Cassazione 4

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 17 novembre 2015, n. 23491

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23116/2014 proposto da:

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO NOTARILE MILANO – (OMISSIS) -, IN PERSONA DEL SUO LEGALE RAPP.TE P.T., elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 12/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/06/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato (OMISSIS) difensore del ricorrente che si riporta agli atti depositati;

udito l’Avv. (OMISSIS) con delega depositata in udienza dell’Avv. (OMISSIS) difensore del controricorrente che si riporta agli atti depositati;

sentito il P.M. in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN FATTO

Con ordinanza ai sensi dell’articolo 702 ter c.p.c., la Corte di Appello di Milano rigettava il ricorso del notaio (OMISSIS) avverso la decisione n. 126 emessa dalla Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina della Circoscrizione Territoriale della Lombardia in data 24 ottobre 2013, confermata, integralmente con conseguente condanna del ricorrente soccombente alle spese del processuali.

In particolare con la suddetta confermata decisione veniva inflitto al notaio medesimo la sanzione disciplinare della sospensione di mesi sei.

Piu’ specificamente, ancora, con il citato provvedimento della Corte distrettuale venivano ritenuti “privi di pregio” i motivi del ricorso relativi, in ordine, ai tre contestati capi di incolpazione ovvero – rispettivamente la trascrizione tardiva di atti, l'”esposizione di anticipazioni non giustificate” e la “delega di attivita’ al Signor (OMISSIS) e ai suoi collaboratori”.

La Corte territoriale riteneva, inoltre, ancor privi di pregio “i finali rilievi sviluppati avverso la qualita’ e la misura della sanzione inflitta anche con riguardo alla lamentata esclusione della concessione delle circostanze attenuanti”.

Per la cassazione dell’anzidetto provvedimento della Corte di Appello di Milano ricorre il (OMISSIS) con atto affidato a dieci ordini di motivi.

Resiste con controricorso il Consiglio Notarile di Milano.

Ha depositato, nell’approssimarsi dell’udienza, memoria la parte ricorrente.

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di “violazione e falsa applicazione di norme di diritto (articoli 2671 e 1719 c.c., Legge n. 289 del 1913, articoli 27 e 28, articolo 360 c.p.c., n. 3) nella parte in cui l’impugnata ordinanza individua ipotesi di ritardo nelle trascrizioni senza considerare che le trascrizioni (intendendo per le stesse, ai fini del presente ricorso, anche le iscrizioni) sono state effettuate non appena venuta a maturare la valuta dell’assegno conferito dal cliente e quindi non appena andato a buon fine l’assegno stesso”.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta, “in subordine rispetto al primo motivo, (la) mancata considerazione da parte dell’ordinanza impugnata della circostanza che in questo caso il cliente non si trova nella situazione di non aver pagato le somme relative agli oneri fiscali, ma di averle pagate con mezzo non liquido”.

3.- Con il terzo motivo parte ricorrente “in subordine ulteriore rispetto al primo motivo, e quindi anche rispetto al secondo, denuncia la violazione e falsa applicazione d di norme di diritto (articolo 147 c.p.c., comma 1, lettera a e b, Legge n. – articolo 360 c.p.c., n. 3) da parte dell’ordinanza impugnata in quanto le trascrizioni in ritardo non violano norme deontologiche”.

4.- I tre motivi innanzi sinteticamente esposti possono essere trattati congiuntamente attesa la loro continuita’ e contiguita’ argomentativa e logica. Con i medesimi motivi parte ricorrente, in sostanza, ripropone oggi un serie di ordini di argomentazioni analoghe a quelle gia’ svolte innanzi alla Corte territoriale.

I motivi congiuntamente qui in esame devono essere rigettati in quanto infondati.

In proposito non puo’ che richiamarsi il noto principio, gia’ a suo tempo affermato nella specifica materia, da questa Corte, che ha avuto modo di ribadire come ” il notaio ha la facolta’ di rifiutare la propria prestazione professionale se le parti non depositino presso di lui le somme necessarie per le tasse, l’onorario e le spese, ma, una volta che abbia comunque accettato di eseguire la prestazione richiestagli e di ricevere l’atto, il mancato pagamento di tali importi non lo autorizza a sottrarsi all’obbligo di provvedere alle formalita’ susseguenti (come la registrazione e la trascrizione dell’atto)” (Cass. civ., Sez. 3 , Sent. 27 novembre 2012, n. 20995).

