Cassazione 12

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 31 marzo 2016, n. 12942

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORTESE Arturo – Presidente

Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere

Dott. BONI Monica – Consigliere

Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere

Dott. MINCHELLA Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 6210/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di TORINO, del 19/11/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MINCHELLA Antonio;

lette le conclusioni del PG Dott. VIOLA Alfredo Pompeo, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.

RILEVATO IN FATTO

Con ordinanza in data 19.11.2014 il Tribunale di Sorveglianza di Torino rigettava il reclamo proposto da (OMISSIS) (detenuto in espiazione della pena di cui al Provvedimento di cumulo emesso in data 18.02.2011 dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Palermo) avverso il Provvedimento in data 18.09.2014 con il quale il Magistrato di Sorveglianza di Novara aveva rigettato parzialmente l’istanza di liberazione anticipata per i periodi 15.05.2006/15.11.2007, 15.05.2010/15.05.2011, 15.11.2011/15.05.2012 e 15.11.2012/15.05.2014 sulla scorta di ben 19 rapporti disciplinari elevati a carico del detenuto nei periodi sopra indicati, inficianti quindi la regolarita’ comportamentale. Il (OMISSIS) aveva proposto reclamo evidenziando che, relativamente ad otto rapporti disciplinari, la sanzione era stata annullata a seguito dell’accoglimento dei relativi reclami da parte del Magistrato di Sorveglianza di Reggio Emilia; che per alcuni rapporti vi era in atti una impugnazione in attesa di decisione; che un rapporto disciplinare gli era stato contestato in data 14.04.2012 e cioe’ nel giorno del suo trasferimento al carcere di Novara, senza che avesse poi la possibilita’ di difendersi; che per altri rapporti gli era stato assicurato dall’Ufficio Matricola che si era verificata la decorrenza dei termini con conseguente “condono”.

Il Tribunale di Sorveglianza di Torino rigettava questo reclamo: pur prendendo atto degli annullamenti di diverse sanzioni disciplinari (conseguenti a rifiuti di svolgere attivita’ lavorativa per ragioni di salute), si notava che le relative decisioni erano state assunte sul presupposto dell’assenza di un rapporto lavorativo tra detenuto ed Amministrazione e della sussistenza, invece, di una offerta lavorativa da parte dell’Amministrazione, circostanza che non faceva configurare la fattispecie disciplinare; tuttavia il Tribunale di Sorveglianza sottolineava il principio secondo il quale il comportamento del detenuto, pur non rivestendo uno specifico profilo disciplinare, poteva certamente essere considerato dal punto di vista trattamentale; nel caso di specie, si sottolineava che gli annullamenti delle sanzioni erano derivati da motivi formali, ma restava in atti la relazione dell’Istituto di Pena di Parma in data 25.06.2014 (dove il (OMISSIS) era stato ristretto al regime detentivo differenziato di cui all’articolo 41 bis O.P. sino al di 15.04.2014) secondo la quale il detenuto era costantemente incorso in numerosi rapporti disciplinari che, seppure di lieve entita’, dimostravano per numero, frequenza e costanza, una insofferenza alle regole e l’assenza di qualsiasi partecipazione al trattamento rieducativo. Parimenti non potevano avere rilievo positivo i rapporti disciplinari per i quali erano decorsi i termini di contestazione: restava comunque in atti la registrazione di frequenti condotte di rilievo negativo; al contempo, eventuali questioni relative ad anomalie nel procedimento disciplinare avrebbero dovuto essere evidenziate con l’apposito procedimento innanzi al Magistrato di Sorveglianza competente.

Avverso detto decreto ricorreva per cassazione il (OMISSIS) personalmente, ribadendo le ragioni esposte nel suo reclamo al Tribunale di Sorveglianza e lamentando di non avere avuto possibilita’ di difendersi in relazione a diversi procedimenti disciplinari; contestava l’accusa di non essere stato partecipe del trattamento, lamentando di non avere avuto serie possibilita’ rieducative ne’ serie prospettive lavorative; si doleva di non essere mai stato ristretto in isolamento disciplinare e di essere stato sempre rispettoso dell’Amministrazione Penitenziaria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ fondato.

Si e’ detto sopra che il ricorrente ha proposto un reclamo in tema di concessione della liberazione anticipata: il beneficio era stato a lui parzialmente negato per la sussistenza di numerosi rilievi disciplinari, ma il suo reclamo aveva posto in evidenza che molti di quei rilievi non avevano condotto a sanzioni effettive, poiche’ le stesse erano state annullate dal Magistrato di Sorveglianza.

In definitiva, il Tribunale di Sorveglianza di Torino prendeva atto dell’annullamento di dette sanzioni, ma le riteneva quali decisioni di carattere formale, non tali da inficiare la sostanza della negativita’ della condotta del (OMISSIS), il quale avrebbe dimostrato una generale insofferenza alle regole ed una mancanza di partecipazione all’opera rieducativa trattamentale.

Il ricorso contesta questa conclusione, evidenziando che la partecipazione al trattamento rieducativo era stata si’ condizionata in modo rilevante dalla sua sottoposizione al regime detentivo differenziato ex articolo 41 bis O.P., ma non era mai stata da lui pretermessa: si sottolineava che i problemi relativi alle prestazioni lavorative erano stati dovuti a ragioni di salute, con la conseguenza che l’esercizio di un diritto non poteva essere considerato come motivo di rilievo disciplinare.

