Cassazione 4

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 12 maggio 2015, n. 9636

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25371/2009 proposto da:

(OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (p.i. (OMISSIS)), in proprio e nella qualita’ di mandataria dell’ (OMISSIS) S.P.A. – (OMISSIS) S.R.L., in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3787/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/03/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato dello Stato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di ragione del secondo motivo.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La societa’ (OMISSIS), in proprio e quale mandataria di un’Ati, convenne in giudizio il Ministero per i lavori pubblici per sentir dichiarare la risoluzione del contratto di appalto per la costruzione di opere nel porto laguna di (OMISSIS) e di viadotti sul naviglio (OMISSIS), con richiesta di condanna del convenuto al risarcimento dei danni, al pagamento degli interessi maturati sull’anticipazione e di altre voci. La (OMISSIS) espose che, a seguito di gara a licitazione privata conclusasi con l’aggiudicazione dell’appalto, il Ministero aveva proceduto alla consegna immediata dei lavori per ragioni d’urgenza; successivamente era stato stipulato il contratto il 19 maggio 1987, approvato con decreto ministeriale 22 luglio 1989, ma era stata negata la registrazione da parte della Corte dei conti; i lavori, sospesi dall’Amministrazione solo in data 10 ottobre 1988, a distanza di diciassette mesi dalla consegna, non poterono proseguire; pertanto, il contratto, essendo valido ed efficace, doveva essere risolto per inadempimento del Ministero e, in subordine, il Ministero doveva essere condannato per responsabilita’ precontrattuale, per avere posto in essere un comportamento contrario ai principi di buona fede e correttezza.

Il Ministero chiese il rigetto delle domande, deducendo, tra l’altro, che il contratto non era impegnativo nei suoi confronti, essendo mancata la registrazione da parte della Corte dei conti.

2.- Il Tribunale di Roma rigetto’ le domande, fatta eccezione per quella di pagamento delle somme versate per il mantenimento della polizza fideiussoria.

3.- La (OMISSIS) ha proposto appello deducendo, per quanto ancora interessa, che il vincolo contrattuale era certamente sorto con l’aggiudicazione anche nei confronti dell’Amministrazione, non rilevando in senso contrario che il contratto non fosse stato registrato dalla Corte dei conti e che anche il Ministero dei beni culturali avesse dato parere sfavorevole; che comunque il Tribunale aveva errato nell’escludere la responsabilita’ dell’Amministrazione, la quale aveva omesso di verificare, gia’ nella fase precontrattuale, l’effettiva eseguibilita’ dell’opera, avendo proceduto alla consegna dei lavori d’urgenza per un’opera poi rivelatasi ineseguibile, in tal modo ingenerando un ragionevole affidamento in ordine alla regolare esecuzione della stessa, con conseguente sua responsabilita’ per la mancata approvazione definitiva del contratto.

4.- La Corte d’appello di Roma, con sentenza 29 settembre 2008, ha rigettato il gravame di (OMISSIS) sotto entrambi i profili. Ha ritenuto che la mancata registrazione del decreto di approvazione del contratto da parte della Corte dei conti lo avesse reso privo di esecutorieta’ nei confronti dell’Amministrazione; che da cio’ non potesse desumersi in via automatica la responsabilita’ della stessa per una colpa che non era stata dimostrata e che si doveva escludere, dal momento che l’iter preliminare della licitazione si era svolto regolarmente.

5.- La (OMISSIS) ricorre per cassazione sulla base di due motivi, illustrati da memoria, cui si oppone il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Nel primo motivo e’ denunciata la violazione della Legge 20 marzo 1865, n. 2248, articolo 337, all. F, per avere la sentenza impugnata fatto derivare dalla mancata registrazione del decreto ministeriale di approvazione del contratto la totale inefficacia del contratto, in tal modo disconoscendo erroneamente l’effetto del decreto di approvazione e il rilievo solo secondario e residuale della registrazione (ai fini dell’efficacia ma non dell’esecutorieta’ del contratto).