Insomma, una volta accettato l’incarico notarile, ne’ il mancato pagamento da parte del cliente degli importi dovuti per tasse e trascrizione e neppure (a maggior ragione) il mancato perfezionamento della liquidita’ dei titoli rilasciati per il medesimo pagamento possono consentire al professionista di ritardare la dovuta tempestiva trascrizione.

D’altra parte l’articolo 2671 c.c., al di la’ della sua inusuale lettura proposta e riproposta dalla parte ricorrente, impone al notaio di provvedere alle formalita’ di pubblicazione e trascrizione dell’atto ricevuto (e voluto ricevere anche in assenza e/o carenza del versamento dovuto dal cliente) “nel piu’ breve tempo possibile” (Cass. n.ri 5756/1988 e 566/2000) e, quindi, senza alcun inescusabile indugio.

D’altra parte, ancora, nella concreta ipotesi risultava il dato numerico (non contestato dall’odierno ricorrente) del ritardo medio delle trascrizioni-iscrizioni tardiva di ben 18, 22 e 23 giorni nel solo periodo “a campione” considerato.

Anche tale ultimo dato conferma la non accoglibilita’ delle prospettazioni di cui ai motivi del ricorso in esame, giacche’ non puo’ pretendersi uno stravolgimento dei noti principi nella specifica materia innanzi citati con la legalizzazione di una prassi dei ritardi negli adempimenti notarili che finirebbero per compromettere gravemente la sicurezza giuridica dei rapporti e la violazione del ruolo di garanzia che lo Stato e le parti affidano al Notaio.

I tre motivi vanno, quindi, rigettati.

5.- Con il quarto motivo del ricorso “in subordine rispetto al terzo motivo, ad escludere il secondo capo di incolpazione, qualora lo stesso non dipenda solo da errore di diritto, mancata considerazione della circostanza, di fatto pacifica in atti (articolo 360 c.p.c., n. 5) che si e’ trattato di ritardo od anche di piu’ ritardi con mera colpa non cosciente e non dolo”.

Il motivo, per come formulato con riferimento alla norma processuale espressamente citata da parte ricorrente, e’ del tutto inammissibile.

Tanto per una duplice serie di ragioni.

Innanzitutto in quanto si prospetta una circostanza asseritamente “pacifica in atti”, ma senza la specifica allegazione ed indicazione dei dovuti riferimenti atti a rintracciare il prospettato “fatto pacifico in atti”.

Al riguardo non puo’ che richiamarsi il noto principio, gia’ affermato da questa Corte, secondo cui una censura, formulata come quella in esame, non puo’ che ritenersi carente sotto il profilo del compiuto adempimento degli oneri connessi all’ossequio del principio di autosufficienza.

Si sarebbe, infatti, dovuto procedere – ad onere della parte ricorrente – alla riproduzione diretta del contenuto dei documenti fondanti, secondo l’allegata prospettazione, la censura mossa all’impugnata sentenza (Cass. civ., Sez. 5 , Sent. 20 marzo 2015, n. 5655) ovvero, ancora, adempiere puntualmente almeno l’onere di indicare specificamente la sede (fascicolo di ufficio o di parte di uno dei pregressi gradi del giudizio) ove rinvenire i detti documenti (Cass. civ., Sez. 6 , Ord. 24 ottobre 2014, n. 22607).

Infatti, “in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del Decreto Legislativo n. 40 del 2006, il novellato articolo 366 c.p.c., comma 6, oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e dei documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto (e dove sia stato prodotto nelle fasi di merito)” (cfr., per tutte. Cass. SS.UU. 2 dicembre 2008, n. 28547).

Sotto un secondo aspetto il motivo in esame e’, comunque, inammissibile in quanto afferisce ad un profilo proprio della valutazione del merito della fattispecie, che – fra l’altro – risulta correttamente svolta e motivata nel pro provvedimento oggetto del ricorso.

