cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 28 maggio 2015, n. 11024

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, per procura speciale a margine del ricorso, dall’avv. (OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)) ed elett.te dom.to presso lo studio dell’avv. (OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)) in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)), rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al controricorso, dall’avv. (OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)) ed elett.te do.ta presso lo studio della stessa in (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2114/2013 della Corte d’appello di Milano depositata il 27 maggio 2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13 aprile 2015 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;

udita per la controricorrente l’avv. (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilita’ o in subordine il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La sig.ra (OMISSIS) ottenne decreto ingiuntivo nei confronti del suo ex marito, sig. (OMISSIS), per il pagamento di euro 10.205,55, oltre accessori, a titolo di rimborso delle spese relative a due abitazioni – una in (OMISSIS) e una in (OMISSIS) – sulla base di quanto disposto dalla sentenza 14 febbraio 2007, passata in giudicato, con cui il Tribunale di Monza – Sezione distaccata di Desio aveva definito le condizioni del divorzio: nel dispositivo della quale si legge che il Tribunale “pone, altresi’, a carico di (OMISSIS) l’obbligo di provvedere direttamente al pagamento degli ulteriori oneri previsti in sede di separazione in ordine al mutuo ed alle spese ordinarie e straordinarie degli immobili di (OMISSIS) e (OMISSIS) (punti 2 e 3)”. I “punti 2 e 3” sono le corrispondenti clausole dell’accordo di separazione dei coniugi a suo tempo omologato dal medesimo Tribunale.

Il sig. (OMISSIS) propose opposizione, sostenendo che tale sentenza poneva a suo carico esclusivamente le spese ordinarie e straordinarie relative agli immobili in questione, non anche le spese condominiali e quelle per il consumo di acqua, per le quali era stato emesso il decreto ingiuntivo.

L’opposizione fu respinta dal Tribunale con decisione confermata dalla Corte d’appello di Milano, la quale ha interpretato il giudicato nel senso che le spese ordinarie e straordinarie inerenti agli immobili in questione comprendevano anche le spese condominiali: sia perche’ queste ultime sono tipicamente pertinenti alle prime, sia perche’ tale soluzione e’ coerente con la motivazione della sentenza 14 febbraio 2007, che rivela come il Tribunale avesse inteso lasciare invariate, anche dopo lo scioglimento del matrimonio, le condizioni economiche a suo tempo concordate dalle parti in sede di separazione, tra le quali era espressamente previsto l’addebito al marito anche delle spese condominiali di cui trattasi.

Quanto, poi, alle spese per il consumo di acqua, la Corte ha ritenuto che esse rientrassero tra quelle condominiali, come risultava dal sollecito di pagamento delle stesse da parte dell’amministratore del condominio di (OMISSIS), e si riferissero piu’ precisamente all’irrigazione del giardino; in ogni caso l’inerenza dei consumi idrici alle spese concernenti l’immobile emergeva dal tono manifestamente onnicomprensivo delle espressioni usate dalle parti nel verbale di separazione, cui rinviava la sentenza sulle condizioni del divorzio.

Il sig. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione articolando quattro motivi di censura. La sig.ra (OMISSIS) si e’ difesa con controricorso. Il ricorrente ha anche presentato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione dell’articolo 12 preleggi, e dell’articolo 2909 c.c.. Il ricorrente afferma che nell’interpretazione del giudicato vanno applicate le regole ermeneutiche valevoli per le norme giuridiche, le quali prevedono la prevalenza del criterio letterale. Allorche’ – osserva, richiamando la giurisprudenza di questa Corte (in particolare Cass. 5128/2001) – l’applicazione di tale criterio produce un chiaro e inequivoco risultato ermeneutico, l’interprete non deve andare alla ricerca anche della mens legis.