1.1.- Il motivo e’ infondato. La sentenza impugnata ha ritenuto che il contratto di appalto stipulato tra le parti fosse privo della condizione di efficacia del visto di registrazione da parte della Corte dei conti (v., analogamente, Cass. n. 13582/2006, n. 14724/2001) e, di conseguenza, ha escluso l’invocata risoluzione del contratto per inadempimento del Ministero. La decisione e’ conforme a diritto e, in particolare, al principio secondo cui, in pendenza o assenza di una condicio juris di efficacia del contratto, come la registrazione o il visto dell’autorita’ di controllo, il contratto, seppur perfetto nei suoi elementi costitutivi, non e’ suscettibile di risoluzione per inadempimento, poiche’ questa presuppone la sua eseguibilita’ ed efficacia, che e’ esclusa fintantoche’ quella condizione non si avveri (v. Cass. n. 2255/1987), salva l’eventuale responsabilita’ precontrattuale dell’Amministrazione.

2.- Nel secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli articoli 1337 e 1338 c.c., per avere escluso la responsabilita’ precontrattuale o extracontrattuale dell’Amministrazione, che era stata invocata con riferimento al diniego di registrazione del decreto di approvazione del contratto, a causa del suo comportamento colpevole nella fase della progettazione dell’opera, avendo la Corte dei conti riscontrato la carenza della necessaria autorizzazione del Ministero dei beni culturali e svolto osservazioni critiche su talune scelte tecniche effettuate dall’Amministrazione. La Corte d’appello non avrebbe considerato il frustrato affidamento ragionevolmente riposto dall’impresa nella genuinita’ del progetto, la cui esecuzione era oggetto di un contratto stipulato e approvato e di cui essa aveva iniziato l’esecuzione, a seguito della consegna anticipata dei lavori in via d’urgenza; inoltre, non avrebbe considerato che l’Amministrazione non aveva offerto giustificazioni del proprio comportamento, avendo sospeso i lavori per un lungo periodo, senza informare l’impresa.

La Corte d’appello ha escluso la responsabilita’ precontrattuale del Ministero, ritenendo che l’attrice non ne avesse dimostrato la colpa per l’esito negativo della vicenda contrattuale e che, anzi, una colpa si dovesse escludere, in considerazione della legittimita’ dell’esercizio della funzione pubblica da parte dello stesso Ministero nel procedimento di licitazione che si era svolto regolarmente, come testimoniato dalla menzione (nel decreto di approvazione del contratto) dell’approvazione delle opere da parte del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, mentre il rifiuto della registrazione alla Corte dei conti (per la mancanza del visto di conformita’ da parte del Ministero dei beni culturali e ambientali) non dimostrava che il Ministero fosse a conoscenza di elementi ostativi alla realizzazione delle opere.

Il motivo e’ fondato.

2.1.- E’ necessario considerare che la responsabilita’ precontrattuale della Pubblica Amministrazione, contrariamente a quanto trapela dalla sentenza impugnata, non e’ responsabilita’ da provvedimento, ma da comportamento, e presuppone la violazione dei doveri di correttezza e buona fede nella fase delle trattative e della formazione del contratto (v. Cons. di Stato, sez. 4 , n. 790/2014, in caso di revoca legittima degli atti della procedura di gara), sicche’ non rileva la legittimita’ dell’esercizio della funzione pubblica cristallizzato nel provvedimento amministrativo di aggiudicazione o in altri provvedimenti successivi, ma la correttezza del comportamento complessivamente tenuto dall’Amministrazione durante il corso delle trattative e della formazione del contratto. La ragione dell’evoluzione della giurisprudenza in tal senso, con una piena equiparazione dell’Amministrazione ad ogni contraente privato, si spiega considerando che tutte le fasi della procedura ad evidenza pubblica si pongono quale strumento di formazione progressiva del consenso contrattuale. Ad analoga conclusione e’ pervenuta questa Corte che ha ammesso la responsabilita’ precontrattuale dell’Amministrazione, prima e a prescindere dall’aggiudicazione, anche nell’ambito del procedimento strumentale alla scelta del contraente, nel quale essa instaura trattative (multiple o parallele) idonee a determinare la costituzione di rapporti giuridici specifici e differenziati nel momento in cui entra in contatto con una pluralita’ di offerenti ed e’, quindi, tenuta al rispetto dei principi generali di comportamento (di cui agli articoli 1337 e 1338 c.c.) posti a tutela degli interessi delle parti (v. Cass. n. 15260/2014, che ha superato il precedente orientamento espresso, ad esempio, da Cass. n. 477/2013, n. 12313/2005, sez. un. n. 4673/1997; anche secondo Cons. di Stato, sez. IV, n. 1142/2015, “il rispetto dei principi di cui agli articoli 1337 e 1338 c.c., non puo’ essere circoscritto al singolo periodo successivo alla determinazione del contraente”).

La Corte d’appello, alla quale era stato chiesto di valutare la correttezza complessiva del comportamento dell’Amministrazione committente, avuto riguardo al rispetto dei principi di buona fede e correttezza (articoli 1337 e 1338 c.c.), si e’ limitata a rilevare la legittimita’ formale degli atti della procedura di licitazione privata, ma tale risposta e’ evidentemente inadeguata perche’ contrastante con il seguente principio di diritto: la responsabilita’ precontrattuale della Pubblica Amministrazione, anche nell’ambito della procedura pubblicistica di scelta del contraente, non e’ responsabilita’ da provvedimento, ma da comportamento e presuppone la violazione dei doveri di correttezza e buona fede nella fase delle trattative e della formazione del contratto; pertanto, non rileva la legittimita’ dell’esercizio della funzione pubblica espressa nel provvedimento amministrativo di aggiudicazione e in altri provvedimenti successivi (anche emessi in autotutela), ma la correttezza del comportamento complessivamente tenuto dall’Amministrazione durante il corso delle trattative e della formazione del contratto, poiche’ tutte le fasi della procedura ad evidenza pubblica si pongono quale strumento di formazione progressiva del consenso contrattuale.

2.2.- Una simile evoluzione del formante giurisprudenziale rafforza la conclusione cui da tempo e’ pervenuta questa Corte che ha ritenuto configurabile la responsabilita’ precontrattuale della P.A. in presenza di una relazione specifica tra soggetti che e’ possibile, anche nell’ambito della procedura amministrativa di scelta del contraente, a seguito dell’aggiudicazione, ad esempio nel caso di omessa redazione del contratto formale senza giustificazione e, a maggior ragione, quando – come nella specie – sia stato stipulato il contratto, nel caso di omessa trasmissione dello stesso all’autorita’ di controllo (v. Cass. n. 2255/1987) e quando l’Amministrazione abbia preteso l’adempimento della prestazione prima dell’approvazione del contratto da parte dell’autorita’ di controllo, comportamento questo che e’ suscettibile di dar luogo, ove l’approvazione non sia intervenuta, a responsabilita’ precontrattuale, in considerazione dell’affidamento ragionevolmente ingenerato nell’altra parte (v. Cass. n. 23393/2008, n. 3383/1981, n. 3008/1968; quest’ultima sentenza, pur avendo affermato che l’Amministrazione non e’ tenuta a rispondere dell’attivita’ direttamente svolta dall’organo di controllo, l’ha ritenuta responsabile per non avere comunicato tempestivamente la mancata approvazione di una sua delibera e per avere sollecitato la prestazione del privato).

La sentenza impugnata ha omesso di indagare sulle ragioni che avevano indotto la Corte dei conti a formulare osservazioni sulle scelte tecniche di realizzazione dell’opera e, soprattutto, ha omesso di dare il necessario rilievo alla consegna anticipata dei lavori in via d’urgenza e, quindi, all’impegno organizzativo e di spesa posto a carico dell’impresa per l’esecuzione di un contratto rivelatosi poi ineseguibile per la mancata registrazione del decreto di approvazione del contratto. In tal modo ha trascurato che la Pubblica Amministrazione, in pendenza del procedimento di controllo ed approvazione del contratto stipulato con il privato e in osservanza dell’obbligo generale di comportamento secondo correttezza e buona fede, deve tenere informato l’altro contraente delle vicende attinenti al procedimento di controllo, in modo che questi sia posto in grado di evitare i pregiudizi connessi agli sviluppi e ai tempi dell’indicato procedimento, a prescindere dagli strumenti di tutela spettanti al privato a seguito dell’eventuale esito negativo del controllo (recesso e rimborso delle spese sostenute) (v. Cass., sez. un., n. 5328/1978). Del resto, un riconoscimento del legittimo affidamento dell’appaltatore (per avere dovuto iniziare l’esecuzione del contratto prima della sua approvazione) era gia’ espresso nell’articolo 337, secondo comma, della legge 20.3.1865 n. 2248, all. F, che gli riconosceva il diritto alla reintegrazione nelle spese per i lavori eseguiti qualora l’approvazione non fosse poi intervenuta.

Il principio di diritto, cui la Corte d’appello dovra’ attenersi in sede di rinvio, e’ il seguente: nel caso in cui, all’esito della procedura di evidenza pubblica, sia stipulato il contratto la cui efficacia sia condizionata all’approvazione da parte dell’autorita’ di controllo (nella specie, alla registrazione del decreto di approvazione da parte della Corte dei conti), l’Amministrazione committente ha l’obbligo di comportarsi secondo buona fede e correttezza (articoli 1337 e 1338 c.c.), cioe’ di tenere informato l’altro contraente delle vicende attinenti al procedimento di controllo e di fare in modo che non subisca i pregiudizi connessi agli sviluppi e all’esito del medesimo procedimento, essendo in condizioni di farlo, in ragione del suo status professionale nel quale e’ implicita una posizione di garanzia nei confronti di coloro che si rapportano ad essa; l’Amministrazione e’ quindi responsabile qualora, avendo preteso l’anticipata esecuzione della prestazione, abbia accettato il rischio del successivo mancato avveramento della condizione di efficacia del contratto a causa della mancata registrazione del decreto di approvazione, in tal modo frustrando il legittimo e ragionevole affidamento del privato nella eseguibilita’ del contratto.

2.3.- Nel ragionamento della Corte romana si sente l’eco del tradizionale principio che esclude la configurabilita’ di una responsabilita’ dell’Amministrazione, a norma dell’articolo 1338 c.c., per non avere informato l’altra parte di una causa di invalidita’ o inefficacia del contratto di cui debba presumersi la conoscenza e conoscibilita’ con l’uso della normale diligenza, a causa della mancanza del visto ministeriale necessario ex lege per quella registrazione, ovvero della stessa natura legale della condicio juris di cui si tratta (la registrazione del decreto di approvazione del contratto da parte della Corte dei conti). Questo principio merita una rimeditazione.

Si e’ dato conto (nel precedente p. 2.1.) dell’esito finale di un lungo percorso che, a partire dagli anni sessanta dello scorso secolo (v., tra le prime pronunce, Cass. n. 1142/1963), ha condotto la giurisprudenza di legittimita’ a riconoscere che le deroghe alla disciplina privatistica stabilite dalla legge di contabilita’ di Stato non giustificavano l’esenzione da responsabilita’ della Pubblica Amministrazione, la quale (prima di essere configurabile, in casi sempre meno numerosi, come pubblico potere) e’ un soggetto di diritto comune e, in quanto tale, anch’essa soggetta agli obblighi generali di comportamento di buona fede e correttezza.