Il motivo qui in esame e’, quindi, inammissibile.

6.- Con il quinto motivo del ricorso si deduce la “violazione e falsa applicazione di norme di diritto (articolo 14 C.D.) (articolo 360 c.p.c., n. 3) nella parte in cui l’ordinanza impugnata individua l’illecito concorrenziale nella allocazione sotto la voce di “anticipazioni” di “importi non giustificati per visure ipotecarie e per visure in relazione ad atti societari” e quindi nel risvolto concorrenziale di un illecito tributario in assenza dell’accertamento dell’illecito tributario stesso”.

Il motivo, di non facile intellegibilita’, e’ infondato.

Il citato articolo 14 del Codice deontologico professionale, rilevante ex articolo 147, lettera b), L. Notarile recita, testualmente:

“configurano distinte ipotesi di illecita concorrenza, a titolo esemplificativo, i seguenti Comportamenti:

– la mancata e documentata specificazione di anticipazioni, onorari, diritti e compensi;

– la omissione o la emissione irregolare di fatture a fronte di prestazioni rese”.

Nella fattispecie, quindi, non poteva che essere contestata e riconosciuta la illecita concorrenza per la mancata specificazione delle suddette anticipazioni. L’argomentazione di parte ricorrente, che sembrerebbe postulare un preliminare accertamento tributaria oltre che nuova e’ non documentata come gia’ formulata nelle precedenti fasi del giudizio e’ del tutto irrilevante: la violazione di cui si discute attinge, infatti, direttamente ed autonomamente alla succitata previsione deontologica e non postula affatto un necessario e prodromico accertamento fiscale.

Va, poi, evidenziato come – a fronte delle varie irregolarita’ e dei disordini contabili – il notaio ricorrente non ha neppure fornito la prova contraria. Ne’, come tale, puo’ oggi valutarsi ed intendersi il “parere di un illustre esperto” trascritto nel ricorso (prospettato, in punto, articolo 360 c.p.c., ex n. 3), parere che dovrebbe “dimostrare che la violazione fiscale e’ inesistente”: in ipotesi, si ribadisce, si trattava di violazione essenzialmente deontologica e non necessariamente tributaria.

Il motivo va, dunque, rigettato.

7.- Con il sesto motivo del ricorso si deduce “in subordine rispetto al quinto motivo, la mancata considerazione della circostanza, di fatto pacifica in atti (articolo 360 c.p.c., n. 5), che la violazione di norme fiscali non e’ stata in alcun modo accertata e che in senso contrario il Notaio (OMISSIS) ha portato elementi contrari in alcun modo confutati nell’ordinanza”.

Il motivo, per il medesimo ordine di ragioni gia’ esposte innanzi sub 6.- non puo’ essere accolto.

Ribadendo la eterogeneita’ rispetto alla contestata violazione deontologica delle deduzioni relative all’aspetto tributario, il motivo in esame – stante la sua non congruenza – deve essere ritenuto inammissibile.

8.- Con il settimo motivo del ricorso si prospetta la “violazione e falsa applicazione di norme di diritto (articolo 47 L. N.; principi articoli 36 e 42 del Codice Deontologico) (articolo 360 c.p.c., n. 3) nella parte in cui l’ordinanza impugnata contesta la spersonalizzazione dell’attivita’ notarile solo in ragione di elementi quantitativi relativi al giro di affari (ed al compenso del collaboratore autonomo) senza individuare nel concreto l’effettiva spersonalizzazione”.

Il motivo non e’ ammissibile.

Con lo stesso si prospetta la violazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, svolgendo tuttavia – una censura che, senza attingere alla parte motiva della decisione gravata, invero attiene alla (ri)valutazione nel merito della “spersonalizzazione dell’attivita’ notarile” e dei sui elementi.

Quest’ultimi, relativi alla “delega di attivita’ al Signor (OMISSIS) e ai suoi collaboratori”, risultano comunque – esaminati e valutati nella sentenza impugnata e neppure gravata sotto l’aspetto di eventuale carenza motivazionale.