Nella specie, secondo il ricorrente, il dispositivo (testualmente riportato sopra, in narrativa, in parte qua) della sentenza 14 febbraio 2007, che definisce le condizioni del divorzio, e’ appunto chiarissimo nel porre a carico del (OMISSIS), oltre al mutuo, le sole spese ordinarie e straordinarie relative agli immobili in questione, non anche le spese condominiali. Invero per spese ordinarie e straordinarie devono propriamente intendersi le spese relative all’unita’ immobiliare di proprieta’ individuale, laddove per spese condominiali debbono intendersi le spese relative alle parti di proprieta’ comune di un immobile. Ha dunque errato la Corte d’appello nell’abbandonare il terreno dell’interpretazione letterale per spingersi su quello dell’interpretazione logica.

2. – Con il secondo motivo si denuncia omesso esame di fatti decisivi, quali la locuzione prepositiva “in ordine”, che figura nel dispositivo della sentenza di cui si discute, avente un chiaro significato limitativo del richiamo agli oneri previsti in sede di separazione, e la circostanza che la stessa sig.ra (OMISSIS), nella domanda formulata nel giudizio di divorzio, aveva tenuto distinte le spese condominiali da quelle ordinarie e straordinarie, menzionandole separatamente.

3. – Con il terzo motivo, denunciando violazione dell’articolo 132 c.p.c., si censura l’insufficiente e illogica motivazione dell’inclusione delle spese condominali tra gli obblighi gravanti sul (OMISSIS) in base alla sentenza di divorzio, nonostante la mancata citazione delle stesse nel dispositivo.

4. – Tali motivi vanno esaminati congiuntamente, attenendo tutti all’interpretazione del giudicato sulle condizioni del divorzio quanto all’inclusione o meno delle spese condominiali tra gli oneri imposti all’ex marito.

Va premesso che “il giudice di legittimita’ accerta l’esistenza e la portata del giudicato con cognizione piena che si estende al diretto esame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito” (Cass. Sez. Un. 226/2001, in motivazione e successive conformi). In questo potere del giudice di legittimita’ restano assorbite le censure della motivazione articolate con il secondo e il terzo motivo di ricorso (il terzo, peraltro, e’ anche inammissibile, nella misura in cui denuncia un difetto assoluto di motivazione ai sensi dell’articolo 132 c.p.c., n. 4, dato che la decisione impugnata e’ invece sorretta da un ragionamento compiuto e ben comprensibile). Gli argomenti in esse esposti possono tuttavia essere presi in esame nello svolgimento del compito interpretativo rimesso a questa Corte.

Puo’ quindi osservarsi che e’ nel giusto il ricorrente allorche’ sostiene che l’interpretazione del giudicato va eseguita applicando le regole ermeneutiche previste per gli atti normativi e non quelle previste per gli atti negoziali (cfr., oltre a Cass. Sez. Un. 226/2001, cit., Cass. Sez. Un. 24664/2007, 11501/2008 e successive conformi) e che il criterio letterale ha, tra le prime, un ruolo prevalente, nel senso che, ove l’applicazione di tale criterio conduca a un risultato ermeneutico incontrovertibile, il compito dell’interprete deve ritenersi esaurito, senza necessita’ di ricorrere al criterio sussidiario della mens legis. Il ricorrente erra, pero’, nel ritenere raggiungibile un siffatto risultato, sulla base della sola interpretazione letterale, nel caso che ci occupa.

Ed invero non e’ sostenibile che tra le spese ordinarie e straordinarie relative ad un immobile non possano ricomprendersi, per limiti lessicali, anche le spese condominiali. Vero e’ invece il contrario, essendo il carattere della ordinarieta’ o straordinarieta’ del tutto indipendente dal carattere condominiale o individuale delle spese inerenti ad un immobile. Cio’ che conta e’, appunto, l’inerenza a quest’ultimo, e non e’ vero che tale inerenza difetti, quanto alle spese condominiali, per il solo fatto che esse attengono alle parti comuni dell’immobile, piuttosto che alle singole unita’ di proprieta’ individuale: vi osta la stretta connessione delle parti di proprieta’ comune con quelle di proprieta’ individuale. Del resto le stesse spese condominiali sono suscettibili di essere qualificate, a seconda dei casi, come ordinarie o straordinarie.

