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2.2 In relazione alla seconda eccezione di inutilizzabilita’, avente ad oggetto il contenuto dei decreti autorizzativi le operazioni di intercettazione telefonica ed ambientale, la doglianza si profila ugualmente non fondata anche perche’ generica; in primo luogo, deve essere osservato, come questa Corte abbia ripetutamente ed anche recentemente (Sez. 2, n. 17118 del 28/02/2017, Rv. 269959) avuto modo di ribadire che la presenza di parti omissate nelle richieste del pubblico ministero non costituisce causa di nullita’ del provvedimento poi adottato dal giudice delle indagini preliminari che faccia anche richiamo alla richiesta della pubblica accusa. Sara’ onere del giudice che procede tuttavia valutare se la presenza di tali parti omissate integri un concreto ed effettivo difetto della motivazione del provvedimento del giudice, che sia privo per cio’ solo dell’adeguata spiegazione dei presupposti legali del provvedimento assunto. L’applicazione di tale principio al caso in esame, comporta che l’eventuale presenza di omissis nei provvedimenti con i quali i pubblici ministeri richiedano l’autorizzazione al G.I.P. di procedere ad intercettazioni, non determina l’automatica nullita’ del provvedimento del giudice che anche li richiami, tuttavia, dovendo essere sempre desumibile dal contenuto dei provvedimenti ai quali viene fatto rinvio per relationem l’esistenza di presupposti legittimi per l’esercizio delle attivita’ di captazione ai sensi dell’articolo 263 c.p.p. e segg.. Nel caso in esame, il Tribunale della liberta’ di Roma, ha proceduto ad analisi specifica della doglianza proposta escludendo che le parti omissate contenute nei provvedimenti potessero inficiare la validita’ dei provvedimenti autorizzativi le attivita’ di intercettazione, ritenendo le stesse “coerentemente ed adeguatamente motivate” sicche’ “il contenuto dei provvedimenti autorizzativi e dei successivi decreti di proroga deve intendersi sorretto da una motivazione assolutamente rispondente ai necessari criteri di analiticita’ e specificita’”. A fronte di tali specifici argomenti, le doglianze proposte non rappresentano in qual misura concreta ed effettiva la presenza di omissis nelle richieste di autorizzazione all’effettuazione di operazioni di captazione, possano avere determinato un vulnus del provvedimento tale da farlo apparire privo della spiegazione dei presupposti legittimanti l’operazione.
Analogamente deve ritenersi quanto alla stessa doglianza proposta in relazione alla irritualita’ della motivazione per relationem che avrebbe richiamato informative di reato non versate in atti; anche sul punto il Tribunale del riesame ha spiegato che i provvedimenti di richiesta di svolgimento delle captazione e quelli successivi autorizzativi, appaiono adeguatamente motivati con riferimento alla sussistenza di tutti i presupposti richiesti dalla legge e cio’, si assume, “indipendentemente dal richiamo alle citate note ed informative di polizia giudiziaria”. A fronte di tale specifica asserzione i ricorrenti avrebbero dovuto indicare specificamente quale atto contenga il richiamo a note mai versate in atti e conseguentemente dedurre il difetto di motivazione dello specifico atto, essendosi invece limitati a rappresentare genericamente un vizio che pare non idoneo ad inficiare di inutilizzabilita’ i provvedimenti autorizzativi le operazioni di intercettazione proprio perche’ generico il ricorso sul punto cosi’ come dedotto. Genericita’ che pare affliggere anche l’ulteriore doglianza avanzata, sempre nel contesto del secondo motivo di (OMISSIS) e (OMISSIS), con riguardo alla richiesta di proroga adottata con il R.I.T. 6905/2012 di cui si assume la mancata correlazione tra il provvedimento del G.I.P. e la richiesta del P.M. non essendosi evidenziato, in alcun modo, ne’ il contenuto delle intercettazioni che sarebbero non utilizzabili ne’ la decisivita’ delle stesse nel complessivo giudizio cautelare. E secondo il costante orientamento di questa Corte allorche’ con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilita’ di un elemento a carico, il motivo di ricorso deve illustrare, a pena di inammissibilita’, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, essendo in ogni caso necessario valutare se le residue risultanze, nonostante l’espunzione di quella inutilizzabile, risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (Sez. 6, n. 18764 del 05/02/2014, Rv. 259452); occorre ricordare ancora come in tema di inutilizzabilita’ della prova e deduzione del vizio nel giudizio di impugnazione il giudice dell’impugnazione non e’ tenuto a dichiarare preventivamente l’inutilizzabilita’ della prova contestata qualora ritenga di poterne prescindere per la decisione, ricorrendo al cosiddetto “criterio di resistenza”, applicabile anche nel giudizio di legittimita’ (Sez. 2, n. 41396 del 16/09/2014, Rv. 260678). L’applicazione del sopra esposto principio comporta proprio l’inammissibilita’ di tale ultima doglianza non essendosi in alcun modo indicata la rilevanza della prova di cui si deduce l’inutilizzabilita’.
2.3 Tutti i difensori ricorrenti hanno poi contestato la sussistenza della gravita’ indiziaria in ordine al contestato delitto di cui al Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 quinquies con riferimento a plurimi aspetti; al proposito, deve essere innanzi tutto premesso che secondo il costante insegnamento di questa Corte in tema di misure cautelari personali, allorche’ sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimita’ e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravita’ del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie(per tutte v. Cass. Sez. U, 22/3/2000 – 2/5/2000, n. 11, Audino, Rv.215828); inoltre, la pronuncia cautelare non e’ fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilita’, bensi’ di una qualificata probabilita’ di colpevolezza, e il giudizio di legittimita’ deve limitarsi a verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravita’ del quadro indiziario a carico dell’indagato, senza possibilita’ di “rilettura” degli elementi probatori (per tutte, Sez. Un. 22 marzo 2000, n. 11, Audino, Rv. 215828).
Facendo applicazione di tali principi, deve escludersi la fondatezza delle doglianze proposte in punto di sussistenza della gravita’ indiziaria in relazione al delitto di cui all’articolo 12 quinquies citato esposte anche nei motivi aggiunti; in particolare, con il terzo motivo del ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS), e con analoghe doglianze dei difensori di (OMISSIS) (primo motivo avv.to (OMISSIS), secondo motivo ricorso avv.to (OMISSIS)), si e’ dedotta l’insussistenza in capo a (OMISSIS) della condizione di soggetto che al momento delle operazioni di intestazione di quote sociali, conti correnti ed immobili a terzi, potesse comunque temere l’applicazione di misure di prevenzione ablatorie il proprio patrimonio, requisito imprescindibile per affermare la colpevolezza ai sensi dell’articolo 12 quinquies citato.
Orbene, in tema di intestazione fittizia, questa Corte (Sez. un., sentenza n. 8 del 28 febbraio 2001, Ferrarese) ha gia’ chiarito che il disvalore della condotta incriminata si esaurisce mediante l’utilizzazione di meccanismi interpositori in grado di determinare l’effetto traslativo del diritto sul bene (ovvero il conferimento di un potere di fatto sul bene stesso), cosi’ da determinarne (attraverso i modelli della simulazione o del negozio fiduciario) la (solo) formale attribuzione, al fine di raggiungere la conseguenza elusiva delle disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648 bis e 648 ter c.p..
L’articolo 12 quinquies, prevede e punisce, quindi, una fattispecie a forma libera, finalisticamente orientata ad evitare l’attribuzione fittizia della titolarita’ o della disponibilita’ di denaro o altre utilita’, protesa ad eludere talune disposizioni legislative, tra le quali le norme in materia di misure di prevenzione patrimoniali; la fattispecie si caratterizza per “la consapevole determinazione – in qualsiasi forma realizzata – di una situazione di difformita’ tra titolarita’ formale, meramente apparente, e titolarita’ di fatto di un determinato compendio patrimoniale, qualificata dalla specifica finalizzazione fraudolente normativamente descritta. Per questa sua caratteristica risulta irrilevante che il provvedimento di prevenzione non sia ancora disposto, poiche’ – alla luce dell’interesse giuridico sotteso al reato – conserva indubbiamente interesse penale la cessione dei beni disposta proprio al fine di sottrarli all’effetto ablativo della misura. Deve pertanto essere innanzi tutto escluso che la provvista per le intestazioni fittizie punite dalla citata norma debba avere natura illecita non essendo previsto tale profilo oggettivo della condotta dalla fattispecie incriminata; e tale considerazione determina l’infondatezza del motivo aggiunto proposto dall’avv. (OMISSIS) nell’interesse di (OMISSIS).
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