Corte di Cassazione, sezione feriale penale, sentenza 14 settembre 2017, n. 41796. In ordine alla bancarotta per dissipazione è necessario che le condotte dell’imprenditore siano del tutto incoerenti con le esigenze dell’impresa

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Deve, innanzitutto, ritenersi smentito dalle risultanze processuali l’assunto difensivo secondo cui il consulente tecnico del pubblico ministero – il Dott. (OMISSIS) – riusciva a ricostruire integralmente la situazione contabile della societa’ (OMISSIS) s.r.l., costituendo un dato probatorio incontroverso quello secondo cui, nel libro degli inventari della ditta dell’imputato, non erano state annotate le rimanenze finali e le immobilizzazioni, come evidenziato dallo stesso consulente tecnico nel corso della deposizione resa all’udienza del 09/10/2013.
In questa cornice, prive di pregio appaiono le deduzioni difensive relative alle verifiche eseguite dal Dott. (OMISSIS), atteso che l’irregolare e l’incompleta tenuta delle scritture contabili, peraltro nemmeno contestate dalla difesa del ricorrente, integrano il reato di bancarotta documentale semplice di cui alla L. Fall., articolo 217, comma 2, come costantemente affermato da questa Corte (Sez, 5, n. 24297 dell’11/03/2015, Cutrera, Rv. 265138; Sez. 5, n. 32586 del 10/07/2007, Di Popolo, Rv. 237105).
Nel caso in esame, tali irregolarita’ sono incontrovertibili discendendo dall’inosservanza delle prescrizioni di cui all’articolo 2217 c.c. e Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 15, conseguenti al fatto che il libro degli inventari depositato presso la sede della societa’ (OMISSIS) s.r.l. non riportava, come si e’ detto, la consistenza analitica delle rimanenze finali e delle immobilizzazioni della ditta sottoposta a verifica.
Ne puo’ rilevare, in senso contrario, l’atteggiamento tenuto dal (OMISSIS), non essendo dubitabile che la condotta contestata all’imputato e’ configurabile sia nell’ipotesi in cui l’agente ometta di tenere le scritture contabili nel rispetto delle prescrizioni normative in modo consapevole sia nelle ipotesi in cui l’obbligato si sottragga ai doveri contabili impostigli normativamente per negligenza o anche solo per ignoranza. Sul punto, non si puo’ che richiamare la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui: “Ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice (L. Fall., articolo 217, comma 2), l’elemento soggettivo puo’ indifferentemente essere costituito dal dolo o dalla colpa, che sono ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volonta’ o per semplice negligenza, di tenere le scritture, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale prevista dalla L. Fall., articolo 216, comma 1, n. 2, l’elemento psicologico deve essere individuato nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volonta’ della irregolare tenuta delle scritture con la consapevolezza che cio’ renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore” (Sez. 5, n. 06/10/2011, Barbieri, Rv. 251709).
Ne discende che l’esito delle verifiche eseguite dal Dott. (OMISSIS), sotto il profilo dell’elemento soggettivo, appaiono irrilevanti rispetto alla ricorrenza del reato di bancarotta documentale semplice contestato al (OMISSIS), per la cui configurazione e’ sufficiente che l’imprenditore sottoposto a controllo non abbia tenuto o abbia conservati in modo irregolare, analogamente a quanto riscontrabile nel caso in esame, i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge.
Appaiono, pertanto, pienamente condivisibili le conclusioni alle quali giungeva la Corte territoriale barese, laddove, nel passaggio motivazionale esplicitato a pagina 6 della sentenza impugnata, osservava che il reato contestato al ricorrente “consiste nel mero inadempimento di un precetto formale, integrando un reato di mera condotta, che si realizza anche qualora in concreto non si verifichi danno per i creditori”.
Queste considerazioni impongono di ritenere inammissibili le doglianze in esame.
3. Appare, viceversa, meritevole di accoglimento la doglianza relativa alla configurazione della L. Fall., articolo 216, comma 1, n. 1, proposta quale terzo motivo del ricorso introduttivo del presente procedimento, cui si correlano le censure proposte nell’ambito dei primi due motivi di ricorso, riguardanti il percorso probatorio attraverso il quale si riteneva dimostrata la bancarotta fraudolenta per dissipazione contestata al (OMISSIS).
Osserva, in proposito, il Collegio che costituisce un dato ermeneutico incontroverso quello secondo cui la bancarotta fraudolenta per dissipazione richiede, sotto il profilo oggettivo, l’incoerenza assoluta, nella prospettiva delle esigenze dell’impresa, delle operazioni poste in essere e, sotto il profilo soggettivo, la consapevolezza dell’autore della condotta di diminuire il patrimonio della stessa per scopi del tutto estranei agli interessi aziendali (Sez. 5, n. 5317 del 17/09/2014, dep. 2015, Franzoni, Rv. 262226; Sez. 5, n. 47040 del 19/10/2010, dep. 2011, Presutti, Rv. 251218).
Ricostruita in questi termini la cornice ermeneutica nella quale inserire l’ipotesi di reato contestata al (OMISSIS), deve rilevarsi che su nessuno dei due elementi costitutivi della bancarotta fraudolenta per dissipazione il percorso motivazionale esplicitato dalla Corte territoriale barese appare soddisfacente, limitandosi a richiamare, in termini assertivi, le conclusioni del consulente tecnico del pubblico ministero, senza enucleare, sulla base delle stesse, le ragioni che impongono di ritenere le operazioni imprenditoriali censurate assolutamente incoerenti e il ricorrente consapevole di tale incoerenza.
Alle conclusioni del Dott. (OMISSIS), peraltro, si richiamava espressamente la sola sentenza di primo grado che, nel passaggio motivazionale esplicitato a pagina 6, osservava che, secondo il consulente tecnico, il (OMISSIS), aveva “deliberatamente realizzato ricavi di gran lunga inferiori ai costi sostenuti, afferenti alla esecuzione dei contratti di appalto o subappalto acquisiti, cosi’ dissipando il patrimonio societario”.
Occorreva, invero, che sulle due operazioni imprenditoriali ritenute sintomatiche dell’attivita’ di dissipazione patrimoniale posta in essere dal ricorrente – concretizzatasi nella risoluzione contrattuale dei lavori di restauro e risanamento conservativo del canale (OMISSIS) eseguita il 31/12/2008 e dei lavori di realizzazione di un capannone industriale eseguita nella presumibile data del 19/02/2008 – si enucleassero gli elementi di giudizio idonei a ritenere la condotta del (OMISSIS) connotata da incoerenza assoluta rispetto alle strategie imprenditoriali perseguite dalla societa’ (OMISSIS) s.r.l. In tale ambito, senza effettuare alcuna ricognizione dell’andamento delle due operazioni contrattuali e del contesto imprenditoriale nel quale venivano realizzate, ci si limitava a indicare il valore complessivo dei due contratti di appalto, quantificato in 1.092.464,00 Euro per quello relativo al canale (OMISSIS) e in 1.700.000,00 Euro per quello relativo al capannone industriale.
Ne discende che, nella sentenza impugnata, non veniva effettuata alcuna analisi del rapporto tra costi e ricavi delle due operazioni contrattuali, alla luce della situazione di crisi imprenditoriale che viveva, nell’arco temporale in contestazione, l’impresa edile del (OMISSIS) e delle strategie aziendali perseguite dalla ditta del ricorrente; disamina, questa, preliminare e indispensabile per affermare l’incoerenza assoluta della risoluzione dei due contratti oggetto di vaglio.

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