Naturalmente potrebbe ben darsi che la sentenza 14 febbraio 2007, di cui si discute, abbia inteso restringere l’addebito delle spese ordinarie e straordinarie alle sole spese attinenti alla proprieta’ individuale, con esclusione di quelle condominiali; ma questo e’, appunto, un nodo che la sola interpretazione letterale non e’ in grado di sciogliere e che impone percio’ il ricorso anche al criterio logico.

E il criterio logico porta inevitabilmente a concludere che le spese condominiali erano incluse. Allargando, doverosamente, l’indagine alla motivazione della sentenza da interpretare, emerge che quest’ultima ha inteso confermare, anche per il periodo successivo allo scioglimento del matrimonio, l’assetto dei rapporti economici concordato dalle parti in sede di separazione con il verbale omologato dal Tribunale e rideterminato – quanto al solo assegno di mantenimento a carico del marito, fissato in euro 2.400,00 mensili, ferme le ulteriori condizioni gia’ stabilite – con un nuovo accordo del 9 febbraio 2005 davanti alla Corte d’appello di Milano. Il Tribunale, infatti, dopo aver osservato che quell’accordo, “per quanto non vincolante per il giudice del divorzio, rappresenta, nel caso in esame, un significativo termine di confronto in ordine alle valutazioni condotte dalle parti stesse sulle rispettive condizioni economiche e sulle possibilita’ lavorative ed esigenze concrete di (OMISSIS)”, ha innovato ad esso soltanto nella riduzione dell’assegno da euro 2.400,00 ad euro 2.000,00 mensili, motivandola con il sopravvenuto diritto della signora a una pensione di importo lievemente superiore alla differenza di 400,00, euro.

Nulla, invece, ha osservato quanto alle “ulteriori obbligazioni contributive previste in sede di separazione in ordine al mutuo ed alle spese ordinarie e straordinarie degli immobili di (OMISSIS) e (OMISSIS) (punti 2 e 3)” (cosi’ la motivazione della sentenza, sostanzialmente identica al testo del dispositivo), confermate a carico del (OMISSIS); e va da se’ che il non trascurabile ridimensionamento di quelle obbligazioni, derivante in ipotesi dall’esclusione delle spese condominiali, avrebbe certamente meritato delle spiegazioni.

Le considerazioni sin qui rassegnate superano le non decisive considerazioni contrarie svolte nel secondo e nel terzo motivo di ricorso.

5. – Con il quarto motivo, denunciando violazione degli articoli 1362, 1364 e 1366 c.c., nonche’ articolo 2697 c.c., si censura la statuizione relativa alle spese per il consumo di acqua. Il ricorrente lamenta: a) la violazione dell’onere della prova quanto alla circostanza, non dimostrata, che i consumi di acqua fossero destinati esclusivamente all’irrigazione del giardino e fossero percio’ “relativi all’immobile” o “condominiali”; b) la violazione delle regole ermeneutiche dei contratti nella ricostruzione del contenuto degli accordi economici di separazione, cui la sentenza impugnata fa riferimento per sottolinearne il carattere onnicomprensivo.

6. – Il motivo e’ inammissibile sotto entrambi i profili dedotti.

Quanto al primo, infatti, va osservato che la Corte d’appello non ha affatto esonerato l’attrice dalla prova relativa ai presupposti di fatto dell’obbligo del convenuto di far fronte alle spese per i consumi di acqua, ma ha valutato le risultanze degli atti traendone il convincimento che esse fossero dovute al (l’amministratore del condominio e fossero relative all’irrigazione del giardino; quanto al secondo, va osservato che il ricorrente ha omesso di argomentare specificamente la denunciata violazione dei principi di cui all’articolo 1362 c.c. e ss., e di collegare la mera enunciazione degli stessi a specifiche criticita’ della decisione impugnata. In realta’ il ricorrente, a dispetto della rubrica sotto la quale colloca le censure, richiede nella sostanza a questa Corte di esercitare un sindacato sul merito della decisione dei giudici di appello, proponendo una diversa lettura degli atti processuali.

7. – Il ricorso va in conclusione respinto.

Alla soccombenza del ricorrente segue la condanna alle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla spese processuali, liquidate in euro 2.200,00, di cui euro 2.000,00 per compensi di avvocato, oltre spese forfetarie e accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla Legge 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *