cassazione 9

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 27 marzo 2015, n. 13062

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORTESE Arturo – Presidente

Dott. CAIAZZO Luigi Piet – rel. Consigliere

Dott. SANDRINI Enrico Giuseppe – Consigliere

Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere

Dott. BONI Monica – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 40/2014 CORTE APPELLO di CATANZARO, del 09/05/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CAIAZZO LUIGI PIETRO;

lette le conclusioni del PG Dott. CANEVELLI Paolo, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

RILEVATO IN FATTO

Con ordinanza in data 9.5.2014 la Corte d’appello di Catanzaro rigettava l’opposizione di (OMISSIS) avverso l’ordinanza con la quale il predetto aveva chiesto l’applicazione dell’indulto ex Legge n. 241 del 2006 sulla pena inflitta con sentenza della stessa Corte in data 18.5.2011, pena di anni 3 e mesi 6 di reclusione per il delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6. La difesa aveva sostenuto che all’istante spettava il predetto condono, sia perche’ dal dispositivo della sentenza di primo grado risultava espressamente che il (OMISSIS) era stato condannato per il delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, con esclusione dell’aggravante di cui al comma 4 dello stesso articolo, sia perche’ dalla pena inflitta si evinceva che non era stata ritenuta alcun’altra aggravante. Quindi doveva ritenersi, secondo la difesa, che nei confronti del (OMISSIS) non fosse stata ritenuta sussistente l’aggravante prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 5.

La Corte d’appello, invece, riteneva che quest’ultima aggravante fosse stata non solo espressamente contestata nel capo di imputazione, ma anche ritenuta dal giudice della cognizione, come risultava in particolare dalla motivazione della sentenza di secondo grado in data 18.5.2011.

Peraltro, secondo il giudice dell’opposizione, il dispositivo della sentenza di primo grado non giustificava l’interpretazione che ne aveva dato l’opponente – secondo il quale era stata esclusa l’aggravante di cui all’articolo 74, comma 5 – ne’ il giudice di secondo grado, in assenza dell’impugnazione del P.M., avrebbe potuto apportare modifiche peggiorative a trattamenti sanzionatori non in linea con la fattispecie ritenuta.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore, eccependone preliminarmente la nullita’, poiche’ l’avviso della camera di consiglio era stato notificato al difensore solo tre giorni prima dell’udienza, senza quindi rispettare il termine di dieci giorni previsto dall’articolo 127 c.p.p..

Il ricorrente, nel merito, ha ribadito che il giudice di primo grado, come risulta dal dispositivo della sentenza, aveva condannato il (OMISSIS) esclusivamente per il delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, condanna che il giudice dell’appello aveva confermato.

Pertanto, alla pena inflitta doveva essere applicato il condono di cui alla Legge n. 241 del 2006.

Con memoria in data 24.2.2015 il difensore, insistendo per l’accoglimento del ricorso, ha messo in evidenza che l’ordine di esecuzione della Procura generale della Repubblica di Catanzaro era all’evidenza errato, in quanto nello stesso si riportava che il (OMISSIS) era stato ritenuto colpevole del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commi 1, 2, 3 e 5 e che comunque il dispositivo della sentenza, secondo la costante giurisprudenza di legittimita’, doveva prevalere sulla motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Preliminarmente questa Corte ritiene infondato il motivo con il quale il ricorrente ha eccepito la nullita’ dell’ordinanza impugnata perche’ emessa a seguito di una udienza in camera di consiglio che, secondo il ricorrente, si doveva dichiarare nulla per il mancato rispetto nei confronti del difensore di fiducia del termine a comparire previsto dall’articolo 666 c.p.p., comma 3. Si deve infatti osservare che la suddetta nullita’ e’ stata sanata ex articolo 184 c.p.p., dalla mancata eccezione nel corso dell’udienza camerale, da parte del sostituto del difensore di fiducia, del mancato rispetto del termine di comparizione.

Con riguardo all’applicazione del condono di cui alla Legge n. 241 del 2006, invece, il ricorso e’ fondato, ma per motivi diversi da quelli dedotti dal ricorrente.

A (OMISSIS) nel capo 1) dell’imputazione era stato contestato il delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, per aver fatto parte di un’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, con le aggravanti di cui al quarto (associazione armata) e al quinto comma (associazione che tratta sostanze stupefacenti adulterate o commiste ad altre in modo che ne risulti accentuata la potenzialita’ lesiva) del predetto articolo.

Con la sentenza del Tribunale di Rossano in data 22.9.2009 il (OMISSIS) era stato dichiarato colpevole del reato a lui ascritto e, ritenuta l’ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, esclusa l’aggravante di cui dell’articolo 74, comma 4, era stato condannato alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione.

La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza in data 18.5.2011, aveva confermato la sentenza di primo grado nei confronti del (OMISSIS).

In sede esecutiva la difesa ha sostenuto, al fine di ottenere l’applicazione del condono sulla suddetta pena, che il predetto era stato condannato per il delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, senza alcuna aggravante, ma la suddetta tesi e’ inaccettabile, sia perche’ la sentenza di primo grado non ha escluso l’aggravante di cui all’articolo 74, comma 5 ne’ nel dispositivo ne’ nella motivazione, sia perche’ la sentenza della Corte d’appello, nella motivazione (pag. 57), ha espressamente ritenuto sussistente quest’ultima aggravante, richiamando la motivazione della sentenza di primo grado nella parte in cui da conversazioni intercettate (tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) risultava l’avvenuto taglio dello stupefacente con modalita’ pericolose per la salute. Pertanto, deve ritenersi incontestabile che il (OMISSIS) e’ stato condannato per il delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, con l’aggravante di cui dell’articolo 74, comma 5. Per il disposto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, se l’associazione e’ costituita per commettere i fatti descritti dell’articolo 73, comma 5, si applicano dell’articolo 416 c.p., commi 1 e 2.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito che il reato di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti costituita al fine di commettere fatti di lieve entita’ Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74, comma 6, costituisce fattispecie autonoma di reato e non mera ipotesi attenuata del reato di cui all’articolo 74, comma 1, Decreto del Presidente della Repubblica cit. (V. sentenza n. 34475 del 23.6.2011, Rv. 250352).

Dalla motivazione della sentenza si rileva che le Sezioni Unite hanno aderito a quell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale nel comma 6 dell’articolo 74 e’ stata configurata un’autonoma ipotesi di reato rispetto alle ipotesi associative piu’ gravi previste dai commi 1 e 2 del medesimo articolo, presentando essa un carattere specializzante autonomo ed originale rispetto a tali piu’ gravi associazioni, non essendosi quindi prevista una mera riduzione di pena, essendosi invece operato un generale richiamo all’articolo 416 c.p., che, per le caratteristiche del rinvio, non puo’ essere considerato solo quoadpoenam; perche’ il legislatore, tenuto conto del minore allarme sociale suscitato dalla condotta incriminata e della minore pericolosita’ degli autori dei fatti previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, ha voluto riqualificare l’associazione dedita allo spaccio per tali fatti di lieve entita’ come una semplice ipotesi di associazione per delinquere ex articolo 416 c.p..

Dunque, si deve considerare che nell’articolo 74, comma 6 non solo e’ stata configurata un’autonoma ipotesi di reato, ma che essa costituisce anche un’ipotesi di associazione per delinquere ex articolo 416 c.p., per lo specifico rinvio, non solo quoadpoenam, operato dalla norma.

A giudizio di questa Corte di legittimita’, il suddetto inquadramento del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, nel caso in esame aggravato dal comma quinto dello stesso articolo, rileva ai fini dell’applicazione dell’indulto di cui alla Legge 31 luglio 2006, n. 241.

La predetta legge esclude l’applicazione dell’indulto per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 in tutte le ipotesi previste dai commi 1 (promotori, costitutori, dirigenti, organizzatori o finanziatori dell’associazione), 4 (associazione armata) e 5 (nel caso in cui le sostanze stupefacenti trattate dall’associazione siano adulterate o commiste ad altre in modo che ne risulti accentuata la potenzialita’ lesiva) del medesimo articolo 74.

Esclude, inoltre, l’applicazione del beneficio in questione per il delitto di cui all’articolo 416 c.p., solo nel caso del sesto comma dello stesso articolo (se l’associazione e’ finalizzata alla commissione dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602 c.p.).

Essendo, per le ragioni esposte, il delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, una ipotesi di associazione per delinquere che rientra nell’articolo 416 c.p., il predetto delitto – come in tutti i casi di associazione per delinquere ex articolo 416 c.p., costituita per la commissione dei piu’ diversi delitti (con la sola esclusione di quelli previsti dagli articoli 600, 601 e 602 c.p.) – potra’ beneficiare dell’indulto ex Legge n. 241 del 2006, anche se aggravato ex articolo 74, comma 5 ovvero con altre aggravanti, poiche’ la predetta aggravante (75/5) e quella prevista dall’articolo 74, comma 4 sono ostative all’applicazione dell’indulto solo nel caso in cui il delitto per il quale si e’ riportato condanna sia quello di partecipazione ad un’associazione costituita per le finalita’ di cui del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 1.

La suddetta interpretazione consente anche di evitare l’incongruenza che per un’associazione per delinquere quale quella di cui all’articolo 74, comma 6, aggravata perche’ armata, non sarebbe applicabile l’indulto, mentre per un’associazione per delinquere di qualsiasi tipo (con la sola esclusione di quelle costituite per commettere i delitti previsti dagli articoli 600, 601 e 602 c.p.), sebbene aggravata perche’ gli associati scorrono in armi le campagne o le pubbliche vie, e’ applicabile l’indulto di cui alla Legge n. 241 del 2006.

Pertanto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio alla Corte d’appello di Catanzaro che dovra’ verificare se sussistono le condizioni soggettive per applicare il richiesto beneficio.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte d’appello di Catanzaro.

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