Il lento incedere della responsabilita’ dell’Amministrazione in ambito precontrattuale, tuttavia, secondo una parte della dottrina, non puo’ dirsi completato, come dimostrato dalla rigida interpretazione dell’articolo 1338 c.c., che impone alla parte che “conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa d’invalidita’ del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte” di “risarcire il danno da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validita’ del contratto”. In effetti, la giurisprudenza di questa Corte ha escluso la responsabilita’ della P.A., per omessa informazione, in presenza di invalidita’ derivanti dall’affidamento di un contratto a trattativa privata anziche’ con il metodo della licitazione privata (v. Cass. n. 11135/2009), dalla mancanza dei requisiti per partecipare alla gara conclusasi con l’aggiudicazione annullata in sede giurisdizionale (v. Cass. n. 7481/2007), dal difetto di forma scritta del contratto (v., tra le altre, Cass. n. 4635/2006), dall’incommerciabilita’ della res (v. Cass. n. 1987/1985), dal fatto che il prezzo di cessione in proprieta’ di alloggio economico e popolare sia inferiore a quello determinabile per legge (v. Cass., sez. un., n. 835/1982), ecc.

E’ costante l’affermazione secondo cui la responsabilita’ prevista dall’articolo 1338 c.c., a differenza di quella di cui all’articolo 1337, tutela l’affidamento di una delle parti non nella conclusione del contratto, ma nella sua validita’, sicche’ non e’ configurabile una responsabilita’ precontrattuale della P.A. ove l’invalidita’ del contratto derivi da norme generali, da presumersi note alla generalita’ dei consociati e, quindi, tali da escludere l’affidamento incolpevole della parte adempiente (v. Cass. n. 7481/2007, n. 4635/2006). Tale principio e’ estensibile alle cause di inefficacia del contratto (v. Cass. n. 16149/2010), tra le quali rientra la mancata approvazione del contratto stipulato da una P.A., nei cui confronti e’ configurabile la responsabilita’ “in applicazione analogica dei principi fissati dall’articolo 1338 c.c.” (v. Cass., sez. un., n. 5328/1978).

Nell’interpretazione della norma in esame e’ necessario verificare cosa si intenda per “norme generali, da presumersi note alla generalita’ dei consociati”, posto che qualunque norma di legge, imperativa o proibitiva che sia o “avente efficacia di diritto obiettivo” (Cass. n. 4635/2006), dovrebbe o potrebbe essere conosciuta da chiunque per presunzione assoluta, nel qual caso l’articolo 1338 c.c. sarebbe facilmente fuori gioco.

Si e’ osservato in dottrina che il riferimento al principio ignorantia legis non excusat (la cui assolutezza, peraltro, e’ venuta meno in seguito a Corte costit. n. 364/1988) sarebbe improprio in questa materia, dal momento che il contraente non evidenzia la propria ignoranza al fine di evitare la produzione degli effetti ricollegati dall’ordinamento alla mancata osservanza della norma di legge (visto che non e’ in discussione la invalidita’ o inefficacia del contratto), ma agisce soltanto per il risarcimento del danno conseguente alla violazione dell’obbligo di informazione che e’ posto dalla legge a carico dell’altra parte. E si e’ anche rilevato, seppure con riferimento ad ipotesi previste dalla legge a fini diversi, che l’ordinamento attribuisce rilievo all’errore di diritto che abbia inficiato la volonta’ del contraente quando sia stato essenziale (articolo 1429 c.c., n. 3) e riconoscibile e lo tutela con l’annullamento del contratto nel suo interesse.

A queste serie obiezioni si e’ replicato osservando che e’ lo stesso articolo 1338 c.c. a riconoscere il risarcimento del danno in favore della parte che abbia confidato “senza sua colpa” nella validita’ del contratto. La parte che e’ in colpa perche’ a conoscenza della invalidita’ o inefficacia del contratto, non puo’ addossare alla controparte il danno (quantomeno per l’intero) che e’ conseguenza del proprio comportamento, alla luce di un principio generale desumibile anche dall’articolo 1227 c.c., comma 1.

E’ invero evidente che, estendendo eccessivamente il dovere di diligenza a carico della parte che dovrebbe ricevere l’informazione circa la causa di invalidita’ o inefficacia del contratto, sarebbero compromessi lo scopo e l’utilita’ dell’articolo 1338 c.c. che non e’ norma meramente ripetitiva dell’articolo 2043, ne’ dell’articolo 1337 c.c., il quale, obbligando le parti a comportarsi secondo buona fede, gia’ impone loro implicitamente di rendersi reciprocamente le informazioni necessarie per pervenire alla conclusione di un contratto che sia eseguibile.