Orbene, nella fattispecie non puo’ non rilevarsi che il Tribunale di Sorveglianza di Torino ha espresso principi certamente corretti: al fine dell’ottenimento della liberazione anticipata e’ necessario che il condannato non tenga una condotta esclusivamente passiva di supina e disciplinata osservanza delle norme che regolano l’espiazione della pena, ma occorre che invece concreti un modo di operare di valore sintomatico rispetto ai fini perseguiti dalla legge. In altri termini, necessitano condotte concrete (quali la correttezza nei rapporti interpersonali, il rispetto delle regole, la disponibilita’ ai colloqui con gli operatori, il riguardo verso le figure istituzionali et cetera) che siano significative di una volontaria cooperazione tesa al piu’ efficace reinserimento nella societa’. Parimenti, e’ corretto dire che il beneficio previsto dall’articolo 54 O.P. presuppone un giudizio positivo sulla partecipazione del soggetto al trattamento rieducativo da desumersi mediante una valutazione globale: cio’ perche’ l’opera di rieducazione, sebbene articolata nel tempo e sottoposta a vagli periodici, si presente come un unicum inscindibile, globalmente diretto al reinserimento nella societa’ di un soggetto effettivamente emendato, come tale meritevole di riacquistare la sua condizione di cittadino nella pienezza di diritti e di doveri.

Si consideri che l’articolo 54 O.P., nel fare riferimento ad una condotta regolare e partecipativa, addirittura non fa espresso riferimento a vere e proprie sanzioni disciplinari o ad altri provvedimenti sfavorevoli, ma – in modo piu’ lato – a tutti quei comportamenti che denotino una scarsa adesione alle regole restrittive ed una mancanza di quel particolare impegno che individua la meritevolezza del beneficio, nella prospettiva della rieducazione, che e’ il fine del trattamento.

E’ agevole notare che queste considerazioni vanno ripetute a fortiori allorquando il condannato abbia riportato sanzioni disciplinari dimostrative della incostanza del senso di responsabilita’: la commissione di comportamenti sintomatici di una insofferenza alle regole ed alle norme fa riscontrare non un semplice difetto di partecipazione all’opera di rieducazione, ma addirittura il difetto del requisito di base, costituito dalla regolarita’ della condotta.

Se dunque i principi espressi nell’ordinanza impugnata appaiono corretti, va detto, invece, che la motivazione della stessa non rende conto delle ragioni della negativita’ ritenuta in ordine al comportamento del (OMISSIS): si legge in essa che il detenuto era incorso “in numerosi rapporti disciplinari che, seppur di lieve entita’, per numero, frequenza, costanza dipingono un soggetto insofferente alle regole, minimamente intenzionato a recepire il minimo trattamento attuato nei suoi confronti”.

Ma null’altro viene aggiunto: non si dice, cioe’, quali siano esattamente i rapporti disciplinari ai quali si fa riferimento; in quale numero essi siano; quale sia stata la loro frequenza e quale sia stata la loro entita’, atteso che si afferma che essi sarebbero tali da dipingere in modo molto negativo la figura del ricorrente.

E cio’ configura una motivazione apparente: in effetti, la valutazione della condotta del condannato ai fini della liberazione anticipata implica un giudizio sulla disponibilita’ del soggetto i cui sintomi devono necessariamente ricavarsi da un esame complessivo della personalita’ secondo i principi sanciti dall’articolo 13 dell’Ordinamento Penitenziario. Pertanto la valutazione negativa di alcuni semestri, a causa di comportamenti che siano indicativi della mancanza di reale disponibilita’ al trattamento, deve essere l’esito di un’indagine particolarmente approfondita, espressa in un Provvedimento che analiticamente spieghi le ragioni in base alle quali il negativo giudizio espresso sia di tenore tale di rigettare il beneficio. A tale obbligo non ottempera il Giudice di merito che si limiti genericamente a valutare in negativo la condotta tenuta dall’interessato: in altri termini, a tale obbligo di puntuale e specifica motivazione non ottempera il Giudice che si serva di frasi troppo generiche, senza avere prima ricostruito e descritto i comportamenti cui attribuisce valenza negativa.

Il mero richiamo al fatto storico dell’esistenza di alcuni rilievi disciplinari, senza che nulla sia specificato quanto al contenuto degli atti e alla inferenza che da detto contenuto puo’ conseguentemente trarsi circa la sussistenza dei fatti ascritti, e senza una sia pur minima valutazione critica delle risultanze, oltre a non consentire di ritenere che il Giudice abbia fatto propri gli atti richiamati, impedisce di sottoporre a verifica la conclusione della ordinanza nei termini di affermazione di una sottrazione all’opera rieducativa.

Va infatti ribadito che sussiste il vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), sotto il profilo della motivazione meramente apparente, allorche’ il Provvedimento si limiti a indicare la fonte della valutazione (con la mera elencazione descrittiva degli elementi di fatto) senza che risultino invece indicati ne’ valutati i concreti elementi raccolti dagli operatori, sui quali, una volti acquisiti al procedimento, doveva esercitarsi la valutazione critica del Giudice.

Ne consegue che la ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Torino per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Torino.

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