La motivazione della decisione impugnata in ogni caso risulta, sul punto, congrua ed immune da vizi logici.

9.- Con l’ottavo motivo del ricorso “in subordine rispetto al settimo motivo, si deduce mancata considerazione della circostanza, di fatto pacifica in atti (articolo 360 c.p.c., n. 5), della mancanza di elementi di fatto a conforto della mancanza di personalizzazione diversi dall’alto volume di affari e dall’alto compenso del Sig. (OMISSIS)”.

Anche tale motivo (di non immediata comprensibilita’), postulando una indimostrata “circostanza di fatto pacifica in atti” attiene, nella sostanza, ad una impropria rivalutazione del merito della controversia, senza peraltro neppure censurare una specifica carenza motivazionale della decisione gravata.

Tanto disattendendo noti principi gia’ affermati da questa Corte, secondo cui “il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilita’, l’esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza impugnata aventi i requisiti di specificita’, completezza e riferibilita’ alla decisione impugnata” (Cass. n. 15592/2007).

Il tutto conformemente all’affermazione secondo cui “il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimita’ ex articolo 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile in mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, e non puo’ invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte perche’ la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, all’uopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione” (Cass. SS.UU. 11 giugno 1998, n. 5802). Tutto cio’ rende, come in ipotesi, “inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte e,in particolare, prospetti un preteso, migliore e piu’ appagante coordinamento dei fatti acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di discrezionalita’ di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata.

In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e percio’ in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalita’ del giudizio di cassazione” (Cass. civ., 26 marzo 2010, n. 7394).

Il motivo e’, quindi, inammissibile.

10.- Con il nono motivo del ricorso si deduce, “in subordine rispetto a tutti gli altri motivi, violazione e falsa applicazione delle norme di diritto (articolo 144, articolo 147, comma 1 , primo alinea, L. N., articolo 62 c.p.c., n. 1, articolo 24 Cost.) (articolo 360 c.p.c., n. 3) nella parte in cui l’ordinanza impugnata ha negato l’applicazione di attenuanti previste espressamente dalla legge, pur in presenza di tutti i presupposti di legge”.

Il motivo e’ infondato e va rigettato.

La Corte territoriale, nel confermare la decisione innanzi ad essa impugnata, ha evidenziato – come per espresso richiamo al disposto dell’articolo 147, comma 1 , primo alinea L. notarile, la sanzione e’ stata applicata graduandola rispetto alla complessiva gravita’ della fattispecie disciplinare, non minimizzabile con un “atteggiamento costantemente auto assolutorio”.

In sostanza la commisurazione della sanzione alla gravita’ della fattispecie, pienamente rientrante nel canone ex articolo 147 cit., risulta corretta ed immune dal denunciato vizio.

Il motivo va, pertanto, respinto.

11. – Con il decimo motivo del ricorso si prospetta “in subordine rispetto al nono motivo, mancata considerazione di circostanze di fatto pacifiche in atti (articolo 360 c.p.c., n. 5)”.

Il motivo e’ inammissibile.

Dopo un accenno alla natura “di mero diritto” della questione sottesa ovvero dell’intervenuto risarcimento del danno patrimoniale prodotto a seguito di trascrizione in ritardo, parte ricorrente – con il motivo qui in esame – formula succintamente censura non ai sensi del n. 3, ma – invece – dell’articolo 360 c.p.c., n. 5.

In ogni caso la mossa censura e’, anche sotto il profilo fattuale, incongrua poiche’ nulla evidenzia circa l’eventuale omessa valutazione del riportato elemento (il risarcimento).

Va, in punto in ogni caso evidenziato, che la gravata decisione ha evidenziato “l’assenza di integralita’ della riparazione del danno”.

Il motivo deve, percio’, essere ritenuto inammissibile.

12.- Alla luce di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto il ricorso deve essere rigettato.

13.- Le spese seguono la soccombenza e, per l’effetto si determinano cosi’ come da dispositivo. Ricorrono i presupposti, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 1 quater, per disporre il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della parte contro ricorrente delle spese del giudizio, determinate in euro 7.2.00,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello tesso articolo 13, comma 1 bis.

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