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Suprema Corte di Cassazione

sezione VI
ordinanza 29 gennaio 2014, n. 1908

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente
Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere
Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24413/2012 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso da se’ medesimo;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) SRL;
– intimato –
avverso il decreto nel procedimento R.G. 727/2012 del TRIBUNALE di LODI del 25.7.2012, depositato l’8/08/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/09/2013 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO;
udito per il ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) (per delega avv. (OMISSIS)) che ha chiesto il rinvio del ricorso in pubblica udienza;
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. LUCIO CAPASSO che si riporta alla relazione scritta.
FATTO E DIRITTO
Rilevato che e’ stata depositata la seguente relazione in ordine al procedimento civile iscritto al R.G 24413 del 2012.
“Il Tribunale di Lodi accoglieva parzialmente il reclamo L.F., ex articolo 26, presentato dall’avv. (OMISSIS) contro il provvedimento del giudice delegato del Fallimento (OMISSIS), con cui era stato liquidato in complessivi 21.0006 (di cui 1.100 euro per contributo unificato, 4.0006 per diritti e 16.0006 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori) il compenso in favore del legale per l’attivita’ svolta nell’ambito di un giudizio nel quale era parte il fallimento in persona del curatore.
Si osservava che con riferimento agli onorari liquidati non sussisteva alcuna necessita’ di modificare il provvedimento reclamato in quanto la diminuzione, operata dal giudice ai sensi del Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, articolo 4, della somma richiesta dal difensore (100.0006) risultava giustificata dal comportamento negligente e non professionale dell’avv. (OMISSIS), desumibile da svariate circostanze puntualmente indicate in motivazione (tra le quali l’inefficacia del ricorso per il primo sequestro conservativo causata da non meglio precisate difficolta’ nella sua esecuzione, la rimessione della causa sul ruolo per un supplemento istruttorio derivata da una non chiara percezione delle problematiche delle azioni di responsabilita’ nei confronti degli amministratori, la mancata prospettazione al curatore fallimentare dell’opportunita’ di impugnare la sentenza in punto di spese di lite, l’ordine impartito dal giudice istruttore con provvedimento espresso di disporre i documenti prodotti in un elenco progressivo, nonostante tale compito fosse gia’ imposta dal codice di procedura civile). Il giudice del reclamo riformava invece la decisione con riguardo ai diritti, stabiliti in misura fissa per legge, e alle spese riconosciute al difensore sul presupposto che le anticipazioni erano provate e le spese imponibili documentate ed usuali in qualsiasi attivita’ difensiva, sebbene leggermente eccessive in merito alle spese degli atti di copia. In conseguenza di cio’ i diritti venivano definitivamente liquidati in 12.000,006, le anticipazioni in 1.0808,546 (escluse quelle per il primo sequestro) e le spese imponibili in 600,006 oltre spese generali, IVA e CPA.
Avverso tale decreto ricorre in cassazione l’avv. (OMISSIS), affidandosi ai seguenti motivi:
nel primo e’ stata denunciata la violazione dell’articolo 112 c.p.c., perche’ il tribunale, senza che fosse stata sollevata dal Fallimento alcuna contestazione sulla qualita’ e quantita’ dell’attivita’ difensiva svolta, avrebbe operato ex officio una seconda liquidazione complessiva dei compensi;
nel secondo e’ stata lamentata la violazione della Legge 13 giugno 1942, n. 794, articoli 4, 5 e 24, e del Decreto Ministeriale 8 aprile 2004, n. 127, articolo 4, dal momento che il tribunale avrebbe eliminato dalla liquidazione diritti inderogabili per prestazioni compiute, la cui esistenza non era stata contestata;
nel terzo e nel quarto, e’ stato dedotto che il Tribunale avrebbe liquidato onorari inferiori ai valori minimi tabellari, in assenza di contestazioni sulla spettanza degli stessi nella misura minima richiesta al giudice delegato e in mancanza di esibizione del parere del Consiglio dell’ordine degli Avvocati competente. Secondo il ricorrente, inoltre, il Tribunale avrebbe arbitrariamente ed illegittimamente ridotto di circa il 50% l’importo residuo dei complessivi onorari ed escluso dalla liquidazione voci di diritti, spese ed onorari relativi al primo ricorso per sequestro conservativo e voci di onorario per la redazione della seconda comparsa conclusionale.
Ritenuto che il primo motivo e’ in parte inammissibile, ed in parte manifestamente infondato, in quanto, per un verso, la censura e’ stata dedotta in maniera del tutto generica, con particolare riferimento alla supposta seconda liquidazione del compenso che sarebbe stata effettuata dal Tribunale, per l’altro il provvedimento impugnato ha adeguatamente ed esaurientemente evidenziato le ragioni, consistenti in inesattezze e negligenze ripetute del legale, della riduzione degli onorari in ossequio al parametro normativo;
che il secondo motivo e’ inammissibile per genericita’, non essendo neanche stata accennata la ragione per cui l’aumento operato dei diritti nel provvedimento impugnato sarebbe inadeguato o non corrispondente alle voci tabellari; che il terzo e quarto motivo sono inammissibili, perche’ si limitano a reiterare le ragioni esposte nel primo motivo di ricorso, ovvero il giustificato abbattimento dei minimi inderogabili relativi agli onorari;
ritenuto, infine, che, ove si condividano i predetti rilievi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Ritenuto che il Collegio aderisce senza rilievi alla relazione depositata con le seguenti integrazioni, sollecitate anche dalla memoria depositata dal ricorrente ex articolo 378 c.p.c..
a) Nella decisione impugnata, resa in sede di reclamo avverso un provvedimento del giudice delegato, emesso ai sensi della L.F., articolo 25, non si ravvisa il denunciato vizio di ultrapetizione, in quanto oggetto dell’impugnazione e’ specificamente la valutazione della legittimita’ e fondatezza della liquidazione dei compensi al ricorrente effettuata dall’organo della procedura fallimentare (giudice delegato) titolare ex lege del potere esclusivo, ancorche’ sindacabile, di provvedere, sulla base di una specifica contestazione di parte. Il sindacato del Tribunale in sede di reclamo investe, di conseguenza, complessivamente la decisione impugnata, e non puo’ che fondarsi sulla valutazione della quantita’, della qualita’ e della corrispondenza all’interesse della parte dell’attivita’ svolta, attesa la peculiarita’ della funzione svolta, in prima battuta, dal giudice delegato e, successivamente controllata dal Tribunale in sede di reclamo, da ritenersi del tutto diversa e non comparabile con quella riguardante i procedimenti ordinari o speciali (Regio Decreto n. 794 del 1942, articoli 28, 29 e 30, articolo 633 c.p.c., n. 2, attualmente regolate dal rito sommario di cognizione Decreto Legislativo n. 150 del 2011, ex articolo 14, promossi dagli avvocati per la determinazione e quantificazione dei compensi professionali;
b) Gli orientamenti richiamati dalla parte ricorrente in ordine all’insussistenza del potere del giudice delegato e del tribunale in sede di reclamo di disporre nella specie la riduzione oltre i minimi degli onorari sulla base della qualita’ e corrispondenza all’interesse del fallimento dell’attivita’ defensionale prestata, non risultano applicabili alla fattispecie, in quanto il procedimento in questione non e’ equiparabile, come gia’ osservato ne’ alle controversie relative alla determinazione e liquidazione degli onorari ne’ all’impugnazione di una statuizione giudiziale relativa alla liquidazione delle spese processuali sulla base della soccombenza in un ordinario giudizio di cognizione, trattandosi dell’esercizio di un potere determinativo che deve essere svolto sulla base dell’integrita’ dei parametri normativi applicabili;
c) Al caso di specie si applica il Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, articolo 4, e non il Regio Decreto n. 794 del 1942, articolo 4, con conseguente ulteriore profilo d’inapplicabilita’ degli orientamenti richiamati dal ricorrente;
d) Il parere del Consiglio dell’ordine, ancorche’ previsto dall’articolo 4 sopracitato, e’ richiesto esclusivamente per le controversie indicate sub a) ed in particolare, come costantemente ribadito da questa Corte, nei giudizi che originano da un provvedimento monitorio opposto (ex multis Cass.236 del 2011).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso.

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