Corte di Cassazione, sezione II penale, sentenza 15 giugno 2016, n. 24804

Il radicamento sul territorio nazionale, rilevante alla stregua di motivo di rifiuto della consegna dell’estradando per l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo, debba essere reale e non estemporaneo, desumibile dalla presenza in Italia, dalla continuità temporale della stessa e dalla distanza temporale tra quest’ultima e la commissione del reato, oltre che dalla fissazione di un centro di interessi lavorativi e affettivi

Suprema Corte di Cassazione

sezione II penale

sentenza 15 giugno 2016, n. 24804

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FUMU Giacomo – Presidente
Dott. TADDEI Margherita B. – Consigliere
Dott. IMPERIALI Luciano – rel. Consigliere
Dott. AIELLI Lucia – Consigliere
Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 28/2015 della CORTE DI APPELLO DI CATANIA, del 15/04/2016;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. LUCIANO IMPERIALI;
udito il P.G. dott. STEFANO TOCCI, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. (OMISSIS) del foro di RAGUSA che si e’ riportato ai motivi del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 10/12/2015 questa Corte di Cassazione annullava la sentenza della Corte d’appello di Catania in data 21/10/2015, che aveva disposto la consegna alle Autorita’ romene di (OMISSIS), in esecuzione di mandato di arresto europeo n. 29, emesso dal Tribunale di Moinesti il 7/9/2007 a seguito di sentenza di condanna alla pena di anni tre di reclusione per un delitto di furto, pronunciata allo stesso Tribunale di Moinesti il 5/3/2007. La sentenza della Corte distrettuale veniva annullata con rinvio per un nuovo giudizio per non essere stati adeguatamente considerati i motivi prospettati dal ricorrente, ed in particolare per avere tale sentenza soltanto apoditticamente motivato in ordine all’inapplicabilita’ della disposizione di cui alla L. n. 69 del 2005, articolo 18, lettera r).
2. Con sentenza del 15/4/2016, fondata su un’informativa dei Carabinieri di Acate in relazione all’effettivo radicamento del prevenuto sul territorio italiano, la Corte d’appello di Catania ha nuovamente disposto a consegna del (OMISSIS) alle Autorita’ romene in esecuzione del gia’ menzionato mandato di arresto europeo.
3. Propone ricorso per cassazione il (OMISSIS), a mezzo del suo difensore, lamentando che la Corte territoriale ha incentrato la sua valutazione sulla mancanza di stabile attivita’ lavorativa del ricorrente senza considerare adeguatamente altri elementi, quali la legalita’ della sua presenza in Italia, trattandosi di cittadino comunitario, la sua residenza in (OMISSIS), come riconosciuto dalla stessa Corte con altro provvedimento che ivi applicava al ricorrente la misura degli arresti domiciliari, ed il notevole lasso di tempo trascorso tra la commissione del reato per il quale viene richiesta la consegna e l’accertata presenza sul territorio italiano.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ infondato e va rigettato per le ragioni di seguito indicate.
1. E’ noto, alla luce di un pacifico insegnamento giurisprudenziale di questa Suprema Corte (sez. F., n. 33865 del 30/7/2015, Rv. 264372; Sez. 6, n. 9767 del 26/02/2014, Rv. 259118; Sez. 6, n. 50386 del 25/11/2014, Rv. 261375), che la nozione di “residenza” rilevante – dopo la sentenza n. 227/2010 della Corte costituzionale – ai fini del rifiuto di consegna di un cittadino di altro Paese membro dell’Unione, ai sensi della L. 22 aprile 2005, n. 69, articolo 18, lettera r), presuppone un radicamento reale e non estemporaneo della persona nello Stato, desumibile dalla legalita’ della sua presenza in Italia, dall’apprezzabile continuita’ temporale e stabilita’ della stessa, dalla distanza temporale tra quest’ultima e la commissione del reato e la condanna conseguita all’estero, dalla fissazione in Italia della sede principale (anche se non esclusiva) e consolidata degli interessi lavorativi, familiari ed affettivi, dal pagamento eventuale di oneri contributivi e fiscali. La nozione di “dimora”, rilevante ai medesimi fini, si identifica, inoltre, con un soggiorno nello Stato stabile e di una certa durata, idoneo a consentire l’acquisizione di legami con lo Stato pari a quelli che si instaurano in caso di residenza (sez. F., n. 33865 del 30/7/2015, Rv. 264372, cit.).
