con ben due atti di compravendita.

1.1.= Il motivo e’ infondato.

Come ha avuto modo di precisare la Corte distrettuale richiamando un orientamento di questa Corte di cassazione (sent. N. 4015 del 2004), che qui si intende confermare: nella donazione indiretta realizzata attraverso l’acquisto del bene da parte di un soggetto con denaro messo a disposizione da altro soggetto per spirito di liberalita’, l’attribuzione gratuita viene attuata con il negozio oneroso che corrisponde alla reale intenzione delle parti che lo pongono in essere, differenziandosi in tal modo dalla simulazione; tale negozio produce, insieme all’effetto diretto che gli e’ proprio, anche quello indiretto relativo all’arricchimento del destinatario della liberalita’, sicche’ non trovano applicazione alla donazione indiretta i limiti alla prova testimoniale – in materia di contratti e simulazione – che valgono invece per il negozio tipico utilizzato allo scopo. A sua volta, la Corte distrettuale si e’ preoccupata di specificare che la prova testimoniale, che come abbiamo finito di dire era ammissibile, aveva evidenziato che il prezzo del bene acquistato da (OMISSIS) era stato corrisposto dal padre (OMISSIS) con spirito di liberalita’, tanto e’ vero che dall’istruttoria non erano emersi elementi idonei a reputare dovuto o doveroso l’esborso effettuato dal padre (OMISSIS). Sicche’, contrariamente a quanto ritiene il ricorrente, la Corte ha adeguatamente chiarito che nel caso in esame ricorrevano tutti gli elementi necessari (lo “spirito di liberalita’” dato che il pagamento del prezzo della compravendita dell’immobile di cui si dice, era stato effettuato da (OMISSIS), “l’arricchimento” di (OMISSIS) con correlativa depauperamento del donante) per identificare un contratto di donazione indiretta. Ne’ risulta, e lo stesso ricorrente, neppure in questa sede, indica la prova, e/o un indizio di prova, che il corrispettivo della compravendita, di cui si dice, fosse stato corrisposto dall’interessato e/o che l’esborso effettuato dal padre (OMISSIS) fosse dovuto oppure non diretto all’acquisto del bene di cui si dice. Come e’ stato detto da questa Corte in altra occasione (sent. n. 17604 del 04/09/201): l’acquisto di un immobile da parte di una persona con denaro di altra persona integra gli estremi di una donazione indiretta, se il denaro, quale corrispettivo della vendita, viene corrisposto, nella sua interezza, dal donante al donatario allo specifico scopo dell’acquisto del bene, oppure (come sembra sia avvenuto nel caso in esame), mediante il versamento diretto dell’importo al venditore. Pertanto, a fronte delle corrette valutazioni della Corte distrettuale, prive di vizi logici o giuridici e, soprattutto, coerenti con il materiale probatorio acquisito in giudizio, il ricorrente contrappone le proprie, ma, della maggiore o minore attendibilita’ di queste rispetto a quelle compiute dal giudice del merito non e’ certo consentito discutere in questa sede di legittimita’, ne’ puo’ il ricorrente pretendere il riesame del merito sol perche’ la valutazione delle accertate circostanze di fatto, come operata dal giudice di secondo grado, non collima con le proprie aspettative e/o con le proprie valutazioni.

2.= Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio.

Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale, erroneamente, ha escluso che (OMISSIS) avesse usucapito il laboratorio del padre perche’ non avrebbe tenuto conto della prova documentale e testimoniale dalla quale risulterebbe che (OMISSIS) a seguito delle gravi condizioni di salute del padre (OMISSIS), sia divenuto titolare dell’azienda idraulica svolgendo in maniera unica ed esclusiva tutto il lavoro e, pertanto, possedendo uti dominus ed in maniera esclusiva il locale nel quale avrebbe svolto l’attivita’, senza che nessuno mai ne avesse contestato il titolo.

2.1.= Il motivo e’ infondato non solo perche’ si risolve nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove acquisite non proponibile nel giudizio di cassazione se, come nel caso in esame, la valutazione effettuata dalla Corte distrettuale e’ priva di vizi logici e giuridica, ma, anche perche’ il ricorrente si limita a prospettare una personale ricostruzione dei fatti di causa senza tener conto che la Corte distrettuale ha chiarito che, anche, in ragione della missiva del 15 settembre 1998, l’occupazione dell’immobile di cui si dice si inquadrava in un comodato gratuito, disvelando che il titolo di detenzione qualificata non poteva essere quello di possessore ad usucapionem in mancanza di un’interversio possessionis.

2.1a) Va qui ribadito quanto e’ stato gia’ affermato in altre occasioni da questa stessa Corte e, cioe’ che il compito di valutare le prove e di controllarne l’attendibilita’ e la concludenza – nonche’ di individuare le fonti del proprio convincimento scegliendo tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti – spetta in via esclusiva al giudice del merito; di conseguenza la deduzione con il ricorso per Cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata, per omessa, errata o insufficiente valutazione delle prove, non conferisce al giudice di legittimita’ il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensi’ la sola facolta’ di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, restando escluso che le censure concernenti il difetto di motivazione possano risolversi nella richiesta alla Corte di legittimita’ di una interpretazione delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito.

