Corte di Cassazione, sezioni unite penale, sentenza 24 gennaio n. 3391. L’effetto estensivo ex art. 587 cod. proc. pen. della declaratoria di estinzione del reato per prescrizione non opera in favore del coimputato concorrente nello stesso reato non impugnante

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L’uso da parte del legislatore del termine ‘imputati’ e non ‘condannati’, con riferimento ai non impugnanti, sembra chiaramente escludere che l’effetto estensivo possa riguardare i coimputati non impugnanti per i quali la causa estintiva sia maturata dopo l’irrevocabilità della sentenza di condanna pronunciata nei loro confronti.

A parte ciò, giova ricordare che la disposizione dell’art. 587 cod. proc. pen., che prevede l’effetto estensivo dell’impugnazione, è stata uniformemente interpretata come dettata dall’esigenza di evitare disarmonie di trattamento tra soggetti in identica posizione, taluno dei quali abbia con esito favorevole proposto valida impugnazione (v., tra le tante: Sez. 1, n. 15288 del 24/03/2003, Manzi, Rv. 231242).

Sulla finalità di evitare ‘contraddittori giudicati in causa unica’ ha, del resto, insistito la giurisprudenza di questa Corte, chiarendo che, poiché, nel processo plurisoggettivo, la valida impugnazione proposta dal coimputato – ancorché sostenuta da motivo non esclusivamente personale – non impedisce che diventi irrevocabile la sentenza relativamente al rapporto concernente l’imputato non impugnante (o l’impugnazione del quale sia stata dichiarata inammissibile), rimane ferma l’esecutorietà delle statuizioni ivi contenute e non può sospendersi il relativo procedimento esecutivo nell’attesa del verificarsi dell’eventuale effetto risolutivo straordinario di cui all’art. 587 cod. proc. pen., in mancanza di disposizioni che attribuiscono un simile potere al giudice dell’esecuzione, né potendosene altrimenti trarne l’esistenza dal sistema penale (Sez. U, n. 9 del 24/03/1995, Cacciapuoti, Rv. 201305, e successivamente Sez. U, n. 19054 del 20/12/2012, Vattani, Rv. 255297; Sez. 2, n. 9731 del 25/11/2016, dep. 2017, Fiore, Rv. 269219; Sez. 5, n. 15623 del 27/01/2016, Di Martino, Rv. 266551; Sez. 2, n. 26078 del 20/05/2009, Borrelli, Rv. 244664; Sez. 6, n. 23251 del 18/03/2003, Cammardella, Rv. 226007; Sez. 1, n. 12369 del 23/10/2000, Russo, Rv. 217393; Sez. 6, n. 2381 del 12/12/1994, dep. 1995, Zedda, Rv. 201245).

In definitiva, nei confronti del coimputato non impugnante si forma il giudicato, che potrà essere revocato solo al momento dell’accoglimento della impugnazione non strettamente personale svolta da altro coimputato.

Davanti a situazioni riguardanti il processo, sostanzialmente comuni a tutti gli imputati coinvolti (si pensi, ad esempio, alla valutazione dell’attendibilità o meno di una prova dichiarativa riguardante in modo identico più imputati, alla decisione sulla utilizzabilità o meno di una intercettazione riguardante nello stesso modo più imputati o al giudizio su un vizio processuale incidente su più imputati in modo identico), non può non operare il fenomeno della estensione dell’impugnazione in favore del coimputato non impugnante. Esso costituisce un rimedio straordinario, che, solo al verificarsi dell’evento consistente nel riconoscimento, in sede di giudizio conclusivo del gravame, del motivo non esclusivamente personale dedotto dall’imputato diligente, è idoneo a revocare il giudicato in favore del non impugnante, rendendo questi partecipe del beneficio conseguito dal coimputato; con la conseguenza che, fino a quando non si sia verificato tale effetto risolutivo, l’impugnazione altrui non spiega influenza alcuna sulla esecutorietà della sentenza relativa al rapporto processuale concernente il non impugnante.

Si tratta all’evidenza di casi in cui i motivi di impugnazione sono ‘non esclusivamente personali’, perché investono questioni comuni ed ugualmente incidenti su più imputati, che l’ordinamento esige siano risolte in maniera conforme per ragioni di giustizia sostanziale e di uniforme applicazione delle regole processuali, giustificandosi pertanto l’effetto estensivo delle impugnazioni.

6. Una volta chiariti i tratti peculiari della prescrizione e dell’effetto estensivo, non resta che trarre le conclusioni interfacciando i due istituti.

L’effetto estensivo di cui all’art. 587 cod. proc. pen. riguarda questioni o situazioni oggettive concernenti il processo, sostanzialmente uguali (‘comuni’) per tutti gli imputati coinvolti. Si tratta di casi in cui i motivi di impugnazione sono ‘non esclusivamente personali’.

Diverso è il caso della prescrizione del reato, il cui verificarsi nel corso del processo dipende da scelte individuali (sul rito o inerenti la proposizione di mezzi di impugnazione) ed è legato anche alle situazioni personali degli imputati (si pensi alla presenza della recidiva solo per alcuni di essi).

Ma v’è di più. Il decorso del termine di prescrizione si sostanzia nella relazione tra un imputato, il reato da lui commesso e il tempo trascorso, relazione che cessa definitivamente e perde ogni ragion d’essere quando nei confronti dell’imputato sia intervenuta sentenza irrevocabile.

Ne deriva che dalla applicazione della prescrizione nei confronti di concorrenti nello stesso reato possono derivare giudicati diversi ma non per questo contraddittori, scaturenti dal fluire del tempo e da vicende del processo frutto di scelte personali, senza che ricorrano le condizioni né le finalità dell’effetto estensivo dell’impugnazione ex art. 587, comma 1, cod. proc. pen..

In altre parole, l’effetto estensivo della pronuncia di prescrizione non può riguardare chi ha rinunciato ad avvalersi dello ‘scorrere del tempo’; l’opzione del coimputato impugnante di protrarre il procedimento configura una scelta processuale ‘esclusivamente personale’ non collegata a vizio di procedura nel comune procedimento ovvero al merito della comune accusa.

Solo quando l’effetto estensivo della prescrizione si sia verificato prima del passaggio in giudicato della sentenza nei confronti del coimputato non impugnante si può sostenere che la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione operi in suo favore. In tal caso, infatti, non è intervenuta la cesura della sentenza irrevocabile che segna il limite di ogni possibile computo del tempo di prescrizione e la relazione tra imputazione e tempo di prescrizione è ancora in atto per il coimputato non impugnante.

Ne discende che su una tale situazione possono utilmente riverberarsi gli effetti di una impugnazione altrui che porti ad una declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, in quanto ‘in tale ipotesi la causa estintiva appare oggettiva (e quindi non esclusivamente personale) poiché svincolata rispetto alla scelta processuale del singolo coimputato non impugnante’ (Sez. 5, n. 15623 del 27/01/2016, Di Martino, Rv. 266551).

7. Dal puntuale raffronto tra la disciplina della prescrizione e quella dell’effetto estensivo delle impugnazioni emerge, pertanto, la piena e attuale validità dell’indirizzo giurisprudenziale maggioritario che fa capo alla citata sentenza Cacciapuoti (del resto significativamente ribadita nella successiva sentenza Vattani), il cui nucleo centrale risiede nella affermazione che il tempo successivo alla pronuncia di una sentenza irrevocabile nei confronti del coimputato non impugnante non può essere riqualificato e computato come tempo di prescizione in suo favore per effetto della impugnazione altrui.

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