2. Nel caso di specie, una valutazione ponderata di tali elementi ha legittimamente indotto la Corte territoriale a non riconoscere un comprovato stabile radicamento del (OMISSIS) sul territorio nazionale. Per quanto non siano privi di rilevo ne’ la legittimita’ della presenza del ricorrente sul territorio nazionale, in quanto cittadino comunitario, ne’ il tempo trascorso dal reato commesso in Romania nel 2006, di cui alla condanna del 2007, la Corte di Appello di Catania ha pero’ rilevato, sulla scorta di un approfondimento istruttorio dei carabinieri di Acate, l’insussistenza di elementi idonei a comprovare un reale radicamento del (OMISSIS) sul territorio nazionale, non risultando essere stato ivi fissato il centro degli interessi lavorativi e/o affettivi del ricorrente.
Sulla scorta del predetto approfondimento, invero, la sentenza impugnata ha in primo luogo evidenziato che il ricorrente non ha residenza anagrafica in Italia, pur avendo formalizzato una denuncia in (OMISSIS) nel 2011, ed ha spostato piu’ volte la dimora, anche in (OMISSIS), ed ha riportato due condanne per fatti commessi in (OMISSIS), peraltro senza mai svolgere lavoro regolare nella provincia di Ragusa. Alla luce dell’accertamento dei CC. riportato in sentenza, pertanto, deve ritenersi che soltanto impropriamente la stessa Corte di Appello di Catania, in altra occasione, nell’applicare al (OMISSIS) la misura degli arresti domiciliari, con ordinanza del 19/8/2015 ebbe a definire “residenza del predetto” la sua abitazione in (OMISSIS).
Gli elementi valorizzati dal ricorrente nel ricorso, pertanto, appaiono significativi di un’assidua presenza del (OMISSIS) sul territorio nazionale, negli ultimi anni, ma correttamente la Corte territoriale ha rilevato che si tratta di elementi inidonei a dimostrare la data dell’effettivo ingresso del (OMISSIS) in Italia e, soprattutto, se tale soggiorno si sia protratto in modo ininterrotto e precario oppure stabile. Conseguentemente, uniformandosi al quadro di principi dinanzi ricordati, la Corte di merito ha puntualmente esaminato i dati emergenti dalla documentazione prodotta dal ricorrente e, alla luce degli accertamenti dei Carabinieri di Agate, ne ha motivatamente escluso, con lineari argomentazioni, ogni profilo di rilevanza al fine sopra indicato, osservando: a) che il (OMISSIS) non risulta formalmente residente in Italia; b) che non vi e’ alcuna prova del suo asserito inserimento nel mondo del lavoro in Italia; c) che non vi e’ prova nemmeno in ordine allo stabilimento di parenti del predetto nella zona del ragusano, atteso anche che il ricorrente ha perfino omesso l’indicazione dei nomi di tali familiari o parenti, e che dai provvedimenti dell’A.G. rumena risulta celibe e senza figli; d) che non e’ stato prodotto alcun documento di identita’ italiano ne’ del ricorrente ne’ di familiari asseritamente stabilitisi in Italia.
3. Al rigetto del ricorso consegue, ex articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria curera’ l’espletamento degli incombenti di cui alla L. n. 69 del 2005, articolo 22, comma 5.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si provveda ai sensi della L. n. 69 del 2005, articolo 22, comma 5.

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