L’articolo 1338 c.c., pone, invece, significativamente a carico di una sola delle parti, cioe’ di quella che, in ragione delle circostanze di fatto e tenuto conto della sua posizione sociale o professionale, conosca o debba conoscere l’esistenza di una causa di invalidita’ o inefficacia, l’obbligo specifico di informare l’altra parte, la quale ha diritto a ricevere l’informazione e, in mancanza, al risarcimento del danno per avere ragionevolmente confidato nella validita’ ed efficacia del contratto. La parte obbligata ha la facolta’ di dimostrare che l’altra parte aveva confidato nella validita’ del contratto colpevolmente e non “senza sua colpa” (come richiesto dall’articolo 1338), ma dovra’ dedurre fatti e circostanze specifiche che dimostrino che, in quel determinato rapporto, fosse effettivamente a conoscenza della causa che viziava il contratto concluso o da concludere.

Non si esclude la possibilita’ di desumere tale conoscenza dal tipo di invalidita’ o inefficacia e, in definitiva, dalla natura della norma violata, ma non e’ possibile riconoscerla automaticamente rispetto a qualunque norma “avente efficacia di diritto obiettivo” (Cass. n. 4635/2006) che, in tesi, sarebbe conoscibile dalla generalita’ dei cittadini e, quindi, da qualunque potenziale contraente, al fine di escludere la responsabilita’ dell’altra parte che aveva l’obbligo legale di informare.

Altrimenti, l’articolo 1338 c.c. verrebbe privato della sua principale funzione che e’ di compensare l’asimmetria informativa nelle contrattazioni tra parti che non sono su un piano di parita’, come avviene nei rapporti con la Pubblica Amministrazione. E cio’ non soltanto in ragione del fatto che la procedura di evidenza pubblica e’ da essa governata sulla base dell’esercizio di poteri previsti da norme di azione tradotte nella lex specialis della gara, ma anche in ragione dello status professionale e del bagaglio di conoscenze tecniche ed amministrative di cui essa e’ in possesso (e’ significativo che la giurisprudenza amministrativa abbia talora valutato la colpa della P.A. con riferimento al criterio di imputazione soggettiva della responsabilita’ del professionista di cui all’articolo 2236 c.c., introducendo un parametro di imputazione del danno riferito al grado di complessita’ delle questioni implicate dall’esecuzione della prestazione, v. Cons. di Stato, sez. 5 , n. 1300/2007; sez. 4 , n. 5500/2004).

Pertanto, il principio ignorantia legis non excusat, in materia contrattuale, non ha un valore generale e assoluto dal quale si possa desumere in modo incondizionato e aprioristico l’inescusabilita’ dell’ignoranza dell’invalidita’ contrattuale che trovi fondamento (come di regola) in norme di legge, dovendosi piuttosto indagare caso per caso sulla diligenza e, quindi, sulla scusabilita’ dell’affidamento del contraente, avendo riguardo non solo (e non tanto) alla conoscibilita’ astratta della norma, ma anche all’esistenza di interpretazioni univoche della stessa e, soprattutto, alla conoscibilita’ delle circostanze di fatto cui la legge ricollega l’invalidita’. Infatti, come notato da autorevole dottrina, il contraente che ignori una norma di legge o intenda sottrarsi alla sua osservanza si trova in una situazione ben diversa dal contraente che, eventualmente in presenza di interpretazioni non univoche della giurisprudenza, credeva che la fattispecie concreta fosse tale da non rientrare nella previsione legale d’invalidita’ a lui nota. In tale secondo caso, l’astratta conoscibilita’ della norma non dimostra necessariamente che il privato sia in colpa, specialmente quando questi contragga con un’Amministrazione che non solo rimanga silente, ma improvvidamente conduca il procedimento sino alla stipulazione di un contratto destinato ad essere caducato o a rimanere inefficace e talora ne pretenda l’anticipata esecuzione, in tal modo frustrando il suo legittimo affidamento nell’eseguibilita’ dello stesso e nella legalita’ dell’azione amministrativa.

In altri termini, l’astratta conoscenza della norma non e’ elemento decisivo per la percezione – che rileva ai fini applicativi dell’articolo 1338 c.c. – della invalidita’ o inefficacia del contratto, per la quale spesso si richiede la necessaria cooperazione dell’altro contraente, il quale e’ tenuto a comunicare le circostanze di fatto cui la legge ricollega la invalidita’ o inefficacia, quando ne sia (o ne debba essere) informato in ragione delle sue qualita’ professionali o istituzionali e, in mancanza, non puo’ sfuggire alla responsabilita’ per culpa in contraendo.

L’obbligo del clare loqui, e cioe’ di comunicare alle parti tutte le cause di invalidita’ negoziale di cui abbia o debba avere conoscenza, e’ imposto all’Amministrazione – anche in ragione della sua funzione istituzionale di rappresentanza e, quindi, di protezione degli interessi di coloro che entrano in rapporti con essa – non solo nell’ambito del procedimento di formazione del contratto secondo il modulo privatistico della trattativa privata, ma anche nel procedimento di evidenza pubblica, a tutela dell’affidamento delle imprese concorrenti nel rispetto delle prescrizioni della lex specialis. Proprio in tale ottica, nel caso di annullamento dell’aggiudicazione con caducazione del contratto (fenomeno assimilabile alla mancata registrazione da parte della Corte dei conti), la giurisprudenza amministrativa ha ammesso la tutela dell’imprenditore che, a norma dell’articolo 1338 c.c., abbia fatto legittimo affidamento nell’aggiudicazione dell’appalto e nella successiva stipulazione del contratto e che abbia ignorato, senza sua colpa, una causa di invalidita’, con conseguente responsabilita’ dell’Amministrazione appaltante per non essersi astenuta dalla stipulazione del negozio che doveva sapere essere invalido, rientrando nei suoi poteri conoscere le cause dell’illegittimita’ dell’aggiudicazione e, tuttavia, ingenerando nell’impresa l’incolpevole affidamento di considerare valido ed efficace il contratto (v. Cons. di Stato, sez. 3 , n. 279/2013).

In conclusione, puo’ essere enunciato il seguente principio di diritto: accertare se un contraente abbia confidato colpevolmente o incolpevolmente nella validita’ ed efficacia del contratto (concluso o da concludere) con la Pubblica Amministrazione – al fine di escludere o affermare la responsabilita’ di quest’ultima, a norma dell’articolo 1338 c.c., – e’ un’attivita’ propria del giudice di merito, il quale deve verificare in concreto se la norma (di relazione) violata sia conosciuta o facilmente conoscibile da qualunque cittadino mediamente avveduto (e sia quindi causa di invalidita’ “autoevidente”), tenuto conto della univocita’ dell’interpretazione della norma e della conoscenza e conoscibilita’ delle circostanze di fatto cui la legge ricollega l’invalidita’; in presenza di norme (di azione) che l’Amministrazione e’ tenuta istituzionalmente a conoscere ed applicare in modo professionale (come, ad esempio, quelle che disciplinano il procedimento di scelta del contraente), essa ha l’obbligo di informare il privato delle circostanze che potrebbero determinare la invalidita’ o inefficacia e, comunque, incidere negativamente sulla eseguibilita’ del contratto, pena la propria responsabilita’ per culpa in contraendo, salva la possibilita’ di dimostrare in concreto che l’affidamento del contraente sia irragionevole, in presenza di fatti e circostanze specifiche.

Rimangono assorbite le questioni, trattate in ricorso, concernenti la valutazione del danno risarcibile in favore dell’impresa (OMISSIS).

3.- La sentenza impugnata e’ cassata in relazione al secondo motivo di ricorso, che e’ accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Roma che, in diversa composizione, dovra’ riesaminare la causa, facendo applicazione dei principi di diritto sopra enunciati, e provvedera’ sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo e, in accoglimento del secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

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