Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 23 gennaio 2018, n. 1653. Il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dal Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 23

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Nella ricostruzione che qui si e’ offerta, inoltre, la previsione della nullita’, azionabile solo dal cliente, in caso di inosservanza dei requisiti di forma della redazione per iscritto e della consegna dell’esemplare alla parte, si palesa quale sanzione per l’intermediario, ben armonizzandosi nello stesso contesto del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, che e’ nel complesso inteso a dettare regole di comportamento per l’intermediario, e rispetta il principio di proporzionalita’, della cui tenuta si potrebbe dubitare ove si accedesse alla diversa interpretazione (e sulla rilevanza cardine del principio di proporzionalita’ queste sezioni unite si sono di recente espresse, sia pure nell’ambito della responsabilita’ civile, ai fini del riconoscimento di sentenza straniera comminatoria di danni punitivi nella pronuncia del 5/7/2017, n. 16601).
E’ stato sostenuto da autorevole dottrina che la normativa in oggetto sarebbe intesa non solo alla tutela del cliente, ma risponderebbe anche all’esigenza di garantire una buona organizzazione interna della banca, da cio’ conseguendo la nullita’ del contratto-quadro ove privo della sottoscrizione del delegato dell’istituto di credito: tale ricostruzione, pur muovendo dall’esigenza di modificare in melius prassi organizzative non del tutto commendevoli, oltre a non trovare un solido fondamento nella normativa che qui si esamina, sembrando una sorta di giustificazione a posteriori della nullita’, si muove in un’ottica esasperatamente sanzionatoria, e perviene ad un risultato manifestamente sproporzionato rispetto alla funzione a cui la forma e’ qui preordinata.
A riguardo, ragionando in termini piu’ generali, puo’ affermarsi che nella ricerca dell’interpretazione preferibile, siccome rispondente al complesso equilibrio tra interessi contrapposti, ove venga istituita dal legislatore una nullita’ relativa, come tale intesa a proteggere in via diretta ed immediata non un interesse generale, ma anzitutto l’interesse particolare, l’interprete deve essere attento a circoscrivere l’ambito della tutela privilegiata nei limiti in cui viene davvero coinvolto l’interesse protetto dalla nullita’, determinandosi altrimenti conseguenze distorte o anche opportunistiche.
L’interpretazione seguita e’ altresi’ in linea con le disposizioni dell’ordinamento Europeo, che nell’articolo 19, par. 7 della direttiva 2004/39/CE del Parlamento e del Consiglio del 21/4/2004 (Mifid 1), recepita dal d.lgs. 17/9/2007, n.164, cosi’ come nell’articolo 25, par. 5 della direttiva 2014/65/UE (Mifid 2), a cui e’ stata data attuazione con il Decreto Legislativo 3 agosto 2017, n. 129, al fine di perseguire gli obiettivi di trasparenza e di tutela degli investitori, punta l’accento sulla registrazione del o dei documenti concordati, in tal modo evidenziandosi la necessita’ che risulti la verificabilita’ di quanto concordato.
Ne’ la conclusione muterebbe a ritenere ancora in vigore l’art.39 della direttiva 2006/73/CE del 10/8/2006, con il riferimento all'”accordo di base scritto, su carta o su altro supporto durevole, con il cliente, in cui vengano fissati i diritti e gli obblighi essenziali dell’impresa e del cliente”.
Conclusivamente, va affermato il seguente principio di diritto:
“Il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dal Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 23, e’ rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente, ed e’ sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell’intermediario, il cui consenso ben si puo’ desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti”.
3.3. Il terzo motivo presenta profili di inammissibilita’ e di infondatezza.
Va innanzi tutto rilevato che la Corte d’appello ha applicato il principio di cui al Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23, comma 6, ritenendo la banca gravata dell’onere di provare di avere agito con la specifica diligenza richiesta, ed ha altresi’ inteso tale specificita’ alla stregua delle norme regolamentari, di cui agli articoli 28 e 29 del Regolamento Consob 11522/98.
Partendo da tali principi, la Corte del merito ha valutato le risultanze in atti, dando conto non solo dei contenuti specifici del contratto-quadro, ma anche della lettera del 26/3/97 di (OMISSIS), riferita anche agli altri componenti della famiglia, degli aggiornamenti ed adeguamenti nel corso del rapporto, delle telefonate di (OMISSIS), di talche’ e’ del tutto infondata la doglianza dei ricorrenti, di essere pervenuto il Giudice del merito ad una conclusione apodittica. Nel resto, il motivo e’ inammissibile, atteso che la parte si e’ limitata a sostenere un’interpretazione diversa dei fatti, a fronte della valutazione degli stessi da parte della Corte territoriale, richiedendo un nuovo giudizio di merito, laddove il controllo di legittimita’ non equivale alla revisione del ragionamento decisorio ne’ costituisce un terzo grado ove far valere la supposta ingiustizia della decisione impugnata (cosi’ le pronunce delle Sez. U., del 7/4/2014, n.8053 e del 29/3/2013, n. 7931).
E detta differente valutazione, gia’ inammissibile come motivo di ricorso nel regime di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5 anteriore alla modifica apportata dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134, lo e’ ancor piu’ a seguito della riforma, applicabile nella specie ratione temporis, atteso che, come ritenuto nella pronuncia delle Sez. U. del 2/4/2014, n. 8053, e’ oggi denunciabile soltanto l’omesso esame di un fatto decisivo, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, nei limiti in cui l’anomalia motivazionale si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente alla esistenza in se’ della motivazione, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto delle altre risultanze processuali (nelle ipotesi quindi di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, “motivazione apparente”, “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” di motivazione).
3.4. Il quarto mezzo resta assorbito.
4.1. Conclusivamente, va respinto il ricorso; atteso il mutamento di giurisprudenza operato con la presente decisione, si reputa di compensare tra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; compensa tra le parti le spese.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

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