3 = Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Secondo il ricorrente erroneamente la Corte distrettuale ha ritenuto che la locazione di un immobile potesse essere compiuta da ciascun comproprietario in quanto atto di ordinaria amministrazione, perche’ non avrebbe tenuto conto che l’articolo 1105 c.c. prescrive che gli atti di ordinaria amministrazione, le deliberazioni della maggioranza dei partecipanti calcolate secondo il valore delle loro quote sono obbligatorie per la minoranza dissenziente. Pertanto le due sorelle, secondo il ricorrente, avrebbero dovuto convocare un’assemblea per deliberare in proposito. E, posto che l’assemblea dei comunisti non e’ stata convocata, la Delib. con la quale e’ stata decisa la locazione dei due immobili deve ritenersi invalida con contestuale obbligo delle sorelle (OMISSIS) di risarcire i danni subiti.

3.1.= Il motivo e’ infondato. Infatti, il Tribunale prima e la Corte di appello dopo hanno applicato il consolidato principio giurisprudenziale secondo il quale: qualora in un contratto di locazione di immobile la parte locatrice sia costituita da piu’ locatori, in capo a ciascuno dei comproprietari concorrono, in difetto di prova contraria, pari poteri gestori, rispondendo, peraltro, a regole di comune esperienza che uno o alcuni dei comproprietari gestiscano, con il consenso degli altri, gli interessi di tutti; l’eventuale mancanza di poteri o di autorizzazione rileva nei soli rapporti interni fra i comproprietari e non puo’ essere eccepita alla parte conduttrice che ha fatto affidamento sulle dichiarazioni o sui comportamenti di colui o di coloro che apparivano agire per tutti (Cass. n. 5077 del 03/03/2010).

Pertanto la locazione di che trattasi era stata instaurata correttamente e, tutt’al piu’ quanto percepito dalle sorelle (OMISSIS) per canoni di locazione dovra’ essere considerato in sede di divisione, cioe’, nei conteggi del dare, ed avere (ma, tale domanda non sembra sia stata avanzata dall’interessato).

4.= Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto nonche’ contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Secondo il ricorrente, avrebbe errato la Corte distrettuale nel rigettare la domanda di rimborso delle somme versate sui conti correnti del (OMISSIS) e della Banca Popolare di Bergamo sul presupposto che lo stesso, anche dopo la cessazione dell’azienda avrebbe continuato a collaborare nell’azienda perche’ non avendo tenuto conto che i conti correnti in quanto accessori all’impresa sono stati trasferiti con l’impresa e i successivi guadagni dell’impresa hanno continuato a confluire sugli stessi. In altri termini, nei conti correnti di cui si dice sono confluiti i guadagni del figlio (OMISSIS) divenuto dopo il 1980 titolare dell’impresa. La difesa pertanto, chiede che le sorelle (OMISSIS) e (OMISSIS) vengano condannate a restituire le somme dalle stesse indebitamente prelevate dal conto corrente, dopo la morte del padre (OMISSIS).

4.1.= Anche questa censura non ha ragion d’essere ed essenzialmente perche’ si risolve nella richiesta di un riesame dei fatti di causa non proponibile nel giudizio di cassazione se come nel caso in esame la valutazione effettuata dalla Corte distrettuale e’ priva di vizi logici e/o giuridici. Come ha avuto modo di chiarire la Corte distrettuale (….) i predetti conti erano intestati al de cuius e che il permanere dell’attivita’ di collaborazione da parte di (OMISSIS) anche dopo la cessione dell’azienda ha fatto in modo che almeno una parte delle somme affluite sui predetti conti fossero allo stesso ascrivibili. Giustamente il Tribunale ha ricordato la sussistenza di un contenzioso in corso tra padre e figlio proprio sulla legittimita’ dei prelievi eseguiti da (OMISSIS) il che esclude de plano un diritto alla ripetizione da parte di quest’ultimo.

