Cassazione10

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 22 febbraio 2016, n. 6814

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORTESE Arturo – Presidente

Dott. TARDIO Angela – rel. Consigliere

Dott. BONITO Francesco M.S. – Consigliere

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere

Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 2134/2014 TRIBUNALE SORVEGLIANZA di VENEZIA del 08/10/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. TARDIO Angela;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PINELLI Marco, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di sorveglianza di Venezia, con ordinanza dell’8 ottobre 2014, ha rigettato l’opposizione proposta da (OMISSIS) avverso il decreto del 20 giugno 2014, con il quale il Magistrato di sorveglianza di Padova aveva disposto – su richiesta della Questura – l’espulsione del medesimo, detenuto presso la Casa di reclusione di Padova in espiazione della pena (con inizio il 27 luglio 2009 e fine il 18 aprile 2015), di cui al provvedimento di cumulo della Procura di Venezia del 13 marzo 2012 e alla successiva rettificazione del 2 maggio 2012, e “identificato in quanto gia’ titolare di permesso di soggiorno, con rigetto della richiesta di rinnovo per motivi familiari da parte del Questore di Venezia in data 22.9.09”.

Il Tribunale osservava, a ragione della decisione, dopo aver richiamato le argomentazioni poste a fondamento del decreto impugnato e illustrato le censure opposte dalla difesa, che:

– era corretta la motivazione del decreto di espulsione, in difetto della prova di uno dei divieti di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 19, poiche’, pur essendo l’opponente padre di un cittadino italiano, non era stata accertata la sua convivenza con il figlio, nato il (OMISSIS), in data antecedente all’inizio, nel 2009, della sua carcerazione;

– dalla motivazione della sentenza di separazione giudiziale, allegata a una memoria difensiva, era anche emerso che l’opponente, cui era stata addebitata la separazione, aveva abbandonato la moglie e il figlio, dello stesso disinteressandosi e omettendo di contribuire al suo mantenimento, con il conseguente venir meno della stessa frequentazione tra padre e figlio;

– non erano conferenti le argomentazioni in diritto relative ai principi normativi in tema di tutela del minore, non facendo rinvio a essi la normativa in materia di espulsione e comunque presupponendo essi l’esistenza di condizioni specifiche del minore, che imponessero di ritenere assolutamente necessario il suo ricongiungimento con un cittadino straniero, e nel caso di specie non rappresentate ne’ dimostrate.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione con atto personale l’interessato (OMISSIS), che ne chiede l’annullamento sulla base di due motivi.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia erronea applicazione della legge penale, ex articolo 606 codice procedura penale, comma 1, lettera b), circa il mancato accoglimento dell’opposizione alla espulsione.

Secondo il ricorrente, il Tribunale e’ incorso nel denunciato vizio non considerando le disposizioni normative dettate dall’articolo 155 codice civile e dal Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articoli 30, comma 1, lettera d) e 31, comma 3, e non tenendo conto che esse garantiscono la sua permanenza in Italia, in quanto genitore di cittadino italiano minore di anni otto, e sono palesemente ostative alla espulsione.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia mancanza, contraddittorieta’ e illogicita’ della motivazione, ex articolo 606 codice procedura penale, comma 1, lettera e), circa il mancato accoglimento dell’opposizione alla espulsione.

Secondo il ricorrente, le argomentazioni addotte per motivare il rigetto dell’opposizione sono palesemente irrilevanti, prive di fondamento logico-giuridico e contraddittorie, poiche’ l’esistenza del rapporto di genitorialita’ e la tenera eta’ del figlio impongono di ritenere assolutamente necessario il loro ricongiungimento, ed e’ indubitabile che l’esecuzione della espulsione possa compromettere irrimediabilmente il suo rapporto con il figlio con ripercussioni sugli interessi e sugli equilibri psicofisici dello stesso, alla luce dei richiamati principi di diritto fissati dalla giurisprudenza delle sezioni civili di questa Corte.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta, concludendo per la declaratoria d’inammissibilita’ del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, che attiene – nella sua articolata formulazione in due motivi ricondotti alla previsione normativa di cui all’articolo 606 codice procedura penale, comma 1, lettera b) ed e), – alla contestata sussistenza delle condizioni per disporre, nei confronti del ricorrente, la misura della espulsione dal territorio dello Stato e all’iter argomentativo che ha sorretto la decisione impugnata, e’ infondato.

2. Va premesso in punto di fatto che il Magistrato di sorveglianza ha applicato al ricorrente, ai sensi del Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 16, comma 5, l’espulsione quale misura alternativa alla espiazione nel territorio nazionale della pena detentiva fissata con il provvedimento di cumulo del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Venezia, ritenute la sussistenza delle condizioni legittimanti l’espulsione, di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 13, e la non ricorrenza dei divieti di espulsione, di cui al cit. Decreto Legislativo, articolo 19, e che il Tribunale di sorveglianza, chiamato a pronunciarsi sull’opposizione proposta avverso detta decisione, ne ha disposto la conferma, evidenziando la sua non contestata conformita’ alle disposizioni di legge che regolano la materia e rimarcando la corrispondenza della situazione del ricorrente – gia’ titolare di permesso di soggiorno, scaduto di validita’ e non rinnovato per motivi di famiglia con rigetto in sede amministrativa della relativa richiesta – a quella normativamente prevista, come presupposto necessario e sufficiente, ai fini della legittimita’ della espulsione dello straniero dal territorio dello Stato.

Le considerazioni, logicamente espresse, sono coerenti con i principi di diritto fissati dalla giurisprudenza di questa Corte, alla cui stregua l’espulsione dello straniero, identificato, il quale sia stato condannato e si trovi detenuto in esecuzione di pena anche residua non superiore a due anni per reati non ostativi, prevista dal Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 16, comma 5, profondamente riscritto dalla Legge n. 189 del 2002, articolo 15 e ulteriormente integrato dalla Legge n. 94 del 2009, articolo 1, comma 22, lettera O, ha natura amministrativa (Corte cost. ordinanza n. 226 del 2004) e costituisce un’atipica misura alternativa alla detenzione, della quale e’ obbligatoria l’adozione in presenza delle condizioni fissate dalla legge (tra le altre, Sez. 1, n. 45601 del 14/12/2010, dep. 29/12/2010, Turtulli, Rv. 249175), salve le situazioni di inespellibilita’ di cui al successivo articolo 19, che devono essere integrate dalla ricorrenza, al momento della decisione, della compiuta situazione delineata dalla norma di rinvio (Sez. 1, n. 26753 del 27/05/2009, dep. 01/07/2009, Boshi, Rv. 244715).

3. Il ricorrente ha eccepito la mancanza dei presupposti richiesti dal Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 16, comma 5, sotto il profilo della sussistenza di una ipotesi di sua inespellibilita’ correlata alla sua situazione familiare per essere padre di un cittadino italiano di anni otto, nato dalla moglie italiana, dalla quale egli e’ in atto separato, e residente in Italia, e alla richiamata normativa, civilistica e in materia di immigrazione, attinente alla tutela dei diritti del minore e dei suoi rapporti anche con il genitore straniero, che sarebbero compromessi nella ipotesi di sua espulsione coattiva dal territorio nazionale.

3.1. Tali deduzioni riproducono nei termini svolti gli argomenti prospettati nell’atto di opposizione al decreto di espulsione e nel giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale di sorveglianza, che vi ha dato adeguate e argomentate risposte, esaustive in fatto e corrette in diritto, avendo logicamente evidenziato:

– il gia’ avvenuto rigetto, in data 22 settembre 2009, della richiesta dell’opponente di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di famiglia;

– il mancato richiamo nella normativa in materia di espulsione della particolare disciplina invocata dall’opponente, che – attinente al rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari (Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 30, comma 1, lettera d) e all’autorizzazione da parte del Tribunale per i minorenni all’ingresso in Italia del genitore straniero del minore, che si trova nel territorio italiano, per gravi motivi connessi con il suo sviluppo psicofisico (Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 31, comma 3) – presuppone, in ogni caso, specifiche condizioni del minore, che, neppure nella specie rappresentate ne’ provate, devono essere apprezzate nelle competenti sedi amministrative o civilistiche, come previsto dalla stesa pertinente disciplina;

– il difetto di prova della condizione del rapporto di convivenza e della stessa frequentazione tra opponente e figlio minore, alla luce delle emergenze della sentenza di separazione giudiziale tra lo stesso opponente, cui e’ stata addebitata, e il coniuge italiano, e della conseguente esclusa sussistenza del divieto di espulsione di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 19, comma 2, lettera c).

3.2. Di detti rilievi fattuali e considerazioni in diritto non si e’ fatto carico il ricorrente, che – ignorandoli – ha infondatamente dedotto la incorsa violazione delle disposizioni gia’ invocate a tutela della sua permanenza in Italia e quale impedimento alla sua espulsione, e ha reclamato in termini generici un diverso e non consentito apprezzamento di merito del rapporto di genitoriaiita’ con il figlio e dell’eta’ dello stesso in vista del loro necessario ricongiungimento.

4. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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