cassazione 5

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 13 maggio 2015, n. 9807

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Presidente

Dott. VENUTI Pietro – Consigliere

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5249-2009 proposto da:

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso da se stesso, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1711/2008 del TRIBUNALE di TRANI, depositata il 07/03/2008 R.G.N. 6689/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/02/2015 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso, in subordine rigetto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 7.3.2008 il Tribunale di Trani – Giudice del lavoro accolse l’opposizione proposta dall’Inps al precetto notificatogli dall’avv. (OMISSIS), in qualita’ di distrattario, relativamente al pagamento delle competenze giudiziali portate in sentenza (relativa a procedimento di natura assistenziale concernente tale (OMISSIS)) e successive all’emissione del titolo azionato. Ritenuta la propria competenza, essendo stato il titolo in relazione al quale era stato intimato il precetto pronunciato dal Giudice del lavoro, osservo’ il Giudicante che, essendo stato corrisposto per intero l’importo di cui al titolo esecutivo di riferimento, non era possibile intimare precetto per eventuali spese successive, cosicche’ solo tramite un nuovo eventuale giudizio di cognizione sarebbe stato possibile accertare la debenza di tali somme e la necessarieta’ o meno delle stesse per il perseguimento del diritto di cui era portatore il ricorrente nel giudizio di cognizione.

Avverso la suddetta sentenza, l’avv. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico motivo, illustrato con memoria.

L’intimato Inps ha resistito con controricorso, assumendo che il ricorrente aveva agito con colpa grave ed instando per la sua condanna ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 4.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo il ricorrente, denunciando violazione dell’articolo 480 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce che le spese successive, costituendo un accessorio di legge a quelle processuali, possono essere richieste con l’atto di precetto, siccome consequenziali al titolo posto in executivis e, come tali, tutelate dal medesimo titolo fino al loro integrale pagamento. A conclusione del motivo e’ stato formulato il seguente quesito di diritto ex articolo 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis nel presente giudizio): “dica la Corte se l’avvenuto pagamento integrale dei crediti risultanti dal titolo esecutivo effettuato successivamente alla notifica di esso, legittimi a richiedere sulla base dello stesso titolo il pagamento dei diritti endoprocessuali conseguenti all’attivita’ professionale effettuata successivamente all’emissione del titolo, senza dover far ricorso ad un ulteriore giudizio di cognizione per l’aggiudicazione”.

1.1 Osserva la Corte che la censura svolta, quale cristallizzata nel ricordato quesito di diritto, non involge la questione dell’eventuale avvenuto pagamento delle somme portate dal titolo esecutivo in epoca successiva alla consegna del precetto opposto all’Ufficiale giudiziario per la notifica.

Un tanto premesso, deve rilevarsi che, secondo il condiviso orientamento di questa Corte, seguito nella sentenza impugnata, allorche’ il debitore abbia pagato per intero la somma indicata nel titolo esecutivo, comprensiva delle spese processuali ivi liquidate, il creditore non puo’, successivamente a tale pagamento, intimare precetto, sulla base dello stesso titolo, per il pagamento delle spese processuali sostenute dopo l’emissione di quest’ultimo e necessarie per la sua notificazione, dovendo, per tali spese, esperire l’azione di cognizione ordinaria (cfr, Cass., n. 5159/1995); ed invero, una volta che l’obbligazione derivante dal titolo sia stata adempiuta, il titolo medesimo perde la propria efficacia esecutiva, con conseguente impossibilita’ giuridica della notifica del precetto. A conseguenze sostanzialmente analoghe dovrebbe peraltro pervenirsi anche qualora, come pure affermato da taluni arresti di questa Corte (cfr, ex plurimis, Cass., 24691/2010), debba ritenersi che il credito azionato in executivis dal difensore nella sua veste di distrattario delle spese di lite, ancorche’ consacrato in un provvedimento del giudice del lavoro, non condivida la natura dell’eventuale credito fatto valere in giudizio, cui semplicemente accede, ma abbia natura ordinaria, corrispondendo ad un diritto autonomo del difensore, che sorge direttamente in suo favore e nei confronti della parte dichiarata soccombente; in tal senso opinando, infatti, il diritto del difensore distrattario non potrebbe essere azionato sulla base del solo dispositivo della sentenza emessa dal giudice del lavoro e, se esercitato sulla scorta di quel solo provvedimento, si fonderebbe, in effetti, su un titolo esecutivo inesistente (cfr, Cass., n. 11804/2007).

Il motivo svolto non puo’ trovare quindi accoglimento.

2. L’articolo 385 c.p.c., comma 4, su cui si fonda la richiesta di condanna del ricorrente svolta dall’Inps, e’ stato abrogato dalla Legge n. 69 del 2009, articolo 46, comma 20.

Peraltro deve escludersi che la proposizione di un ricorso fondato su una giuridicamente non condivisibile, ma astrattamente non implausibile, opzione ermeneutica, configuri colpa grave della parte ricorrente.

3. In definitiva il ricorso va rigettato.

Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in euro 500,00 (cinquecento), di cui euro 400,00 (quattrocento) per compenso, oltre accessori come per legge.

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