Trattasi con tutta evidenza di una motivazione ponderata e pienamente coerente con i dati processuali, come tale non suscettibile di essere sindacata nel giudizio di cassazione. Vale la pena evidenziare, anche, in questa sede, che i limiti istituzionali del giudizio di cassazione sono segnati dal suo oggetto, costituito da vizi specifici della decisione del giudice inferiore e non direttamente dalla materia controversa nella sua interezza, e trovano attuazione in una attivita’ che si caratterizza in funzione della rimozione della decisione viziata e non gia’ della sostituzione immediata di questa. Va, altresi’, precisato, che, pur se per effetto dell’evoluzione legislativa succedutasi nel corso degli ultimi tempi, i limiti istituzionali del giudizio di cassazione siano stati profondamente rimaneggiati, tanto da rendere, oramai, obsoleta l’idea della Cassazione come giudice della sentenza, tuttavia, la funzione di garanzia che l’ordinamento assegna al giudice di legittimita’ in attuazione dell’articolo 65 ord. giud. si esercita, comunque, nella duplice direzione di un controllo sulla legalita’ della decisione e di un controllo sulla logicita’ della decisione. Nella prima direzione, il controllo di legittimita’ affidato alla Corte di cassazione consiste nella verifica sotto il profilo formale e della correttezza giuridica dell’esame e della valutazione compiuti dal giudice di merito (15824/14; 8118/14; 7972/07), mentre riguardo alla seconda si e’ soliti dire che la Corte viene investita della facolta’ di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, le argomentazioni svolte dal giudice del merito, con la precisazione che ad esso e solo ad esso, spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad esse sottesi (22386/14; 22146/14; 20322/05). Comune ad entrambe queste impostazioni il principio, positivamente avallato dalla ideazione del giudizio di cassazione come un giudizio a critica vincolata, in cui le censure che si muovono al pronunciamento di merito devono necessariamente trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, secondo cui la Corte di cassazione non e’ mai giudice del fatto in senso sostanziale secondo la rappresentazione che le parti ne fanno al giudice di merito e che prende forma nel contraddittorio processuale. Si afferma cosi’ che il controllo che la Corte esercita in funzione della legalita’ della decisione non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa, cosi’ come a sua volta il controllo di logicita’ non consente alla parte di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una sua diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimita’ degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito. E questo perche’, come si chiosa abitualmente, il controllo affidato alla Corte “non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che cio’ si tradurrebbe in un nuova formulazione del giudizio di fatto, in contrasto con la funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimita’”. (70012/14; 18074/14; 91/14).

5 = Con il quinto motivo il ricorrente lamenta la violazione del principio iura novit curia. Omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale, erroneamente, avrebbe rigettato la domanda avanzata da (OMISSIS) di rimborso del costo delle opere realizzate a vantaggio dell’immobile di cui di dice, perche’ non avrebbe tenuto conto che le opere il cui costo e’ stato richiesto riguardavano l’intero compendio immobiliare e non solo singole porzioni dello stesso. E, poiche’ l’intero compendio immobiliare fa parte dell’asse ereditario era doveroso imputare le spese sostenute per lo stesso a carico della massa ereditaria. Secondo la Corte distrettuale nel caso di specie non sarebbe applicabile, cosi’ come era stato richiesto, la norma di cui all’articolo 936 c.c., comma 2, perche’ (OMISSIS) non sarebbe terzo rispetto al padre e alla massa ereditaria, eppero’, a prescindere dall’inquadramento giuridico operato da (OMISSIS) il giudice avrebbe potuto e dovuto individuare la fattispecie astratta nella quale sussumere la fattispecie concreta. Non vi e’ dubbio che tutte le lavorazioni effettuate da (OMISSIS) hanno determinato un notevole incremento di valore del compendio immobiliare dal quale ora a seguito della morte del padre tutti i fratelli ne traggono giovamento e, dunque, sarebbe ingiusto ed iniquo che il solo (OMISSIS) si faccia carico di tutti i costi sopportati per avvantaggiare le sorelle.

Dalla prova testimoniale sarebbe poi risultato che i pagamenti dei lavori di cui si dice sarebbero stati effettuati dallo stesso (OMISSIS).

5.1.= Il motivo e’ infondato, non solo perche’ si risolve nella richiesta di una rinnovazione di un giudizio di fatto, non proponibile nel giudizio di cassazione se, come nel caso in esame, la valutazione dei dati processuali effettuata dalla Corte distrettuale non presenta vizi logici o giuridici, ma e/o soprattutto perche’ neppure in questa sede il ricorrente indica le prove, eventualmente non valutate dal Giudice del merito, idonee a dimostrare, in modo certo, che tutti i pagamenti per i lavori di miglioramento di cui si dice erano stati tutti effettuati da (OMISSIS) con denaro proprio.

Infatti, come ha avuto modo di chiarire la Corte distrettuale (…) gia’ appare palese l’equivocita’ dei riscontri testimoniali visto che solo i testi (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno esplicitamente affermato, secondo la stessa sentenza impugnata, di aver ricevuto il pagamento direttamente dalle mani di (OMISSIS) in contrasto con la produzione documentale avversaria (che attesterebbe la corresponsione delle somme da parte del de cuius, secondo il documento 23 delle appellate) il che rende sicuramente insufficiente la prova dell’origine dei pagamenti, anche per l’interferenza della prescrizione correttamente applicata dal Tribunale.

In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente in ragione del principio di soccombenza ex articolo 91 c.p.c. condannato al pagamento delle spese del presente giudizio che vengono liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in euro 3.700,00 di cui euro 200,00 per esborsi oltre spese generali ed accessori come per legge.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *