Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza  25 maggio 2015, n. 10741

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Napoli ha respinto il gravame proposto dal signor N.S. nei confronti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (d’ora in avanti solo il Ministero) avverso la sentenza pronunciata dal Giudice di Pace di Afragola con la quale era stata dichiarato, ad avviso dell’appellante erroneamente, il difetto di legittimazione passiva del Ministero in relazione alla domanda risarcitoria proposta dal primo per i danni riportati nella palestra di un istituto tecnico commerciale, durante l’ora di educazione fisica.
1.1. Per il giudice circondariale l’infondatezza dell’impugnazione era la conseguenza del mancato deposito del fascicolo di parte, ritirato ai sensi dell’art. 169, 2 co., c.p.c., dopo l’assegnazione della causa a sentenza, ex art. 281-sexies c.p.c., e successivamente mai più depositato.
1.2. Infatti, secondo il giudice dell’appello, l’omissione del doveroso adempimento del deposito del fascicolo di parte avrebbe impedito, al giudicante, l’esame: a) dell’originale dell’atto di citazione in appello; b) della procura; c) della regolare instaurazione del contraddittorio; d) di tutta la documentazione esibita e della stessa sentenza appellata.
1.3. Di conseguenza, si verserebbe nel caso della mancanza degli elementi necessari per il giudizio, ciò che comporterebbe il rigetto del gravame (con compensazione delle spese processuali per il comportamento processuale tenuto dalle parti).
2. Avverso tale pronuncia ricorre il soccombente, con ricorso affidato a un unico mezzo.
3. Il Ministero resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1.1. Con l’unico mezzo (Violazione e falsa applicazione dell’art. 347, 2 e 3 co, c.p.c., nonché insufficiente e contraddittoria motivazione e conseguente nullità della sentenza, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.) vengono posti i seguenti quesiti di diritto: “Dica la Corte se:
a) in mancanza dei provvedimenti da parte del giudice all’udienza di prima comparizione delle parti di cui al 1 co. dell’art. 183 c.p.c., è da presumere che il giudice abbia verificata la regolarità del contraddittorio e, quindi, la presenza nel fascicolo di parte appellante dell’atto introduttivo del giudizio e della copia della sentenza impugnata nonché della costituzione della parte appellata;
b) in virtù del principio generale di cui al 3″ co. dell’art. 183 c.p.c., il giudice, una volta accertato che l’appellante si è regolarmente costituito ed ha ritirato regolarmente il proprio fascicolo, di poi non reperito, donde è impossibilitato a decidere sulla base degli atti reperiti, debba rimettere la causa sul ruolo per consentire alla parte appellante di ovviare alla carenza riscontrata e, solo all’esito, e cioè solo ove tale omissione sia ad essa imputabile, decidere allo stato degli atti (ex art. 169 c.p.c.);
c) il giudice di appello, disponendo della copia dell’atto di appello, facente parte del fascicolo d’ufficio nonché di quello di cui al giudizio di primo grado (ex art. 347, comma 1, 2, e 3 c.p.c.), sia in grado, in relazione al motivo d’impugnazione, di decidere (ex art. 169 c.p.c.);
d) se la mancata annotazione, da parte del cancelliere, della data di restituzione del fascicolo di parte valga a dimostrare che il fascicolo non sia stato ridepositato nel termine stabilito dall’art. 169 c.p.c.;
e) in caso di reperimento del fascicolo da parte dell’ufficio, fascicolo che il giudice assume non ridepositato, donde decide ex actis, renda nulla la sentenza per violazione del diritto di difesa, costituzionalmente garantito (ex art. 360 n.)”.
1.1.1. Osserva anzitutto il ricorrente che la supposta omissione da parte del proprio difensore, nel corso del giudizio di appello (mancato deposito del fascicolo di parte nel termine stabilito) non corrisponderebbe a verità, in quanto il fascicolo, dopo il ritiro, sarebbe stato nuovamente depositato, come si evincerebbe dal verbale di restituzione dello stesso al difensore, avvenuto in data 27 novembre 2011 (e di tale verbale si trascrive la parte saliente), dovendo spiegarsi l’accaduto come un disguido per temporaneo smarrimento della produzione da parte della cancelleria del giudice.
1.1.2. In secondo luogo, la motivazione della sentenza sarebbe contraddittoria perché il giudice sarebbe stato nella condizione di decidere allo stato degli atti, considerato che il cancelliere aveva, doverosamente, inserito l’appello nel fascicolo d’ufficio e che in questo vi erano tutti gli elementi per decidere, trattandosi solo di esaminare la questione della legittimazione passiva del Ministero a stare in giudizio.
1.1.3. Infine, il ricorrente deduce l’erroneità della motivazione della sentenza nella parte in cui ha escluso la possibilità della verificazione della regolarità del contraddittorio, atteso che questa normalmente viene già effettuata all’udienza di prima comparizione, ai sensi dell’art. 183, primo comma, codice di rito e che, ove non vi siano provvedimenti di regolarizzazione da dettare, con tale verifica, il contraddittorio s’intende come già verificato.
2. Il ricorso, invero assai articolato, impone di seguire il seguente ordine nell’esame delle molteplici questioni sollevate dal ricorrente, con l’unico mezzo d’impugnazione: dapprima quelle attinenti al mancato rinvenimento del fascicolo di parte (quesiti sub b, d ed e); poi quelle riguardanti i doveri del giudice, ove accerti la mancanza del fascicolo di parte (quesiti sub a e c).
3.1. Con riferimento al primo gruppo di questioni, nascenti dall’allegazione del successivo rinvenimento e della consegna del fascicolo di parte al difensore (come da verbale di cancelleria del 27 novembre 2011), deve anzitutto osservarsi che la circostanza di fatto in sé, in astratto esaminabile da parte di questa Corte trattandosi della denuncia di un error in procedendo, è inammissibile perché, per le forme nelle quali essa è stata prospettata, appare irrilevante.
3.2. Il suo esame, infatti, suppone la rilevanza di un verbale (di avvenuta consegna del fascicolo di parte relativo al processo di appello, svoltosi davanti al Tribunale a quo) che corrisponde ad una data di gran lunga successiva (di molti mesi) a quella in cui è stata tenuta l’udienza ex art. 281-sexies c.p.c. per la definizione del procedimento e del quale, nel ricorso, si trascrivono alcuni stralci, che non fanno considerare rilevante quell’avvenimento rispetto al procedimento a quo, non potendosi ricava in via indiziaria da quel fatto la sicura conseguenza che il ricorrente vorrebbe dedurre.
3.2.2. Da tanto consegue l’impossibilità di porre a fondamento di alcuna delle questioni del primo gruppo (ricapitolate nei quesiti riportati sub lett. b, d ed e) il fatto come sopra allegato ed indicato dal ricorrente e, più in particolare, di porre tale fatto alla base del quesito sub e) secondo cui “in caso di reperimento del fascicolo da parte dell’ufficio, fascicolo che il giudice assume non ridepositato, donde decide ex actis, renda nulla la sentenza per violazione del diritto di difesa, costituzionalmente garantito (ex art. 360 n.)”.
3.2.3. Come si è detto, in mancanza del deposito (e della verifica) del verbale sopra richiamato (ripetesi, successivo di molti mesi al deposito della decisione conclusiva del giudizio di appello), difetta proprio finanche la prova del reperimento del fascicolo da parte della Cancelleria (fatto narrato dal ricorrente per legittimare la deduzione di una pluralità di ulteriori elementi, in via presuntiva, fino a pervenire alla richiesta di accertamento della nullità della sentenza).
3.3. Anche con riferimento al quesito posto sub lett. b) (se il giudice, una volta accertato che l’appellante si è regolarmente costituito ed ha ritirato il proprio fascicolo, poi non reperito, debba rimettere la causa sul ruolo per consentire alla parte appellante di ovviare alla carenza riscontrata e, solo all’esito, e cioè solo ove tale omissione sia ad essa imputabile, decidere allo stato degli atti) deve darsi risposta negativa, ma sulla scorta di ben altro ragionamento, in iure.
3.3.1. L’art. 77 disp. att. c.p.c. (Ritiro del fascicolo di parte) detta le regole riguardanti l’attività dei difensori volta al ritiro e deposito dei propri fascicoli (di parte). Esso dispone che “Per ritirare il proprio fascicolo a norma dell’articolo 169 del Codice, la parte deve fare istanza con ricorso al giudice istruttore. Il ricorso e il decreto di autorizzazione sono inseriti dal cancelliere nel fascicolo d’ufficio. In calce al decreto il cancelliere fa scrivere la dichiarazione di ritiro del fascicolo e annota la restituzione di esso”.
3.3.2. Tale disposizione si raccorda con le regole processuali dettate dall’art. 169 c.p.c. (Ritiro dei fascicoli di parte), secondo cui “Ciascuna parte può ottenere dal giudice istruttore l’autorizzazione di ritirare il proprio fascicolo dalla cancelleria; ma il fascicolo deve essere di nuovo depositato ogni volta che il giudice lo disponga.
Ciascuna parte ha la facoltà di ritirare il fascicolo all’atto della rimessione della causa al collegio a norma dell’articolo 189, ma deve restituirlo al più tardi al momento del deposito della comparsa conclusionale”.
3.3.3. Ambedue le previsioni di legge sono, al contempo, chiare e formali. Con esse si esige l’autorizzazione del Giudice al ritiro (nonché l’ordine giudiziale di deposito successivo) e l’annotazione da parte del cancelliere, con riferimento a ciascun adempimento della parte (annotazione del ritiro e del successivo deposito).
3.3.4. Tali adempimenti di cancelleria, però, non hanno mai avuto un valore cogente, per le notorie carenze organizzative e di personale di cui ha sempre sofferto l’Amministrazione giudiziaria, se è vero che fin da risalenti pronunce si è affermato {Cass. Sez. 2, Sentenza n. 61 del 1973) il principio secondo cui “ai fini dell’improcedibilità dell’appello non costituisce prova della tardività del deposito o della restituzione del fascicolo di parte la mancata annotazione ad opera del cancelliere (tenuto a detto incombente ai sensi dell’art. 77 disp. att. c.p.c.) della data del deposito o della restituzione”.
3.3.5. Infatti (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4236 del 1976), dalla mancata annotazione della data di restituzione del fascicolo di parte – annotazione a cui il cancelliere è tenuto a norma dello art. 77 disp. att. cod. proc. civ. – non può, senz’altro, presumersi, in difetto di un previo accertamento, che il fascicolo stesso non sia stato restituito entro il termine di cui all’art 111 disp. cit., giacché non può tradursi in prova della mancata tempestiva restituzione una omissione che potrebbe essere imputabile a negligenza del cancelliere”.
3.3.6. Perciò è consentito alla parte di fornire aliunde la prova del tempestivo deposito del fascicolo già ritirato (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3429 del 1981, secondo cui la dimostrazione di avere provveduto all’incombente da cui era onerata, in difetto della pertinente annotazione del deposito, prevista dall’art. 77 disp. att. cod. proc. civ., può essere fornita con prove concludenti, fra le quali però non può annoverarsi il tempestivo deposito della comparsa conclusionale).
3.3.6.1. Ciò che impone di rispondere negativamente al quesito posto sub lett. d) (se la mancata annotazione, da parte del cancelliere, della data di restituzione del fascicolo di parte valga a dimostrare che il fascicolo non sia stato ridepositato nel termine stabilito dall’art. 169 c.p.c.), in quanto la mancata annotazione da parte del cancelliere (che si è visto possibile, per le notorie carenze organizzative e di personale giudiziario) non esclude che la prova venga fornita sulla base di altri elementi anche di carattere presuntivo.
3.3.6.2. Solo che, nella specie, come si è detto, il ricorrente ha cercato di fornire tale prova (del tempestivo deposito del fascicolo) richiamando un documento (un verbale di consegna o di restituzione, in data successiva alla pronuncia impugnata) che non è stato depositato ma solo parzialmente trascritto (pp. 3.2. e 3.2.1.-3.) e che, pertanto, risulta inutilizzabile all’uopo.
3.3.7. Ove tale prova fosse stata fornita, infatti, avrebbe potuto darsi risposta positiva al quesito posto, imponendosi al Giudice, prima di decidere, di compiere ulteriori ricerche in cancelleria, come hanno fatto varie pronunce di questa Corte, sul presupposto della mancanza di “alcuna annotazione dell’avvenuto ritiro del fascicolo di una parte” (Sez. 1, Sentenza n. 12369 del 2014) o del fatto che, “qualora dopo la restituzione da parte dell’appellante del proprio fascicolo, non risulti annotato un ulteriore ritiro del fascicolo stesso fino alla data dell’udienza collegiale” (Sez. 2, Sentenza n. 8334 del 1997), ossia di fatti rilevanti, perché indizianti di un possibile smarrimento dell’incartamento, per disporre le necessarie ricerche.
3.3.8. In conclusione, al quesito sub lett. b) deve essere data risposta negativa, in base al seguente principio di diritto:
in tema di decisione della causa, ove il giudice accerti che una parte (nella specie: l’appellante), in vista dell’udienza, ha ritirato regolarmente il proprio fascicolo, ai sensi dell’art. 169 c.p.c., ma esso non risulti nuovamente depositato né reperito al momento della decisione (nella specie: resa ex art. 281-sexies c.p.c.), in difetto di annotazioni di cancelleria (ex art. 77 disp. att. c.p.c.) e di ulteriori allegazioni indiziarie attinenti a fatti che rendano doverosi gli accertamenti presso la propria cancelleria, rese al riguardo dalla parte che risulti priva del fascicolo contenente le sue produzioni, lo stesso giudice non è tenuto a rimettere la causa sul ruolo per consentire alla parte appellante di ovviare alla carenza riscontrata, ma ha il dovere di decidere la causa allo stato degli atti.
4. Anche le restanti due questioni vanno disattese.
4.1. Va respinta quella di cui al quesito sub lett. a) (in mancanza dei provvedimenti da parte del giudice all’udienza di prima comparizione delle parti di cui al 1 co. dell’art. 183 c.p.c., è da presumere che il giudice abbia verificata la regolarità del contraddittorio e, quindi, la presenza nel fascicolo di parte appellante dell’atto introduttivo del giudizio e della copia della sentenza impugnata nonché della costituzione della parte appellata) avendo il giudice espressamente escluso che nel fascicolo d’ufficio vi fosse la copia della sentenza impugnata, ma solo il dispositivo (p. 2) e che, plausibilmente, anche per questa ragione, non fosse in grado di decidere sull’appello.
4.2. E quella di cui al quesito sub lett. c) (il giudice di appello, disponendo della copia dell’atto di appello, facente parte del fascicolo d’ufficio nonché di quello di cui al giudizio di primo grado (ex art. 347, comma 1, 2, e 3 c.p.c.), sia in grado, in relazione al motivo d’impugnazione, di decidere (ex art. 169 c.p.c.)) per la stessa ragione di quella che precede.
5. Conclusivamente, il ricorso deve essere respinto, con la condanna del soccombente al pagamento delle spese giudiziali in favore della resistente, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida, in favore della resistente, nella misura di Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie e accessori di legge.

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